Revoca amministratore e legittimazione attiva istanza di fallimento

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|18 maggio 2021| n. 13516.

Revoca amministratore e legittimazione attiva istanza di fallimento

In tema di società di persone, all’amministratore revocato fa capo la legittimazione alla presentazione dell’istanza di fallimento dell’ente, posto che l’art. 2274 c.c. – nel prevedere che, avvenuto lo scioglimento della società, i soci amministratori conservano il potere di amministrare limitatamente agli affari urgenti sino a quando non siano presi i provvedimenti necessari alla liquidazione – esplicita l’applicabilità del principio generale della “prorogatio” dei poteri degli amministratori sino alla loro sostituzione. (Nella specie, la S.C. ha confermato “in parte qua” la pronuncia di merito, che nel ritenere la sussistenza della legittimazione all’istanza per la dichiarazione di fallimento dell’amministratore revocato in forza di un lodo arbitrale, aveva escluso l’applicabilità dell’art. 2266 c.c.).

Ordinanza|18 maggio 2021| n. 13516

Data udienza 10 febbraio 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Fallimento – Revoca amministratore – Legittimazione attiva istanza di fallimento – Prorogatio – Insolvenza società in liquidazione – Valutazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente

Dott. FERRO Massimo – Consigliere

Dott. VELLA Paola – Consigliere

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 14749-2017 r.g. proposto da:
(OMISSIS), (cod. fisc. (OMISSIS)) e (OMISSIS) (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentati e difesi, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dagli Avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS), con cui elettivamente domiciliano in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS).
– ricorrenti –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) s.n.c. di (OMISSIS) e dei soci illimitatamente responsabili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in persona del curatore fallimentare Dott. (OMISSIS), nonche’ (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia, depositata in data 8.5.2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/2/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

RILEVATO

CHE:
1. Il Tribunale di Mantova dichiaro’ in data (OMISSIS) il fallimento di (OMISSIS) s.n.c. (OMISSIS) e dei soci (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ritenendo, in primo luogo, (OMISSIS), amministratore revocato dalla carica sociale tramite lodo arbitrale, legittimato attivo a presentare istanza di autofallimento della predetta societa’ in assenza della nomina di un nuovo amministratore e in applicazione del regime di “prorogatio” sino alla nomina dei liquidatori.
1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Brescia ha rigettato il reclamo proposto ai sensi della L.Fall., articolo 18 da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti del fallimento e di (OMISSIS) e (OMISSIS) (rimasto contumace) avverso la sopradetta sentenza dichiarativa di fallimento.

Revoca amministratore e legittimazione attiva istanza di fallimento

La corte del merito ha ritenuto che l’articolo 2274 c.c. – nel prevedere che, avvenuto lo scioglimento della societa’, i soci amministratori conservano il potere di amministrare limitatamente agli affari urgenti sino a quando non siano presi i provvedimenti necessari alla liquidazione – esplicita un principio generale in ordine all’applicazione del regime della prorogatio dei poteri degli amministratori sino all’intervenuta sostituzione dei medesimi; ha evidenziato che il lodo arbitrale del 9 dicembre 2015 aveva revocato per giusta causa (OMISSIS) dalla carica di amministratore per atti di mala gestio, demandando ai soci la sostituzione dell’amministratore ovvero l’adozione delle necessarie ed indefettibili decisioni per la liquidazione della societa’; ha osservato che – in mancanza della nomina da parte dei soci ovvero del tribunale di un nuovo amministratore ed in ragione di quanto disposto dall’articolo 2274 c.c. (che esclude la vacatio della carica rappresentativa sociale) – la legittimazione alla presentazione dell’istanza di fallimento spettava all’amministratore revocato al quale tale potesta’ era stata conferita dall’atto costitutivo della societa’, non potendosi ritenere applicabile, come invocato dai reclamanti, il diverso disposto normativo di cui all’articolo 2266 c.c. (che regola la diversa questione dell’opponibilita’ ai terzi delle modificazioni ed estinzione dei poteri di rappresentanza) e dovendosi ritenere l’istanza di autofallimento atto indefettibile che, se non azionata, diventa fonte di responsabilita’ in capo all’amministratore; ha inoltre evidenziato – quanto alla contestazione dell’esistenza dello stato di insolvenza della societa’ in liquidazione – che, in tale ultimo caso, la valutazione della sussistenza del requisito di cui alla L.Fall., articolo 5 deve essere scrutinata tramite l’accertamento della consistenza degli elementi attivi del patrimonio come idonei e sufficienti (o non) ad assicurare l’integrale soddisfacimento dei creditori sociali, tramite una valutazione di carattere statico; ha inoltre osservato che le valutazioni operate dal Ctu nominato innanzi al giudice fallimentare di prima istanza non erano pertinenti, in quanto dirette a verificare gli indici di liquidita’, indebitamento e garanzia dei debiti, profili attinenti invece ad una valutazione di carattere dinamico di un soggetto imprenditoriale in attivita’ e non gia’ in liquidazione; ha infine evidenziato che, valutando comunque gli utili di esercizio del 2016 e 2017 ed i crediti vantati dalla fallita secondo gli indici di svalutazione operati dal Ctu, occorreva comunque confermare la valutazione operata dal tribunale circa lo stato di insolvenza della societa’ debitrice, considerato che le attivita’ (che erano costituite per la massima parte di crediti), non erano in grado di soddisfare la complessiva debitoria; ha infine evidenziato l’inammissibilita’ dell’ulteriore doglianza relativa alla denunciata nullita’ ex articolo 2265 c.c. del patto sociale che riservava ad (OMISSIS) la quota del 1% in quanto censura nuova proposta per la prima volta in sede di reclamo e comunque devoluta agli arbitri secondo l’articolo 13 dello statuto sociale.
2. La sentenza, pubblicata il 8.5.2017, e’ stata impugnata da (OMISSIS) e (OMISSIS) con ricorso per cassazione, affidato a sette motivi.
FALLIMENTO (OMISSIS) s.n.c. (OMISSIS), nonche’ (OMISSIS), (OMISSIS), intimati, non hanno svolto difese.

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CONSIDERATO

CHE:
1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli articoli 1396, 2257, 2266, 2274, 2295, in relazione al contestato profilo della legittimazione attiva dell’amministratore revocato a presentare istanza di autofallimento della societa’ debitrice.
2. Il secondo mezzo denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli articoli 1458, 1459, 1729, 2295 c.c., sempre in relazione al profilo della legittimazione attiva dell’amministratore revocato.
2.1 I primi due motivi di censura possono essere esaminati congiuntamente – riguardando, in buona sostanza, la medesima questione della legittimazione attiva dell’amministratore di una societa’ di persone revocato dall’incarico sociale a presentare istanza di auto fallimento della medesima societa’ – e vanno rigettati.
2.1.1 Sostengono i ricorrenti che sarebbe erronea la decisione adottata, sul punto qui in esame, da parte della corte territoriale laddove aveva ritenuto non pertinente e non applicabile il disposto normativo di cui all’articolo 2266 c.c., posto che, diversamente da quanto ritenuto nel provvedimento impugnato, la norma in esame disponeva che l’unica forma di salvaguardia e di proroga dei poteri dell’amministratore revocato era quella a tutela dei terzi in ragione della non opponibilita’ a quest’ultimi delle modificazioni dei poteri di rappresentanza non portate a conoscenza dei terzi. Si evidenzia inoltre che, a conferma di quanto affermato, deponeva anche il contenuto dell’articolo 2385 c.c. che, per le societa’ per azioni, dispone espressamente un’ipotesi di prorogatio invece non prevista per le societa’ di persone. Non sarebbe applicabile – aggiungono, ancora, i ricorrenti – il disposto normativo di cui all’articolo 2274 c.c. perche’, nel caso in esame, non ricorrerebbe una causa di scioglimento della societa’, quanto piuttosto una ipotesi di revoca dell’amministratore per giusta causa, con conseguente applicabilita’ del sopra richiamato articolo 2266 (che esclude l’istituto della prorogatio) e con la precisazione che, comunque, la diversa norma invocata dalla corte territoriale prevede espressamente, nell’articolo 2274 c.c., la conservazione dei poteri di amministrazione per i soli affari urgenti.
2.1.2 Le censure – cosi’ articolate – non sono condivisibili.

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E’ corretta la ricostruzione giuridica operata dalla corte territoriale, posto che se e’ vero, per un verso, che risulta fuorviante il richiamo al combinato disposto degli articoli 2266 e 1396 c.c. perche’ le norme invocate dai ricorrenti si pongono sul diverso piano (non rilevante ai fini decisori che ci occupano) dell’opponibilita’ degli atti ai terzi in caso di estinzione ovvero di modificazione dei poteri di rappresentanza dell’amministratore revocato, risulta altrettanto vero, per altro verso, che e’ il disposto normativo di cui all’articolo 2274 c.c. (norma dettata in materia di societa’ semplici, ma richiamabile, a mente dell’articolo 2293 c.c., anche per le societa’ in nome collettivo), a risolvere la questio iuris qui dibattuta, posto che la predetta previsione normativa prevede espressamente la prorogatio dei poteri di amministrazione e di rappresentanza dell’amministratore, in caso di scioglimento della societa’, sino all’adozione dei provvedimenti necessari per la liquidazione.
Orbene, risulta circostanza non controversa tra le parti quella secondo cui il lodo arbitrale del 9 dicembre 2015 aveva revocato per giusta causa (OMISSIS) dalla carica di amministratore per atti di mala gestio, demandando, poi, ai soci la sostituzione dell’amministratore ovvero l’adozione delle necessarie ed indefettibili decisioni per la liquidazione della societa’. Ne consegue che, in assenza della deliberazione sociale di sostituzione dell’amministratore e nell’inerzia dell’adozione dei necessari provvedimenti per la liquidazione della societa’, quest’ultima doveva ritenersi in una condizione di sostanziale scioglimento, con la ulteriore indefettibile conseguenza che la societa’ continuava ad essere rappresentata da coloro che erano a cio’ designati dall’atto costitutivo, anteriormente allo scioglimento, e che la sostituzione degli amministratori non poteva avvenire per il solo fatto dello scioglimento, occorrendo un apposito atto deliberativo della societa’, con la conseguenza che, nel caso in esame, l’amministratore revocato ha conservato, in assenza della nomina dei liquidatori, la rappresentanza della societa’, ai sensi del sopra richiamato articolo 2274 c.c..
3. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L.Fall., articolo 5, in relazione all’accertamento dello stato di insolvenza della societa’.
4. Il quarto mezzo declina, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, sempre in relazione alla valutazione dello stato di insolvenza.
5. Con il quinto motivo si deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, con particolare riferito all’immotivato discostamento da parte della corte di appello dalle valutazioni del Ctu sempre in ordine allo scrutinio del requisito dell’insolvenza.
6. Il sesto mezzo articola, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, vizio di violazione dell’articolo 2697 c.c., della L.Fall., articoli 1 e 5, in punto di erronea applicazione dei principi di ripartizione degli oneri della prova in tema di accertamento dello stato di insolvenza.

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6.1 Il terzo, quarto, quinto e sesto motivo – tutti articolati in relazione al profilo della valutazione dello stato di insolvenza della societa’ debitrice possono essere esaminati congiuntamente e vanno accolti.
6.1.1 Occorre premettere che costituisce principio non contrastato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui quando la societa’ e’ in liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell’applicazione della L.Fall., articolo 5, deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l’eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, e cio’ in quanto – non proponendosi l’impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori previa realizzazione delle attivita’, ed alla distribuzione dell’eventuale residuo tra i soci – non e’ piu’ richiesto che essa disponga, come invece la societa’ in piena attivita’, di credito e di risorse, e quindi di liquidita’, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 25167 del 07/12/2016; Sez. 1, Ordinanza n. 19414 del 03/08/2017; Sez. 6-1, Ordinanza n. 24660 del 05/11/2020; N. 19790 del 2015; Sez. 1, Sentenza n. 13644 del 30/05/2013).
6.1.2 Cio’ posto, osserva il Collegio come – nonostante il corretto richiamo, nella motivazione della sentenza impugnata, ai principi di diritto da ultimo richiamati in relazione alla. modalita’ di accertamento dello stato di insolvenza nelle societa’ in liquidazione – la corte di merito ha, invece, richiamato, nel corso delle sue argomentazioni, indici probatori di valutazione che non si riferiscono propriamente ne’ all’accertamento dell’attivo patrimoniale ne’ tanto meno al complessivo indebitamento della societa’ attinta dall’istanza di fallimento. In realta’, il provvedimento qui in esame richiama, a tal fine, da un lato, gli utili di esercizio dell’anno 2016 e la perdita di esercizio dell’anno 2015 e, dall’altro, gli indici di svalutazione dei crediti sociali che, nella ricostruzione della corte di merito, costituirebbero la parte piu’ consistente dell’attivo patrimoniale.

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Se cosi’ e’, allora la doglianza cosi’ proposta dai ricorrenti deve trovare accoglimento sia in relazione alla denunciata falsa applicazione della L.Fall., articolo 5 (ove lo scostamento dai principi di diritto affermati da questa Corte in tema di accertamento dello stato di insolvenza nelle societa’ in liquidazione risulta vistoso) sia in riferimento al denunciato vizio di motivazione apparente (stante la mancata indicazione finanche dell’entita’ complessiva dei debiti sociali da porre a raffronto, nell’ottica della valutazione “statica” sopra descritta, con l’attivo patrimoniale liquidabile).
6.1.3 L’accoglimento della doglianza in relazione al preliminare profilo di violazione (o meglio, falsa applicazione) del disposto normativo di cui alla L.Fall., articolo 5 e del conseguente vizio argomentativo assorbe l’esame delle ulteriori censure articolate nei motivi qui in esame.
7. Con il settimo ed ultimo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, illegittimita’ del provvedimento impugnato per violazione della L.Fall., articolo 18 e dell’articolo 34 e 819 c.p.c., in ordine all’erroneita’ dell’affermazione contenuta nel provvedimento impugnato secondo cui la nullita’ del contratto sociale ex articolo 2265 c.c. sarebbe inammissibile per novita’ della questione e comunque perche’ questione demandata alla cognizione arbitrale in virtu’ della relativa clausola derogativa della giurisdizione ordinaria contenuta nello statuto societario.
7.1 Il motivo di censura e’ inammissibile per difetto di interesse ad impugnare.
7.1.1 E’ pur vero che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte (v. Cass. 6835-2014), l’impugnazione della sentenza dichiarativa di fallimento, nei procedimenti in cui trova applicazione la riforma di cui al Decreto Legislativo n. 169 del 2007, che ha modificato la L. Fall., articolo 18, ridenominando tale mezzo come “reclamo” in luogo del precedente “appello” in coerenza con la natura camerale dell’intero procedimento, e’ caratterizzata, per la sua specialita’, dalla possibilita’ di riesaminare le questioni, onde non si applicano i limiti previsti, in tema di appello, dagli articoli 342 e 345 c.p.c.. E’ stato, infatti, affermato che il fallito, addirittura allorche’ non costituito avanti al tribunale, puo’ indicare per la prima volta in sede di reclamo i mezzi di prova di cui intende avvalersi, anche al fine di dimostrare la sussistenza dei limiti dimensionali di cui alla L. Fall., articolo 1, comma 2, (Cass., sez. 6, ord. 6 giugno 2012, n. 9174; Cass., sez. 1, 5 novembre 2010, n. 22546). Il principio, cosi’ enunciato con riguardo alle nuove prove, va esteso anche alle allegazioni delle parti, che logicamente precedono la deduzione di quelle (Sez.1, Sentenza n. 6306 del 19/03/2014; Sez. 1, Sentenza n. 6835 del 24/03/2014 Sez. 1, Sentenza n. 13505 del 13/06/2014 (Sez. 6-1, Ordinanza n. 4893 del 19/02/2019). Ne discende che – a stretto ricorre – risulta giuridicamente erronea la motivazione impugnata nella parte in cui aveva ritenuto inammissibile per novita’ la questione della nullita’ del contratto sociale ex articolo 2265 c.c. sollevata solo in sede di reclamo.
7.1.2 Tuttavia, il ricorrente non ha interesse ad impugnare la relativa statuizione giudiziale posto che anche il richiesto accertamento della nullita’ del patto sociale ex articolo 2265 c.c. non potrebbe dispiegare effetto in ordine al profilo della legittimita’ o meno dell’estensione del fallimento al socio illimitatamente responsabile.

P.Q.M.

accoglie il terzo, quarto, quinto e sesto motivo; rigetta i primi due motivi e dichiara inammissibile il settimo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di cassazione.

 

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