Responsabilità genitoriale e la decadenza che rappresenta una misura estrema

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 settembre 2024| n. 24708.

Responsabilità genitoriale e la decadenza che rappresenta una misura estrema

In tema di responsabilità genitoriale, la decadenza rappresenta una misura estrema, che implica una valutazione di non affidabilità del genitore a curare gli interessi del figlio, fondata su fatti concreti, desunti da indizi gravi, precisi e concordanti. (La S.C. ha cassato il decreto impugnato, che aveva dichiarato la decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre di una tredicenne, senza la necessaria individuazione di condotte malevole o disfunzionali della donna nei confronti della figlia, ma soltanto di comportamenti ambivalenti o elusivi delle modalità degli incontri protetti).

 

Ordinanza|16 settembre 2024| n. 24708. Responsabilità genitoriale e la decadenza che rappresenta una misura estrema

Data udienza 12 settembre 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Figli – Responsabilità genitoriale – Decadenza – Art. 330 cc – Misura estrema – Valutazione di non affidabilità del genitore – Inadempimento dei doveri inerenti alla funzione genitoriale di particolare importanza – Grave pregiudizio al figlio

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta da:

Dott. GIUSTI Alberto – Presidente rel.

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. GARRI Guglielmo – Consigliere

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al NRG 3578 del 2024 promosso da:

Ar.Au., rappresentata e difesa dall’Av.Si.;

– ricorrente –

contro

Gi.Pa.;

– intimato –

nei confronti di

CURATORE SPECIALE della minore Gi.La., Avv. Lu.Di.;

– intimato –

e nei confronti di

TUTORE della minore Gi.La., Avv. Ba.Ro.;

– intimato –

avverso il decreto della Corte d’Appello di L’Aquila, sezione minorenni, depositato in data 28 giugno 2023 (n. cronol. 251/2023).

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 settembre 2024 dal Presidente Alberto Giusti.

Responsabilità genitoriale e la decadenza che rappresenta una misura estrema

FATTI DI CAUSA

1. – La signora Ar.Au. e il signor Gi.Pa. hanno, ciascuno, proposto reclamo avverso il decreto in data 9 marzo 2023 (nell’ambito del procedimento n. 4/2021 R.G.) con cui il Tribunale per i minorenni di L’Aquila ha dichiarato gli stessi decaduti dalla responsabilità genitoriale sulla figlia Gi.La., nata il (Omissis), confermando l’affidamento della minore, già collocata presso una comunità, al Servizio sociale per la durata di dodici mesi, con l’attribuzione a quest’ultimo della facoltà di decidere sulle questioni di maggiore rilevanza per la minore stessa in materia educativa e sanitaria, oltre che di promuovere gli interventi riguardo alla frequentazione tra la minore e i genitori o altre soluzioni dirette a limitare la permanenza della minore in comunità nei periodi liberi da impegni scolastici.

2. – Il provvedimento di decadenza si innesta su una situazione complessa, evidenziatasi nel dicembre 2019, allorquando le problematiche familiari vennero portate da Gi.Pa. all’attenzione, dapprima dei Carabinieri della Stazione di S e, successivamente, della Procura della Repubblica per i minorenni di L’Aquila.

Il signor Gi.Pa., in qualità di parte offesa, aveva riferito di voler denunciare la propria moglie convivente, di origine moldava, Ar.Au. (i due sono uniti in matrimonio dal (Omissis) ma hanno convissuto prima molti anni), poiché, a suo dire, colpevole di “manipolare” la personalità e la crescita della figlia Gi.La.

Prima ancora, il giorno precedente, la signora Ar.Au. aveva sporto denuncia nei confronti del marito per maltrattamenti in famiglia.

All’origine del conflitto e dei litigi, vi sarebbero l’adesione o la vicinanza della Ar.Au. ai Testimoni di Geova e la partecipazione alle riunioni anche da parte della bambina.

Il padre ha rappresentato la difficoltà a far visitare la bambina dai medici e la compromissione del rapporto con la figlia.

Responsabilità genitoriale e la decadenza che rappresenta una misura estrema

In data 8 gennaio 2020, la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni richiedeva con urgenza l’invio di una relazione sulla situazione personale, familiare e socio-ambientale della minore, con il fine di evidenziare – se sussistente – un esercizio pregiudizievole della responsabilità genitoriale e con la formulazione di proposte di intervento implicanti la presa in carico da parte dei servizi sociali e richiedenti eventualmente l’intervento dell’Autorità giudiziaria minorile ai sensi degli artt. 330 e ss. cod. civ.

Il rapporto dei Servizi sociali del (Omissis)si concludeva con la proposta di indirizzare la coppia verso un percorso di sostegno psicologico individuale così da ripristinare un clima sereno al fine di condividere la genitorialità mediante un confronto diretto e maturo.

Seguiva altra relazione sociale del (Omissis), ove si prendeva atto che il rapporto tra i coniugi era diventato malato, fatto di accuse, insinuazioni, critiche, minacce reciproche e tutto questo davanti alla bambina, la quale veniva chiamata in causa dai genitori per gestire o diminuire lo stress legato al loro conflitto interpersonale.

3. – Con decreto del 28 gennaio 2021, il Tribunale per i minorenni di L’Aquila dichiarava la sospensione della responsabilità genitoriale di entrambi i genitori, disponendo il collocamento della minore in casa-famiglia ed il suo affidamento al servizio sociale competente.

Gi.La. veniva così affidata al Servizio sociale in collaborazione con il competente servizio di Neuropsichiatria infantile, con garanzia di incontri protetti minore-genitori e, dopo un primo periodo di osservazione, incontri liberi e soggiorni con eventuali pernottamenti.

4. – La dichiarazione di decadenza di entrambi i genitori dalla responsabilità genitoriale sulla minore, pronunciata con il decreto del Tribunale per i minorenni del 9 marzo 2023, si basa sul rilievo che il comportamento dei genitori, seppur per motivi diversi, continua a essere pregiudizievole per la figlia, stante la mancata risoluzione del conflitto inter partes.

5. – La Corte d’Appello di L’Aquila, nella composizione allargata per i minorenni, ha rigettato entrambi i reclami.

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6. – La Corte territoriale afferma di non ignorare le manifestazioni di affetto che Gi.La. esprime verso la propria madre, testimoniate dalle numerose relazioni sociali, oltre che dalle sue stesse dichiarazioni.

La Corte di L’Aquila, tuttavia, osserva che le fonti esterne consultate (operatori dei servizi sociali, di comunità, psicologa) da cui può evincersi tale attaccamento sono però anche quelle che a più riprese hanno dovuto mettere in rilievo come il legame madre-figlia sia morboso, se non a tratti patologico.

Rileva ancora la Corte distrettuale che la minore ha appena tredici anni e che, senza dubbio, la presenza costante della madre sarebbe auspicabile, anche in vista dell’approssimarsi del periodo adolescenziale. Nondimeno, il Collegio ritiene verosimile la circostanza per la quale il forte legame madre-figlia possa essersi così fortemente instaurato per via della malattia della Ar.Au., affetta da una patologia tumorale, per le violente liti dei genitori cui Gi.La. ha dovuto assistere, anche con intervento delle Forze dell’ordine (circostanza che avrebbe suscitato nella minore un comprensibile senso di protezione nei confronti della propria madre), nonché per l’incapacità del padre di rendersi empatico e partecipativo verso la figlia.

Il giudice a quo sottolinea, inoltre, che il coinvolgimento di madre e figlia in un gruppo religioso ha contribuito a creare tra loro un ulteriore collante (e forse anche condizionamenti).

Il tutto sarebbe amplificato da una separazione di fatto in casa, che, attraverso modalità preoccupanti, ha visto le due ritagliarsi nella camera della minore una loro intimità con conseguente esclusione della figura paterna.

Ben si comprende, allora, secondo la Corte del reclamo, come vi siano state da parte del giudice minorile preoccupazioni sia in ordine ai rischi di uno sviluppo indipendente ed autonomo di Gi.La. rispetto alla figura materna, sia relativamente alla possibile compressione dei diritti del padre.

Tali dinamiche sono state rese ancora più nocive dai violenti litigi tra i coniugi, cosicché – osserva la Corte d’Appello – opportunamente il Tribunale per i minorenni ha optato per il trasferimento della minore in luogo neutro, onde evitarle ulteriori effetti pregiudizievoli.

Secondo la Corte d’Appello, la più recente relazione della comunità (datata (Omissis)) ha riferito di un peggioramento nell’umore e nel comportamento di Gi.La., teso ad un suo isolamento anche a causa di un utilizzo eccessivo del telefonino, in seguito sequestrato dagli operatori allo scopo di allentare tale dipendenza e permettere alla minore di vivere la quotidianità della casa-famiglia in una relazione con gli altri.

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Riguardo ai rapporti con la madre, le conversazioni di questa con la bambina sembrano essersi perlopiù incentrate su aspetti materiali della vita (ad esempio vestiti e cose che Gi.La. vorrebbe che la mamma le comprasse), più che focalizzarsi sugli aspetti inerenti alla vita interiore e relazionale della minore.

La donna – si legge nel decreto della Corte territoriale – ha inoltre manifestato un atteggiamento poco rispettoso delle regole impartite sia dalla comunità che dal Tribunale stesso, giacché, ad esempio, la quantità di messaggi vocali scambiati con la figlia di fatto ben poteva aggirare la modalità degli incontri protetti.

Lo stesso varrebbe per i colloqui talvolta intrapresi in lingua russa e a bassa voce, con impossibilità per l’operatore di monitorare l’incontro, atteggiamenti che, ad avviso della Corte territoriale, forse rivelerebbero il tentativo da parte della donna di ricreare una complicità a due soltanto, piuttosto che stimolare la bambina a uscire fuori da questa simbiosi per aprirsi agli altri e spronarla anche nei confronti di una ricucitura nei rapporti col proprio padre.

Infine, la Ar.Au. si sarebbe presentata davanti alla casa-famiglia nell’orario di incontro della figlia con il padre, essendo i contatti con questo riavviatisi, seppure con una reazione negativa di Gi.La.

La Corte d’Appello è giunta alla conclusione che i genitori non sembrano avere mostrato cambiamenti significativi rispetto alle proprie modalità relazionali (il Gi.Pa., nonostante gli sforzi, sembra rimanere ancorato a eventi passati e cade nell’errore di riferire alla minore di essere stata manipolata e di dire bugie, la Ar.Au. presenta invece ambivalenze quando si trova ad affrontare cambiamenti nella vita della figlia che sfuggono al suo controllo).

La bambina – osserva la Corte territoriale – ha oggi (Omissis), è intelligente, senza alcuna compromissione cognitiva e, tuttavia, come da parere espresso anche dalla psicologa che se ne è occupata, ha dovuto acquisire importanti capacità manipolative con tendenza a mentire.

Il decreto della Corte di L’Aquila riferisce, al riguardo, che all’udienza del 18 gennaio 2023 dinanzi al Tribunale per i minorenni Gi.La. ha reso le seguenti dichiarazioni: “Sto bene in casa-famiglia… Mi sento serena, tranquilla, protetta… Vorrei tornare a vivere a casa con mamma, il più presto possibile… Se fossi costretta, incontrerei papà solo in forma protetta. Ma se fossi libera di scegliere, non vorrei vederlo più”.

Secondo la Corte del reclamo, tali dichiarazioni, aventi certamente un peso, devono però considerarsi la spia di un malessere ancora presente e da superare nella minore, seppure con i suoi tempi ed il necessario supporto, giacché il procedimento per presunti abusi a carico del Gi.Pa. è stato archiviato e, pertanto, non si comprende il perché di una così prolungata e insistita durezza nei confronti del padre.

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Conclusivamente, la Corte del reclamo ha ritenuto di non poter accogliere la richiesta di modifica o annullamento del decreto del Tribunale per i minorenni sulla decadenza per la responsabilità genitoriale della Ar.Au. e del Gi.Pa.

Il rischio di una decisione diversa, infatti, è che la bambina possa manifestare chiusura totale verso il padre una volta affidata alla propria madre, verso cui ella mostra sì affetto e forte attaccamento, ma nel senso di una polarizzazione che vede dall’altro capo un forte astio nei confronti del Gi.Pa.

In assenza, pertanto, di un percorso di accompagnamento reale per entrambi, con positive risultanze, ad avviso della Corte d’Appello, continuano a permanere per Gi.La. – che pure ha acquisito distacco e serenità in un ambiente neutro – rischi legati alla possibilità concreta di ricadere nuovamente nelle dinamiche altamente conflittuali vissute in precedenza, stante una condizione familiare sostanzialmente di stasi e attesa altresì l’estremizzazione nei sentimenti che la minore nutre verso i genitori, indicativa di un equilibrio emotivo in lei non ancora raggiunto.

7. – Per la cassazione del decreto della Corte d’Appello Ar.Au. ha proposto ricorso, con atto notificato il 29 gennaio 2024, sulla base di tre motivi.

Gi.Pa., il curatore speciale e il tutore della mino-re sono rimasti intimati, non avendo svolto attività difensiva in questa sede con controricorso.

8. – Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 360-bis.1 cod. proc. civ.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso si articola su tre motivi.

2. – All’esame dei motivi è d’uopo premettere l’ammissibilità della proposta impugnazione.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte (v., per tutte, Cass., Sez. I, 19 marzo 2024, n. 7311), alla quale il Collegio intende dare continuità, il provvedimento di reclamo avverso il decreto del tribunale dei minorenni avente ad oggetto la declaratoria di decadenza dalla responsabilità genitoriale sulla figlia, anche nel sistema normativo antecedente alla riforma di cui al D.Lgs. n. 149 del 2022 (c.d. riforma Cartabia), ha carattere decisorio e definitivo, in quanto incide su diritti di natura personalissima e di primario rango costituzionale, ed è modificabile e revocabile soltanto per la sopravvenienza di nuove circostanze di fatto, risultando perciò impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111, settimo comma, della Costituzione.

3. – Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2729 cod. civ., 40 e 41 cod. pen., 330, 333 e 2697 cod. civ., nonché omessa valutazione di fatti decisivi, carente e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ. Ad avviso della ricorrente, erroneamente la Corte territoriale avrebbe ritenuto che le liti pregresse tra i genitori in regime di convivenza (non più in atto), il rifiuto della figura paterna e il diritto della minore alla bigenitorialità, con la conseguente necessità di imporre gli incontri protetti con il padre, giustifichino la decadenza della madre dalla responsabilità genitoriale e il collocamento in casa famiglia indipendentemente dalla sussistenza di un pregiudizio in concreto, dalla volontà della minore, dalle sue condizioni personali (in costanza di convivenza con i genitori, era inserita nel contesto sociale, educata, brava a scuola), dalle necessità educative (es. apprendimento lingua russa), dall’assenza di patologie neuropsichiatriche, dal livello di coscienza e adeguatezza manifestate. Il tutto, ad avviso della ricorrente, sulla base di meri indizi e della presunzione della sussistenza di un rapporto materno simbiotico.

Il secondo motivo, a sua volta, denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 330 e 333 cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ. Il decreto impugnato sarebbe erroneo, perché in concreto non sussisterebbe alcun grave pregiudizio per la minore, né si sarebbe in presenza di situazione di maltrattamento o abusi.

Quanto alla censura affidata al terzo motivo, che denuncia la violazione dei diritti del fanciullo (artt. 31 Cost, 8 Cedu, 7 e 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, 8 della Convenzione sui diritti dell’infanzia), sarebbe infine leso il preminente interesse della minore. Al riguardo, la ricorrente sostiene che, nel caso in esame, sarebbe stata ignorata la volontà della minore, espressa in più circostanze, di voler restare con la madre, e il rifiuto motivato nel voler vedere il padre che si è cercato di contrastare con provvedimenti impositivi di incontri protetti tra padre e figlia.

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4. – I motivi possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro stretta connessione.

Essi sono fondati, nei termini di cui in motivazione.

5. – Ai sensi dell’art. 330 cod. civ., il giudice può pronunciare la decadenza dalla responsabilità genitoriale nei casi in cui il genitore viola o trascura i suoi doveri ovvero abusa dei relativi poteri, ogni qualvolta tale violazione, omissione o abuso abbia comportato un grave pregiudizio per il figlio.

La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che il provvedimento di decadenza dalla responsabilità genitoriale è adottabile qualora la condotta del genitore si traduca in un grave pregiudizio per il minore, dovendo il giudice di merito esprimere una prognosi sull’effettiva ed attuale possibilità di recupero, attraverso un percorso di crescita e sviluppo, delle capacità e competenze genitoriali, con riferimento alla elaborazione, da parte dei genitori, di un progetto, anche futuro, di assunzione diretta della responsabilità genitoriale, caratterizzata da cura, accudimento, coabitazione con il minore, ancorché con l’aiuto di parenti o di terzi e avvalendosi dell’intervento dei servizi territoriali (Cass., Sez. I, 9 maggio 2023, n. 12237). Il provvedimento di decadenza dalla responsabilità genitoriale costituisce l’extrema ratio, ossia una misura adottabile qualora la condotta del genitore si traduca in un grave pregiudizio per il minore e solo ove gli altri provvedimenti disciplinati dal legislatore non siano comunque idonei a tutelare l’interesse prevalente di quest’ultimo a crescere sano nel contesto familiare d’origine (Cass., Sez. I, 27 ottobre 2023, n. 29814). Il provvedimento ablativo della responsabilità dei genitori, infatti, è preordinato alla esigenza prioritaria della tutela degli interessi del figlio: esso non costituisce una sanzione a comportamenti inadempienti dei genitori ma piuttosto è fondato sull’accertamento, da parte del giudice, degli effetti lesivi che detti comportamenti hanno prodotto e possono ulteriormente produrre in danno del figlio, tali da giustificare l’ablazione della responsabilità genitoriale (Cass., Sez. I, 7 giugno 2017, n. 14145).

Pertanto, se non vi è un concreto pregiudizio l’autorità giudiziaria non può intervenire con la decadenza, atteso che il provvedimento ablativo della responsabilità genitoriale è preordinato all’esigenza prioritaria della tutela degli interessi del figlio. Per tale ragione, ai fini della pronuncia di decadenza non è sufficiente che il genitore abbia violato e trascurato i doveri inerenti alla propria veste (in alternativa all’abuso dei relativi poteri), ma occorre anche che da ciò sia conseguito pregiudizio per il figlio e tale pregiudizio deve anche essere grave e certamente, alla luce della struttura della norma, non può ritenersi implicito in ogni accertata violazione dei doveri genitoriali. Occorre, inoltre, la verifica, in applicazione del principio del superiore interesse del minore, della possibilità che tale rimedio incontri, nel caso concreto, un limite nell’esigenza di evitare un trauma, anche irreparabile, allo sviluppo fisico-cognitivo del figlio, in conseguenza del brusco e definitivo abbandono del genitore con il quale abbia sempre vissuto e della correlata lacerazione di ogni consuetudine di vita (Cass., Sez. I, 3 agosto 2023, n. 23669).

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6. – Tanto premesso, la decisione adottata non è conforme agli indicati principi.

7. – La Corte d’Appello, nel provvedimento con il quale ha confermato la pronuncia del Tribunale per i minorenni di decadenza della responsabilità genitoriale anche della madre, ha evidenziato come all’origine del conflitto all’interno della coppia coniugale vi siano state l’adesione della signora Ar.Au. ai Testimoni di Geova e la partecipazione alle riunioni anche da parte della figlia, partecipazione ritenuta dal padre fonte di condizionamenti e di manipolazione.

La condotta gravemente pregiudizievole della madre, beninteso, non è stata individuata nell’adesione della donna al gruppo religioso.

La condotta gravemente pregiudizievole è stata ravvisata nella responsabilità della madre nell’atteggiamento di rifiuto, da parte della figlia, del rapporto paterno, atteggiamento continuato anche dopo il provvedimento di sospensione della responsabilità di entrambi i genitori, il collocamento della minore in casa famiglia e il suo affidamento al servizio sociale, come si ricava dalle dichiarazioni rese dalla minore, la quale, all’udienza del 18 gennaio 2023 dinanzi al Tribunale per i minorenni, ha detto che se fosse costretta incontrerebbe il padre solo in forma protetta ma se fosse libera di scegliere non vorrebbe vederlo più.

Gi.La. – una ragazzina di tredici anni “intelligente e senza alcuna compromissione cognitiva” – ha espresso invece nei confronti della mamma manifestazioni di affetto e di forte attaccamento: si sente serena, tranquilla, protetta a seguito del collocamento in casa-famiglia e al suo affidamento al servizio sociale, ma vorrebbe tornare a casa a vivere con la mamma.

La Corte di L’Aquila indugia nell’analizzare l’origine di questo legame madre-figlia, definito “morboso” e, a tratti, “patologico”. Secondo il giudice del merito, è verosimile che il forte legame madre-figlia possa essersi instaurato per via della malattia della Ar.Au. (che soffre di una patologia tumorale) e a causa delle violente liti dei genitori alle quali Gi.La. ha dovuto in passato assistere, anche con intervento delle Forze dell’ordine.

Si tratta di situazioni – ha affermato il giudice del reclamo – tali da suscitare nella minore un comprensibile senso di protezione nei confronti della propria madre per l’incapacità del padre di rendersi empatico e partecipativo verso la figlia.

Il tutto sarebbe amplificato da una separazione di fatto in casa, poi sfociata in separazione legale, che ha visto la madre e la figlia ritagliarsi nella camera della minore una loro intimità, con conseguente esclusione della figura paterna.

Responsabilità genitoriale e la decadenza che rappresenta una misura estrema

La Corte d’Appello, nella sua composizione allargata, motiva la conferma del provvedimento adottato dal giudice minorile sul rilievo che, anche dopo il trasferimento della minore in un luogo neutro, la madre non avrebbe mostrato cambiamenti significativi rispetto alle proprie modalità relazionali, presentando ambivalenze quando si trova ad affrontare cambiamenti nella vita della figlia che sfuggono al suo controllo.

La madre, in particolare, avrebbe manifestato un atteggiamento poco rispettoso delle regole impartite dalla comunità e dal Tribunale, giacché la quantità, ad esempio, di messaggi vocali scambiati con la figlia ben poteva aggirare di fatto la modalità stesse degli incontri protetti. Lo stesso varrebbe per i colloqui talvolta intrapresi in lingua russa e a bassa voce con l’impossibilità per l’operatore di monitorare l’incontro, atteggiamenti che rivelerebbero il tentativo da parte della donna di ricreare una complicità a due soltanto, piuttosto che stimolare la bambina a uscire fuori da questa simbiosi per aprirsi agli altri e spronarla anche nei confronti di una ricucitura nei rapporti con il proprio padre.

Il provvedimento di decadenza della madre dalla responsabilità genitoriale – si afferma – sarebbe giustificato anche per evitare il rischio che la bambina possa manifestare chiusura totale verso il padre una volta affidata alla mamma, verso cui la figlia mostra sì affetto e forte attaccamento, ma nel senso di una polarizzazione che vede dall’altro capo un forte astio nei confronti del Gi.Pa.

8. – La decadenza dalla responsabilità genitoriale rappresenta una misura estrema che implica una valutazione di non affidabilità del genitore a curare gli interessi del figlio, sicché postula un inadempimento dei doveri inerenti alla funzione genitoriale di particolare importanza, che abbia arrecato o sia suscettibile di arrecare al figlio un grave pregiudizio.

La relativa pronuncia richiede che la valutazione del giudice del merito riposi su fatti concreti e che gli elementi indiziari eventualmente utilizzati nel ragionamento inferenziale abbiano il carattere della gravità, della precisione e della concordanza.

In una fattispecie caratterizzata dalla crisi nel rapporto con il padre e dal rifiuto della figlia, collocata in una casa famiglia e affidata ai servizi sociali, di riallacciare i rapporti con il medesimo, la decadenza dall’ufficio di cura personale della madre, nei cui confronti la minore nutre invece un forte attaccamento unito al desiderio di tornare al più presto a convivere, avrebbe richiesto l’individuazione di condotte malevole o disfunzionali a carico della donna, non potendo essere ancorata semplicemente su giudizi apodittici affidati a frasi stereotipate (come le “ambivalenze quando si trova ad affrontare cambiamenti nella vita della figlia”) o su aspetti (come l’intensa messaggistica vocale scambiata con la figlia o i colloqui talvolta intrapresi in lingua russa e a bassa voce, elusivi delle modalità degli incontri protetti) di rilevanza secondaria.

Tali aspetti, invero, non colgono, nell’essenziale, il senso di un ufficio strettamente funzionalizzato all’interesse del minore e alla formazione della sua personalità e non sono di per sé rivelatori di una chiusura verso l’altro o di un’ingerenza preclusiva al riannodare il rapporto con il padre.

Responsabilità genitoriale e la decadenza che rappresenta una misura estrema

E ciò soprattutto quando, dall’ascolto della minore – ormai adolescente, intelligente, senza alcuna compromissione cognitiva, che ha consolidato un’immagine positiva di sé, ossia di una persona socialmente responsabile e capace di relazionarsi secondo standard di comportamento – risulta che la relazione stabilita dalla madre con la minore rappresenta anche un fattore protettivo e una risorsa, che hanno permesso alla figlia uno sviluppo sufficientemente buono a cui è seguita una adeguata capacità di adattamento psicologico.

9. – Il decreto impugnato è cassato, nei sensi di cui in motivazione.

La causa deve essere rinviata, per un nuovo esame, alla Corte d’Appello di L’Aquila, sezione minorenni, in diversa composizione, affinché la stessa riesamini nuovamente, ed allo stato attuale, non solo l’idoneità o l’attitudine della madre all’esercizio della responsabilità genitoriale, bensì anche l’effettiva sussistenza, in concreto, di specifiche condotte pregiudizievoli suscettibili, sulla scorta di un giudizio prognostico, di potenzialmente incidere, in modo grave, sul benessere psico-fisico ed evolutivo della minore, la quale in atto trovasi collocata in una casa famiglia e affidata ai Servizi sociali.

10. – La peculiarità della vicenda oggetto di giudizio, valutata unitariamente alla natura del procedimento, volto al perseguimento del superiore interesse della minore, giustifica la compensazione integra-le delle spese di lite.

11. – In caso di diffusione, devono essere omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati nella decisione, a norma dell’art. 52 del D.Lgs. n. 196 del 2003.

Responsabilità genitoriale e la decadenza che rappresenta una misura estrema

P.Q.M.

accoglie il ricorso, nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa alla Corte d’Appello di L’Aquila, in diversa composizione.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese di lite.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 settembre 2024.

Depositata in Cancelleria il 16 settembre 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

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