Corte di Cassazione, penale, Sentenza|26 maggio 2021| n. 20795.
In tema di reati edilizi, l’incertezza assoluta sulla data di commissione del reato o, comunque, sull’inizio del termine di prescrizione che consente l’applicazione del principio del favor rei non ammette alcun automatismo e deve risultare da dati obiettivi; il giudice è comunque tenuto all’indicazione delle ragioni per le quali non è possibile pervenire, anche sulla base di deduzioni logiche, ad una più puntuale collocazione temporale dell’intervento abusivo.
Sentenza|26 maggio 2021| n. 20795. Reati edilizi e l’incertezza assoluta sulla data di commissione del reato
Data udienza 18 marzo 2021
Integrale
Tag – parola: Reati edilizi – Opere eseguite in assenza di autorizzazione o in difformità da essa e lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio – Giudizio abbreviato – Genericità ed aspecificità dei motivi di censura – Inammissibilità – Reati edilizi e l’incertezza assoluta sulla data di commissione del reato
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IZZO Fausto – Presidente
Dott. RAMACCI Luca – rel. Consigliere
Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere
Dott. SEMERARO Luca – Consigliere
Dott. GAI Emanuela – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 01/04/2019 della CORTE APPELLO di CAGLIARI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita 19 relazione svolta dal Consigliere RAMACCI LUCA;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FIMIANI PASQUALE che ha conclusol’inammissibilita’ del ricorso trattato ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Cagliari, con sentenza dell’1 aprile 2019 ha confermato la decisione con la quale, in data 31 luglio 2018, il Tribunale di Lanusei, a seguito di giudizio abbreviato, aveva affermato la responsabilita’ penale di (OMISSIS) in ordine ai reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, lettera c) e Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, per aver realizzato, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, senza i necessari titoli abilitativi, un fabbricato avente una superficie pari a 50 metri quadrati circa (in (OMISSIS)).
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), deducendo i motivi di seguito enunciati.
2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, rappresentando o di aver eletto domicilio, nel corso del giudizio di primo grado, presso l’avv. (OMISSIS) e che tutti gli atti del procedimento gli erano stati notificati mediante consegna al suddetto difensore.
Aggiunge che, con riferimento al decreto di citazione per il giudizio di appello, l’atto era stato consegnato altrove, sicche’ egli non aveva ha avuto conoscenza dell’udienza celebrata innanzi alla Corte territoriale.
Osserva che, sebbene la nullita’ non sia stata dedotta dal precedente difensore, trattandosi di nullita’ assoluta e non sanabile essa puo’ formare oggetto di doglianza nel presente giudizio di legittimita’.
3. Con un secondo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, lamentando che la Corte territoriale sarebbe incorsa in errore nell’individuare il termine iniziale di decorrenza della prescrizione dei reati, nonostante diverse indicazioni da parte dello stesso pubblico ministero e del giudice di primo grado, i quali avrebbero collocato la realizzazione delle opere nel periodo intercorrente tra il 2008 ed il primo agosto 2010 e che, in ogni caso, i giudici dell’appello avrebbero dovuto applicare il principio del favor rei dichiarando la prescrizione.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
4. Il Procuratore Generale, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile.
2. Occorre rilevare, con riferimento al primo motivo di ricorso, che lo stesso e’ formulato in maniera del tutto generica, essendosi il ricorrente limitato ad affermare che il decreto di citazione a giudizio, rispetto al quale non risulta dedotta alcuna eccezione davanti alla Corte di Appello, era stato notificato in luogo diverso dal domicilio dichiarato, senza tuttavia specificare come tale notifica sia effettivamente avvenuta ed, inoltre, senza neppure allegare elementi idonei a dimostrare credibilmente che, nonostante l’esistenza di un difensore di fiducia presente al processo di appello, egli fosse rimasto all’oscuro della celebrazione del processo a suo carico.
Neppure risultano allegati al ricorso atti o documenti idonei a dimostrare la inidoneita’ della notifica.
Cio’ consente, di per se’, di rilevare la inammissibilita’ del motivo.
3. In ogni caso, attesa la natura processuale della censura prospettata, questa Corte e’ comunque legittimata a prendere cognizione del contenuto del fascicolo processuale, dall’esame del quale emerge che la notifica di cui si tratta risulta regolarmente effettuata a mezzo PEC presso il domiciliatario, avv. (OMISSIS).
Risulta inoltre che, all’udienza dell’1/4/2019, il difensore aveva eccepito la irregolarita’ della notifica e la Corte di appello, rilevata la mancata revoca della precedente elezione di domicilio, ha ritenuto la regolarita’ delle notifiche effettuate.
Tali evenienze, peraltro immediatamente riscontrabili ed evidentemente note, sono state taciute dal difensore ricorrente.
4. Per quanto riguarda, invece, la prescrizione del reato, di cui tratta il secondo motivo di ricorso, osserva il Collegio che la Corte territoriale, sulla base di plurimi dati fattuali puntualmente descritti, ha evidenziato che, in assenza di specifici elementi di valutazione, non offerti dalla difesa e sulla base degli atti del procedimento, il momento iniziale di decorrenza del termine di prescrizione doveva ritenersi coincidente con la data dell’accertamento del reato (15 settembre 2010).
La Corte territoriale ha, inoltre, dettagliatamente dato conto dei periodi di sospensione dei termini di prescrizione, collocando il termine finale al 18 settembre 2019, data successiva alla pronuncia della decisione impugnata.
5. Rileva il Collegio come, a fronte di tali dettagliate indicazioni, il ricorrente si sia limitato a ribadire le proprie considerazioni, finalizzate a retrodatare la data di esecuzione degli interventi edilizi abusivi accompagnandole con generiche affermazioni e citazioni di giurisprudenza.
Occorre rilevare, a tale proposito, che il principio del “favor rei”, per cui, nel dubbio sulla data di decorrenza del termine di prescrizione, il momento iniziale va fissato in modo che risulti piu’ favorevole all’imputato, va applicato solo in caso di incertezza assoluta sulla data di commissione del reato o, comunque, sull’inizio del termine di prescrizione, ma non quando sia possibile eliminare tale incertezza, anche se attraverso deduzioni logiche, del tutto ammissibili (Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007 (dep. 2008), Cilia, Rv. 238850).
Si e’ inoltre affermato che, in tema di reati edilizi, l’incertezza assoluta sulla data di commissione del reato o, comunque, sull’inizio del termine di prescrizione che consente l’applicazione del principio del favor rei non ammette alcun automatismo e deve risultare da dati obiettivi e che il giudice e’ comunque tenuto all’indicazione delle ragioni per le quali non e’ possibile pervenire, anche sulla base di deduzioni logiche, ad una piu’ puntuale collocazione temporale dell’intervento abusivo (Sez. 3, Sentenza n. 4139 del 13/12/2017 (dep. 2018), Zizzi, Rv. 272076; Sez. 3, Sentenza n. 46467 del 16/06/2017, V., Rv. 271146; Sez. 3, n. 7065 del 7/2/2012, Croce, non massimata) cosa che, nel caso specifico, come si e’ detto, e’ puntualmente avvenuta.
Tale principio deve pertanto essere qui ribadito.
6. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilita’ consegue l’onere delle spese del procedimento, nonche’ quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 3.000,00.
L’inammissibilita’ del ricorso per cassazione per manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e, pertanto, preclude la possibilita’ di dichiarare le cause di non punibilita’ di cui all’articolo 129 c.p.p., ivi compresa la prescrizione intervenuta nelle more del procedimento di legittimita’ (Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, Ciaffoni, Rv. 256463, Sez. 4, n. 18641 del 20/1/2004, Tricorni, Rv. 228349; Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D. L, Rv. 217266).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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