La regola del cd. minimale contributivo

Corte di Cassazione, sezione lavoro, Sentenza 3 giugno 2019, n. 15120.

La massima estrapolata:

La regola del cd. minimale contributivo, che deriva dal principio di autonomia del rapporto contributivo rispetto alle vicende dell’obbligazione retributiva, opera anche con riferimento all’orario di lavoro, che va parametrato a quello previsto dalla contrattazione collettiva, o dal contratto individuale, e superiore; ne deriva che la contribuzione è dovuta anche in caso di assenze o di sospensione concordata della prestazione che non trovino giustificazione nella legge o nel contratto collettivo, bensì in un accordo tra le parti che derivi da una libera scelta del datore di lavoro.

Sentenza 3 giugno 2019, n. 15120

Data udienza 3 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 1308-2014 proposto da:
(OMISSIS), C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente-
contro
INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3338/2013 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 04/10/2013 R.G.N. 1900/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/04/2019 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Lecce, (OMISSIS) chiedeva dichiararsi l’illegittimita’ ed inefficacia del verbale di accertamento notificato il 1/4/2009 con il quale l’Inail gli aveva contestato, nella sua qualita’ di titolare di un esercizio commerciale svolgente attivita’ di ristorante-pizzeria, l’omesso versamento di premi rapportati alle retribuzioni relative a periodi di assenza dal lavoro dei dipendenti dovute a cause diverse da ferie, malattia ed altre ipotesi previste dalla legge e dal contratto collettivo di sospensione dell’attivita’ lavorativa.
2. Il Tribunale accoglieva il ricorso mentre la Corte d’appello accoglieva il gravame proposto dall’Inail e rigettava il ricorso del (OMISSIS), applicando alla fattispecie il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 1199 del 2002 e ritenendo che in base al Decreto Legge 9 ottobre 1989, n. 338, articolo 1, conv. nella L. n. 389 del 1989, le assenze dal lavoro non contrattualmente giustificate non esonerano il datore di lavoro dal pagamento del premio sulla retribuzione cosiddetta contributiva, che resta insensibile alla retribuzione di fatto erogata, fatta eccezione per l’ipotesi in cui quest’ultima sia superiore.
3. Per la cassazione della sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso, affidato a due motivi, cui l’Inali ha resistito con controricorso.
4. L’Inail ha depositato anche memoria ex articolo 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. (OMISSIS) deduce come primo motivo di ricorso la violazione e falsa applicazione del Decreto Legge n. 338 del 1989, articolo 1, conv. in L. n. 389 del 1989, della L. n. 153 del 1969, articolo 12, della L. n. 549 del 1995, articolo 2, comma 25, e vizio di motivazione per avere la Corte d’appello di Lecce applicato il principio enunciato da questa Suprema Corte a Sezioni Unite nella sentenza 29/7/2002 n. 11199 a fattispecie diversa da quella che ne formava oggetto, omettendo di motivare e decidere in relazione all’esatto oggetto del ricorso introduttivo ed alla relativa sentenza del Tribunale di Lecce.
Argomenta che nel caso in esame non si faceva questione di minimale retributivo, che era stato oggetto del decisum delle Sezioni Unite, essendo pacifico che il ricorrente abbia applicato ai propri dipendenti la paga giornaliera ex articolo 142 del c.c.n.l., ma di onere contributivo per i periodi non lavorati, in quanto l’Inail nella determinazione dell’imponibile l’aveva commisurato a 40 ore settimanali, spostando sul datore di lavoro l’onere di provare la riconducibilita’ delle assenze dei lavoratori ai casi di esclusione dell’onere contributivo previsto dalla legge, onere che sarebbe applicabile solo nel settore edile.
6. Come secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 324 e 342 c.p.c. e sostiene che la Corte d’appello non abbia valutato l’eccezione d’ inammissibilita’ del gravame, per avere l’Inail impugnato la sentenza del Tribunale con riguardo all’applicazione del minimale retributivo, pur vertendosi in ipotesi differente e non avendo l’istituto chiesto di provare che le giornate di assenza fossero fittizie.
7. Il ricorso e’ infondato.
In relazione al secondo motivo, logicamente prioritario, si ricava dalle stesse deduzioni della parte ricorrente (v. pg. 2) che l’appello dell’Inail atteneva propriamente alla possibilita’ di assoggettare a contribuzione la retribuzione virtuale relativa alle giornate di assenza dal lavoro, e dunque alla questione che e’ stata oggetto di disamina da parte del giudice del gravame.
8. Il secondo motivo e’ parimenti infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte che si e’ consolidata dopo l’arresto delle Sezioni Unite n. 11199 del 29/07/2002, l’importo della retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali non puo’ essere inferiore all’importo di quella che ai lavoratori di un determinato settore sarebbe dovuta in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali piu’ rappresentative su base nazionale (c.d. “minimale contributivo”), secondo il riferimento ad essi fatto – con esclusiva incidenza sul rapporto previdenziale – dal Decreto Legge 9 ottobre 1989, n. 338, articolo 1 (convertito in L. 7 dicembre 1989, n. 389), senza le limitazioni derivanti dall’applicazione dei criteri di cui all’articolo 36 Cost. (c.d. “minimo retributivo costituzionale”), che sono rilevanti solo quando a detti contratti si ricorre – con incidenza sul distinto rapporto di lavoro ai fini della determinazione della giusta retribuzione (v. ex aliis Cass. n. 801 del 20/01/2012). La regola del minimale contributivo deriva dal principio di autonomia del rapporto contributivo rispetto alle vicende dell’obbligazione retributiva, ben potendo l’obbligo contributivo essere parametrato a importo superiore a quanto effettivamente corrisposto dal datore di lavoro.
9. Tale principio opera, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte ricorrente, sia con riferimento all’ammontare della retribuzione c.d. contributiva, sia con riferimento all’orario di lavoro da prendere a parametro, che dev’essere l’orario di lavoro normale stabilito dalla contrattazione collettiva o dal contratto individuale se superiore.
10. E difatti, e’ evidente che se ai lavoratori vengono retribuite meno ore di quelle previste dal normale orario di lavoro e su tale retribuzione viene calcolata la contribuzione, non vi puo’ essere il rispetto del minimo contributivo nei termini sopra rappresentati.
11. Vale infatti anche con riferimento all’orario il principio stabilito dalla Corte Costituzionale nella sentenza 20 luglio 1992, n. 342, secondo il quale “una retribuzione (…) imponibile non inferiore a quella minima (e’) necessaria per l’assolvimento degli oneri contributivi e per la realizzazione delle finalita’ assicurative e previdenziali, (in quanto), se si dovesse prendere in considerazione una retribuzione imponibile inferiore, i contributi determinati in base ad essa risulterebbero tali da non poter in alcun modo soddisfare le suddette esigenze”.
12. Nel settore dell’edilizia, il Decreto Legge n. 244 del 1995, articolo 29, conv. in L. n. 341 del 1995, individua le ipotesi di esenzione dall’obbligo del minimale contributivo – inteso anche come obbligo di commisurare la contribuzione ad un numero di ore settimanali non inferiore all’orario di lavoro normale stabilito dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali piu’ rappresentative su base nazionale e dai relativi contratti integrativi territoriali di attuazione – con disposizione, avente chiara finalita’ antielusiva, che e’ stata ritenuta da questa Corte di stretta interpretazione, analogamente alle fonti normative cui essa rinvia (Cass. n. 9805 del 04/05/2011, Cass. n. 10134 del 26/04/2018, e ancora, da ultimo, Cass. n. 4690 del 18/2/2019). In proposito, e’ stato dunque escluso che una sospensione consensuale della prestazione che derivi da una libera scelta del datore di lavoro e costituisca il risultato di un accordo tra le parti possa determinare la sospensione dell’obbligazione contributiva (v. Cass. n. 21700 del 13/10/2009, Cass. n. 9805 del 04/05/2011 e successive conformi, che hanno superato la diversa soluzione adottata dal Cass. n. 1301 del 24/01/2006).
13. La necessita’ di tipizzare le suddette ipotesi eccettive e’ sorta nel settore edile proprio perche’ ivi la possibilita’ di rendere la prestazione lavorativa e’ normalmente condizionata da eventi esterni che sfuggono al controllo delle parti.
14. Il fatto che per gli altri settori merceologici non vi sia analoga previsione non significa che sussista una generale liberta’ delle parti di modulare l’orario di lavoro e la stessa presenza al lavoro cosi’ rimodulando anche l’obbligazione contributiva, considerato che questa seconda e’ svincolata dalla retribuzione effettivamente corrisposta e dev’essere connotata dai caratteri di predeterminabilita’, oggettivita’ e possibilita’ di controllo.
15. Anche nei settori diversi da quello edile, la contribuzione e’ dunque dovuta nei casi di assenza del lavoratore o di sospensione concordata della prestazione stessa che costituiscano il risultato di un accordo tra le parti derivante da una libera scelta del datore di lavoro e non da ipotesi previste dalla legge e dal contratto collettivo (quali malattia, maternita’, infortunio, aspettativa, permessi, cassa integrazione). In tal senso, e considerata l’autonomia del rapporto contributivo rispetto a quello retributivo, dev’essere rimodulato il principio affermato nel recente arresto n. 24109 del 03/10/2018.
16. Ove dunque gli enti previdenziali e assistenziali pretendano da un’impresa differenze contributive sulla retribuzione virtuale determinata ai sensi del Decreto Legge 9 ottobre 1989, n. 338, articolo 1, comma 1, anche con riferimento all’orario di lavoro, incombe al datore di lavoro allegare e provare la ricorrenza di un’ ipotesi eccettuativa dell’obbligo, nel senso sopra individuato.
17. La soluzione adottata nel caso dalla Corte territoriale e’ dunque conforme a diritto, considerato che l’esenzione dall’obbligo contributivo era nel caso sostenuta dal datore di lavoro sulla base della necessita’ di adeguare la contribuzione alla prestazione effettivamente resa, nella ritenuta insistenza di un “minimale mensile” di riferimento, senza specificazione della derivazione delle assenze (che si riferivano determinate sia da calo di lavoro sia da necessita’ personali dei lavoratori) da ipotesi legali o contrattuali di sospensione della prestazione.
18. Segue coerente il rigetto del ricorso.
19. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
20. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in complessivi Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto Legislativo n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

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