Responsabilità disciplinare del notaio e l’istituzione di quest’ultimo quale esecutore testamentario

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|17 gennaio 2023| n. 1174.

Responsabilità disciplinare del notaio e l’istituzione di quest’ultimo quale esecutore testamentario

In tema di responsabilità disciplinare del notaio, l’istituzione di quest’ultimo quale esecutore testamentario – mediante disposizione testamentaria posta all’interno del testamento dallo stesso rogato – configura l’illecito disciplinare di cui all’art. 28, comma 1, n. 3, della l. n. 89 del 1913, in quanto detta disposizione tutela l’immagine di terzietà e imparzialità che il notaio deve preservare nello svolgimento della propria attività professionale, con valutazione “ex ante” dell’interesse che avrebbe dovuto indurlo ad astenersi dalla redazione dell’atto, a nulla rilevando che lo stesso testamento non preveda una istituzione di erede o legato a favore dello stesso notaio, ciò che eventualmente potrebbe rilevare ai diversi fini della nullità di cui all’art. 597 c.c..

Sentenza|17 gennaio 2023| n. 1174. Responsabilità disciplinare del notaio e l’istituzione di quest’ultimo quale esecutore testamentario

Data udienza 12 ottobre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Disciplinare notai – Notaio – Inserimento di disposizioni in suo favore in un testamento da lui rogato – Violazione del codice deontologico

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

Dott. PAPA Patrizia – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 14681-2021 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
CONSIGLIO NOTARILE MILANO, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS) in virtu’ di procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
e contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE APPELLO MILANO;
– intimato –
avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 27/01/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/10/2022 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dottor FULVIO TRONCONE, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

 

Responsabilità disciplinare del notaio e l’istituzione di quest’ultimo quale esecutore testamentario

RAGIONI IN FATTO DELLA DECISIONE

A seguito di richiesta di parere avanzata dall’avv. (OMISSIS) al Consiglio Notarile di Milano, in relazione ai testamenti redatti dalla defunta (OMISSIS), e disposta l’audizione dei notai che avevano proceduto a rogare i relativi testamenti pubblici, il Consiglio Notariale di Milano formalizzava la richiesta di apertura di procedimento disciplinare nei confronti del notaio (OMISSIS), in relazione alla presenza nel testamento pubblico del 21 aprile 2017 della seguente disposizione:
“Nomino mio esecutore testamentario il dottor (OMISSIS), notaio in Milano, che potra’ far riferimento ed avvalersi per ogni incombente della mia segretaria (OMISSIS), sopra generalizzata.
Autorizzo espressamente il nominato esecutore testamentario al compimento di ogni atto necessario a dare piena esecuzione alle mie volonta’ e, in particolare, lo autorizzo a procedere alla vendita dei beni ereditari e, in particolare, alla liquidazione di tutti i miei risparmi e titoli, a risolvere i contratti in essere a mio nome, anche bancari, disponendo mandati di pagamento a favore dell’erede e/o dei legatari, a dare esecuzione ai legati, a predisporre e presentare la dichiarazione di successione e ogni altro adempimento richiesto dalla legge.
All’esecutore testamentario, oltre al rimborso delle spese, attribuisco un compenso, al netto delle imposte di legge, nella misura dell’1/0 (uno per cento) dell’attivo ereditario risultante dalla liquidazione dei beni dell’eredita’.
L’esecutore testamentario e’ autorizzato, ai sensi dell’articolo 700 c.c., a sostituire altri a se’ stesso nel caso in cui non possa continuare nell’ufficio.”
In particolare, al notaio (OMISSIS) era contestata la violazione dell’articolo 28, comma 1, n. 1 della legge notarile, per la violazione dell’articolo 597 c.c., per avere inserito in un testamento dal medesimo rogato una disposizione in proprio favore, nonche’ la violazione dell’articolo 28, comma 1, n. 3 della medesima legge notarile, per avere ricevuto un testamento pubblico contenente disposizioni di proprio interesse.
La COREDI Lombardia con decisione n. 228 del 10 settembre 2019 ha ritenuto sussistente la violazione dell’articolo 28, comma 1, n. 3 della legge notarile ed ha irrogato al professionista la sanzione pecuniaria di Euro 10.000,00, ritenute ricorrenti le circostanze attenuanti di cui all’articolo 144 legge notarile.

 

Responsabilità disciplinare del notaio e l’istituzione di quest’ultimo quale esecutore testamentario

Il notaio (OMISSIS) ha quindi proposto reclamo avverso la decisione disciplinare della Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina (COREDI), e la Corte d’Appello di Milano con ordinanza del 3 marzo 2021 ha respinto il reclamo.
Richiamata la previsione di cui all’articolo 28, comma 1, n. 3 della legge notarile, come interpretata dal giudice di legittimita’, ha ricordato come la sussistenza dell’interesse idoneo ad imporre l’astensione della stipula dell’atto debba essere valutato ex ante e non e’ necessario che sia interno allo stesso atto da stipulare, trattandosi di norma volta per l’appunto a garantire l’imparzialita’ del notaio rogante.
Del pari la presenza dell’interesse del notaio, ovvero dei suoi stretti congiunti, non deve necessariamente essere in contrasto con quello delle parti assistite.
Da tali premesse ricavava quindi che la presenza di un compenso previsto per l’espletamento dell’incarico di esecutore testamentario configurava quell’interesse idoneo a determinare la violazione della norma invocata dal Consiglio notarile.
A nulla valeva opporre che il compenso fosse iniquo ovvero, come sostenuto nella specie, di favore per la testatrice, in quanto, anche a voler reputare che vi sia una coincidenza tra l’interesse della de cuius e quello del notaio, quest’ultimo era comunque tenuto ad astenersi.
Occorreva impedire a monte anche il solo sospetto che il notaio intendesse perseguire un interesse personale.
Sempre in via conseguenziale, la Corte d’Appello osservava che non era necessario verificare se l’interesse individuato come impeditivo dell’espletamento della professione fosse o meno contenuto in una disposizione testamentaria, e cio’ anche in considerazione del fatto che a maggior ragione si impone l’astensione dall’espletamento della propria attivita’ nel caso in cui, con riferimento ai negozi mortis causa, viene meno una possibilita’ di controllo nel tempo da parte del soggetto disponente.
Per l’effetto il reclamo doveva essere rigettato.
La cassazione dell’ordinanza e’ chiesta da (OMISSIS) sulla base di un motivo di ricorso.
Il Consiglio Notarile di Milano ha depositato controricorso.
La Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Milano e’ rimasta intimata.

 

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RAGIONI IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Il motivo di ricorso denuncia la falsa applicazione dell’articolo 28, comma 1, n. 3 della legge notarile in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Assume il ricorrente che la disamina dei precedenti in cui e’ stato ravvisato l’interesse del notaio ai sensi della norma in esame evidenzia come gli stessi attengono a fattispecie in cui le previsioni erano funzionali ad interessi estrinseci al contenuto dell’atto.
Nella vicenda in esame, invece, la clausola ritenuta ostativa all’espletamento dell’attivita’ professionale, era tipica, sebbene alla medesima fosse riconnessa una retribuzione.
Si sostiene che la conclusione del giudice di merito presupporrebbe che l’attivita’ sarebbe stata permessa, e la clausola quindi suscettibile di esser rogata, solo per l’ipotesi di assenza di un compenso.
Si aggiunge che anche in altri precedenti di legittimita’ (Cass. n. 18234/2018; Cass. n. 7017/2017) sono state vagliate delle ipotesi in cui al notaio era stato conferito un incarico di procedere ad ulteriori attivita’ rispetto alla sola stipula dell’atto, senza che sia stata ravvisata la responsabilita’ disciplinare del professionista.
Inoltre, anche la piu’ recente legislazione ha previsto che il notaio, nel contesto di atti dal medesimo rogati, possa essere officiato di incarichi ulteriori, come appunto previsto dalla L. n. 147 del 2013, commi 63-67 e successive modifiche, quanto al deposito su apposito conto del prezzo e dei tributi dovuti in conseguenza dell’atto rogato.
Con specifico riferimento alla figura dell’esecutore testamentario, si evidenzia che, una volta esclusa la riconducibilita’ della nomina al disposto dell’articolo 597 c.c., deve altresi’ escludersi che la designazione dell’esecutore sia una disposizione a titolo universale o particolare, e cio’ senza che rilevi l’esistenza o meno di un compenso a favore dell’esecutore.
2. Il motivo e’ infondato.
L’articolo 28 della legge notarile, nel prevedere che il notaio non puo’ ricevere o autenticare atti, al n. 3 prescrive che tale divieto si estende a quegli atti: “se contengano disposizioni che interessino lui stesso, la moglie sua, o alcuno de’ suoi parenti od affini nei gradi anzidetti, o persone delle quali egli sia procuratore per l’atto da stipularsi, salvo che la disposizione si trovi in testamento segreto non scritto dal notaro, o da persona in questo numero menzionata, ed a lui consegnato sigillato dal testatore”.
La decisione gravata ha ritenuto che fosse in contrasto con la detta norma la previsione contenuta nel testamento pubblico rogato dal ricorrente con la quale la de cuius, (OMISSIS), designava lo stesso notaio rogante quale esecutore testamentario, prevedendo le varie attivita’ che avrebbe dovuto porre in essere, ed attribuendogli un compenso pari all’1% dell’attivo ereditario, risultante dalla liquidazione dei beni dell’eredita’.
Occorre in via preliminare pero’ precisare che la designazione dell’esecutore testamentario va sicuramente qualificata in termini di disposizione testamentaria, essendo la dottrina al piu’ divisa tra la tesi di chi la annovera tra le disposizioni di carattere non patrimoniale e coloro che invece optano per la soluzione della disposizione atipica testamentaria.
E’ pero’ indiscusso che la medesima, in quanto atto di ultima volonta’, rientrando nel piu’ ampio disegno del testatore di dettare delle previsioni volte a regolare il proprio patrimonio per il tempo in cui avra’ cessato di vivere, debba necessariamente essere contenuta in un testamento, inteso quale contenitore atto a riempirsi di contenuti estremamente diversificati, ma tutti accomunati dalla funzionalizzazione delle relative previsioni a regolare, nella specie, il patrimonio del testatore per il momento in cui questi avra’ cessato di vivere.

 

Responsabilità disciplinare del notaio e l’istituzione di quest’ultimo quale esecutore testamentario

E’ quindi indubbio che la designazione dell’esecutore testamentario, in quanto rivolta ad individuare il soggetto destinato a dare esecuzione alle volonta’ testamentarie, sia una disposizione testamentaria.
Il carattere eventuale della remunerativita’ dell’attivita’ svolta dall’esecutore, unitamente al rilievo per cui l’assunzione della qualita’ di esecutore presuppone in ogni caso la preventiva accettazione dell’incarico da parte di chi e’ stato designato, consentono altresi’ (e con la sola eccezione in cui la remunerazione prevista in favore dell’esecutore sia connotata da assoluta assenza di proporzionalita’ in relazione all’attivita’ demandata – avendo la dottrina per tale ipotesi reputato che la voluta sproporzione sia sintomatica della volonta’ di effettivamente beneficiare, e verosimilmente a titolo di legato, l’esecutore) di escludere che la designazione dell’esecutore possa essere ritenuta disposizione a favore del notaio che abbia ricevuto il testamento pubblico ex articolo 597 c.c., con la conseguente impossibilita’ di configurare la violazione nell’articolo 28 della legge notarile, comma 1, n. 1.
Ma tale conclusione non esclude tuttavia che la medesima disposizione possa rilevare ai diversi fini della previsione di cui al medesimo articolo 28, n. 1. Depone in tal senso, innanzi tutto la sola espressa esclusione, ai fini della norma in esame, delle disposizioni contenute nel testamento segreto non scritto dal notaio o da suo congiunto, che per converso sottende la chiara volonta’ del legislatore di ritenere che ogni altra diversa disposizione contenuta in un testamento ben possa implicare la violazione della norma in esame.
Inoltre, ed a differenza di quanto previsto dagli articoli 597 e 598 c.c., nei quali la nullita’ e’ correlata all’esistenza di una disposizione a favore, la norma qui in esame si avvale della diversa espressione lessicale di disposizione che interessi il professionista o suoi congiunti, la quale ben si presta a trovare applicazione anche nel caso in cui la previsione non implichi un’istituzione di erede ovvero un’attribuzione a titolo di legato, o comunque un vantaggio che non veda una contropartita economica.
Trattasi di conclusione che trova l’avallo anche della piu’ attenta dottrina che, nell’esaminare i rapporti tra gli articoli 597 e 598 c.c. e le previsioni della legge notarile, ha condivisibilmente evidenziato che, pur essendo la nullita’ limitata alle sole ipotesi in cui il testamento contempli delle disposizioni a favore del notaio o dei suoi congiunti, non sono pero’ messe fuori gioco dalla sopravvenuta scelta del legislatore in occasione della redazione del codice civile, le previgenti norme della legge notarile, ed in particolare dell’articolo 28, comma 1, il n. 3 che impone al notaio di non stipulare atti che, per l’interesse anche potenziale, secondo una valutazione ex ante, possano compromettere la sua posizione di terzieta’.

 

Responsabilità disciplinare del notaio e l’istituzione di quest’ultimo quale esecutore testamentario

Si impone quindi un coordinamento tra le due discipline, coordinamento che va assicurato riservando la nullita’ alle sole ipotesi di cui agli articoli 597 e 598 c.c. (come si argomenta anche dalla previsione di cui all’articolo 60 della legge notarile), ferma restando pero’ la rilevanza disciplinare della condotta del notaio che abbia comunque rogato un testamento contenente disposizioni alle quali abbia un interesse.
Una volta quindi ribadito che la designazione del notaio quale esecutore testamentario e’ in ogni caso una disposizione testamentaria e che non e’ esclusa la rilevanza disciplinare della condotta contestata solo perche’ la stessa disposizione non si risolva in una attribuzione a titolo di legato o in una designazione di erede, rileva il Collegio che la valutazione del giudice di merito, quanto alla sussunzione della condotta contestata nella norma sanzionatoria applicata sia incensurabile.
3. In tal senso depone la tradizionale nozione di interesse rilevante ai fini della norma in esame, quale delineato dalla costante giurisprudenza di legittimita’.
Come da ultimo precisato da Cass. n. 26369/2016, relativa al comportamento di un notaio che aveva stipulato degli atti di compravendita, di mutuo e di apertura di credito in cui era parte una societa’ a favore della quale lo stesso notaio aveva precedentemente prestato fideiussione, e’ stato ricordato come le elaborazioni dottrinali hanno per lo piu’ prescelto un’ampia accezione del concetto di “interesse”, al punto da comprendervi l’interesse materiale, l’interesse soltanto morale, l’interesse diretto negoziato nell’atto come quello indiretto, l’interesse anche potenziale all’atto, il collegamento con situazioni esterne allo stesso, l’inerenza al notaio delle disposizioni da stipulare pure non in termini di necessario vantaggio per il professionista.
Pertanto, deve, in ogni caso, trattarsi di interesse sussistente, e percio’ da verificare, al momento dell’atto, traducendosi in motivo di irricevibilita’ dello stesso; e deve altresi’ essere interesse risultante dall’atto.
In linea di continuita’ si pone anche quanto affermato da Cass. n. 25547 del 18/12/2015, che in motivazione ha sottolineato che la L. 16 febbraio 1913, n. 89, articolo 28, n. 3, e’ norma posta a presidio della terzieta’ del notaio, garantendo la tutela anticipata dell’imparzialita’ e della trasparenza della sua attivita’, sicche’ la valutazione dell’esistenza di un interesse personale del rogante, o degli altri soggetti che sono indicati nella norma, va effettuata “ex ante”, in termini di mera potenzialita’ o pericolosita’, senza che rilevi se le parti abbiano in concreto ricevuto o meno un danno dall’atto rogato (Cass. 29 novembre 2013, n. 26848; Cass. 23 maggio 2001, n. 7028; Cass. 1 settembre 2000, n. 11497). La difficolta’ di interpretazione dell’articolo 28, n. 3, della legge notarile e’ evidentemente collegata proprio alla portata della nozione di “interesse” che leghi il notaio alle disposizioni contenute nell’atto da stipularsi a suo ministero. L’obbligo di imparzialita’ del notaio, tale da imporgli di mantenere una posizione di equidistanza rispetto ai diversi interessi delle parti e di ricercarne una regolamentazione equilibrata e non equivoca, viene esplicitato anche nei Principi di deontologia professionale emanati dal Consiglio Nazionale del Notariato, ma non si esaurisce, evidentemente, in mero criterio di esercizio della professione notarile, essendo posto dalla legge, piuttosto, quale limite esterno della medesima funzione, ove sia ravvisabile l’interesse come sopra descritto.
L’articolo 28, n. 3, Legge notarile, puo’ dirsi violato quando le disposizioni negoziali recate dal rogito coinvolgano il notaio o i suoi parenti e affini nei gradi contemplati.
Cass. n. 26848/2013 ha altresi’ specificato che, come gia’ affermato da Cass. n. 2449/1942, la funzione notarile “non solo deve svolgersi nell’ambito della piu’ rigorosa legalita’, ma deve essere esplicitata pure in modo da ispirare la massima fiducia ed allontanare possibilmente anche il sospetto che negli atti possa esservi un interesse personale del notaro che li riceve”, posto che il divieto in esame presidia superiori e generali interessi e non gia’ quelli propri ed esclusivi delle parti del contratto ed assume una valenza precettiva meramente formale, laddove configura come illegittime situazioni tipiche di mera condotta e non anche le situazioni produttive di danno per alcuni soggetti o di vantaggio per il notaio o per i prossimi congiunti indicati dalla norma.
La valutazione dell’interesse va, come detto, condotta ex ante e non ex post, ed in termini di mera potenzialita’, o se si vuole, di pericolosita’ che l’atto possa essere rogato al fine di soddisfare un interesse dei soggetti indicati dalla norma, essendo pero’ irrilevante che in concreto le parti non abbiano ricevuto un danno dall’atto rogato. Il divieto attiene gia’ alla condotta e l’interesse che rende illegittima la condotta non puo’ che essere valutato anteriormente e cioe’ prima che la condotta sia posta in essere, cosi’ che il medesimo non puo’ essere identificato in maniera riduttiva e cioe’ come contrasto con gli interessi delle parti che hanno richiesto l’opera del notaio, nell’ottica del parametro normativo di cui all’articolo 1394 c.c., atteso che la norma in esame non fa alcun riferimento a fattispecie di conflitto; inoltre la terzieta’ del pubblico ufficiale e’ lesa anche nel caso di coincidenza tra l’interesse privato dello stesso e quello delle parti.

 

Responsabilità disciplinare del notaio e l’istituzione di quest’ultimo quale esecutore testamentario

L’interesse di cui alla L. n. 89 del 1913, articolo 28, n. 3 non e’ un interesse interno all’atto e che in esso si esaurisce, ma formalmente esterno all’atto negoziale e ad esso ricollegato secondo la regolarita’ causale e, quindi, da valutarsi ex ante (v. in termini, Cass. 23 maggio 2001 n. 7028, che si pone in linea di diretta continuita’ con quanto affermato da Cass. n. 2449 del 1942 cit. e Cass. 9 aprile 1963 nn. 907 e 908, oltre a Cass. 11 giugno 1969 n. 2067, nonche’ da Cass. 1 settembre 2000 n. 11497).
Dovendo la garanzia anticipata imposta dalla norma trovare giustificazione nell’esigenza di terzieta’ che deve caratterizzare la funzione notarile, il divieto si impone anche nel caso in cui vi sia il semplice sospetto e/o pericolo dell’esistenza di un interesse personale del notaio rogante negli atti che questi riceve.
Orbene, e tenuto conto di tali principi, ai quali la Corte intende assicurare continuita’, sicuramente appare incensurabile la valutazione circa la ricorrenza di un interesse del notaio rispetto alla stipula del testamento in esame, proprio perche’ contenente la detta disposizione in materia di designazione dell’esecutore testamentario.
Trattasi di interesse esterno rispetto all’atto, in quanto correlato non alla prestazione resa in occasione della raccolta delle volonta’ testamentarie della de cuius, ma in relazione al successivo incarico per il quale era intervenuta la designazione, attesa in particolare la stessa previsione di un compenso, non correlato al compimento dell’atto per il quale era stato chiamato a prestare il proprio ministero (redazione del testamento pubblico), ma in relazione, come detto, ad un’ulteriore attivita’, per la quale il compenso era commisurato ad una percentuale da applicare sul valore dell’attivo ereditario, valore che, proprio in ragione della mutabilita’ della consistenza sia qualitativa che quantitativa del patrimonio, era non precisamente determinabile e suscettibile di adeguamento alla luce delle vicende che avrebbero potuto interessare la massa ereditaria tra la data di redazione del testamento e la successiva data di apertura della successione.
Al fine della ricorrenza dell’interesse che avrebbe dovuto indurre il notaio ad astenersi dalla stipula del testamento pubblico, non rileva nemmeno la proporzionalita’ del compenso rispetto all’impegno ed alle prestazioni che il notaio sarebbe stato chiamato a compiere, ove avesse assunto la qualita’ di esecutore testamentario, ma la mera potenzialita’ dell’atto stesso, che effettivamente prevedeva il conferimento di un incarico retribuito al professionista, ad offuscare ed appannare l’immagine di terzieta’ ed imparzialita’ che il notaio deve preservare nel compimento della propria attivita’ professionale. Peraltro, ai fini dell’applicazione dell’articolo 28 citato, n. 3 come detto, non rileva che la designazione de qua possa, per la misura del compenso, avere determinato un concreto pregiudizio alla testatrice, e successivamente ai suoi eredi, tenuti a corrispondere il compenso dovuto, dovendosi interpretare ed applicare la norma prescindendo dalla nozione di conflitto di interessi quale individuata a livello codicistico dall’articolo 1394 c.c..
Ne’ appaiono pertinenti i richiami giurisprudenziali effettuati al punto 2. del ricorso, in quanto non necessariamente la ricorrenza di un interesse all’atto implica altresi’ la nullita’ dell’atto rogato, di tal che, la circostanza che questa Corte abbia deciso di fattispecie nelle quali erano conferiti incarichi al notaio stipulante (ma senza che sia stata offerta la prova che gli stessi avessero ricevuto una autonoma retribuzione), non esclude la diversa rilevanza disciplinare delle fattispecie esaminate.
Ne’ rileva il richiamo alle previsioni di cui alla L. n. 147 del 2013 sul deposito del prezzo presso il notaio, stante la non pertinenza del parametro di paragone.
Nel caso de quo, infatti, e’ la legge stessa che individua nel professionista incaricato della stipula il soggetto tenuto a compiere tale ulteriore incarico, essendo stato lo stesso legislatore ad escludere, con una valutazione consacrata a livello normativo, la sussistenza di un interesse del notaio, ed essendo anzi l’individuazione di quest’ultimo notaio quale soggetto cui affidare siffatto incarico correlata proprio alla garanzia di indipendenza, terzieta’ ed imparzialita’ rispetto alle parti dell’atto, che assicura ai contraenti, nonche’ all’erario, per le somme di sua spettanza, che l’incarico sara’ fedelmente e correttamente adempiuto.
Peraltro, ed e’ cio’ che segna un’ulteriore differenza rispetto alla fattispecie scrutinata in sede disciplinare, ben diversa e’ l’ipotesi in cui in occasione della stipula di un atto siano conferiti altri incarichi cumulativamente affidati al notaio, e da espletare in un contesto unitario (per il quale sia previsto un compenso che tenga conto sia dell’attivita’ di stipula che dei contestuali ulteriori incarichi), essendo in ogni caso funzionalmente volti ad assicurare gli effetti dell’atto del quale il notaio e’ stato incaricato della stipula, da quella in cui l’atto rogato preveda il conferimento di un futuro incarico, peraltro eventuale (essendo rimesso all’accettazione dell’esecutore designato per testamento) ed il cui compenso prescinda dalla remunerazione pattuita per l’attivita’ di stipula dell’atto testamentario.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
5. Poiche’ il ricorso e’ rigettato, sussistono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, il comma 1-quater della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore del controricorrente che liquida in complessivi Euro 4.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali, pari al 15 % sui compensi, ed accessori di legge;
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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