Rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Sentenza 9 settembre 2019, n. 22462.

La massima estrapolata:

Ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della controversia va fissato, in armonia con il principio generale di proporzionalità ed adeguatezza degli onorari di avvocato nell’opera professionale effettivamente prestata, sulla base del criterio del disputatum, ossia di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio, tenendo però conto che, in caso di accoglimento solo in parte della domanda, il giudice deve considerare il contenuto effettivo della sua decisione, ossia il criterio del decisum, salvo che la riduzione della somma attribuita non consegua ad un impedimento intervenuto, nel corso del processo, ad opera della parte debitrice, convenuta in giudizio, nel qual caso il giudice, richiestone dalla parte interessata, terrà conto non di meno del disputatum, ove riconosca fondatezza dell’intera pretesa.

Sentenza 9 settembre 2019, n. 22462

Data udienza 4 giugno 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALISI Antonino – Presidente

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 24489-2017 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., elettivamente domiciliata a (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende per procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 1899/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/3/2017;
udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 4/6/2019 dal Consigliere Dott. DONGIACOMO GIUSEPPE;
sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale della Repubblica, Dott. CELESTE ALBERTO, il quale ha concluso per l’accoglimento del primo motivo, inammissibilita’ del secondo e il rigetto del terzo;
sentito, per la ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

La (OMISSIS) s.r.l. ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Roma, (OMISSIS) per sentirlo condannare al pagamento, in suo favore, della somma di Euro 8.676.02, di cui Euro 8.328,21 per sorte ed Euro 347,81 per interessi, quale corrispettivo di una fornitura di merce.
Riassunto il giudizio a seguito della mancata costituzione di entrambe le parti, (OMISSIS) ha dato atto dell’avvenuto pagamento, ad opera del convenuto, della somma di Euro 8.328,21, accettato dall’attrice in conto del maggior avere ed imputata, a norma dell’articolo 1194 c.c., ad interessi e spese.
Il convenuto si e’ costituito in giudizio contestando parte del credito vantato.
Il tribunale, con sentenza del 14/2/2013, ha ritenuto che la domanda fosse fondata relativamente alla richiesta di pagamento della residua somma di Euro 605,19, oltre interessi al tasso di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 2002, articolo 5, ed ha, quindi, condannato il convenuto al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di Euro 605,19, oltre interessi.
Il tribunale ha posto a carico del convenuto le spese del giudizio, che ha liquidato in relazione all’importo della domanda cosi’ come domandato nell’atto di riassunzione del giudizio.
La (OMISSIS) ha proposto appello lamentando, per quanto ancora d’interesse, che il tribunale aveva liquidato le spese di lite nella misura di Euro 100,00 per anticipazioni ed Euro 400,00 per competenze ed onorari avendo riguardo all’importo richiesto nell’atto di riassunzione del giudizio, laddove, invece, avrebbe dovuto liquidarle con riferimento alla domanda originariamente proposta e,successivamente,ridotta in conseguenza del tardivo pagamento della sorte da parte del convenuto. Secondo la societa’ appellante, in definitiva, il tribunale avrebbe, erroneamente liquidato le spese in relazione al decisum e non al petitum.
La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha, sul punto, rigettato l’appello dichiarando irripetibili le spese del grado nei confronti dell’appellato.
La corte, in particolare, ha ritenuto di condividere il principio per cui, ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della controversia va fissato sulla base di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio, e cioe’ del disputatum, tenendo conto, pero’, che, in caso di accoglimento solo in parte della domanda, il giudice deve considerare il contenuto effettivo della sua decisione, salvo che la riduzione della somma attribuita non consegua ad un adempimento intervenuto, nel corso del processo, ad opera della parte debitrice convenuta in giudizio: in tal caso il giudice deve tener conto del disputatum ove riconosca la fondatezza dell’intera pretesa.
Tale principio, tuttavia, ha osservato la corte, non puo’ trovare applicazione nel caso di specie poiche’ il pagamento da parte del debitore e’ stato eseguito non nel corso del giudizio ma successivamente alla cancellazione della causa dal ruolo per effetto della mancata costituzione di entrambe le parti e nelle more della sua riassunzione da parte della (OMISSIS) la quale, in quell’occasione, ha concluso per la condanna al pagamento soltanto della somma residua.
Il provvedimento che dispone la cancellazione della causa dal ruolo, infatti, ha aggiunto la corte, non possiede natura ed effetti decisori e non e’ soggetto ai mezzi di impugnazione previsti per le sentenze per cui non vi e’ alcuno spazio per liquidare le spese in favore di taluna delle parti in ossequio alla regola della soccombenza virtuale.
L’attore in riassunzione, quindi, ha concluso la corte, pur se infine vittorioso, non puo’ pretendere le spese per la fase pregressa ne’, tanto meno, vedersele liquidate nella misura della domanda originariamente proposta e poi ridotta per essere, nelle more, intervenuto un parziale pagamento da parte del convenuto ed essendo stato il giudizio riattivato solo nei limiti dell’importo residuo ancora dovuto.
La (OMISSIS) s.r.l., con ricorso notificato il 18.19/10/2017, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza resa dalla corte d’appello.
(OMISSIS) e’ rimasto intimato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli articoli 5 e 10 c.p.c. e dell’articolo 125 disp. att. c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che gli esborsi e i compensi del giudizio di primo grado dovevano essere determinati non gia’ con riferimento all’importo richiesto nell’atto di citazione ma con riferimento al minor importo richiesto, in conseguenza del parziale e tardivo versamento effettuato nelle more dalla parte convenuta, nella comparsa di riassunzione.
1.2. Cosi’ facendo, tuttavia, ha osservato la ricorrente, la corte non ha considerato che, in realta’, come emerge dall’articolo 125 disp. att. c.p.c., l’atto di riassunzione non introduce un nuovo procedimento, ma esplica esclusivamente la funzione di consentire la prosecuzione di quello gia’ pendente, con la conseguenza che tale atto non deve necessariamente riproporre tutte le pretese in precedenza avanzate dalla parte, dovendosi presumere, in difetto di elementi contrari, che le stesse siano mantenute ferme ancorche’ non trascritte.
1.3. Ne’, ha aggiunto la ricorrente, e’ corretta l’affermazione della corte secondo la quale il pagamento da parte del debitore era intervenuto non nel corso del giudizio ma successivamente aVa cancellazione della causa dal ruolo: innanzitutto, perche’ alla data del pagamento il giudizio era pendente, sia pure in una fase di quiescenza; in secondo luogo, perche’, a tale data, il giudizio non era ancora iscritto al ruolo, per cui nessuno avrebbe potuto emettere il provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo, che, in effetti, non e’ mai esistito.
1.4. L’oggetto del giudizio, quindi, ha concluso la ricorrente, era solo ed esclusivamente la domanda proposta nell’atto di citazione introduttivo del giudizio medesimo, tanto piu’ che il convenuto, costituendosi, aveva contestato la domanda attrice.
2. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 111 Cost., comma 6, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha fondato la propria decisione su una motivazione inesistente o incomprensibile, essendo difficile comprendere dove la corte abbia individuato il riferito provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo.
3. Con il terzo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui, a fronte delle argomentazioni che precedono, la corte d’appello ha statuito l’irripetibilita’ delle spese del secondo grado di giudizio.
4.1. Il primo motivo e’ fondato, con assorbimento del secondo e del terzo. Ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, infatti, il valore della controversia va fissato, in armonia con il principio generale di proporzionalita’ ed adeguatezza degli onorari di avvocato nell’opera professionale effettivamente prestata, sulla base del criterio del disputatum (ossia di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio), tenendo pero’ conto che, in caso di accoglimento solo in parte della domanda, il giudice deve considerare il contenuto effettivo della sua decisione (criterio del decisum), salvo che la riduzione della somma attribuita non consegua ad un adempimento intervenuto, nel corso del processo, ad opera della parte debitrice, convenuta in giudizio, nel quale caso il giudice, richiestone dalla parte interessata, terra’ conto non di meno del disputatum, ove riconosca la fondatezza dell’intera pretesa (Cass. SU n. 19014 del 2007).
4.2. Ne’ rileva il fatto che tale pagamento parziale sia stato eseguito tra la notifica della citazione e la riassunzione del giudizio a seguito della mancata costituzione di entrambe le parti. In tal caso, infatti, il giudizio, come si evince dall’articolo 171 c.p.c., comma 1, e articolo 307 c.p.c., comma 1, resta pendente, sia pur in uno stato di quiescenza, tant’e’ che, a norma dell’articolo 307 c.p.c., comma 1, in fine, e comma 2, si estingue solo se non e’ riassunto nel termine di tre mesi ovvero, una volta riassunto, nessuna parte si sia costituita.
5. Il ricorso, in relazione a quanto sopra esposto, dev’essere, quindi, accolto e la sentenza impugnata, per l’effetto, cassata con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Roma, anche ai fini delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte cosi’ provvede: accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo ed il terzo; cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Roma, anche ai fini delle spese del presente giudizio.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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