Responsabilità medica per omissione

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|21 luglio 2021| n. 28182.

In tema di responsabilità medica per omissione, l’accertamento del nesso causale, ed in particolare il giudizio controfattuale necessario per stabilire l’effetto salvifico delle cure omesse, deve essere effettuato secondo un giudizio di alta probabilità logica, tenendo conto non solo di affidabili informazioni scientifiche ma anche delle contingenze significative del caso concreto, ed in particolare, della condizione specifica del paziente. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza d’appello che, in riforma della sentenza assolutoria di primo grado, aveva condannato, per il reato di omicidio colposo, un medico di pronto soccorso e un pediatra per la tardiva diagnosi di occlusione intestinale di un bambino, riconoscendo il nesso causale sulla base di una legge statistica relativa alle possibilità di sopravvivenza all’intervento chirurgico che avrebbe potuto essere eseguito in caso di diagnosi tempestiva, riferita al caso di intervento in fase iniziale di shock, senza tener conto della specifica condizione del paziente che, al momento dell’accesso al pronto soccorso, presentava indicatori della seconda fase dello shock ipovolemico, incidente sul rischio di mortalità connesso all’intervento chirurgico).

Sentenza|21 luglio 2021| n. 28182. Responsabilità medica per omissione

Data udienza 6 luglio 2021

Integrale

Tag – parola: Omicidio colposo – Responsabilità medica – Annullamento senza rinvio della sentenza in quanto non risulta superabile il ragionevole dubbio circa l’insussistenza del nesso causale tra condotta ed evento lesivo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco M. – Presidente

Dott. MENICHETTI Carla – Consigliere

Dott. BELLINI Ugo – Consigliere

Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere

Dott. PICARDI Francesca – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 23/10/2020 della CORTE APPELLO di FIRENZE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. FRANCESCA PICARDI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. PERELLI SIMONE, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ dei ricorsi;
E’ presente l’avvocato (OMISSIS), del foro di ROMA, in difesa di (OMISSIS), il quale illustrando i motivi del ricorso insiste per l’accoglimento;
E’ presente l’avvocato (OMISSIS), del foro di ROMA, in difesa di (OMISSIS), che, solo in via subordinata, chiede dichiararsi la prescrizione del reato;
E’ presente personalmente l’imputato (OMISSIS), difeso dall’avvocato (OMISSIS), il quale dichiara di rinunciare alla prescrizione eventualmente maturata. L’avvocato (OMISSIS) del foro di ROMA, in difesa di (OMISSIS), illustra i motivi del ricorso insistendo per l’accoglimento dello stesso.

Responsabilità medica per omissione

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Firenze, in riforma della sentenza assolutoria di primo grado ed in accoglimento dell’appello della parte pubblica, ha condannato (OMISSIS) e (OMISSIS) alla pena di mesi 6 di reclusione, concessi i doppi benefici di legge, per il reato di cui agli articoli 40, 41 e 589 c.p., perche’, con condotte tra loro indipendenti, la prima quale medico pediatra del Policlinico Universitario (OMISSIS) ed il secondo quale medico di Pronto Soccorso del medesimo nosocomio, cagionavano in data (OMISSIS), con colpa consistita in imperizia e negligenza, il decesso di (OMISSIS) per shock generato da occlusione intestinale meccanica ad ansa chiusa causata da volvolo – in particolare (OMISSIS), pur effettuando una consulenza pediatrica e segnalando in anamnesi un intervento chirurgico per diverticolo di Meckel, non sottoponeva il minore a un’ecografia all’addome o ad un esame RX addome (esami che avrebbero consentito una diagnosi quantomeno generica di occlusione intestinale) e, pur rilevando valori compatibili con un quadro di shock, non disponeva alcun monitoraggio, prescrivendo la somministrazione di liquidi per reidratazione in misura inferiore a quella necessaria; (OMISSIS), intervenuto dopo la consulenza pediatrica, nonostante il quadro clinico segnalato e la severita’ delle condizioni cliniche che il piccolo presentava, non richiedeva immediatamente l’intervento di un intensivista e non sottoponeva il piccolo ad un’ecografia all’addome o ad un esame RX addome (esami che avrebbero consentito una diagnosi quantomeno generica di occlusione intestinale).
2. Il giudice di primo grado aveva assolto gli imputati perche’ il fatto non sussiste. Piu’ precisamente, pur avendo giudicato la condotta professionale dei due imputati negligente ed imperita, aveva ritenuto, in base alla perizia espletata, che la condotta doverosa non avrebbe, con certezza o con elevata probabilita’ vicina alla certezza, evitato il decesso, stante la possibilita’, pari al 10/40%, che l’evento letale si sarebbe verificato ugualmente, anche in presenza di cure appropriate, tenuto conto anche del difficile e rischioso intervento a cui il piccolo avrebbe dovuto essere sottoposto. Il giudice di appello ha ribaltato il giudizio, dopo la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, rilevando che la probabilita’ di sopravvivenza del paziente sarebbe stata pari al 97% se l’intervento corretto fosse stato compiuto entro la prima ora dall’accesso al Pronto Soccorso ed all’88% se l’intervento corretto fosse stato compiuto entro la seconda ora dall’accesso al Pronto Soccorso, raddoppiando, invece, la possibilita’ di decesso ad ogni ora di ritardo.
3. Avverso la sentenza di secondo grado hanno proposto tempestivo ricorso per cassazione, a mezzo del loro difensore, entrambi gli imputati.

 

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4. (OMISSIS) ha dedotto: 1) il travisamento probatorio, consistente nella difformita’ tra quanto dichiarato dai periti in sede di istruttoria supplementare e quanto riportato in sentenza, oltre che nell’omissione di parti essenziali ed in particolare delle parti valutative relative alle conclusioni dei periti in ordine all’assenza del nesso causale, atteso che nessuno dei periti (le cui dichiarazioni sono state trascritte nel corpo del ricorso ed allegate allo stesso, unitamente alla perizia ed alla consulenza), ha affermato che le possibilita’ di sopravvivenza del piccolo, in caso di trattamento tempestivo e corretto, sarebbero state pari al 97%, come si legge nella sentenza impugnata, e l’erronea interpretazione ed applicazione degli articoli 40 e 589 c.p., essendo stato riconosciuto il nesso causale senza tenere conto delle contingenze del caso concreto e della specifica condizione del paziente ed, al contrario, superando le difficolta’ organizzative rilevate in sede di perizia e collegate all’assenza di un Pronto Soccorso pediatrico presso l’ospedale di (OMISSIS) (e alla conseguente difficolta’ dell’intervento necessario) con l’ipotesi del trasferimento a (OMISSIS) (che avrebbe richiesto ulteriore tempo), non prospettata da nessuno dei tecnici ed in contrasto con la situazione di emergenza; 2) la violazione dell’obbligo di motivazione rafforzata, non essendovi alcuna confutazione delle argomentazioni del giudice di primo grado, in particolare del passaggio motivazione della sentenza del Tribunale in cui si e’ evidenziato che la ritardata esecuzione delle prescrizioni della Dott.ssa (OMISSIS) (analisi del sangue e reidratazione, sebbene con dosi inadeguate rispetto alla situazione), per cause alla stessa non imputabili, stante la cessazione del suo turno di servizio, ha inciso sul decorso degli avvenimenti (il giudice di primo grado ha, difatti, ritenuto “plausibile, alla luce dei contributi scientifici acquisiti al processo, che un tempestivo inizio dell’idratazione, anche con infusione di liquidi in dosi non del tutto adeguate avrebbe potuto imprimere una diversa direzione al corso degli eventi, dando ai sanitari il tempo di inquadrare piu’ correttamente il caso e di regolare di conseguenza le misure terapeutiche”, sottolineando che “ne’ i consulenti del pubblico ministero ne’ il collegio peritale si sono spinti a considerare in un’ottica di attribuzione di responsabilita’, l’incidenza del tempo perduto tra il momento in cui la (OMISSIS) ha prescritto la somministrazione di liquidi e quello in cui, di fatto, e’ stata eseguita, finendo per valutare il dato come.. neutro, piu’ che come l’essenziale punto di snodo della vicenda”); 3) il vizio di motivazione in ordine al diniego delle generiche, fondato sul grado non live della colpa, senza alcun esame degli elementi positivi emersi a favore dell’imputata.

 

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5. (OMISSIS) ha dedotto: 1) la mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione della sentenza di secondo grado, che ha riferito le percentuali di sopravvivenza, fornite dai periti, all’ingresso del bambino al Pronto Soccorso e non all’inizio del suo stato di shock, pur non essendovi alcuna certezza circa le condizioni del paziente al momento dell’arrivo in ospedale ed anzi emergendo, in base alle prove espletate, uno stato di shock gia’ avanzato (il bambino era pallido, abbattuto, mucoso, asciutto e tachicardico, come si evince dal p. 14 delle trascrizioni della deposizione del prof. (OMISSIS); la stessa difficolta’ di rinvenire una vena idonea per la perfusione del liquido fisiologico e’ sintomatica di scarsa pressione sanguigna e di eventuale shock scompensato); 2) la violazione di legge in ordine al ritenuto grado della colpa, che ha determinato la mancata applicazione dell’articolo 590-sexies c.p., comma 2, ed il diniego delle generiche, nonostante la possibilita’, ipotizzata dalla stessa Corte di appello a p. 11, che egli sia stato fuorviato dalla mancanza di una diagnosi corretta e dell’omessa indicazione della necessita’ di un intervento rapidissimo.

 

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CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono fondati e meritano accoglimento.
2. Occorre premettere che, in ordine all’accertamento del nesso causale, in tema di reati colposi d’evento, la natura commissiva della condotta consistente nella trasgressione di un divieto implica, per l’accertamento del nesso causale, che il giudizio controfattuale non sia basato sui criteri probabilistici – statistici tipici della causalita’ per omissione, ma sia effettuato valutando se l’evento si sarebbe ugualmente verificato eliminando l’azione dal contesto in cui e’ stata posta in essere (Sez. 3, n. 47979 del 28/09/2016 ud. – dep. 14/11/2016, Rv. 268658 01), mentre nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalita’ tra omissione ed evento non puo’ ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilita’ statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilita’ logica, sicche’ esso e’ configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, l’evento, con elevato grado di credibilita’ razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensita’ lesiva (Sez. U, n. 30328 del 10/07/2002 ud. – dep. 11/09/2002, Rv. 222138 – 01).
Va, altresi’, specificato che, in relazione ai reati colposi omissivi, il giudizio di alta probabilita’ logica deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarita’ del caso concreto (Sez. 4, n. 24372 del 09/04/2019 ud., dep. 31/05/2019, Rv. 276292 – 03). In definitiva, secondo l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimita’, in tema di colpa medica, il meccanismo controfattuale, necessario per stabilire l’effettivo rilievo condizionante della condotta umana (nella specie: l’effetto salvifico delle cure omesse) si deve fondare non solo su affidabili informazioni scientifiche, ma anche sulle contingenze significative del caso concreto, dovendosi comprendere: a) qual e’ solitamente l’andamento della patologia in concreto accertata; b) qual e’ normalmente l’efficacia delle terapie; c) quali sono i fattori che solitamente influenzano il successo degli sforzi terapeutici (Sez. 4 n. 32121 del 16/06/2010 ud. – dep. 20/08/2010, Rv. 248210 – 01 che ha aggiunto che, sulla base di tali elementi, l’esistenza del nesso causale puo’ essere ritenuta quando l’effetto salvifico dei trattamenti terapeutici non compiuti sia caratterizzata da elevata probabilita’ logica, ovvero sia fortemente corroborata alla luce delle informazioni scientifiche e fattuali disponibili). Ad esempio, Sez. 4, n. 10615 del 04/12/2012 ud. – dep. 07/03/2013, Rv. 256337 – 01, nel riaffermare lo stesso principio e, cioe’, che il meccanismo controfattuale, necessario per stabilire l’effettivo rilievo condizionante della condotta umana ovvero l’effetto salvifico delle cure omesse, si deve fondare su affidabili informazioni scientifiche nonche’ sulle contingenze significative del caso concreto, ha annullato la sentenza di merito per carenze motivazionali in ordine all’individuazione dell’esistenza del nesso causale fra la condotta omissiva e l’evento, in quanto non era stata valutata in concreto l’efficacia salvifica delle cure omesse (cfr. anche Sez. 4, n. 10175 del 04/03/2020 ud. – dep. 16/03/2020, Rv. 278673 – 01, secondo cui, in tema di responsabilita’ medica per omissione, l’accertamento del nesso causale, ed in particolare il giudizio controfattuale necessario per stabilire l’effetto salvifico delle cure omesse, deve essere effettuato secondo un giudizio di alta probabilita’ logica, tenendo conto non solo di affidabili informazioni scientifiche ma anche delle contingenze significative del caso concreto, ed in particolare, della condizione specifica del paziente – fattispecie relativa al decesso di una paziente per embolia polmonare conseguente alla omessa somministrazione di adeguata terapia antitrombotica, in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva affermato la responsabilita’ dei sanitari escludendo il rischio emorragico allegato dalla difesa, in adesione alle conclusioni dei consulenti della pubblica accusa fondate esclusivamente sulla mera valutazione di alcune situazioni astratte, indicate dalle linee guida, a cui si associa il rischio emorragico, ed omettendo, invece, di valutare le particolari condizioni in cui versava la paziente).

 

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3. Nel caso di specie, entrambi i ricorrenti hanno denunciato, nei loro ricorsi, che la Corte territoriale, nel ribaltare la opposta conclusione del giudice di primo grado, ha riconosciuto i nesso causale senza tenere conto delle contingenze del caso concreto e della specifica condizione del paziente al momento dell’ingresso al Pronto Soccorso, individuando le possibilita’ di sopravvivenza della vittima, in caso di tempestivita’ della corretta diagnosi e conseguentemente di cure iniziali appropriate, in modo astratto, del tutto sganciato dalla situazione effettiva e dalla criticita’ delle condizioni del piccolo (OMISSIS).
In effetti, la sentenza impugnata, nell’affermare, da un lato, che “i periti prof. (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno… chiarito..che la possibilita’ di sopravvivenza del piccolo (OMISSIS) nel caso di un intervento corretto, compiuto entro la prima ora dall’accesso al Pronto Soccorso, era compresa tra il 94 ed il 97 % e rimaneva elevata, entro l’88%, anche nel caso che detto intervento fosse stato compiuto entro la seconda ora”, e, dall’altro, che l’ulteriore rischio connesso all’intervento chirurgico era modesto, si e’ fondata esclusivamente sul dato statistico di tipo generale, senza alcuna valutazione di alcune peculiarita’ del caso concreto che sono state chiaramente evidenziate non solo dalle difese degli imputati, ma anche dal giudice di prime cure, in base alla perizia espletata.
In particolare, a p. 27 della sentenza di primo grado si e’ sottolineata: 1) la possibilita’ che il paziente si trovasse, gia’ al momento dell’ingresso al Pronto Soccorso, nella seconda fase dello shock ipovolemico (cd. fase di shock scompensato), “atteso che in letteratura il discrimine tra l’una e l’altra e’ individuato nel manifestarsi dell’ipotensione arteriosa, ossia di un indicatore di squilibrio emodinamico che (OMISSIS) gia’ presentava (55 su 35) alle 7,30 del mattino, quando e’ stato visitato dalla Dott.ssa (OMISSIS)”; 2) la maggiore incidenza che la necrosi intestinale, alla base dello shock ipovolemico di (OMISSIS), ha sul rischio di mortalita’ collegato al successivo intervento, in quanto determinante una continua perdita di liquidi, che impedisce la completa stabilizzazione del paziente, necessaria ai fini della sicura riuscita dell’indispensabile operazione chirurgica.
Al contrario, a p. 6 della sentenza impugnata, emerge che tutto il ragionamento sul nesso causale, svolto dalla Corte territoriale, e’ riferito ad un’ipotesi astratta in cui il paziente e’ in fase iniziale di shock (v. p. 6 “l’opinione espressa dai periti… non e’ quella riportata nella sentenza di primo grado, e in realta’ espressa in modo improprio anche nella parte conclusiva dell’elaborato scritto, e cioe’ che anche in caso di diagnosi tempestiva e di trattamento adeguato la probabilita’ di sopravvivenza sarebbe stata sin dall’inizio compresa tra il 90 e il 60%, ma che una diagnosi tempestiva e un trattamento adeguato compiuti entro la prima ora dall’insorgere dello stato di shock avrebbero determinato una probabilita’ di morte del 3% che sarebbe aumentata raddoppiando ad ogni ora di ritardo, fino al raggiungere il 40% indicato nella perizia: trascorsa un’ora tale probabilita’ era salita al 6%, dopo due ore al 12%, dopo tre ore al 24% e cosi’ via”).
E’, difatti, assente nella sentenza di appello una esaustiva valutazione delle condizioni del minore al momento dell’ingresso in ospedale, aspetto su cui, al contrario, si e’ soffermato il giudice di primo grado, rilevando, in modo logico e non contraddittorio, che la situazione era tale da indurre un ragionevole dubbio circa la sussistenza di uno shock gia’ in fase avanzata o cd. scompensata.

 

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Ancora nella sentenza di secondo grado, a p. 7, si legge che “il bambino, una volta superato lo stato di shock, avrebbe dovuto necessariamente subire un intervento chirurgico di resezione intestinale per eliminare l’occlusione e la parte dell’intestino tenue gia’ divenuta necrotica” e che “gli stessi periti, nell’elaborato depositato nel giudizio di primo grado, pur affermando che tale intervento esponeva il piccolo (OMISSIS) ad un rischio di mortalita’ non trascurabile, hanno precisato che la situazione anatomica era tale che non avrebbe comportato un particolare rischio intra e postoperatorio, ovviamente purche’ l’intervento stesso venisse eseguito in adeguate condizioni di stabilizzazione del quadro emodinamico”. In base a tale premessa, la Corte territoriale ha, dunque, valutato modesto il rischio di mortalita’ connesso all’indispensabile intervento operatorio a cui il paziente avrebbe dovuto essere sottoposto dopo la diagnosi e le cure appropriate, senza, tuttavia, confrontarsi con le argomentazioni di cui a p. 27 della sentenza di primo grado, in cui, alla luce dell’esame dei periti, si e’ rilevato che “in caso di necrosi intestinale da occlusione la stabilizzazione del paziente in vista dell’intervento chirurgico non puo’ mai essere completa”.
Nel trascurare tali elementi fattuali evidenziati nella sentenza di assoluzione di primo grado, il giudice dell’impugnazione ha finito con il violare l’obbligo della motivazione rafforzata, richiesta nel caso di riforma della sentenza assolutoria o di condanna di primo grado, che esige la compiuta indicazione delle ragioni per cui una determinata prova assume una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado, nonche’ un apparato giustificativo che dia conto degli specifici passaggi logici relativi alla disamina degli istituti di diritto sostanziale o processuale, in modo da conferire alla decisione una forza persuasiva superiore (Sez. 6, n. 51898 dell’11/07/2019 ud. – dep. 23/12/2019, Rv. 278056 – 01).
Ad ogni modo, anche a prescindere dalle evidenziate criticita’, alla luce del quadro probatorio come delineato da entrambe le sentenze di merito, risulta non superabile il ragionevole dubbio circa l’insussistenza del nesso causale, in considerazione della gravita’ delle condizioni del paziente al momento dell’ingresso in ospedale e del rischio non trascurabile connesso al successivo ed indispensabile intervento chirurgico a cui lo stesso avrebbe dovuto essere sottoposto.
3. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perche’ il fatto non sussiste, atteso che, alla luce degli elementi evidenziati nella sentenza di primo grado e non superati in quella di secondo grado, nonostante la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, risulta non superabile il ragionevole dubbio circa l’insussistenza del nesso causale, in considerazione della gravita’ delle condizioni del paziente al momento dell’ingresso in ospedale e del rischio non trascurabile connesso ai successivo ed indispensabile intervento chirurgico a cui lo stesso avrebbe dovuto essere sottoposto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il fatto non sussiste.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto disposto d’ufficio e/o imposto dalla legge

 

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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