Corte di Cassazione, sezione sesta (terza) civile, Ordinanza 6 marzo 2019, n. 6450.
La massima estrapolata:
È legittima l’azione revocatoria sul fondo patrimoniale costituito tra coniugi anche se non è stato annotato sull’atto di matrimonio. Questo in quanto l’azione revocatoria non ha tra i suoi fatti costitutivi la circostanza che l’atto sia opponibile ai creditori, ma soltanto che esso sia stato posto in essere e che abbia sottratto il bene dal patrimonio del debitore.
Ordinanza 6 marzo 2019, n. 6450
Data udienza 22 novembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15733-2017 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) SPA, quale mandataria della (OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2524/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 13/04/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/11/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.
FATTI DI CAUSA
1. La (OMISSIS) s.p.a., in qualita’ di mandataria della (OMISSIS) s.r.l., convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), chiedendo che fosse dichiarato inefficace nei suoi confronti, ai sensi dell’articolo 2901 c.c., l’atto col quale i coniugi avevano costituito in fondo patrimoniale un immobile di loro proprieta’.
A sostegno della domanda la societa’ attrice espose che la (OMISSIS) s.r.l. era cessionaria di una serie di crediti della (OMISSIS), tra i quali quello nei confronti del (OMISSIS), fideiussore per ingenti somme di altra societa’ nel frattempo fallita.
Si costituirono in giudizio i convenuti, formulando alcune eccezioni preliminari e chiedendo il rigetto della domanda.
Il Tribunale rigetto’ la domanda e condanno’ la societa’ attrice al pagamento della meta’ delle spese di lite, compensate quanto all’altra meta’.
2. La pronuncia e’ stata impugnata dalla parte soccombente e la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 13 aprile 2017, ha accolto il gravame, ha dichiarato l’inefficacia ai sensi dell’articolo 2901 c.c., nei confronti della societa’ appellante, dell’atto di costituzione impugnato limitatamente alla quota di meta’ spettante al (OMISSIS) ed ha condannato i coniugi al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
Ha osservato la Corte territoriale, per quanto di interesse in questa sede, che il Tribunale aveva erroneamente posto a fondamento della decisione una circostanza non contestata riguardo alla quale i convenuti non avevano proposto alcuna eccezione, ossia la mancata annotazione del fondo patrimoniale a margine dell’atto di matrimonio. Trattandosi di inefficacia relativa, la stessa non poteva essere mai rilevata d’ufficio.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Roma ricorrono (OMISSIS) e (OMISSIS) con unico atto affidato a due motivi. Resiste la (OMISSIS) s.p.a. con controricorso.
Il ricorso e’ stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli articoli 375, 376 e 380-bis c.p.c. e i ricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione dell’articolo 163 c.p.c., n. 4), osservando che il giudice di merito sarebbe tenuto a rilevare anche d’ufficio la mancata allegazione, da parte dell’attore, della circostanza dell’annotazione dell’atto impugnato a margine dell’atto di matrimonio. Si tratterebbe di una nullita’, rilevabile d’ufficio, che avrebbe richiesto un’attivita’ di sanatoria che, nella specie, e’ mancata.
1.1. Il motivo non e’ fondato.
Osserva la Corte che il particolare sistema di pubblicita’ regolato per le convenzioni matrimoniali dall’articolo 163 c.c., comma 3, opera a garanzia dei coniugi i quali possono, in tal modo, rendere la convenzione opponibile ai terzi. Cio’ non significa, pero’, che l’omissione di tale annotazione – ovvero, come nella specie pare sia accaduto, la mancanza della prova di tale annotazione – possa essere utilizzata, da parte dei coniugi, al fine di bloccare l’azione revocatoria nei confronti dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale; atto che, nella specie, era stato anche trascritto. La mancata opponibilita’, in altri termini, non puo’ giovare ai coniugi debitori, perche’ altrimenti in tal modo essi potrebbero evitare ogni contestazione da parte dei creditori. Cio’ comporta che la censura procedurale posta nel motivo in esame, peraltro non particolarmente chiara, e’ priva di rilevanza ai fini della decisione; anche se, infatti, la prova dell’annotazione fosse stata prodotta in appello, cio’ non muterebbe i termini della questione, perche’ la possibilita’ di agire in revocatoria non potrebbe comunque essere preclusa.
Rileva il Collegio, inoltre, che l’azione revocatoria non ha tra i suoi fatti costitutivi la circostanza che l’atto sia opponibile ai creditori, ma solo che esso sia stato compiuto e che, a seguito di cio’, abbia sottratto formalmente il bene dal patrimonio del debitore. L’obiettivo dell’azione revocatoria, come risulta dall’articolo 2902 c.c., comma 1, non e’ quello di far rientrare il bene nel patrimonio del debitore, ma soltanto quello di consentire che su quel bene il creditore possa soddisfarsi, promuovendo l’esecuzione contro il terzo proprietario (articolo 602 c.p.c.); ne consegue che e’ irrilevante l’inopponibilita’ dell’atto ai terzi, come nella specie, per mancata annotazione a margine dell’atto di matrimonio.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., con nullita’ della sentenza per mancanza di motivazione.
La doglianza ha ad oggetto la condanna alle spese del doppio grado pronunciata anche nei confronti della coniuge (OMISSIS), la quale non era debitrice di alcunche’, tanto che la domanda e’ stata respinta nei suoi confronti.
2.1. Il motivo non e’ fondato.
E’ esatto rilevare che la (OMISSIS), come la stessa Corte di merito ha riconosciuto, non era debitrice di alcuna somma, tant’e’ che l’inefficacia relativa e’ stata dichiarata limitatamente a meta’ della quota. Cio’ non toglie, pero’, che ella abbia partecipato alla costituzione del fondo patrimoniale, per cui sotto questo profilo sussiste anche la sua soccombenza.
3. Il ricorso, pertanto, e’ rigettato.
A tale esito segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55.
Sussistono inoltre le condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 7.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, dell’articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
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