I rifiuti speciali non pericolosi sono soggetti a tassazione se assimilati ai rifiuti solidi

Corte di Cassazione, sezione tributaria, Sentenza 19 aprile 2019, n. 11035.

La massima estrapolata:

I rifiuti speciali non pericolosi sono soggetti a tassazione se assimilati ai rifiuti solidi urbani da una delibera comunale che ne individui le caratteristiche; in tal caso spetterà al contribuente una riduzione tariffaria proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che dimostri di aver avviato al recupero autonomamente; la delibera che disponga l’assimilazione sulla base del solo criterio qualitativo, e non anche di quello quantitativo, va disapplicata.

Sentenza 19 aprile 2019, n. 11035

Data udienza 7 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere

Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 7956/2014 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.p.A., in persona del legale rapp.te p.t., elett.te domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), che la rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), impresa individuale, rapp.ta e difesa dall’avv. (OMISSIS) e dal Dott. (OMISSIS), presso il cui studio elett.te domicilia in (OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 94/17/13 della Commissione Tributaria Regionale della Toscana, depositata il 2/7/2013, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7 febbraio 2019 dalla Dott.ssa Milena d’Oriano;
udito per la ricorrente l’avv. (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa Tassone Kate che ha concluso per il rigetto.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 94/17/13, depositata il 2 luglio 2013, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, accoglieva l’appello incidentale proposto dall’impresa (OMISSIS), avverso la sentenza n. 148/5/11 della Commissione Tributaria Provinciale di Lucca, e compensava integralmente tra le parti le spese di lite.
Il giudice di appello rilevava:
a) che il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di due cartelle di pagamento relative alla TIA per l’anno 2010, emesse su richiesta del Comune di (OMISSIS) (Lu), di cui l’impresa contribuente aveva contestato l’applicabilita’ in relazione ai rifiuti prodotti, consistenti nello scarto della lavorazione del marmo, qualificati come “cocciame di marmo”, e quindi aventi natura di rifiuti speciali, provvedendone autonomamente allo smaltimento;
b) che la Commissione di primo grado aveva accolto parzialmente il ricorso e riconosciuto una riduzione del 70% della parte variabile della tariffa;
c) che la societa’ (OMISSIS) S.p.A., concessionaria del servizio di gestione dei rifiuti, aveva chiesto la riforma dell’impugnata decisione eccependo la tardivita’, indeterminatezza e incompletezza della richiesta di riduzione e riaffermando l’assimilazione di tali rifiuti agli urbani, come da delibera comunale n. 22/98;
d) che l’impresa contribuente aveva proposto appello incidentale insistendo sulla natura speciale dei rifiuti prodotti, e quindi sul suo diritto ad una esenzione totale sulla parte variabile; aveva contestato inoltre l’applicabilita’ dell’IVA e la mancata presentazione della richiesta di riduzione.
Tanto premesso, la CTR, ritenuto che la possibilita’ riconosciuta ai Comuni di assimilare i rifiuti speciali agli urbani trovasse un limite nella effettiva quantita’ dei rifiuti prodotti, e che la contribuente avesse provato di smaltire a mezzo di un vettore abilitato un elevato quantitativo di tali rifiuti, escludeva in concreto tale assimilabilita’ e, in accoglimento dell’appello incidentale, riconosceva l’esenzione totale della parte variabile.
2. Avverso la sentenza di appello, la (OMISSIS) S.p.A. ha proposto ricorso per cassazione, consegnato per la notifica in data 17 febbraio 2014, ricevuto il 25 febbraio 2014, affidato ad un unico motivo, e depositato memoria ex articolo 378 c.p.c.; la contribuente non ha resistito in giudizio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con un unico motivo di ricorso, la (OMISSIS) S.p.A. censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 21 e articolo 49, comma 14, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui ha ritenuto che la possibilita’ riconosciuta ai Comuni di assimilare i rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani fosse condizionata alla compatibilita’ delle quantita’ prodotte con il servizio pubblico di raccolta, e riconosciuto, per l’effetto, l’esenzione totale.
2. Il motivo merita accoglimento, seppure nei termini appresso indicati.
2.1 Nella presente controversia, relativa alla TIA richiesta per l’annualita’ 2010, trovano applicazione “ratione temporis” le disposizioni in materia di TIA 1, come integrate dai criteri di determinazione della TARSU, ai sensi della L. n. 296 del 2006, commi 183 e 184.
2.2. Il regime fiscale dei rifiuti, a partire dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), prevista dal Decreto Legislativo n. 507 del 1993, ha subito nel tempo numerose modifiche legislative, in quanto la TARSU e’ stata sostituita dalla TIA 1 (tariffa di igiene ambientale), introdotta dal Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 49 (Decreto Ronchi), e la TIA 1, a sua volta, dalla TIA 2 (tariffa integrata ambientale), di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 238 (Codice dell’Ambiente).
Nell’ambito di tale successione di norme, il Decreto Legislativo n. 22 del 1997 (c.d. Decreto Ronchi) ha inciso in modo significativo sui criteri di tassazione dei rifiuti in quanto ha introdotto un nuovo sistema incentrato sulla tariffa (TIA 1), in sostituzione di quello precedente incentrato sul tributo.
Il Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 238 (Codice dell’Ambiente), che ha istituito la nuova “tariffa” sui rifiuti TIA 2, destinata a sostituire quella di cui al Decreto Legislativo n. 22 del 1997, ha poi previsto, al comma 1, che “La tariffa di cui al Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, articolo 49, e’ soppressa a decorrere dall’entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11”, il quale recita che “Sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l’applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti.”
Poiche’ tale regolamento ministeriale non e’ stato adottato (entro il prorogato termine del 30 giugno 2010), sono rimaste in vigore, ed applicate dai Comuni nei rispettivi territori sia la TARSU che la TIA 1, prevista dal Decreto Legislativo n. 22 del 1997, alla quale, per effetto della L. n. 296 del 2006 (Finanziaria 2007), commi 183 e 184, sono stati estesi i criteri di determinazione della TARSU.
Il Decreto Legge n. 208 del 2008, articolo 5, comma 2 quater, conv. dalla L. n. 13 del 2009, ha infine disposto che, “Ove il regolamento di cui al Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 238, comma 6, non sia adottato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (entro il 30 giugno 2010), i comuni che intendano adottare la tariffa integrata ambientale (TIA) possono farlo ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti.”
Dunque, inutilmente decorso il termine del 30 giugno 2010, e’ stata prevista la facolta’ per gli enti locali di adottare delibere di passaggio dalla TARSU alla TIA 2, con effetto dal 10 gennaio 2011.
2.3. Cosi’ ricostruito il quadro normativo di riferimento, quanto alle diverse tipologie di rifiuti oggetto di tassazione, questa Corte ha gia’ statuito che per effetto della L. 24 aprile 1998 n. 128, articolo 17, comma 3, che ha abrogato la L. 26 febbraio 1994 n. 146, articolo 39, e’ venuta meno l’assimilazione “ope legis” ai rifiuti urbani di quelli provenienti dalle attivita’ artigianali, commerciali e di servizi, purche’ aventi una composizione merceologica analoga a quella urbana, secondo i dettagli tecnici contenuti nella deliberazione CIPE del 27 luglio 1984, con la conseguenza che e’ divenuto pienamente operante il Decreto Legislativo n. 5 febbraio 1997, n. 22, articolo 21, comma 2, lettera g), che ha attribuito ai Comuni la facolta’ di assimilare o meno ai rifiuti urbani quelli derivanti dalle attivita’ economiche.
Con riferimento alle annualita’ di imposta dal 1997 in poi, assumono quindi decisivo rilievo le indicazioni dei regolamenti comunali circa l’assimilazione dei rifiuti provenienti dalle attivita’ economiche ai rifiuti urbani ordinari (Vedi Cass. n. 21342 del 2008; Cass. n. 14816 del 2010 e Cass. n. 22223 del 2016), in quanto con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 22 del 1997 e’ stato restituito ai Comuni (cfr Cass. n. 18303 e n. 18382 del 2004) il potere di assimilare ai rifiuti urbani ordinari alcune categorie di rifiuti speciali, fra cui quelli prodotti da ditte commerciali, anche “per qualita’ e quantita’” (articolo 21, comma 2, lettera g).
Il Decreto Legislativo n. 22 del 1997, emanato in attuazione delle Dir. 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, ha previsto, nel Titolo I (“Gestione dei rifiuti”), che:
a) la gestione dei rifiuti costituisce attivita’ di pubblico interesse ed e’ disciplinata al fine di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente e controlli efficaci; i rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente (articolo 2, commi 1 e 2);
b) le autorita’ competenti favoriscono il recupero dei rifiuti, nelle varie forme previste (reimpiego, riciclaggio, ecc), allo scopo di ridurre lo smaltimento dei rifiuti, che costituisce la fase residuale della “gestione” degli stessi, la quale comprende le operazioni di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento (articoli 4 e 5, e articolo 6, comma 1, lettera d);
c) sono rifiuti “urbani”, tra l’altro, quelli non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quello di civile abitazione, assimilati ai rifiuti urbani per qualita’ e quantita’, ai sensi dell’articolo 21, comma 2, lettera g), mentre sono rifiuti “speciali”, tra l’altro, quelli “da attivita’ commerciali” (articolo 7, comma 2, lettera b, e comma 3, lettera e);
d) i comuni “effettuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa”; con appositi regolamenti stabiliscono, fra l’altro, “le disposizioni necessarie a ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio”, nonche’ “l’assimilazione per qualita’ e quantita’ dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello smaltimento”; la privativa suddetta “non si applica (….) alle attivita’ di recupero dei rifiuti assimilati” (dal 1 gennaio 2003, “alle attivita’ di recupero dei rifiuti urbani o assimilati”, ai sensi della L. n. 179 del 2002, articolo 23) (articolo 21, comma 1, comma 2, lettera e) e g), e comma 7).
Come in precedenza gia’ evidenziato, lo stesso decreto, articolo 49, ha istituito la “tariffa per la gestione dei rifiuti urbani” (usualmente denominata TIA, “tariffa di igiene ambientale”), in sostituzione della soppressa TARSU, prevedendo, in particolare, nella modulazione della tariffa, agevolazioni per la raccolta differenziata, “ad eccezione della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, che resta a carico dei produttori e degli utilizzatori” (comma 10), e disponendo altresi’ che “sulla tariffa e’ applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantita’ di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua” detta attivita’ (comma 14).
2.4. Dalla lettura organica di tali disposizioni si evince che costituisce regola generale quella secondo cui la privativa comunale opera sempre in presenza di rifiuti urbani e assimilati; che tuttavia, per i rifiuti assimilati, in caso di comprovato avviamento al recupero ai sensi del decreto Ronchi, articolo 21, comma 7, sussiste la possibilita’ di un esonero dalla privativa comunale che determina, non gia’ la riduzione della superficie tassabile, prevista dal Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 62, comma 3, istitutivo della TARSU, per il solo caso di produzione di rifiuti speciali (non assimilabili o non assimilati), bensi’ il diritto ad una riduzione tariffaria determinata in concreto – a consuntivo – in base a criteri di proporzionalita’ rispetto alla quantita’ effettivamente avviata al recupero (in virtu’ di quanto previsto, in generale, gia’ dal Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 67, comma 2, e poi, piu’ specificamente, dal decreto Ronchi, articolo 49, comma 14, e dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 1999, articolo 7, comma 2). (Vedi Cass. Sez. 5 n. 9731 del 2015)
Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 1999, articolo 7, che nella fase transitoria puo’ essere applicato dai comuni anche ai fini della TARSU, nell’approvare il “metodo normalizzato per la determinazione della tariffa di riferimento per la gestione dei rifiuti urbani”, prevede, infatti, non gia’ l’esenzione dall’imposta, ma soltanto una sua riduzione nel caso in cui i rifiuti speciali assimilati a quelli urbani vengano avviati a recupero direttamente dal produttore, purche’ il servizio sia istituito e sussista la possibilita’ dell’utilizzazione.
Ai produttori di rifiuti assimilati che dimostrino di aver avviato al recupero i rifiuti stessi, e’ riconosciuta, dunque, a norma del Decreto Legislativo n. 22 del 1997, la possibilita’ di sottrarsi entro certi limiti alla privativa comunale; presupposto dell’esonero, e della conseguente riduzione proporzionale del tributo, e’ la qualificazione del rifiuto come assimilabile all’urbano.
3. Tanto premesso, occorre verificare se, ai fini dell’assimilazione dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, sia sufficiente un criterio qualitativo, e quindi la mera riconducibilita’ del rifiuto ad una delle tipologie di cui alla deliberazione CIPE del 27 luglio 1984, o sia necessario combinare tale criterio con quello quantitativo, che renda almeno astrattamente possibile uno smaltimento degli stessi ad opera del servizio pubblico di raccolta.
Tale verifica ha una evidente ricaduta sulla legittimita’ o meno di quelle disposizioni dei regolamenti comunali che prevedono l’assimilazione del rifiuto sulla base del solo criterio qualitativo e non anche di quello quantitativo.
3.1. Su tale questione deve rilevarsi, all’interno di questa stessa sezione della Corte, la presenza di pronunce in apparente contrasto.
Secondo un precedente orientamento la dichiarazione di assimilazione dei rifiuti speciali non pericolosi a quelli urbani, prevista dal del Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 21, comma 2, presuppone, necessariamente, la concreta individuazione delle caratteristiche, non solo qualitative, ma anche quantitative dei rifiuti speciali, poiche’ l’impatto igienico ed ambientale di un materiale di scarto non puo’ essere valutato a prescindere dalla sua quantita’ (Vedi Cass. Sez. 5, n. 30719 del 2011; Cass. Sez. 5 n. 9631 del 2012; Cass. Sez. 6-5, n. 18018 del 2013).
Da tale indirizzo si e’ apparentemente discostata Cass. Sez 5 n. 9214 del 2018, affermando che, ai sensi del Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articoli 7, 10 e 21, sono soggetti a tassazione i rifiuti speciali non pericolosi, se assimilati ai rifiuti solidi urbani da una delibera comunale, e cio’ anche nell’ipotesi in cui la stessa non ne individui le caratteristiche quantitative e qualitative, spettando al contribuente solo una riduzione tariffaria in base a criteri di proporzionalita’, nel caso in cui dimostri una riduzione della superficie tassabile ovvero che i rifiuti speciali siano avviati a recupero direttamente dal produttore, purche’ il servizio pubblico di raccolta e smaltimento sia istituito e sussista la possibilita’ per l’istante di avvalersene.
3.2 I due orientamenti sono tuttavia passibili di una composizione, che trova conforto nell’interpretazione letterale e sistematica del dato normativo, se applicati entrambi con le seguenti precisazioni.
L’utilizzo del criterio combinato della qualita’ e quantita’ trova il suo principale argomento giustificativo nel Decreto Legislativo n. 22 del 1997, lettera articolo 21, che, nel definire le competenze del Comune in materia, al comma 2, lettera g), fa riferimento ad una “assimilazione per qualita’ e quantita’ dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello smaltimento”.
Tale doppio criterio corrisponde anche alla “ratio legis”, da individuarsi sia nella necessita’ di escludere ogni ipotesi di danno ambientale correlato alla raccolta e allo smaltimento del rifiuto assimilato, sia in quella di assicurare una gestione dei rifiuti urbani da parte dei Comuni ispirata a principi di efficienza, efficacia ed economicita’; e’ evidente che tali finalita’ possono essere garantite solo predeterminando, almeno astrattamente, la quantita’ di rifiuto assimilabile conferibile, non essendo ipotizzabile un servizio pubblico di smaltimento di potenzialita’ illimitata rispetto ad un rifiuto per definizione non uguale a quello urbano, seppure ad esso assimilabile perche’ non pericoloso.
Predeterminare se un rifiuto e’ assimilabile o meno per qualita’ e quantita’ e’ dunque accertamento preliminare indispensabile, in quanto, nel caso in cui la potesta’ di assimilazione attribuita dalla norma di legge ai Comuni sia stata correttamente esercitata, il contribuente non potra’ mai beneficiare di una esenzione totale dal tributo, sebbene l’intera superficie imponibile sia produttiva di rifiuti assimilati e si avvalga per l’intero dello smaltimento; in tal caso infatti avra’ solo diritto ad una riduzione della tariffa, prevista dal decreto Ronchi, articolo 49, comma 14, e dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 1999, articolo 7, comma 2.
3.3. Nell’ipotesi in cui l’assimilazione non sia stata legittimamente disposta dall’ente locale, per violazione del criterio qualitativo, o anche per l’omessa previsione dell’ulteriore criterio quantitativo, non si rientrera’, invece, nel campo di operativita’ del Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 21, ma, previa disapplicazione della delibera comunale illegittima per contrasto con il Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 21, comma 2, lettera g), dovra’ trovare applicazione solo la pregressa disciplina che in tema di rifiuti speciali prevedeva al Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 62, comma 3, la possibilita’ di una esenzione o riduzione delle superfici tassabili.
E’ noto che il potere-dovere del giudice tributario di disapplicare gli atti amministrativi costituenti il presupposto dell’imposizione e’ espressione del principio generale dell’ordinamento, contenuto nella L. 20 marzo 1865, n. 2248, articolo 5, allegato E, dettato dall’interesse, di rilevanza pubblicistica, all’applicazione in giudizio di tali atti solo se, ed in quanto, legittimi.
Ne consegue che detto potere deve essere esercitato – purche’ gli atti in questione siano stati investiti dai motivi di impugnazione dedotti dal contribuente in relazione all’atto impositivo impugnato anche d’ufficio, ed indipendentemente dall’avvenuta impugnazione dell’atto avanti al giudice amministrativo, con il solo limite dell’eventuale giudicato amministrativo diretto di affermata legittimita’ dell’atto. (Vedi Cass. Sez. U n. 6265 del 2006; Cass. Sez. 5 n. 9631 del 2012 e Cass. Sez. 5 n. 1942 del 2019).
3.4. Disapplicata la delibera, l’esercizio illegittimo del potere di assimilazione potra’ essere equiparato al mancato esercizio del potere di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti solidi urbani da parte del Comune, rispetto al quale si e’ gia’ affermato da questa Corte che ” non comporta che detti rifiuti siano, di per se’, esenti dalla tassa, in quanto essi sono soggetti alla disciplina stabilita per i rifiuti speciali dal Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 62, comma 3 (applicabile ratione temporis), che rapporta la stessa alle superfici dei locali occupati o detenuti, con la sola esclusione della parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano esclusivamente i rifiuti speciali non assimilati. (Cass. Sez. 5, n. 1975/2018, Zoso, Rv. 646900-01).
Il Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 62, comma 3, prevede che “nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti. Ai fini della determinazione della predetta superficie non tassabile il Comune puo’ individuare nel regolamento categorie di attivita’ produttive di rifiuti speciali tossici o nocivi alle quali applicare una percentuale di riduzione rispetto alla intera superficie su cui l’attivita’ viene svolta”.
Va infine ricordato che l’esonero da tassazione previsto dal citato articolo 62, comma 3, per le superfici di formazione di rifiuti speciali smaltiti in proprio integra comunque un’eccezione, i cui presupposti spettera’ al contribuente allegare e provare (Vedi Cass. 9 marzo 2004, n. 4766; Cass. 14 gennaio 2011, n. 775; Cass. 31 luglio 2015, n. 16235), e che la facolta’ di individuare categorie di attivita’ produttive di rifiuti speciali cui applicare una percentuale di riduzione, attribuita ai Comuni dalla stessa norma esige uno specifico esercizio regolamentare, restando, in difetto, le superfici esenti da tassazione (Cass., Sez. un., 30 marzo 2009, n. 7581; Cass. Sez. 5 n. 9630 del 2012; Cass. Sez. 5 n. 10548 del 2017).
4. Nella specie risulta pacifico che con delibera c.c. n. 22 del 1998 il Comune di (OMISSIS) abbia attivato il servizio di smaltimento anche dei rifiuti assimilabili.
La CTR ha riconosciuto il diritto all’esenzione totale sulla base del rilevante quantitativo (pari a 34 tonnellate) di “cocciame di marmo” prodotto dall’impresa, senza tuttavia accertare in concreto il corretto esercizio del potere di assimilazione da parte del Comune, secondo la previsione di criteri sia qualitativi che quantitativi.
Sulla base delle precedenti considerazioni, va invece ritenuto che, in caso di esito positivo di tale verifica, avrebbe dovuto negare l’esenzione totale e verificare la sussistenza dei presupposti per l’applicabilita’ della riduzione riconosciuta dalla CTP, contestati dalla concessionaria ed oggetto dell’appello principale ritenuto implicitamente assorbito; mentre, in caso di esito negativo, ai fini del riconoscimento dell’esenzione totale avrebbe dovuto accertare che l’intera superficie imponibile fosse stata destinata alla produzione di rifiuti speciali non assimilabili, mentre una destinazione solo in parte avrebbe determinato il diritto ad una corrispondente riduzione in proporzione della superficie non tassabile.
5. In conclusione vanno affermati i seguenti principi di diritto:
a) in tema di TIA, ai sensi del Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 21, comma 2, lettera g), i rifiuti speciali non pericolosi sono soggetti a tassazione se assimilati ai rifiuti solidi urbani da una delibera comunale che ne individui le caratteristiche sia quantitative che qualitative; in tal caso spettera’ al contribuente una riduzione tariffaria proporzionale alle quantita’ di rifiuti assimilati che dimostri di aver avviato al recupero autonomamente, purche’ il servizio pubblico di raccolta e smaltimento sia istituito e sussista la possibilita’ per l’istante di avvalersene;
b) la delibera comunale che disponga l’assimilazione sulla base del solo criterio qualitativo, e non anche di quello quantitativo, va disapplicata, per contrasto con il Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 21, comma 2, lettera g); consegue l’applicazione della disciplina stabilita per i rifiuti speciali dal Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 62, comma 3 (applicabile “ratione temporis”), che consente l’esclusione di quella parte di superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano esclusivamente rifiuti speciali non assimilabili o non assimilati, i cui presupposti spettera’ al contribuente allegare e provare.
6. Per le suesposte considerazioni, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana in diversa composizione, che procedera’ alla disamina del suddetto profilo, alla luce dei principi enunciati, nonche’ dei motivi assorbiti, provvedendo anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Toscana in diversa composizione.

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