Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 28 gennaio 2019, n. 3976.
La massima estrapolata:
In tema di reati edilizi, sussistono i presupposti per attribuire efficacia estintiva dell’illecito penale al permesso in sanatoria, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 380 del 2001, articolo 36, solo se le opere abusive risultano, per quanto difformi dal titolo abilitativo, in se’ non contrastanti con gli strumenti urbanistici vigenti sia al momento della loro realizzazione che al momento della presentazione della domanda, con la conseguenza che detta vicenda non puo’ prodursi se sia necessario procedere ad ulteriori interventi che riconducano i lavori realizzati a tale doppia conformita’.
Sentenza 28 gennaio 2019, n. 3976
Data udienza 7 novembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente
Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere
Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere
Dott. CORBETTA Stefano – rel. Consigliere
Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 04/12/2017 della Corte d’appello di Salerno;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Stefano Corbetta;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Romano Giulio, che ha concluso chiedendo del ricorso il rigetto;
udito il difensore avv. (OMISSIS) del foro di Roma, in sostituzione dell’avv. (OMISSIS) del foro di Napoli, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Salerno, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Salerno resa all’esito di giudizio abbreviato, assolveva (OMISSIS) dai reati a lui ascritti perche’ il fatto non costituisce reato, mentre, per i medesimi reati, confermava la penale responsabilita’ di (OMISSIS). Al (OMISSIS), in particolare, erano contestate le seguenti violazioni: Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, lettera c), per avere realizzato in (OMISSIS), in assenza di titolo autorizzativi e in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, un pergolato, puntualmente descritto nell’imputazione (capo A); Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 64 e 71 per aver eseguito dette opere senza la previa redazione di un progetto e senza la direzione di un tecnico abilitato e iscritto nel relativo albo (capo B); Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 65 e 72 per avere iniziato la costruzione delle opere senza averne fatta denuncia allo sportello unico (capo C); Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 93 e 95 per avere eseguito i lavori in esame in zona sismica senza darne preavviso scritto allo sportello unico, omettendo il contestuale deposito dei progetti e senza l’osservanza dei criteri tecnico-descrittivi per le zone sismiche (capo D); Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1,, per avere eseguito, in assenza della prescritta autorizzazione, opere edili in zona sottoposta a vincolo paesaggistico-ambientale (capo E).
2. Avverso l’indicata sentenza, l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
2.1. Con il primo motivo si eccepisce violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) per avere la Corte territoriale omesso di valutare la documentazione prodotta dalla difesa all’udienza del 4 dicembre 2017 e, in particolare, l’attestazione rilasciata dal Comune di Amalfi il 24 febbraio 2017, da cui risulta che “le opere eseguite in difformita’ alla d.i.a. di cui al prot. n. 6414 del 07/7/2011 sono state sanata in data 20.03.2014 con il prot. 2231 mediante il rilascio dell’accertamento di conformita’ n. 7/2003, equivalente al rilascio di permesso di costruire in sanatoria, pertanto nessun altro titolo edilizio si ritiene di dover rilasciare al fine di sanare le opere abusive sopra citate”. Alla luce di tale documento, che la Corte territoriale avrebbe omesso di valutare, sarebbe percio’ errata la motivazione nella parte in cui ha ritenuto che non vi sarebbe prova dell’intervenuta sanatoria dell’opera abusiva.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) in relazione al reato di cui al capo E).
Assume il ricorrente che la Corte territoriale avrebbe errato nell’escludere l’applicazione del “condono ambientale”, di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, commi 1-ter e 1 quater, atteso che: a) i lavori effettuati non avrebbe determinato la creazione di superfici utili o di volumi; b) e’ stato rilasciato l’accertamento in conformita’ di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1-quater. La Corte territoriale, per contro, non avrebbe indicato ne’ le superfici utili, ne’ i nuovi volumi conseguenti alla realizzazione delle opere in esame.
2.3. Con il terzo motivo si eccepisce violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) in relazione al capo B). Ad avviso del ricorrente, l’intervento edilizio in esame non assolverebbe ad alcuna funzione statica, essendo volto a garantire la migliore stabilita’ dell’edificio, di talche’ non rientrerebbe nella disciplina prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 64 e 71.
2.4. Con il quarto motivo si deduce violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) in relazione ai capi C) e D). Secondo la prospettazione difensiva, le opere in questioni sfuggirebbero all’applicazione della disciplina della denuncia allo sportello unico e, non comportando alcun aggravio statico delle precedenti opere, non ricadrebbero nella normativa di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 93 e 95. La Corte territoriale, inoltre, non avrebbe considerato i provvedimenti di autorizzazione sismica che avrebbero sanato la violazione delle norme in esame.
2.5. Con il quinto motivo si lamenta violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e). Deduce il ricorrente che la Corte territoriale non avrebbe dato risposta al primo motivo di appello, con cui si censurava il dispositivo della sentenza di primo grado, laddove non conterrebbe la descrizione della qualita’ che l’imputato avrebbe ricoperto nella realizzazione dei reati in contestazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato nei limiti e per i motivi di seguito indicati.
2. Il primo motivo e’ fondato.
Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 45, u.c., prevede che il rilascio in sanatoria del permesso di costruire estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti; il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 36, comma 1, dispone che “in caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformita’ da esso, fino alla scadenza dei termini di cui all’articolo 31, comma 3, articolo 33, comma 1 e articolo 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione della stesso, sia al momento della presentazione della domanda”. Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 36, impone quindi la cosiddetta “doppia conformita’”, cioe’ l’intervento realizzato deve risultare conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria.
Al proposito, questa Corte ha affermato che in tema di reati edilizi, sussistono i presupposti per attribuire efficacia estintiva dell’illecito penale al permesso in sanatoria, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 380 del 2001, articolo 36, solo se le opere abusive risultano, per quanto difformi dal titolo abilitativo, in se’ non contrastanti con gli strumenti urbanistici vigenti sia al momento della loro realizzazione che al momento della presentazione della domanda, con la conseguenza che detta vicenda non puo’ prodursi se sia necessario procedere ad ulteriori interventi che riconducano i lavori realizzati a tale doppia conformita’. (Sez. 3, n. 39895 del 28/05/2013 – dep. 26/09/2013, Pellegrini e altro, Rv. 257682).
Nel caso in esame, risulta che: a) in data 20 marzo 2014 il Comune di Amalfi rilascio’, in favore di (OMISSIS), “accertamento di conformita’” n. 7/2013 ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 36 e 37 alla condizione che “le opere di completamento devono essere oggetto di nuova richiesta paesaggistica ed ambientale ai sensi del Testo Unico per il paesaggio articolo 146, comma 5”; b) in data 12 luglio 2016 a (OMISSIS) fu rilasciata autorizzazione paesaggistica n. 19/2016; c) rispondendo a un’espressa richiesta del difensore del ricorrente, con nota del 24 febbraio 2017 il responsabile del servizio urbanistica e demanio del Comune di Amalfi attestava che “le opera eseguite in difformita’ alla DIA (…) sono state sanate in data 20.03.2014 con prot. N. 2231 mediante il rilascio dell’Accertamento di conformita’ n. 7/2913, equivalente al rilascio di permesso di costruire in sanatoria, pertanto nessun altro titolo edilizio si ritiene di dover rilasciare al fine di sanare le opere abusive sopra citate”
Ne segue che, in presenza del rilascio della “doppia conformita’”, divenuta efficace a seguito del rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, il (OMISSIS) avrebbe sanato la violazione edilizia di cui al capo A), fermo restando il potere potere-dovere di sindacare la legittimita’ dell’atto. La Corte territoriale, al fine di disattendere la censura difensiva sul punto, ha apoditticametne affermato che non vi sarebbe prova dell’intervenuta sanatoria dell’opera abusiva, mentre avrebbe dovuto spiegare perche’ gli atti amministrativi sopra indicati siano da considerare illegittimi, cio’ che non produrrebbe l’effetto estintivo del reato.
La motivazione, pertanto, e’ carente e la sentenza deve essere annullata con rinvio per nuovo esame sul punto, dovendo la Corte territoriale verificare la legittimita’ degli indicati atti amministrativi e, di conseguenza, valutare se il rilascio della “doppia conformita’” ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 36 abbia o meno provocato l’estinzione del reato di cui al capo A).
3. Il secondo motivo e’ infondato.
Va ricordato che, in tema di reati paesaggistici, il rilascio del provvedimento di compatibilita’ paesaggistica non determina automaticamente la non punibilita’ dei predetti reati, in quanto compete sempre al giudice l’accertamento dei presupposti di fatto e di diritto legittimanti l’applicazione del cosiddetto condono ambientale (Sez. 3, n. 13730 del 12/01/2016 – dep. 06/04/2016, Principato, Rv. 266955). Si e’ inoltre chiarito, da un lato, che in tema la “creazione di superfici utili”, il quale impedisce il perfezionamento del cd. “condono ambientale” previsto dal Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1 ter e 1 quater, consiste in una immutazione permanente dell’assetto territoriale rispetto alla originaria conformazione dello stato dei luoghi (Sez. 3, n. 44189 del 19/09/2013 – dep. 29/10/2013, Tognotti, Rv. 257527); dall’altro, che la nozione di “volumetria” – al pari di quella di “superficie utile” di cui al comma 1-ter, lettera a), della stessa disposizione – dev’essere individuata prescindendo dai criteri applicabili per la disciplina urbanistica e considerando l’impatto dell’intervento sull’originario assetto paesaggistico del territorio. (Sez. 3, n. 9060 del 04/10/2017 – dep. 28/02/2018, Veillon, Rv. 272450).
Va, infine, ricordato che, in materia edilizia, una veranda e’ da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarieta’, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando cosi’ il godimento dell’immobile (Sez. 3, n. 14329 del 10/01/2008 – dep. 07/04/2008, Iacono Ciulla, Rv. 239707).
Nel caso in esame, la Corte territoriale si e’ attenuta ai principi ora indicati: con apprezzamento di fatto logicamente motivato – e quindi non sindacabile in sede di legittimita’ – ha ritenuto che era stato realizzato un nuovo vano, consistente in una veranda costituita da un muretto alto settanta cm e da tre muretti altri da trenta a ottanta cm., ciascuno dei quali sormontati da una recinzione, e che, pertanto, la realizzazione dell’opera ha comportato un aumento di superfici utili, con la conseguente inapplicabilita’ del “condono ambientale” al contestato reato paesaggistico di cui al capo E).
3. Il terzo e il quarto motivo sono fondati.
Invero, nella sentenza di appello si afferma che il difensore “ha formulato due specifici motivi” (p. 3), in relazione ai reati di cui ai capi A) e D), cio’ che non corrisponde al vero, avendo il difensore, con l’atto di appello (p. 7 e 8), proposto specifiche censure in relazione alla sussistenza sia del reato di cui al capo B), rilevando come l’opera non assolverebbe alcuna funzione statica, sicche’ non troverebbe applicazione la disciplina di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 64 e 71, sia dei reati di cui capi C) e D), sul presupposto che la veranda, non comportando alcun aggravio statico ne’ coinvolgendo sotto alcun profilo la pubblica incolumita’, non ricadrebbe nella disciplina prevista dagli articoli 66 e 72 da un lato e Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 93 e 95 dall’altro e, in ogni caso, tale ultimo reato sarebbe estinto a seguito del rilascio di autorizzazione antisismica in sanatoria in data 21 luglio 2017.
Orbene, la Corte territoriale non ha esaminato gli specifici motivi dedotti con l’atto di appello, sicche’, in relazione ai reati di cui ai capi B), C), D), la sentenza deve essere annullata con rinvio per colmare la riscontrata lacuna motivazionale.
4. Il quinto motivo e’ manifestamente infondato.
Invero, secondo il chiaro disposto dell’articolo 546 c.p.p., comma 3, oltre al caso di assenza della motivazione, la sentenza e’ nulla se il dispositivo manca o e’ incompleto nei sui elementi essenziali ovvero se manca la sottoscrizione del giudice. Orbene, tra gli elementi essenziali del dispositivo non rientra la qualita’ ascritta all’imputato – che, peraltro, e’ chiaramente desumibile dagli atti – sicche’, essendo il dispositivo conforme al dettato normativo, il motivo e’ manifestamente infondato.
5. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata limitatamente ai reati di cui ai capi A), B), C) e D) con rinvio alla Corte di appello di Napoli per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente ai reati di cui ai capi A), B), C) e D) con rinvio alla Corte di appello di Napoli per nuovo giudizio. Rigetta nel resto il ricorso.
Leave a Reply