Responsabilità per l’insidia non immediatamente percepibile dello scivolo su cui si fa male il bambino

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 27 marzo 2020, n. 7578.

La massima estrapolata:

Il Comune non può essere sollevato dalla responsabilità per l’insidia non immediatamente percepibile dello scivolo su cui si fa male il bambino scaricando la responsabilità sui genitori tenuti a vigilare. Basta il dinamismo nell’incidente della cosa in custodia.

Ordinanza 27 marzo 2020, n. 7578

Data udienza 6 dicembre 2019

Tag – parola chiave: Responsabilità civile – Scivolo su cui si fa male il bambino – Insidia non immediatamente percepibile – Responsabilità del comune e non dei genitori – Dinamismo nell’incidente della cosa in custodia

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 4594-2018 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), in proprio e quali esercenti la potesta’ genitoriale sul figlio minore (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI BARLASSINA in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1508/2017 del TRIBUNALE di MONZA, depositata il 22/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/12/2019 dal Consigliere Dott. CRICENTI Giuseppe.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS), all’epoca dei fatti un bambino di nove anni, e’ caduto da uno scivolo del parco giochi del Comune di Barlassina.
I suoi genitori hanno agito nei confronti dell’ente territoriale sia in proprio che quali rappresentanti del figlio per il risarcimento dei danni, in particolare quelli alla persona, dovuti ad una frattura dell’omero, che il ragazzo ha riportato proprio a seguito di quella caduta.
Secondo gli attori, il danno si sarebbe verificato a causa di un difetto della pedana dello scivolo, e dunque sarebbe danno da ricondurre alla responsabilita’ da custodia del Comune.
Il Tribunale ha rigettato la domanda ritenendo non chiara la dinamica dei fatti gia’ dalla lettura stessa dell’atto di citazione e dal suo confronto con la narrazione fatta nella querela presentata dai genitori subito dopo il fatto; non ha dunque ammesso le prove ritenendole superflue.
La corte di appello ha valutato come inammissibile il gravame, ai sensi dell’articolo 348 ter c.p.c., ossia stimando che non avesse alcuna possibilita’ di venire accolto, e di conseguenza lo ha rigettato in limine.
I genitori di (OMISSIS) ricorrono per Cassazione con tre motivi, tutti rivolti verso la sentenza di primo grado.
V’e’ costituzione del Comune, che oltre a chiedere il rigetto nel merito, eccepisce l’inammissibilita’ del ricorso e deposita memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I ricorrenti impugnano la decisione di primo grado, in quanto la sentenza di appello ha solamente ritenuto inammissibile in limine l’impugnazione, e non ha dunque pronunciato nel merito.
La decisione di primo grado ritiene infondata la pretesa di risarcimento assumendo come poco chiare le modalita’ del fatto, ed anzi del tutto contraddittorie, se si confrontano con quelle esposte nella querela.
In particolare, mentre nella citazione si sostiene che il bambino e’ caduto perche’ la pedana non ha retto, nella querela sarebbe caduto inciampando.
Cio’ induce il giudice di merito a ritenere superflue le prove richieste, che nulla apporterebbero a chiarimento della vicenda.
2.- I ricorrenti propongono tre motivi, con i quali lamentano l’uso delle presunzioni e la contraddittorieta’ della motivazione.
2.1- Con il primo motivo lamentano violazione dell’articolo 132 c.p.c. e articoli 2729 e 2697 c.c..
Secondo i ricorrenti, il giudice di merito ha errato nel trarre la sua conclusione esclusivamente dalla esposizione dei fatti resa in citazione, che tra l’altro non era affatto lacunosa ne’ in contraddizione con altre diverse narrazioni.
Piuttosto avrebbe dovuto coerentemente ammettere le prove per consentire la dimostrazione di quei fatti che, dall’esame del solo atto introduttivo, non potevano ovviamente ritenersi come provati, o viceversa come inverosimili.
2.1.- Con il secondo motivo si lamenta violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. in relazione a quanto detto con il primo, ossia per via della illogicita’ e erroneita’ della mancata ammissione della prova, che ha portato a decidere in assenza di qualsiasi risultanza istruttoria.
2.2. Con il terzo motivo si lamenta in particolare violazione dell’articolo 2051 c.c.. Il giudice di merito aveva ritenuto, in subordine, che comunque non era provato che il difetto della pedana fosse una insidia non visibile.
Secondo i ricorrenti il concetto di insidia e’ stato erroneamente ricondotto dal giudice alla responsabilita’ per custodia, che invece non lo contempla e non lo richiede come necessario.
3.- Va pero’ preliminarmente considerato che il Comune di Barlassina eccepisce l’inesistenza della notifica del ricorso per Cassazione.
Secondo il controricorrente, l’atto e’ stato notificato al difensore costituito nel primo grado di giudizio, e non a quello intervenuto in appello.
Il difensore domiciliatario del primo grado, infatti, e’ stato revocato e sostituito in secondo grado da altro difensore, ed era a quest’ultimo che andava notificato il ricorso, non gia’ a quello ormai revocato e non piu’ domiciliatario.
L’eccezione e’ infondata.
Ritiene il Collegio di dover dare seguito alla decisione delle Sezioni unite, n. 14916/2016, secondo cui ” L’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione e’ configurabile, in base ai principi di strumentalita’ delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attivita’ priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformita’ dal modello legale nella categoria della nullita’. Tali elementi consistono: a) nell’attivita’ di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilita’ giuridica di compiere detta attivita’, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtu’ dei quali, cioe’, la stessa debba comunque considerarsi, “ex lege”, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, cosi’ da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioe’, in definitiva, omessa” (Sez. U, Sentenza n. 14916 del 20/07/2016, Rv. 640603 01); “Il luogo in cui la notificazione del ricorso per cassazione viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell’atto, sicche’ i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell’ambito della nullita’ dell’atto, come tale sanabile, con efficacia “ex tunc”, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullita’), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ex articolo 291 c.p.c.” (Sez. U, Sentenza n. 14916 del 20/07/2016, Rv. 640604 – 01).
La notifica de qua deve pertanto ritenersi non “inesistente”, in quanto compiuta comunque in un luogo che presenta un collegamento con il destinatario, consistente nel domicilio del precedente difensore (da ultimo in tal senso Cass. 1798/ 2018), ma semmai nulla, con conseguente pero’ sanatoria dovuta alla costituzione del destinatario.
4.- Nel merito il ricorso e’ fondato.
Lo sono tutti e tre i motivi.
I primi due attengono alla decisione del giudice di merito di non ammettere le prove e di ritenere infondata la domanda, semplicemente sulla base della contraddizione tra quanto esposto in citazione e quanto riferito nella querela.
Secondo i ricorrenti la tesi del giudice di merito sarebbe viziata da violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. nonche’ da contraddittorieta’ manifesta della motivazione e da violazione delle norme sull’onere della prova (articolo 2697 c.c.). La fondatezza die motivi deriva da quanto segue.
Va ricordato innanzitutto che una motivazione e’ sufficiente quando e’ tale da giustificare la ratio.
Nel caso presente, il giudice di merito ha ritenuto contraddittoria le versione dei fatti narrata nell’atto di citazione, dove si legge che la “caduta a terra sarebbe dovuta ad una sorta di cedimento strutturale di una o piu’ delle assi in legno del ponte dello scivolo”, mentre nella denuncia-querela il fatto sarebbe stato descritto in modo diverso e contraddittorio rispetto a quello di cui alla citazione, ossia nel senso di “una caduta dovuta ad un inciampo in una delle assi di legno non fissate perfettamente alla struttura del gioco” (p. 7 della sentenza).
E’ di tutta evidenza che non v’e’ alcuna radicale contraddittorieta’ tra la descrizione dell’incidente fatta in citazione e quella fatta nell’atto di querela, posto che il fatto, pur se in modo diverso, in entrambi gli atti e’ unico, e consiste nel “dinamismo” che i ricorrenti attribuiscono allo scivolo quale causa dell’incidente.
Il giudice di merito, ben puo’ non ammettere le prove richieste dalla parte, ma del rifiuto dell’istruttoria deve dare adeguata motivazione, in difetto della quale la sua decisione e’ ricorribile in Cassazione (Cass. 16214/2019).
La motivazione resa dal giudice, ossia che vi fosse una contraddizione nella narrazione del fatto in due atti diversi, tanto da renderla inverosimile, non solo di per se’ non giustifica la ratio della decisione, ma neanche e’ idonea a farlo in base al suo contenuto, che, come si e’ visto suppone una contraddizione inesistente.
Inoltre, ed e’ cio’ che e’ denunciato piu’ precisamente con il secondo motivo, il giudice di primo grado ha ritenuto non provato il fatto sulla base di una contraddizione tra la narrazione contenuta nelle sommarie informazioni e la narrazione contenuta nella citazione, ma, per come risulta dal testo della prima delle due, riportato a pagina 18 del ricorso, anche nelle sommarie informazioni si fa riferimento al fatto che le assi di legno della pedana non erano ben fissate.
Cosi’ che la tesi che le due narrazioni si contraddicano l’un l’altra, oltre a non costituire motivazione sufficiente a sorreggere una decisione di rigetto delle prove e della domanda, e’ frutto di un errore percettivo sul contenuto di una prova, che puo’ essere fatto valere in sede di legittimita’ (“In materia di ricorso per cassazione, mentre l’errore di valutazione in cui sia incorso il giudice di merito – e che investe l’apprezzamento della fonte di prova come dimostrativa, o meno, del fatto che si intende provare – non e’ mai sindacabile in sede di legittimita’, l’errore di percezione, cadendo sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, qualora investa una circostanza che ha formato oggetto di discussione tra le parti, e’ sindacabile ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione dell’articolo 115 medesimo codice, norma che vieta di fondare la decisione su prove reputate dal giudice esistenti, ma in realta’ mai offerte” (Cass. 27033/2018; Cass. 9356/2017).
4.1.- Fondato e’ altresi’ il terzo motivo.
Con esso i ricorrenti lamentano violazione dell’articolo 2051 c.c., censurando come errata la tesi del giudice di merito secondo cui la responsabilita’ per cose in custodia sussiste quando quest’ultima, per le sue caratteristiche intrinseche, determina la configurazione nel caso concreto di un’insidia (p. 7 della sentenza), e che la prova che l’insidia non fosse visibile o che fosse evitabile spettava al danneggiato.
I ricorrenti contestano che la norma preveda la necessita’ di tale requisito.
Il motivo e’ fondato in quanto la responsabilita’ da cose in custodia non richiede che quest’ultima costituisca un’insidia, ossia un pericolo non visibile e prevedibile, attenendo semmai questo aspetto alla evitabilita’ del danno da parte del danneggiato.
La responsabilita’ da cose in custodia presuppone soltanto che il danno sia avvenuto per il “dinamismo” di una cosa che era soggetta al controllo del convenuto, spettando a quest’ultimo la prova che il danno era evitabile dal danneggiato usando l’ordinaria diligenza, ossia la prova che la cosa presentasse una insidia visibile ed evitabile dal danneggiato (Cass. 11802/2016; Cass. 12027/2017).
Il ricorso va dunque accolto, e la decisione cassata con rinvio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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