Reato di promozione, di direzione od organizzazione del gruppo criminale

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 28 maggio 2020, n. 16202.

Massima estrapolata:

Ai fini della configurabilità del reato di promozione, di direzione od organizzazione del gruppo criminale, ex art. 416-bis, comma 2, c.p., è necessario che un ruolo apicale o una posizione dirigenziale risultino in concreto esercitati e quindi necessaria è la verifica dell’effettivo esercizio del ruolo di vertice che lo renda riconoscibile, sia pure sotto l’aspetto sintomatico, sia all’esterno, che nell’ambito del sodalizio, realizzando un effettivo risultato di assoggettamento interno.

Sentenza 28 maggio 2020, n. 16202

Data udienza 13 dicembre 2019

Tag – parola chiave: Misure cautelari personali – Associazione di stampo mafioso – Art. 416 bis cp – Ruolo apicale – Qualifica di capo – Effettivo esercizio del ruolo di vertice – Necessità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CERVADORO Mirella – Presidente

Dott. ALMA Marco Maria – Consigliere

Dott. BORSELLINO Maria Daniela – Consigliere

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere

Dott. TUTINELLI Vincenzo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 19/07/2019 del TRIB. LIBERTA’ di PALERMO;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. VINCENZO TUTINELLI;
sentite le conclusioni del PG Dr. ZACCO FRANCA che ha concluso per il rigetto del ricorso.
udito il difensore, Avv. (OMISSIS), che si e’ riportato ai motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di Palermo, in funzione di giudice del riesame cautelare personale, ha confermato l’ordinanza 26 giugno 2019 del GIP presso il Tribunale di Palermo limitatamente alle contestazioni di cui ai capi 1-13-14-15-27 rispettivamente riguardanti: a) la partecipazione ad associazione delinquere di stampo mafioso, b) il reimpiego nella ditta ” (OMISSIS)” di somme provenienti dalla commissione di delitti di estorsione, traffico di stupefacenti, associazione mafiosa, c) l’intestazione fittizia della ditta individuale (OMISSIS), d) l’intestazione fittizia della societa’ (OMISSIS) Srl, e) la violazione degli obblighi delle prescrizioni inerenti la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di Palermo. Tutte le contestazioni risultano essere aggravate dall’essersi il ricorrente avvalso della condizione prevista dall’articolo 416 bis e di avere operato al fine di avvantaggiare l’organizzazione mafiosa Cosa Nostra.
Per quanto riguarda i reati fine, il Tribunale ha ritenuto qualificanti le intercettazioni nella parte in cui permettevano di desumere non solo che gli indagati (OMISSIS) e (OMISSIS)avevano investito nell’attivita’ danaro proprio come desumibile dalle esplicite dichiarazioni degli stessi ma anche che l’in (OMISSIS)tario formale della impresa individuale, (OMISSIS), riceveva vincolanti disposizioni operative da (OMISSIS), da (OMISSIS) e dal ricorrente tanto da evidenziare la titolarita’ solo formale dell’attivita’ da parte del (OMISSIS) posto che costoro avevano ampio margine operativo, decisorio e esecutivo in ordine alla concreta attivita’ della ditta nell’ambito della gestione delle macchine da gioco con vincite in danaro. Le stesse intercettazioni permettevano di registrare l’estromissione da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS)ai danni del (OMISSIS) dalla operativita’ relativa alla ditta (OMISSIS) tramite la Costituzione di altra societa’ (la (OMISSIS)) sempre affidata a prestanome e sempre riconducibile al duo (OMISSIS) – (OMISSIS)(capo 15).
2. Propone ricorso per cassazione l’indagato articolando i seguenti motivi.
2.1. Violazione dell’articolo 416 bis c.p. nella parte in cui e’ stata affermata la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza del reato di cui al capo 1) della rubrica provvisoria. Secondo il ricorrente, la pregressa condanna per associazione mafiosa non potrebbe dimostrare la permanenza del vincolo associativo e non potrebbe quindi fondare l’affermazione della gravita’ indiziaria per periodi successivi a quelli interessati dalla precedente pronuncia. Infatti, successivamente a tale condanna, vi era stato un lungo periodo di detenzione
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla affermata gravita’ indiziaria in relazione al capo 1) dell’imputazione. Il Tribunale del riesame non avrebbe considerato che l’indagato non poteva essere considerato “uomo d’onore” perche’ era stato precedentemente estromesso dall’associazione perche’ si sarebbe reso colpevole dell’appropriazione di somme della consorteria come risulta dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS). Lo stesso Tribunale non avrebbe inoltre considerato la mancanza di reati scopo posto che le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS) riguarderebbero condotte per cui nessuna contestazione e’ stata articolata ne’ nel presente processo ne’ in altri procedimenti. Del tutto irrilevanti risulterebbero anche gli incontri con altri soggetti ritenuti appartenenti allo stesso o ad altri sodalizi mafiosi perche’ di tali conversazioni non si conosce il contenuto, come confermato dal fatto che il GIP – in relazione ad altre posizioni – ne aveva affermato l’irrilevanza.
2.3. Violazione dell’articolo 416 bis c.p., comma 2 e articolo 192 c.p.p. nella parte in cui e’ stata affermata l’attribuzione all’indagato di un ruolo di vertice nell’associazione mafiosa. Mancherebbero infatti sia l’assunzione di una specifica carica formale di comando sia la possibilita’ da parte di costui di sovraintendere alla complessiva attivita’ del sodalizio con compiti decisionali. Dovrebbe infatti ritenersi irrilevante la possibilita’ di assumere determinazioni sulle strategie di gestione delle imprese operanti nel settore dei giochi e delle scommesse in ordine alle quali vi sono soltanto dichiarazioni dei collaboranti prive di riscontro esterno. Dovrebbe inoltre valutarsi la presenza, certa nella ricostruzione giudiziale, di altri soggetti che rivestivano un ruolo sovraordinato rispetto all’indagato cosi’ confermando che egli non poteva avere poteri decisionali ne’ sovraintendere alla complessiva gestione del sodalizio.
2.4. Violazione dell’articolo 416 bis c.p., comma 2 e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dell’ipotesi di cui all’articolo 416 bis cpv. c.p., e alla posizione verticistica asseritamente rivestita dall’indagato. Mancherebbe la possibilita’ di individuare, gia’ nella formulazione della contestazione, l’esercizio di alcun ruolo di comando, di reggenza o di coordinamento dell’attivita’ altrui, l’assunzione di cariche formali ovvero qualsivoglia elemento da cui desumere che l’indagato impartisse direttive ed ordini ai membri della famiglia mafiosa, lo svolgimento di alcun potere decisionale sulle questioni rilevanti per il sodalizio, la concreta manifestazione all’interno e all’esterno del sodalizio del ruolo di vertice asseritamente ricoperto dall’indagato.
Risulterebbe al contrario la presenza di una specifica subordinazione a altri esponenti mafiosi posto che lo stesso GIP in sede di applicazione di misura (si vedano pagina 114 e 216 dell’originaria misura) avevano evidenziato come, in caso di divergenza di opinioni, lo (OMISSIS) fosse destinato a soccombere. Risulterebbero equivoci e non qualificanti i riferimenti ai rapporti intrattenuti con soggetti appartenenti ad altre compagini cosi’ come l’interessamento garantito dall’indagato in ordine ad alcune questioni proprio perche’ costui si era impegnato a riferire “a chi di competenza”.
2.5. Violazione di legge penale e processuale in relazione alla sussistenza della gravita’ indiziaria in relazione al capo 13) della rubrica avendo il GIP applicato la misura per un fatto totalmente diverso rispetto a quello indicato nella domanda cautelare facendosi riferimento ad un diverso reato presupposto (l’intestazione fittizia) e a partite di danaro differenti da quelle indicate dal Pubblico Ministero (non piu’ le somme indicate nel capo di imputazione ma i proventi dell’attivita’ d’impresa) cosi’ ponendo a fondamento della decisione un fatto diverso da lui ritenuto (contrariamente a quanto dettato da questa Corte nella sentenza 14 maggio 2013 n. 35459).
Il Tribunale del riesame, nell’affermare la correttezza della prospettazione del Pubblico Ministero e l’erroneita’ della prospettazione del GIP, avrebbe poi violato l’articolo 309 c.p.p., comma 9 e in spregio al diritto della difesa a vedersi garantito un doppio grado di giudizio di merito.
2.6. Vizio di motivazione in relazione alla affermata sussistenza della gravita’ indiziaria per il reato di cui all’articolo 648 ter 1 c.p.. In particolare, Tribunale del riesame avrebbe male interpretato le intercettazioni 1 luglio 2016 e avrebbe totalmente ignorato le contestazioni difensive afferenti tale interpretazione dovendosi condividere l’assunto del GIP per cui mancherebbero elementi chiari e univoci per ritenere che le somme cui si fa riferimento nelle intercettazioni riguardassero denaro impiegato nell’attivita’ di impresa. Mancherebbe inoltre una motivazione rafforzata che superi interpretazione del GIP, irrilevante risultando la mancanza di disponibilita’ patrimoniali lecite o comunque conosciute rapportabili a quelle cui si fa riferimento nelle intercettazioni e dovendosi ritenere illogica l’interpretazione del riferimento ai “piccioli della gente” come denaro proveniente dalla cassa dell’associazione.
2.7. Violazione dell’articolo 273 c.p.p. e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta gravita’ indiziaria per i reati di cui ai capi 14) e 15) della incolpazione. Mancherebbe qualsivoglia accertamento sulla provenienza delle somme investite nella ditta (OMISSIS) e nella soc. (OMISSIS) srl;, accertamento che risulterebbe invece necessario per affermare la provenienza illecita delle risorse e la riferibilita’ del denaro all’odierno ricorrente.
2.8. Vizio di motivazione in relazione alla ritenuta gravita’ indiziaria in ordine al capo 15) della rubrica. Secondo il ricorrente, l’ipotizzata intestazione fittizia della societa’ (OMISSIS) sarebbero conseguenza del fatto che l’indicato avrebbe messo in contatto il (OMISSIS) con il titolare dell’immobile poi preso in affitto dalla societa’ medesima per l’espletamento dell’attivita’ imprenditoriale senza pero’ che venisse provata la presenza di alcun rapporto con gli intestatari fittizi ne’ la presenza di alcun intervento nell’attivita’ imprenditoriale medesima risultando peraltro pacifico che in tale societa’ vi fossero conferimenti di denaro di altre persone.
2.9. Vizio di motivazione in relazione alla ritenuta gravita’ indiziaria in ordine al capo 14 della rubrica. Secondo il ricorrente, dovrebbero ribadirsi le considerazioni svolte dal GIP in ordine al fatto che le intercettazioni non proverebbero il conferimento di danaro da parte dell’indagato nella societa’ risultando equivoche in chiave accusatoria delle frasi valorizzate nel provvedimento impugnato in quanto inserite in un contesto assolutamente confuso in cui risultava piuttosto che i conversanti riferissero frasi altrui.
Sarebbero stati quindi ignorati i motivi di riesame e non sarebbe stata resa una motivazione rafforzata da ritenersi in questo caso necessaria. Peraltro, lo stesso GIP aveva evidenziato come (OMISSIS) fosse rimasto saldamente al comando della gestione operativa delle macchinette con cio’ evidenziandosi l’insussistenza dell’ipotesi accusatoria.
2.10. Violazione del Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 (oggi articolo 416 bis.1 c.p.) nonche’ vizio di motivazione in relazione al capo 13 della rubrica. Secondo il ricorrente, mancherebbe in radice alcuna considerazione in ordine alla sussistenza della aggravante de qua.
2.11. Violazione del Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 (oggi articolo 416 bis.1 c.p.) nonche’ vizio di motivazione per quanto attiene al reato di cui all’articolo 27 della rubrica. Anche in relazione a tale contestazione, secondo il ricorrente, mancherebbe del tutto l’esplicitazione degli elementi logici che dovrebbero portare ad affermare sussistente l’aggravante dovendosi anche considerare il carattere indefinito e comunque irrilevante degli incontri con i pregiudicati ritenuti sodali.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato nei limiti di seguito specificati.
2. Le doglianze riguardanti la sussistenza della gravita’ indiziaria in ordine alla partecipazione alla associazione a delinquere di stampo mafioso risultano manifestamente infondate.
2.1 – 2.2. In particolare, a fondamento della ritenuta gravita’ indiziaria in relazione alla fattispecie associativa, il provvedimento impugnato pone la presenza di una precedente condanna per partecipazione ad associazione mafiosa con fine pena nel 2014, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) (riscontrate dai registri incontri con (OMISSIS), uomo d’onore della famiglia (OMISSIS)) e (OMISSIS), gli esiti delle intercettazioni (in particolare quelle relative ai dialoghi con (OMISSIS), quelle riguardanti le azioni di intimidazione volte ad ottenere la restituzione di quanto rapinato in una bisca di interesse della compagine mafiosa, la soluzione della controversia tra due soggetti esercenti vendita di TLE) e videoriprese in atti, gli esiti dei servizi di appostamento e controllo (attestanti gli incontri tra il ricorrente e altri sodali caratterizzati da precauzioni altrimenti inspiegabili). Il Tribunale ha affermato anche il ruolo direttivo dell’indagato nell’ambito dell’associazione in conseguenza del fatto che costui avrebbe assunto o concorso ad assumere determinazioni sulle strategie di gestione delle attivita’ di interesse dell’associazione, l’avere intrattenuto rapporti con appartenenti ad altre compagini, l’avere contribuito a risolvere o risolto vicende inerenti i rapporti tra le varie articolazioni della compagine di appartenenza.
Si tratta di elementi plurimi, ulteriori rispetto alla condanna del 2007 con fine pena 2014, tutti attinenti ad attivita’ che qualificano l’operativita’ di associazione di stampo mafioso, tutte riguardanti condotte da cui si desume in significativo grado di intraneita’ del ricorrente rispetto all’associazione medesima, tutte attinenti a contributi causali significativi nell’ottica del rafforzamento dell’operativita’ e della gestione del territorio e delle risorse da parte dell’associazione medesima.
In quest’ottica, la sussistenza di una precedente condanna per lo stesso titolo e’ proposta nella logica della decisione – esclusivamente come chiave interpretativa e riscontro di condotte dotate di concretezza e rilevanza accertate aliunde. Nessuna rilevanza ha poi la precedente questione relativa alla appropriazione/gestione del danaro della cosca come reso evidente dal tenore delle intercettazioni telefoniche che attestano una recuperata intraneita’ che non lascia spazio a dubbi. Ancora, il fatto che i collaboratori di giustizia abbiano riferito anche di ulteriori condotte non materialmente riscontrate dalle intercettazioni o per cui non sia stata al momento sollevata contestazione formale in nulla incide sul contenuto delle dichiarazioni stesse riguardante la partecipazione alla compagine associativa e alla portata dimostrativa delle intercettazione rispetto a cui lo stesso ricorrente avanza contestazioni di mero fatto e che non intaccano i criteri logici sulla base dei quali le conversazioni sono state valutate proprio perche’ questi ultimi risultano rispettosi del significato che le singole espressioni hanno palesato nel loro svolgimento storico, nella logica espositiva dei conversanti, nel palese collegamento con le conversazioni precedenti e successive.
In sostanza, il ricorrente valuta separatamente e in maniera parcellizzata i plurimi e convergenti indizi presi in considerazione dal Tribunale del riesame e le stesse considerazioni del Tribunale del riesame e del GIP senza confrontarsi con la valutazione unitaria degli stessi operata in sede di provvedimento impugnato, cosi’ sottraendosi all’effettivo confronto con la materiale portata della motivazione stesse e limitandosi a una considerazione artatamente parcellizzata e atomistica degli elementi a carico.
Deve quindi darsi atto del fatto che l’iter argomentativo del provvedimento impugnato appare esente da vizi, fondandosi esso su di una compiuta e logica analisi critica degli elementi in atti e sulla loro coordinazione in un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata plausibilita’ logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della univocita’, in quanto conducenti all’affermazione della sussistenza della gravita’ indiziaria in ragione di una valutazione globale e completa in ordine a tutti gli elementi rilevanti del giudizio, scevra da errori nell’applicazione delle regole della logica e nella articolazione del giudizio in quanto condotta sulla base di una corretta attribuzione di significato dimostrativo agli elementi valorizzati nell’ambito del percorso seguito tenendo conto l’assenza di incompatibilita’ di detto significato con specifici atti del procedimento indicati ed allegati in sede di ricorso.
Per converso, il ricorso, articolato in fatto, e’ quindi inammissibile in quanto proposto al di fuori dei limiti del giudizio di legittimita’ rimanendo al di fuori dei poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (sez. 6, n. 27429 del 4 luglio 2006, Lobriglio, Rv. 234559; sez. 6, n. 25255 del 14 febbraio 2012, Minervini, Rv. 253099) la cui valutazione e’, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita’ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu’ adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, 06/02/2004, Elia, Rv. 229369) ne’ potendosi ritenere insussistente il requisito della gravita’ degli indizi di colpevolezza sulla base di una inammissibile valutazione separata ed atomistica dei vari dati probatori, dovendosi invece verificare se gli stessi, coordinati ed apprezzati globalmente secondo logica comune, assumano la valenza richiesta dall’articolo 192 c.p.p., atteso che essi, in considerazione della loro natura, sono idonei a dimostrare il fatto se coordinati organicamente.(Sez. 2, Sent. n. 9269 del 05/12/2012, dep. 27/02/2013, Rv. 254871).
2.3. – 2.4. Il terzo e il quarto motivo di ricorso sono fondati.
Il ricorrente rileva come non sia possibile ignorare la presenza, certa nella ricostruzione giudiziale, di altri soggetti che rivestivano un ruolo sovraordinato rispetto all’indagato cosi’ confermando che egli non poteva avere poteri decisionali ne’ sovraintendere alla complessiva gestione del sodalizio. Tale assunto sarebbe ulteriormente confermato dalle stesse considerazioni espresse dal Tribunale del riesame (pagg. 15 ss) in relazione alla presenza di soggetti sovraordinati e in particolare dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS) (richiamata a pag. 10 dell’ordinanza) da cui risultava che il ricorrente aveva dovuto rivolgersi “a chi di competenza” per potere rispondere a esponente verticistico di altra famiglia in ordine a vicenda attinente un regolamento di confini e finanche riportata nella stessa formulazione del capo di imputazione che, con riferimento allo (OMISSIS), esplicitamente lo definisce come soggetto che gli con (OMISSIS)va di avere “coadiuvato da vicino (OMISSIS)” (solo quest’ultimo indicato come effettivo reggente della famiglia mafiosa di (OMISSIS)).
E’ indiscusso nella giurisprudenza di questa Corte che, ai fini della configurabilita’ del reato di promozione, di regime od organizzazione del gruppo criminale e’ necessario che un ruolo apicale o una posizione dirigenziale, risultino in concreto esercitati (Sez. 1, Sent. n. 3137 del 19/12/2014 -dep. 22/01/2015 – Rv. 262487 – 01; cfr. Sez. 6, Sent. n. 19191 del 07/02/2013 Rv. 255132 – 01) e quindi la verifica dell’effettivo esercizio del ruolo di vertice che lo renda riconoscibile, sia pure sotto l’aspetto sintomatico, sia all’esterno, che nell’ambito del sodalizio, realizzando un effettivo risultato di assoggetta mento interno (Sez. 6, Sent. n. 40530 del 31/05/2017 Rv. 271482 – 01).
Nel caso di specie manca proprio l’indicazione di concrete occasioni in cui l’indagato abbia svolto autonome attivita’ decisorie o materiali che – a differenza di quanto emerge dalle riportate dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS) – permettano di ritenere che lo (OMISSIS) non fosse solo il braccio destro del (OMISSIS) e ne riferisse il volere e le decisioni ma svolgesse competenze proprie in cui lo stesso potesse prescindere – almeno parzialmente e almeno in certi ambiti – dal previo assenso del medesimo (OMISSIS).
2.5. – 2.6. Il quinto e il sesto motivo di ricorso sono manifestamente infondati.
Risulta dalla motivazione del provvedimento impugnato (pp. 18-19) che il Tribunale, nell’affermare la sussistenza dei gravi indizi, parta da valutazioni delle intercettazioni del tutto diverse da quelle operate dal GIP, superi il vizio rilevato nel provvedimento di quest’ultimo, ricolleghi la disponibilita’ di somme altrimenti inspiegabili alla appartenenza del (OMISSIS) e dello (OMISSIS) ad associazione a delinquere di stampo mafioso, individui un preciso riscontro a tale originario assunto costituito dal tenore delle intercettazioni in atti e dal riferimento all’espressione “i piccioli della gente” altrimenti incongruente.
Le contestazioni avanzate in sede di ricorso risulta non corretta posto che non lamenta una discrasia tra decisum e contestazioni o atti processuali ma tende a sostenere che il fatto che il Tribunale del riesame abbia parametrato il proprio giudizio all’originaria formulazione dell’incolpazione articolata dal PM determinerebbe una specifica illegittimita’ o comunque la sottrazione di un grado di giurisdizione alla difesa dell’indagato.
In sostanza, la difesa, dopo avere contestato al GIP di non avere tenuto conto della indicazione del reato presupposto operata dal PM, contesta al Tribunale del riesame di non avere tenuto conto della indicazione del reato presupposto operata dal GIP.
Nell’articolare tale secondo ordine di doglianze, tra l’altro del tutto eterogenee rispetto a quelle articolate in sede di riesame, nemmeno tiene conto che – come pacificamente ammesso nelle stesse pronunce richiamate dalla difesa- la lesione del diritto di difesa si ricollega alla modificazione della contestazione per come articolata dal PM. In sostanza, il ricorrente dimentica che spetta al Pubblico Ministero nella fase delle indagini preliminari il potere di procedere alla formulazione della imputazione e dei fatti contestati ovvero, in qualsiasi momento ed anche nel corso dell’udienza per il riesame delle misure cautelari, alle modificazioni fattuali della contestazione (cfr. ex plurimis Sez. 2 -, Sent. n. 10255 del 26/02/2019 Rv. 275776 – 02). In sostanza, il fatto con cui i giudici della cautela si devono confrontare e’ quello enunciato dal PM; su tale fatto deve pronunciarsi il GIP all’esito della richiesta di misura; su tale fatto deve pronunciarsi il Tribunale anche ove il GIP si sia pronunciato su fatti diversi.
Nel caso di specie, il Tribunale del riesame si e’ correttamente pronunciato sulla contestazione articolata dal PM correggendo su tale punto la precedente decisione del GIP. Nemmeno sussisteva nel caso di specie alcuna fattispecie in cui il giudice del riesame fosse tenuto a dichiarare l’inefficacia della misura ne’ a dover disporre alcuna trasmissione al GIP. Del tutto fallace, sotto questo aspetto, la prospettazione della violazione del principio del doppio grado di giudizio dovendosi intendere tale principio ampiamente rispettato in conseguenza della piena conoscenza da parte del ricorrente della esatta contestazione e degli elementi a carico sin dal momento del deposito dell’ordinanza applicativa di misura.
Quanto invece alle contestazioni inerenti all’interpretazione delle intercettazioni, va premesso che la riforma sfavorevole all’indagato della decisione emessa dal GIP relativamente all’insussistenza dei gravi indizi di reato, non impone, diversamente da quanto richiesto nel giudizio di merito, la dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, della insostenibilita’ della soluzione adottata dal primo giudice, essendo sufficiente, ai fini dell’applicazione della misura cautelare, la gravita’ indiziaria, cioe’ un livello di verosimiglianza della responsabilita’ penale dell’indagato inferiore alla soglia del ragionevole dubbio. (Sez. 2, Sent. n. 43146 del 28/06/2016 Rv. 268370 – 01).
Peraltro, la formulazione del motivo appare limitarsi a una mera contestazione dell’interpretazione data alle conversazioni inerenti alla contestazione di autoriciclaggio sulla base di considerazioni inidonee a intaccare la logicita’ dei criteri utilizzati dal Tribunale del riesame a tal fine e di fatto derivanti da una diretta valutazione delle intercettazioni stesse e dalla conseguente richiesta al giudice di legittimita’ di effettuare una pronuncia sul merito.
Il provvedimento impugnato contiene sul punto una esplicita e logica espressione di criteri interpretativi che hanno determinato una altrettanto esplicita riforma del giudizio espresso dal GIP.
L’applicazione di tali criteri ha fra l’altro comportato una doppia valutazione, sia sul significato che le intercettazioni assumono alla luce della valutazione delle espressioni usate in piu’ occasioni diverse, sia in relazione alla presenza di riscontri alla interpretazione scelta. Sotto il primo aspetto risulta logica la valutazione del riferimento, fatto in differenti occasioni, ai “nostri soldi”, ai “piccioli della gente”, ai soldi che “ci ho messo” e che (rivolto al (OMISSIS)) “ti sei preso”. Sotto il secondo aspetto, tale interpretazione risulta coerente al contenuto delle conversazioni precedenti e successive e dell’ulteriore svolgimento dei rapporti tra i soggetti interessati.
2.7. – 2.8. Il settimo, l’ottavo e il nono motivo risultano inammissibili in quanto frutto di una logica artatamente ispirata a una valutazione parcellizzata e atomistica degli elementi a carico.
In particolare, il Tribunale del riesame ha fornito una valutazione che risente anche della concatenazione palesemente sussistente tra i fatti contestati e fra le conversazioni utilizzate. Risulta in particolare evidente come la sussistente gravita’ indiziaria in relazione al capo 13 di cui si e’ appena detto costituisca anche presupposto per la valutazione delle conversazioni utilizzate in relazione ai capi 14 e seguenti che tra l’altro ne confermano la chiave di lettura e palesano una pluralita’ di condotte che costituiscono il logico precipitato delle valutazioni precedenti. Si spiega cosi’ il motivo per cui risulta superata la mancanza di accertamenti in ordine alla provenienza del danaro investito nella societa’ essendosene gia’ raggiunta la prova logica. Per le stesse ragioni risulta palese il collegamento fra le societa’ e si spiega il senso delle intercettazioni da cui emerge che gli indagati fornivano direttive e ordini riguardanti le societa’ medesime, si spiegano le conversazioni in cui si riferisce del passaggio delle macchinette da una societa’ all’altra e si riferisce al (OMISSIS) la decisione di immettere il (OMISSIS) le conversazioni in cui si indica la presenza di una medesima gestione per e due societa’.
Allo stesso modo, con riferimento al capo 27, la violazione risulta dimostrata dalle stesse intercettazioni richiamate nei vari capi che attestano la presenza di indebite fuoriuscite dal Comune di soggiorno. A fronte di cio’, la difesa continua a proporre contestazioni di fatto senza esprimere elementi idonei a contrastare la impostazione logica del Tribunale del riesame.
Quanto alla sussistenza dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa in relazione ai fatti di cui ai capi 13 e 27, deve rilevarsi che entrambi gli illeciti (autoriciclaggio e violazione dell’obbligo di soggiorno) risultano, nel ragionamento logico e lineare dei giudici del riesame, funzionali allo svolgimento dell’attivita’ dell’associazione medesima. Tale finalita’ risulta palese nella motivazione del provvedimento impugnato sia in relazione alla ricostruzione dei fatti per quanto riguarda il capo 13 sia per quanto attiene specificamente alla sussistenza dell’aggravante per quanto riguarda il capo 27 (cfr. pag. 27 del provvedimento impugnato), dal che consegue la presenza di motivazione per lo meno in fatto che ha determinato il rigetto delle eccezioni difensive.
3. Le suesposte considerazioni fondano l’annullamento dell’ordinanza impugnata limitatamente alla ritenuta aggravante di cui all’articolo 416 bis c.p., con rinvio al tribunale di Palermo – sezione per il riesame delle misure coercitive – per nuovo esame sul punto. Il ricorso risulta inammissibile nel resto.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla ritenuta aggravante di cui all’articolo 416 bis c.p. e rinvia al tribunale di Palermo – sezione per il riesame delle misure coercitive – per nuovo esame sul punto. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
Si da’ atto che il presente provvedimento e’ sottoscritto dal solo Presidente del Collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, articolo 1, comma 1, lettera a).

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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