Reato di resistenza a pubblico ufficiale

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 16 settembre 2019, n. 38240.

Massima estrapolata:

Nel reato di resistenza a pubblico ufficiale la violenza consiste in un comportamento idoneo ad opporsi, in maniera concreta ed efficace, all’atto che il pubblico ufficiale sta legittimamente compiendo, sicché deve rispondere di tale reato il soggetto che, alla guida di un’autovettura, anziché fermarsi all’alt intimatogli dagli agenti di polizia, si dia alla fuga ad altissima velocità e, al fine di vanificare l’inseguimento, ponga in essere manovre di guida tali da creare una situazione di generale pericolo.

Sentenza 16 settembre 2019, n. 38240

Data udienza 13 giugno 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente

Dott. TRONCI Andrea – Consigliere

Dott. RICCIARELLI Massi – rel. Consigliere

Dott. GIORGI Maria Silv – Consigliere

Dott. BASSI Alessandra – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 19/04/2018 della Corte di appello di Bologna;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. Massimo Ricciarelli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott.ssa De Masellis Mariella, che ha concluso per l’inammissibilita’ dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 19/4/2018 la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma di quella pronunciata dal Tribunale di Rimini in data 15/11/2012 nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ha riqualificato ai sensi dell’articolo 582 c.p. e articolo 61 c.p., comma 1, n. 2 il fatto di cui al capo B), originariamente contestato come tentato omicidio e poi qualificato dal Tribunale come lesioni colpose, ha confermato il giudizio di penale responsabilita’ in ordine ai delitti di resistenza e lesioni di cui ai capi A), C) e D), ha dichiarato l’estinzione per prescrizione della contravvenzione di cui al capo E) e ha rideterminato nei confronti dei tre imputati le pene.
2. Ha proposto ricorso (OMISSIS) tramite il suo difensore.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’attribuibilita’ al ricorrente del delitto di resistenza sub A).
La Corte non aveva dato rilievo agli elementi dedotti nel motivo di appello, volti ad escludere che il ricorrente, trasportato nella vettura Audi, condotta da (OMISSIS), potesse aver concorso nel delitto di resistenza anziche’ aver solo partecipato alla fuga.
L’argomento incentrato sul possesso di strumenti atti allo scasso, tali da far ritenere la programmazione di reati, contrastava con tutti gli altri elementi difensivamente valorizzati.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del delitto di resistenza sub A).
La Corte aveva valorizzato dati logici, a sostegno dell’addotta guida spericolata, ma si era basata in realta’ sulle dichiarazioni degli operanti di P.G., che non erano riscontrate ed erano state invece smentite anche dal perito (OMISSIS), che aveva fra l’altro escluso che l’Audi potesse aver raggiunto la velocita’ di 180 Km/h.
La Corte aveva dunque travisato quanto dichiarato dal perito e omesso di pronunciarsi sulle incongruenze denunciate nell’atto di appello.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di cui all’articolo 582 c.p. di cui al capo B).
La Corte aveva riqualificato il fatto come lesioni volontarie anziche’ colpose, ma sulla base di affermazione smentita dalle risultanze processuali.
Ed invero la perizia aveva contraddetto gli assunti dei militari, attestando che lo scontro era avvenuto nella corsia di pertinenza dell’Audi, a velocita’ non particolarmente elevata, e che (OMISSIS) aveva posto in essere l’unica manovra possibile per evitare l’urto, posto che egli stava rallentando per evitare l’impatto avvenuto a causa della manovra dei Carabinieri.
In ogni caso non era stata data alcuna indicazione del contributo fornito dal (OMISSIS).
2.4. Con il quarto motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei reati di resistenza e lesioni di cui ai capi C) e D).
La Corte aveva omesso di considerare le deduzioni formulate nell’atto di appello in ordine alla ricostruzione dell’episodio, desumibile dalle dichiarazioni dei Carabinieri intervenuti, non sempre coerenti.
Non era chiaro come il ricorrente, indicato come sdraiato a terra, potesse aver attivamente opposto resistenza, fermo restando che i referti del Pronto Soccorso non erano compatibili con spintoni e calci ma piuttosto con la versione resa dagli imputati in ordine a violenze da essi subite.
3. Ha proposto ricorso (OMISSIS) tramite il suo difensore.
3.1. I primi tre motivi sono sostanzialmente corrispondenti ai motivi proposti nell’interesse del (OMISSIS).
3.2. Il quarto motivo, avente il medesimo oggetto del quarto motivo del ricorrente (OMISSIS), illustra la posizione del (OMISSIS), segnalando che le lesioni riportate da (OMISSIS) e (OMISSIS) non avrebbero potuto derivare dal sinistro, in quanto l’impatto non era stato violento e non erano esplosi gli airbag.
Sottolinea l’incongruita’ del fatto che il (OMISSIS) potesse essere uscito dall’autovettura con le costole rotte ed essere stato in grado di malmenare i militari.
3.3. Il quinto motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della diminuente di cui all’articolo 442 c.p.p..
Il ricorrente aveva formulato richiesta di definizione con rito abbreviato subordinata all’espletamento di perizia cinematica.
Il G.I.P. e il Tribunale in limine avevano respinto la richiesta ma poi lo stesso Tribunale aveva disposto la perizia.
Questa aveva carattere di novita’ e decisivita’, a fronte del contrasto tra le versioni e delle risultanze dell’album fotografino in ordine alla posizione dei mezzi post-urto.
Di qui la mancanza di giustificazioni del diniego della diminuente.
4. Ha presentato ricorso (OMISSIS) tramite il suo difensore.
4.1. Con il primo motivo denuncia vizio di motivazione in ordine a tutti i reati addebitati al ricorrente.
Non rispondeva al vero che il predetto avesse tenuto una condotta spericolata, le lesioni riportate dagli imputati erano state provocate non dal sinistro ma dai colpi subiti dai Carabinieri, non vi era prova che le lesioni riportate da costoro fossero dipese da comportamenti del ricorrente.
4.2. Con il secondo motivo denuncia violazione dell’articolo 157 c.p..
La Corte avrebbe dovuto ritenere l’estinzione del reato sub B) per prescrizione, prima di procedere alla sua riqualificazione.
4.3. Con il terzo motivo deduce violazione dell’articolo 603 c.p.p., comma 3-bis, in relazione al capo B).
La Corte aveva erroneamente omesso di rinnovare l’istruzione dibattimentale, a fronte dell’operata riforma in peius, dovendosi ritenere che la riqualificazione fosse avvenuta sulla base non di una valutazione giuridica bensi’ di una diversa valutazione del fatto.
Ribadisce comunque che il sinistro si era verificato per la condotta dei Carabinieri paratisi di fronte al veicolo condotto dal ricorrente, trovatosi nell’impossibilita’ di evitare l’urto.
Era fallace l’intera ricostruzione operata dalla Corte e non vi era prova che il ricorrente intendesse procurare lesioni ai militari.
4.4. Con il quarto motivo deduce violazione dell’articolo 442 c.p.p. per mancato riconoscimento della diminuente.
Erroneamente la Corte si era riportata alle valutazioni del Tribunale per negare la diminuente di cui all’articolo 442 c.p.p. pur a fronte dell’originaria richiesta di rito abbreviato subordinato all’ammissione di perizia cinematica, avendo omesso di considerare che la richiesta perizia aveva carattere di decisivita’, tanto da essere stata poi posta a fondamento della decisione del Tribunale.
4.5. Con il quinto motivo deduce mancata concessione delle attenuanti generiche e mancata esclusione della recidiva.
La Corte avrebbe dovuto tener conto delle veritiere dichiarazioni del ricorrente, che aveva compreso il disvalore della condotta.
Inoltre i reati in esame non avevano correlazione con le pregresse condanne del ricorrente ai fini del giudizio sull’applicazione della recidiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I primi due motivi dei ricorsi presentati da (OMISSIS) e da (OMISSIS), concernenti il delitto di resistenza di cui al capo A), sono inammissibili.
Il primo motivo concerne il tema della riferibilita’ della condotta ai ricorrenti e il secondo quello della ricostruzione dell’episodio ai fini della configurabilita’ del delitto di resistenza.
1.1. Orbene, con riguardo al primo tema, si ripropongono genericamente deduzioni che avevano formato oggetto dei motivi di appello, in ordine all’ascrivibilita’ della condotta al solo conducente (OMISSIS), a fronte della veste di meri trasportati dei due ricorrenti, dell’impossibilita’ di scendere dal veicolo in fuga e dell’inidoneita’ del riferimento al trasporto di materiale da scasso: in tal modo il motivo e’ volto a sollecitare una diversa lettura del compendio probatorio, ponendosi al di fuori dello scrutinio di legittimita’.
Ed invero la Corte ha tutt’altro che illogicamente dato rilievo al fatto la vettura Audi 6 aveva a bordo materiale da scasso, compresa una bombola di acetilene e una bombola di oxigen, oltre che indumenti atti al travisamento, torce e ricetrasmittenti, a dimostrazione della programmata commissione di reati, presumibilmente riguardanti sportelli bancomat, dovendosi dunque ritenere che al momento dell’alt, occasionalmente intimato dalla pattuglia dei Carabinieri che procedeva a bordo di una Alfa Romeo 159, appositamente affiancatasi, i tre ricorrenti, tutti pluripregiudicati per reati anche contro il patrimonio, e l’ulteriore occupante, poi riuscito a dileguarsi a piedi e rimasto ignoto, avessero inteso sottrarsi al controllo con ogni mezzo. Di qui dunque, secondo la ricostruzione della Corte, l’origine della spericolata fuga dell’Audi 6, ascrivibile ad una scelta condivisa dagli occupanti del veicolo e non del solo conducente (OMISSIS), come ulteriormente dimostrato dall’ulteriore tentativo di fuga o di reazione all’operato dei militari, posto in essere nel momento in cui la vettura si era arrestata, dopo l’urto con la Fiat Stilo, fuga che, come detto, con riguardo ad uno degli occupanti aveva avuto esito positivo.
Si tratta di una valutazione che da’ conto delle risultanze acquisite e non risulta in alcun modo vulnerata dalle assertive deduzioni dei ricorrenti, essendo inoltre irrilevante che non fosse stato riconosciuto il vincolo della continuazione con riguardo alla contravvenzione di cui all’articolo 707 c.p. – contestata sub E) e poi estinta per prescrizione-, a fronte di un proposito sopravvenuto, originato dall’intendimento di non far rinvenire il materiale da scasso.
1.2. Quanto al tema della configurabilita’ del delitto di resistenza, parimenti sono state reiterate, nel solo asserito presupposto della loro mancata valutazione, deduzioni di merito, volte a contrastare la ricostruzione dell’episodio, deduzioni che tuttavia si collocano ben oltre lo scrutinio di legittimita’, in quanto non individuano fratture logiche della motivazione della sentenza impugnata.
Va infatti rimarcato che la Corte non ha eluso l’argomento relativo alla concreta attendibilita’ delle dichiarazioni rese dai militari, in parte smentite dalle risultanze dell’espletata perizia cinematica, ma ha osservato come alla resa dei conti, al di la’ del raggiungimento o meno da parte della vettura in fuga di una velocita’ massima di 180 km/h, la cui indicazione era stata il frutto di una soggettiva percezione dei dichiaranti in una fase concitata di inseguimento, caratterizzato dal variare delle distanze rispetto alla vettura inseguita, fosse certo che le due pattuglie dei militari, dopo l’intimazione dell’alt, avessero visto fuggire ad alta velocita’ l’Audi 6 e non fossero mai riuscite a raggiungerla, la prima perche’ messa fuori gioco da una manovra improvvisa dell’Audi e la seconda perche’ incapace di tenere il passo della vettura inseguita, la cui marcia era stata contrassegnata nel centro abitato da manovre pericolose, con superamento dei limiti di velocita’ e mancato rispetto della segnaletica, con conseguente pericolo anche per gli inseguitori.
A riscontro di cio’ e’ stato sottolineato come la pattuglia a bordo della Alfa Romeo 159 fosse stata costretta a chiedere l’ausilio di altra pattuglia, trovatasi in zona e procedente nella direzione opposta, cioe’ quella a bordo della Fiat Stilo, contro la quale nella fase finale della fuga l’Audi 6 era andata ad impattare in (OMISSIS) all’altezza dell’incrocio con (OMISSIS).
Si tratta di una ricostruzione che muove dal dato certo della fuga e da quello altrettanto certo dell’incapacita’ dell’Alfa Romeo 159 di raggiungere la vettura inseguita e prescinde da profili inerenti alle velocita’ di punta o alla velocita’ dell’Audi al momento dell’impatto con la Fiat Stilo, che aveva interrotto la marcia dell’Audi, fino ad allora protagonista comunque di una pericolosa fuga in un variegato contesto stradale.
Del tutto ininfluenti risultano dunque i tentativi dei ricorrenti di riproporre deduzioni inerenti al merito, che non si misurano con la ricostruzione del nucleo fondamentale della condotta illecita, correttamente ritenuta idonea ad integrare il delitto contestato al capo A) (costituisce invero ius receptum che “nel reato di resistenza a pubblico ufficiale la violenza consiste in un comportamento idoneo ad opporsi, in maniera concreta ed efficace, all’atto che il pubblico ufficiale sta legittimamente compiendo, sicche’ deve rispondere di tale reato il soggetto che, alla guida di un’autovettura, anziche’ fermarsi all’alt intimatogli dagli agenti di polizia, si dia alla fuga ad altissima velocita’ e, al fine di vanificare l’inseguimento, ponga in essere manovre di guida tali da creare una situazione di generale pericolo”: Cass. Sez. 4, n. 41936 del 14/7/2006, Campicello, rv. 235535; ma in senso analogo anche Cass. Sez. F., n. 40 del 10/9/2013, dep. nel 2014, E., rv. 257915; Cass. Sez. 2, n. 46618 del 20/11/2009, Corrado, rv. 245420).
2. E’ infondato il terzo motivo contenuto sia nel ricorso di (OMISSIS) sia nel ricorso di (OMISSIS), riguardante il reato di cui al capo B), originariamente contestato come tentato omicidio, poi qualificato dal Tribunale come lesioni colpose e infine riqualificato dalla Corte, a seguito di appello del P.M., come lesioni volontarie.
2.1. Si contesta la ricostruzione della Corte sulla base del rilievo dell’inaffidabilita’ del racconto dei militari, riconosciuta in parte anche dal Tribunale.
Vengono dunque ripercorsi i passaggi di tali dichiarazioni che erano stati smentiti dalla perizia affidata all’ing. (OMISSIS) e si sottolinea che l’urto era avvenuto nella corsia di marcia dell’Audi 6, avendo il conducente di tale vettura compiuto l’unica possibile manovra per evitare l’impatto.
2.2. Orbene, pur trattandosi del profilo maggiormente problematico, deve nondimeno rilevarsi come sul punto la Corte abbia dato conto delle argomentazioni del primo Giudice, rilevandone non illogicamente l’erroneita’, e abbia dunque proceduto ad una diversa ricostruzione, incentrata sul rilievo che la collisione tra l’Audi 6 e la Fiat Stilo non avrebbe potuto considerarsi imprevedibile, a fronte dell’intendimento degli occupanti dell’auto in fuga di non fermarsi all’intimazione di alt e poi di sottrarsi in ogni modo al tentativo dei militari di fermarli.
Su tali basi e’ stato rilevato che la Fiat Stilo, intervenuta procedendo dalla direzione opposta, si era posizionata a bassissima velocita’ quasi al centro della carreggiata, oltrepassando la mezzeria, per precludere il passaggio ai fuggitivi, quando era sopraggiunta l’Audi 6, che, avendo rallentato fino alla presumibile velocita’ di 68 km/h, aveva tuttavia omesso di arrestarsi del tutto o di svoltare verso destra in (OMISSIS), nel tentativo di procedere comunque oltre e sfuggire ai militari, cosi’ impattando contro la Fiat Stilo con lo spigolo anteriore sinistro per un tratto di circa 20 centimetri, per modo che la Fiat Stilo era stata sospinta all’indietro e l’Audi 6 aveva proceduto in avanti in rotazione antioraria fino a strisciare contro una rete metallica e infine urtare contro un pannello di una ringhiera.
2.3. In particolare alla luce di tale ricostruzione la Corte ha ritenuto che le lesioni riportate a seguito dell’impatto dai militari (OMISSIS) e (OMISSIS), occupanti della Fiat Stilo, fossero ascrivibili non genericamente a colpa, correlata alla violazione dei limiti di velocita’, ma a dolo, almeno eventuale, in quanto l’intera condotta, culminata nella fase finale, aveva comportato l’accettazione del rischio delle conseguenze derivanti dall’impatto, che i fuggitivi non avevano cercato di evitare, arrestandosi o svoltando a destra, ma avevano messo in conto pur di riuscire a proseguire la fuga.
A fronte di tale ricostruzione non assume rilievo una deduzione volta a porre in luce da un lato l’inaffidabilita’ del racconto incentrato su una deliberata invasione della corsia di pertinenza della Fiat Stilo e dall’altro il rallentamento dell’Audi 6, giacche’ cio’ non vale a confutare l’assunto della Corte secondo cui i fuggitivi avevano cercato nei limiti del possibile di scongiurare piu’ gravi danni ma avevano tuttavia omesso di compiere le pur possibili manovre, come la svolta verso destra in (OMISSIS), che avrebbero evitato lo scontro.
Inoltre risulta puramente assertiva l’affermazione, contenuta in entrambi i ricorsi, che la svolta a destra non fosse possibile, essendosi l’urto verificatosi proprio in prossimita’ dell’incrocio: si tratta in realta’ di deduzione di merito fondata solo su un assunto generico.
2.4. D’altro canto la valutazione della Corte risulta in linea con il piu’ autorevole orientamento della giurisprudenza di legittimita’ in materia di dolo eventuale (Cass. Sez. U. n. 38343 del 24/472014, Espenhahn, rv. 261105), in quanto risulta ricostruito il processo decisionale, connotato dall’adesione all’ipotesi di verificazione dell’evento, in un quadro di ragionevole contemperamento di costi e benefici dell’azione, peraltro avvenuta in un contesto di per se’ illecito.
3. Inammissibili sono il quarto motivo del ricorso (OMISSIS) e il quarto motivo del ricorso (OMISSIS), riguardanti i delitti di resistenza e di lesioni personali di cui ai capi C) e D), entrambi incentrati su deduzioni di merito, volte ad accre’ditare una diversa ricostruzione del fatto, oltre i limiti del sindacato di legittimita’.
3.1. L’assunto difensivo fa leva su frammentari passaggi delle deposizioni dei militari e sulla circostanza che i militari avevano riportato lievi lesioni non compatibili con calci e pugni asseritamente subiti, ma piuttosto riconducibili alla loro azione violenta nei confronti dei fuggitivi al momento dell’arresto, essendo state a (OMISSIS) e (OMISSIS) certificate significative lesioni personali.
3.2. Ma a fronte di cio’, va rimarcato come la Corte abbia per contro non illogicamente osservato che l’intera condotta dei fuggitivi era risultata ispirata dall’intento di sfuggire ad ogni costo ai controlli e che tale intento aveva trovato ancora una volta concorde manifestazione dopo che l’Audi 6 si era fermata in conseguenza dell’impatto, in quanto i quattro occupanti avevano cercato di sfuggire di nuovo, uno di essi riuscendo a dileguarsi e gli altri avendo comunque reagito con calci e pugni all’azione dei militari.
In tale contesto sono state dunque unitariamente inquadrate le condotte dei ricorrenti, che, nella fase dell’intervento dei militari, avevano continuato ad opporre una reazione violenta, dimenandosi e scalciando tanto da procurare ai quattro militari, che componevano le due pattuglie inseguitrici, lesioni personali, ritenute compatibili con l’azione descritta dagli stessi carabinieri.
3.3. Si incentrano sulle prove e non sulla logicita’ della motivazione le deduzioni contenute nel ricorso del (OMISSIS), che si limita tuttavia ad evocare genericamente passi delle diverse deposizioni, ma non si confronta, se non assertivamente, con gli argomenti posti a fondamento della condanna, fermo restando che, al di la’ dei rispettivi tempi di intervento, i quattro militari hanno comunque fatto riferimento, secondo la ricostruzione della Corte, alla reazione dei ricorrenti, avvenuta prima o dopo che i predetti fossero fermati e bloccati e tale da procurare ai militari le lesioni certificate, solo apoditticamente contestate nei motivi di ricorso come risultato di quella condotta.
3.4. Parimenti assertiva risulta l’ulteriore deduzione relativa alle lesioni che avrebbero invece subito (OMISSIS) e (OMISSIS) in conseguenza dell’azione violenta dei militari: ed invero secondo la valutazione della Corte solo genericamente contestata tali lesioni avrebbero dovuto ascriversi alle conseguenze riportate dai due ricorrenti, che non indossavano cinture di sicurezza, in conseguenza dell’impatto tra i veicoli, anche se da esso non era derivato lo scoppio degli airbags, come dimostrato per contro dal fatto che nessuna lesione aveva riportato il (OMISSIS), seduto sul sedile posteriore.
4. Rinviando la trattazione del quinto motivo del ricorso di (OMISSIS), si rileva l’inammissibilita’ del primo motivo del ricorso di (OMISSIS).
Relativamente al capo A), la contestazione di manovre pericolose e spericolate risulta assertiva e comunque volta ad accreditare una diversa valutazione del merito, senza alcun riferimento alla motivazione della sentenza impugnata, che ha al contrario fatto leva su precisi argomenti anche di ordine logico, per giungere alla conclusione della configurabilita’ del delitto di resistenza, peraltro primariamente ascrivibile proprio allo (OMISSIS), alla guida dell’Audi 6.
Relativamente al capo C) e al capo D), le censure sono parimenti generiche ed assertive, in quanto non si confrontano con la motivazione, ma si risolvono nella contestazione della ricostruzione operata dalla Corte, che ha invece dato conto delle lesioni riportate dai militari, conseguenti alla reazione violenta dei ricorrenti e ha spiegato le ragioni per cui non avrebbe potuto darsi rilievo alle lesioni subite da (OMISSIS) e (OMISSIS).
5. Il secondo motivo del ricorso (OMISSIS) e’ manifestamente infondato.
Avuto riguardo al tenore dell’originaria contestazione e al successivo appello del P.M. che aveva contestato la qualificazione del fatto sub B) come lesioni colpose, non rileva che rispetto al delitto di cui all’articolo 590 c.p. fosse decorso il termine di prescrizione, dovendosi invece aver riguardo all’immanenza della qualificazione piu’ grave, sottesa all’appello del P.M. e non costituente dunque un novum sopravvenuto: ne discende che il termine di prescrizione va correlato alla qualificazione definitivamente ritenuta, termine non decorso, in conseguenza della contestazione e dell’applicazione della recidiva reiterata, che, ai sensi dell’articolo 161 c.p., comporta l’aumento del termine ordinario fino ad anni dieci (anni sei + 2/3).
6. E’ manifestamente infondato anche il terzo motivo del ricorso dello (OMISSIS), con il quale si deduce la mancata applicazione dell’articolo 603 c.p., comma 3-bis, a fronte della riforma in peius, riguardante il capo B), riqualificato come lesioni volontarie.
Risulta in realta’ del tutto erroneo l’assunto di partenza, secondo cui la riforma si sarebbe fondata su una rielaborazione dei risultati delle prove dichiarative.
6.1. Deve premettersi che l’articolo 603 c.p.p., comma 3-bis, introdotto dalla L. n. 103 del 2017, in attuazione dell’orientamento interpretativo affermatosi in conseguenza di arresti della Corte di Strasburgo (sul punto si rinvia a Cass. Sez. U. n. 27620 del 28/4/2016, Dasgupta, rv. 267487; Cass. Sez. U. n. 18620 del 19/1/2017, Patalano, rv. 269786), fa riferimento all’ipotesi di appello del P.M. avverso sentenza di assoluzione, cioe’ avverso sentenza di significato liberatorio e non di mera riqualificazione.
D’altro canto, con riguardo all’applicazione dell’articolo 603 c.p.p., comma 3-bis, e’ stato di recente ribadito che la norma si applica a fronte di appello del P.M. avverso sentenza di proscioglimento, in vista di riforma in peius (Cass. Sez. U., n. 14426 del 28/1/2019, Pavan, rv. 275112).
Ha tuttavia formato oggetto di analisi il tema relativo alla necessita’ o meno della rinnovazione anche nel caso di riforma in peius, derivante dalla riqualificazione operata in accoglimento dell’appello del P.M., in alcuni casi essendosi rilevato che l’obbligo sussiste in caso di diversa valutazione di attendibilita’ dei testi (Cass. Sez. 1, n. 53601 del 2/3/2017, Dantese, rv. 271638; Cass. Sez. 1, n. 29165 del 18/5/2017, H., rv. 270280) e in altri casi essendosi invece negato che tale obbligo sia ravvisabile (Cass. Sez. 5, n. 54296 del 28/6/2017, Pesce, rv. 272088).
Deve comunque rilevarsi come sul punto sia nettamente prevalente l’orientamento in forza del quale in linea di massima l’obbligo non sussista, ove la riqualificazione si sia fondata sulla rivalutazione delle medesime risultanze probatorie, senza alcuna diversa valutazione del contenuto dichiarativo delle deposizioni dei testi e dell’attendibilita’ degli stessi (Cass. Sez. 6, n. 6804 del 6/12/2018, dep. nel 2019, El Banna Tarek, rv. 275036; Cass. Sez. 3, n. 973 del 28/11/2018, dep. nel 2019, S., rv. 274571; Cass. Sez. 5, n. 42577 del 2/7/2018, D., rv. 274009).
6.2. In tale prospettiva assume nel caso di specie rilievo decisivo la circostanza che il fatto sia stato diversamente qualificato come lesioni volontarie e non come mere lesioni colpose sulla base dei medesimi elementi probatori, senza attribuzione di un diverso significato alle prove dichiarative, comprese le dichiarazioni del perito, essendo stata specificamente valorizzata la prova logica alla base dell’inquadramento di tutte le risultanze, con conseguente sviluppo dei dati inferenziali da esse desumibili in merito alla correlazione tra l’originaria fuga, le manovre pericolose e l’urto finale, derivato anche dalla scelta dei ricorrenti di sfuggire al blocco, senza arrestarsi o senza svoltare sulla destra, ferme restando le acquisizioni peritali e la valenza in concreto attribuibile alle dichiarazioni dei testi.
Deve d’altro canto aggiungersi come fin dall’inizio il tema della rinnovazione si sia posto con riguardo alle prove dichiarative non decisive e come tale connotazione sia stata esclusa nei casi di “apporto dichiarativo il cui valore probatorio, che in se’ considerato non possa formare oggetto di diversificate valutazioni tra primo e secondo grado, si combini con fonti di prova di diversa natura non adeguatamente valorizzate o erroneamente considerate o addirittura pretermesse dal primo giudice, ricevendo soltanto da queste, nella valutazione del giudice di appello, un significato risolutivo ai fini dell’affermazione della responsabilita’” (cosi’ in motivazione Cass. Sez. U. n. 27620 del 28/472016, Dasgupta, cit).
6.3. A fronte di cio’ risultano inoltre assertive e inerenti al merito, esulando dallo scrutinio di legittimita’, le ulteriori censure, relative alla ricostruzione dell’impatto, alle lesioni riportate dai ricorrenti, in particolare dallo (OMISSIS), all’incompatibilita’ di quelle riportate dai militari con pretesi calci e pugni contro di loro scagliati, alla velocita’ delle vetture, censure che non si confrontano con la motivazione e con gli argomenti alla base della condanna.
7. Il quinto motivo del ricorso dello (OMISSIS) e’ inammissibile.
Da un lato esso risulta manifestamente infondato, posto che i Giudici di merito hanno in realta’ concesso le attenuanti generiche, pur reputandole non piu’ che equivalenti, attesa l’applicazione della recidiva reiterata.
Dall’altro esso e’ volto ad accreditare una diversa valutazione del merito in ordine all’applicabilita’ della recidiva, che la Corte ha non arbitrariamente ritenuto giustificata dalla valenza sintomatica dei fatti, letti alla luce dei numerosi precedenti dello (OMISSIS) per reati contro il patrimonio, per reati in materia di armi e per lesioni: tali precedenti, considerando anche l’antefatto del possesso di arnesi da scasso, sono stati invero legittimamente intesi come espressivi di una accentuata pericolosita’.
8. Venendo infine al quinto motivo del ricorso del (OMISSIS) e al quarto motivo del ricorso dello (OMISSIS), concernenti la diminuente per il giudizio abbreviato, se ne rileva l’infondatezza.
Al pur suggestivo rilievo secondo cui l’originaria richiesta di ammissione al rito abbreviato, condizionata all’espletamento della perizia cinematica, che, a fronte dell’originario rigetto, era stata poi ammessa dal Tribunale nel corso del dibattimento, deve invero replicarsi che al momento dell’istanza, come sottolineato dal Tribunale e poi ribadito dalla Corte, il quadro probatorio risultante dalle prove acquisite non presentava lacune o incongruenze meritevoli di approfondimento attraverso l’invocata perizia, che peraltro non rappresentava in partenza uno strumento volto ad assicurare il raggiungimento di un determinato esito di prova e la cui necessita’ era comunque sopravvenuta alla luce dell’escussione dei testi.
In tale prospettiva deve da un lato considerarsi che e’ legittima la decisione che neghi la riduzione della pena per il rito abbreviato, ove venga disposta ai sensi dell’articolo 507 c.p.p., la perizia cui era stata originariamente subordinata la richiesta, respinta dal G.I.P. (Cass. Sez. 6, n. 16102 del 18/372016, Mercedes, rv. 267309), e dall’altro che la valutazione deve riguardare la correttezza o meno del rigetto della richiesta condizionata, sulla base di un giudizio “ante”, che tenga conto della situazione esistente al momento della richiesta, al fine di valutare la pertinenza e la idoneita’ integrativa della prova invocata, in aggiunta alla compatibilita’ con le esigenze di speditezza del rito, potendo il concreto sviluppo dell’istruttoria assumere un ruolo ausiliario, peraltro non risolutivo, in funzione dell’individuazione di un’originaria erroneita’ della valutazione (sul punto ben puo’ farsi rinvio da un lato a Cass. Sez. 2, n. 51817 del 6/12/2013, Stanganelli, rv. 258116, e dall’altro a Cass. Sez. 6, n. 41695 del 14/7/2016, Bembi, rv. 268327).
In tale ottica le deduzioni volte a segnalare l’originaria erroneita’ della valutazione del G.I.P. e del Tribunale sono generiche, a fronte di quanto compiutamente esposto dai Giudici di merito in ordine alla sopravvenienza dell’esigenza di approfondimento.
9. In conclusione tutti i ricorsi devono essere rigettati, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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