Reati colposi per inosservanza delle norme sulla circolazione stradale

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|18 novembre 2021| n. 42097.

Reati colposi per inosservanza delle norme sulla circolazione stradale.

In tema di reati colposi derivanti da inosservanza delle norme sulla circolazione stradale, nel formulare il proprio apprezzamento sull’eccesso di velocità relativa – vale a dire su una velocità non adeguata e pericolosa in rapporto alle circostanze di tempo e di luogo, indipendentemente dai prescritti limiti fissi di velocità – il giudice non è tenuto a determinare con precisione ed in termini aritmetici il limite di velocità ritenuto innocuo, essendo sufficiente l’indicazione degli elementi di fatto e delle logiche deduzioni in base ai quali la velocità accertata deve essere ritenuta pericolosa in rapporto alla situazione obiettiva ambientale.

Sentenza|18 novembre 2021| n. 42097. Reati colposi per inosservanza delle norme sulla circolazione stradale

Data udienza 14 ottobre 2021

Integrale

Tag – parola: Omicidio colposo – Violazione norme sulla circolazione stradale – Rispetto limite massimo di velocità consentito – Non esclude la responsabilità qualora la causazione dell’evento sia riconducibile alle regole di condotta di cui all’art. 141 CdS – Caratteristiche e condizioni della strada – Traffico

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco Maria – Presidente

Dott. SERRAO Eugenia – Consigliere

Dott. PEZZELLA Vincenzo – rel. Consigliere

Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere

Dott. CENCI Daniele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 18/10/2019 della CORTE APPELLO di PALERMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO PEZZELLA;
lette le conclusioni scritte per l’udienza senza discussione orale (Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8,), del P.G., in persona del Sost. Proc. Gen. Dr. Tassone Kate, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso e del difensore del ricorrente Avv. (OMISSIS), che ha insistito per l’accoglimento del ricorso e ha documentato l’intervenuta transazione con le parti civili.

Reati colposi per inosservanza delle norme sulla circolazione stradale

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Palermo, pronunciando nei confronti dell’odierno ricorrente (OMISSIS), con sentenza del 18/10/2019 in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Marsala in composizione monocratica l’11/7/2018 appellata da (OMISSIS) e dalle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), riduceva la pena inflitta a (OMISSIS), previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, ad anni uno di reclusione, pena gia’ condizionalmente sospesa sin dal primo grado; rideterminava nella somma di 40.000 Euro ciascuno la provvisionale in favore delle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS); rideterminava nella somma di 8000 Euro, oltre IVA, CPA, rimborso forfetario come previsto ex lege e spese documentate, con esclusione della spesa relativa al compenso del consulente tecnico di parte, le spese processuali relative al primo grado di giudizio sostenute dalle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e nella somma di 4000 Euro, oltre IVA, CPA, rimborso forfetario, come previsto ex lege, e le spese documentate, le spese processuali relative al primo grado di giudizio sostenute dalla parte civile (OMISSIS). Condannava l’appellante alla rifusione delle spese processuali relative al grado di giudizio sostenute dalle predette parti civili, liquidate nella somma complessiva di 3000 Euro, oltre IVA, CPA, rimborso forfetario come previsto ex lege, e spese documentate.
Il giudice di appello confermava nel resto la sentenza di primo grado con la quale il (OMISSIS) era stato ritenuto responsabile del delitto di omicidio colposo con violazione delle norme sulla circolazione stradale per avere cagionato la morte di (OMISSIS) con colpa consistita nel tenere una velocita’ di marcia superiore a quella consentita (59 km/h anziche’ 50 km/h), nel non avere regolato la velocita’ in relazione all’orario notturno ed alle condizioni meteorologiche e nel non avere conservato il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizioni di sicurezza specialmente l’arresto tempestivo del veicolo nel suo campo di visibilita’ e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile, evento morte cagionato urtando contro il ciclomotore condotto da (OMISSIS)i, che era a terra, ed investendo (OMISSIS) al quale procurava un poli-trauma con fratture maxillo facciali e toraciche dal quale derivava la morte di (OMISSIS) sopravvenuta in (OMISSIS), mentre il sinistro avvenne in (OMISSIS);
La dichiarazione di penale responsabilita’ si e’ fondata sulle dichiarazioni rese dal teste (OMISSIS), sugli elementi confermativi emergenti dagli esiti delle perizie svolte in dibattimento dall’ing. (OMISSIS) e dalla Dott.ssa (OMISSIS) e sulle dichiarazioni rese da (OMISSIS), assistente capo della Polizia Stradale davanti alla cui sede avvenne l’investimento.

 

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Rispetto alla dinamica del sinistro, avvenuto, alle ore 19,30 circa del (OMISSIS), i giudici di merito hanno ritenuto che l’automobile dell’imputato urto’ prima contro il ciclomotore della vittima, che era in terra, e, poi investi’ (OMISSIS), che era in terra dopo essere scivolato dal ciclomotore, mezzo che viaggiava in direzione opposta al veicolo investitore e che aveva invaso la corsia di pertinenza dell’automobilista; le lesioni riportate da (OMISSIS), compiutamente accertate dal perito (OMISSIS) in termini di assoluta compatibilita’ con l’investimento, furono cagionate dall’arrotamento, prima, e dal trascinamento, poi, del corpo di (OMISSIS); questi riporto’ gravi fratture al volto ed al torace, fu ricoverato con prognosi riservata che fu sciolta dopo alcuni mesi lasciando, pero’, la vittima in uno stato di coma che si protrasse ininterrottamente fino al 19 giugno 2014, giorno in cui intervenne la morte.
2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, il (OMISSIS), deducendo quale unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1, vizio di motivazione sub specie di avvenuto travisamento di un dato probatorio essenziale, che avrebbe determinato un grave vizio della motivazione, nonche’ di mancato vaglio dei motivi di appello.
Viene riportata in ricorso l’interpretazione resa dall’impugnata sentenza sulla deposizione resa dal teste (OMISSIS), in relazione alla contestualita’ della caduta e dell’investimento della vittima.
Il ricorrente ritiene che il tenore della testimonianza sia stato alterato, omettendo di valutare che l’ispettore (OMISSIS) riferiva di tre rumori e non di due.
Verrebbe omesso che il primo rumore della caduta del ciclomotore precedeva di pochi secondi gli altri due suoni provocati dall’autovettura che impattava con il ciclomotore e con il corpo.

 

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L’omissione del dato che consentiva di parametrare gli eventi, avrebbe determinato l’errato convincimento di esclusione della contestualita’ tra la caduta e l’investimento, alterando la verita’ dei fatti.
A sostegno della propria tesi il ricorrente riporta l’interpretazione della stessa testimonianza resa nella sentenza di primo grado, dove si evincerebbe che l’investimento avveniva dopo pochi secondi dalla caduta.
La corte di appello avrebbe omesso di accertare il momento della caduta, avvenuta pochi secondi prima, come se il corpo potesse trovarsi da tempo indefinito sul selciato.
La sentenza impugnata si sarebbe limitata a evidenziare la circostanza incontestata che il corpo si trovasse sull’asfalto, senza chiarire il momento della caduta. Ne’ verrebbe offerta risposta sul punto ai motivi di gravame.
Vengono riportate le dichiarazioni dell’imputato per evidenziare l’erroneo utilizzo delle stesse, da parte della Corte distrettuale, per confermare che la vittima fosse gia’ a terra quando veniva travolta, mentre, in realta’, tali dichiarazioni confermavano la quasi contestualita’ tra caduta e investimento.
Si richiama, poi, la relazione di servizio acquisita agli atti del giudizio dalla quale emergerebbe l’inattendibilita’ del teste (OMISSIS), presentatosi, tra l’altro, dopo otto mesi, su sollecitazione delle persone offese a seguito della richiesta di archiviazione del P.M.
Si lamenta la mancata motivazione sulle ragioni che hanno indotto la corte di appello a ravvisare univocita’ nella lettura delle dichiarazioni del (OMISSIS) e dell’ (OMISSIS) e la mancata risposta ai motivi di appello sul punto.
Si richiamano gli argomenti portati all’attenzione della corte di appello per evidenziare l’inconciliabilita’ delle dichiarazioni del (OMISSIS) con gli elementi spazio-temporali forniti dall’ (OMISSIS).

 

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Si precisa di non richiedere, in questa sede, una rivisitazione del dato fattuale, ma esclusivamente la verifica della congruita’ esplicativa della sentenza impugnata rispetto alle doglianze difensive.
Ci si duole dell’illogicita’ della sentenza anche laddove afferma, in relazione ai motivi di appello, che la perizia dell’ing. (OMISSIS) non era fondata sulle dichiarazioni del (OMISSIS), mentre successivamente la stessa sentenza impugnata riporta la considerazione del perito relativa all’impossibilita’ di escludere la contestualita’ tra impatto e caduta, in mancanza delle dichiarazioni del (OMISSIS).
Tale ultima affermazione sarebbe in evidente contrasto con l’assunto degli stessi giudici sulla possibilita’ dell’impalcatura accusatoria di prescindere dalla testimonianza di (OMISSIS).
Il ricorrente precisa di non aver mai contestato che lo (OMISSIS) fosse riverso al suolo al momento dell’investimento. La contestazione verte sull’inevitabilita’ dell’evento per contestualita’ tra caduta a investimento.
Si lamenta il mancato vaglio della testimonianza del (OMISSIS), soprattutto in considerazione del fatto che in assenza di tale testimonianza il P.M. aveva richiesto l’archiviazione, sulla base delle conclusioni del proprio consulente.
Si rileva che la contestualita’ temporale tra caduta e investimento, confermata dalla testimonianza dell’ (OMISSIS), che determina l’inevitabilita’ dell’evento, sarebbe esclusa unicamente sulla base degli elementi illogici, resi dalla deposizione del (OMISSIS), e degli elementi travisati della relazione di servizio dell’ (OMISSIS).
Si richiama il principio affermati da questa Corte sulla generale imprevedibi-bilita’ di un ostacolo incontrato sulla linea di marcia.
Si aggiunge che la corte di appello non chiarisce il concetto di eccezionalita’ e imprevedibilita’ dell’ostacolo incontrato dall’autovettura sulla sua traiettoria, rappresentato dal corpo che appariva come una massa oscura sull’asfalto.
Si chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
3. Nei termini di legge hanno rassegnato le proprie conclusioni scritte per l’udienza senza discussione orale (Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8), il P.G., che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso e il difensore del ricorrente Avv. (OMISSIS), che ha insistito per l’accoglimento del ricorso, segnalando l’intervenuta transazione tra le parti civili costitute e la Compagnia Assicurativa Generali (come da quietanze che allega) rilevando che cio’ determina, conseguentemente, la estromissione delle prime dal processo.

 

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CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Fondata appare la doglianza relativa all’illogicita’ della motivazione della sentenza impugnata e al mancato riscontro di numerosi temi proposti ai giudici di appello con l’atto di gravame nel merito da parte dell’imputato e, pertanto, la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Palermo per nuovo giudizio.
2. La prova dei fatti, come esplicita il giudice di primo grado a pag. 4 della propria pronuncia indicandolo in grassetto e sottolineandolo, e’ stata desunta dalla “descrizione del sinistro fornita dal teste (OMISSIS), unico testimone oculare della vicenda mortale” e dai “molteplici dati probatori di conferma della predetta ricostruzione testimoniale emergenti dalle prove orali, documentali e tecniche acquisite nel corso del dibattimento”.
Dunque, centrale, per esplicito riconoscimento dei giudicanti, e’ stata la testimonianza resa dal teste (OMISSIS), il quale ha dichiarato di essersi trovato a procedere sulla via Tagliata con senso di marcia inverso a quello del veicolo investitore, testimone oculare che, come viene ricordato a pag. 6 della sentenza di primo grado, e’ stato rintracciato solo su iniziativa assunta dal fratello della vittima (OMISSIS) l’estate dopo i fatti, mentre della sua presenza non v’e’ traccia nei rilievi di polizia giudiziaria immediatamente susseguenti al fatto, circostanze queste che devono indurre a valutarne l’attendibilita’ del portato testimoniale con un rigore che non pare essere stato adoperato dai giudici di merito.
L’incidente stradale mortale avvenne a (OMISSIS), alle ore 19,30, in una serata di pioggia, e in esso rimasero coinvolti la vittima (OMISSIS) (gia’ riversa a terra sulla sede stradale al momento dell’impatto accanto al ciclomotore Aprilia mod. Amico 50 targato (OMISSIS) da lui condotto) e l’autovettura Skoda Octavia targata (OMISSIS) condotta nell’occasione proprio dall’odierno ricorrente (OMISSIS).
(OMISSIS) riferiva di avere avuto modo di scorgere la presenza fissa della vittima sulla rete stradale, dapprima a circa 100 metri di distanza (nei pressi del negozio “(OMISSIS)” che il perito ing. (OMISSIS) attestera’ trovarsi a cha 140 metri dal luogo del presumibile impatto), credendo trattarsi di un tronco d’albero, e poi a circa 40 metri di distanza, notando distintamente che si trattava di un uomo riverso terra che agitava un braccio come a chiedere aiuto.

 

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Pacificamente il veicolo investitore condotto dall’imputato procedeva sulla via Tagliata con senso di marcia dalla periferia verso il centro di Castelvetrano ed investi’ dapprima il ciclomotore della vittima (gia’ riverso a terra sulla fiancata destra) con lo spigolo anteriore destro (distante dal ciglio del marciapiede di destra di circa m. 3,60) – avendo gia’ un assetto deviato da destra verso sinistra – e, di seguito, il conducente del ciclomotore, pure riverso a terra in una posizione piu’ avanzata, sormontandone il corpo e trascinandolo per alcuni metri, imprimendogli un leggero moto di roto-traslazione in senso orario, fino alla posizione finale in cui veniva rinvenuto dai verbalizzanti; il veicolo investitore ultimava la sua corsa fino alla posizione di quiete finale sita davanti all’ingresso del vicino comando di polizia stradale.
Ancora il teste (OMISSIS) precisava di aver visto l’impatto, ad una distanza di circa dieci metri, di aver altresi’ notato il conducente del veicolo investitore provare a sterzare alla sua sinistra poco prima dell’impatto, senza riuscire a scongiurarlo, ed affermava che se la vittima si fosse trovata riversa sulla propria carreggiata sarebbe riuscito ad evitare di colliderla avendo gia’ dal primo avvistamento ridotto la velocita’ e procedendo sostanzialmente “a passo d’uomo” dopo aver capito trattarsi della sagoma di un uomo (una volta giunto a circa 40 metri di distanza).
A giustificazione del fatto di non essersi presentato subito a raccontare i fatti il (OMISSIS) ha riferito infine di essersi fermato per prestare soccorso, ma di essere stato subito dopo invitato ad allontanarsi dagli agenti della Polizia Stradale, intervenuti nell’immediatezza dai locali del comando ubicato proprio di fronte al luogo del sinistro, i quali, a suo dire, evidentemente non avevano compreso trattarsi di un testimone oculare del sinistro.
In proposito, la sentenza di primo grado (cfr. pag. 10) da’ conto che il teste di P.G. (OMISSIS), escusso all’udienza dell’8 luglio 2016, ha riferito che all’incrocio c’era un’autovettura di colore grigio, di media cilindrata, il cui conducente e’ stato invitato ad allontanarsi.
Nulla dice, tuttavia, la sentenza, circa il fatto che si trattasse proprio del (OMISSIS) o se questi viaggiasse a bordo di un’auto grigia di media cilindrata.
Ma soprattutto nessuno dei due giudici di merito spiega come mai, ammesso che sia stato invitato ad allontanarsi dal luogo dei fatti, il (OMISSIS) non si sia presentato spontaneamente nei giorni successivi, magari agli stessi uffici della Polizia Stradale dinanzi ai quali avvenne l’incidente, per raccontare quanto aveva visto.
E nemmeno spiegano come il teste sia stato rintracciato dai familiari della vittima se il suo nome non compariva negli atti d’indagine.

 

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3. Decisivi ai fini dell’odierno decidere sono taluni temi, su cui si era articolatamente speso l’atto di appello (cfr. atto di appello del 22/1/2019 a firma degli avv. (OMISSIS) E (OMISSIS)), e che, invece, non sono sviluppati sufficientemente – o lo sono in maniera contraddittoria rispetto alla sentenza di primo grado- nella sentenza impugnata.
Il primo tema e’ quello della velocita’ cui procedeva l’autovettura investitrice.
E’ pur vero che la contestazione del profilo di colpa specifica di cui all’articolo 141 C.d.S. non necessita che sia individuata la specifica velocita’ di marcia, ma reputa sufficiente che si proceda ad una velocita’ non adeguata rispetto alle condizioni di tempo e di luogo in cui il mezzo si trovava a circolare (pioveva, come detto, si era di sera e percio’, come legge a pag. 8 della sentenza di primo grado “le condizioni climatiche erano certamente avverse, ma non assolutamente improvvise od eccezionali da escludere del tutto la visibilita’”.
Cio’ anche perche’ – va qui ribadito- in tema di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale, il rispetto del limite massimo di velocita’ consentito non esclude la responsabilita’ del conducente qualora la causazione dell’evento sia comunque riconducibile alla violazione delle regole di condotta stabilite dall’articolo 141 C.d.S. (cosi’ la recente Sez. 4, n. 7093 del 27/1/2021, Di Liberto, Rv. 280549 che ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilita’ per omicidio colposo, ai danni di un pedone, del conducente che, pur viaggiando a velocita’ moderata, aveva omesso, attese le condizioni metereologiche avverse, il centro abitato e la ridotta visibilita’, di tenere una condotta di guida tale da potergli consentire di avvistare per tempo il pedone ed arrestare il mezzo).
L’articolo 141 C.d.S. impone al conducente di un veicolo di regolare la velocita’ in modo che, avuto riguardo alle caratteristiche, allo stato ed al carico del veicolo stesso, alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, sia evitato ogni pericolo per la sicurezza e prevede inoltre che il conducente deve conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizioni di sicurezza, specialmente l’arresto del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilita’.

 

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E questa Corte di legittimita’ ha anche chiarito che l’obbligo di moderare adeguatamente la velocita’, in relazione alle caratteristiche del veicolo ed alle condizioni ambientali, va inteso nel senso che il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in ogni situazione, tenendo altresi’ conto di eventuali imprudenze altrui, purche’ ragionevolmente prevedibili (Sez. 4, n. 25552 del 27/4/2017, Luciano, Rv. 270176, che ha ritenuto ragionevolmente prevedibile la presenza, di sera, in una strada cittadina poco illuminata, in un punto situato nei pressi di una fermata della metropolitana, di persone intente all’attraversamento pedonale nonostante l’insistenza “in loco” di apposito sottopassaggio).
Ed e’ anche vero che, nel formulare il proprio apprezzamento sull’eccesso di velocita’ relativa – vale a dire su una velocita’ non adeguata e pericolosa in rapporto alle circostanze di tempo e di luogo, indipendentemente dai prescritti limiti fissi di velocita’ – il giudice non e’ tenuto a determinare con precisione ed in termini aritmetici il limite di velocita’ ritenuto innocuo, essendo sufficiente l’indicazione degli elementi di fatto e delle logiche deduzioni in base ai quali la velocita’ accertata e’ ritenuta pericolosa in rapporto alla situazione obiettiva ambientale (cfr. Sez. 4, n. 8526 del 13/2/2015, De Luca Cardillo, Rv. 262449, in una fattispecie in cui l’imputato aveva mantenuto una velocita’ prossima, per difetto, al limite vigente nel tratto stradale interessato dal sinistro, valutata, tuttavia, non adeguata in considerazione della scarsa visibilita’ notturna, della prossimita’ sia alle strisce pedonali sia all’intersezione con altra strada nonche’ della presenza a bordo del motociclo da lui condotto di un passeggero privo di casco).
Tuttavia, anche per valutare se la velocita’ sia o meno adeguata, occorre in qualche modo individuare quella a cui il veicolo procedeva.
Ebbene, la sentenza ci descrive una velocita’ accertata, dal perito (OMISSIS) non inferiore ai 46-47 km/h.
La impugnata, tuttavia, sul punto appare contraddittoria ed illogica – e pertanto si palesa fondata la doglianza del ricorrente sul punto – laddove prima a pag. 4 afferma che “la perizia redatta dall’ing. (OMISSIS) non si fonda affatto sulle dichiarazioni rese dal teste (OMISSIS)…”e poi alla successiva pag. 5 afferma “in dibattimento il perito ha ribadito…che senza le dichiarazioni di (OMISSIS) non avrebbe potuto spingersi ad escludere la contestualita’ tra l’impatto e la caduta”.
4. Orbene, pare chiaro che, per la valutazione della congruita’ o meno di una tale velocita’ su un tratto di strada rettilineo, occorre valutare da quale momento in poi l’ostacolo sulla strada si paleso’ all’odierno ricorrente.
Si e’ detto del portato testimoniale del (OMISSIS), ma, anche per la particolarita’ di un teste che si palesa poco prima dell’archiviazione della notitia criminis ed a molti mesi dai fatti, occorre confrontare con particolare rigore quel ricordo con le altre prove assunte nel processo.
La tesi difensiva e’, ab initio, fondata sull’affermazione, da parte dell’imputato che il ciclomotore e il suo passeggero vennero a cadergli davanti, provenienti dall’opposto senso di marcia, quasi simultaneamente all’impatto.
L’imputato ha dichiarato, infatti, che non si era avveduto della presenza degli ostacoli sulla carreggiata se non allorche’ era giunto a circa 1-2 metri di distanza ed aveva cercato inutilmente di sterzare alla propria sinistra.
Ed e’ percio’ che, al di la’ del ricordo del (OMISSIS), centrale nel presente processo e’ la valutazione della testimonianza dell’assistente capo della P.S. (OMISSIS).
A proposito di quella scrive il giudice di primo grado: “La ricostruzione fornita dal (OMISSIS) ha trovato riscontro, come detto, in vari elementi di prova acquisiti al processo. Un primo elemento di conferma puo’ rinvenirsi nella relazione di servizio dell’Ass. Capo della Polizia Stradale (OMISSIS), prodotta in giudizio dalla difesa dell’imputato con il consenso delle parti, atteso che dalla stessa emerge come il verbalizzante, trovandosi all’interno dell’attigua stazione di Polizia Stradale, intento ad equipaggiare l’autovettura per uscire in servizio, aveva nell’occasione sentito due distinti suoni: il primo, riferibile chiaramente alla caduta del ciclomotore condotta dallo (OMISSIS), somigliante ad una sorta di scivolata ed, il secondo suono, dopo pochi secondi, ripetuto due volte in rapida successione, all’evidenza compatibile con l’investimento in tumultuoso susseguirsi dapprima del ciclomotore e poi della vittima”.
Al di la’ che piu’ che di “suoni” occorrerebbe parlare di “rumori”, termine piu’ correttamente usato nell’annotazione di servizio in questione, la difesa dell’odierno ricorrente aveva fondatamente posto l’accento (cfr. pag. 7 dell’atto di appello del 22/1/2019 a firma degli avv. (OMISSIS) e (OMISSIS)) sul fatto che la testimonianza dell’ (OMISSIS), piu’ che con il ricordo del (OMISSIS) (che racconta di una vittima gia’ da un bel po’ di tempo a terra, visto che egli ebbe a vederla gia’ da lontano, scambiandola per un tronco d’albero) con la ricostruzione difensiva, fondata sull’affermazione dell’imputato di una vittima che gli era caduta davanti nell’immediatezza del suo sopraggiungere.
Il punto e’ dirimente in termini di prevedibilita’ dell’evento e di responsabilita’ dell’imputato.
Ebbene, sullo stesso la Corte territoriale risponde che: “il teste (OMISSIS), assistente capo della Polizia Stradale dinanzi alla cui sede di Castelvetrano avvenne il sinistro, ha riferito di avere sentito, mentre era nel garage intento con i colleghi a prepararsi per uscire in servizio, un rumore… Due rumori, si possono dividere in due fasi, due rumori, il primo un boato e poi subito dopo qualche istante, tipo come se fosse tipo da trascinamento, insomma qualcosa del genere (il richiamo e’ a pag. 6 della trascrizione dell’udienza dell’8.7.2016; il teste ha anche riferito che nel momento in cui senti’ i rumori stava piovendo e che, subito dopo l’uscita dal garage, comincio’ a piovere piu’ forte tanto che scoppiarono i tombini e la strada si allago’. Orbene, i due rumori riferiti dal teste, succedutisi a breve distanza l’uno dall’altro, corrispondono al primo impatto contro il ciclomotore ed al successivo investimento della vittima e detti rumori, percepiti in maniera distinta dal teste (OMISSIS) valgono a contrastare proprio l’assunto difensivo secondo il quale la vittima del sinistro ed il suo ciclomotore finirono in terra mentre stava passando l’appellante il quale, pur marciando a velocita’ molto ridotta, non aveva percio’ potuto evitare l’impatto contro quegli ostacoli che si erano posti improvvisamente e, quindi, inevitabilmente sulla sua direzione di marcia. In sintesi, le dichiarazioni del teste (OMISSIS), piuttosto che dimostrare la contestualita’ tra la caduta in terra ed il doppio investimento, costituiscono un elemento di conferma alla riferita presenza in terra sia del ciclomotore che del suo conducente al momento dell’investimento…”.
Sul punto, tuttavia e’ fondata la doglianza dell’odierno ricorrente.
La Corte territoriale dice cose diverse rispetto alla sentenza primo grado ed a quanto riportato nell’annotazione di servizio del 31/10/2012 a firma dell’ (OMISSIS), ove si legge di tre e non di due rumori.
Scrive l’ (OMISSIS) che: “in data (OMISSIS) veniva comandato in servizio di vigilanza stradale con turno 19,00/01,00 unitamente al pari qualifica (OMISSIS) Antonino ed all’Assistente Ventimiglia Simone. Durante a fase di preparazione del veicolo, che aveva luogo verso le ore 19,20 circa all’interno del garage, udiva uno stridio simile ad un rotolamento di un oggetto di plastica. Con stupore volgeva lo sguardo verso i colleghi per vedere se loro avessero capito di che cosa si trattasse quando a distanza di pochi secondi udiva un altro rumore, ripetuto velocemente due volte, questa volta simile a qualcosa calpestata da un veicolo. Intuito che si trattava di qualcosa di anomalo proveniente dall’esterno usciva per strada. A quel punto notava un corpo al centro della sede stradale ed immediatamente si avvicinava per sincerarsi delle condizioni. La persona a terra si presentava in gravi condizioni, pertanto veniva immediatamente informato il personale del 118 il quale giunto sul posto prestavano le prime cure e ne disponevano il trasporto al pronto soccorso. Mentre nella circostanza imperversava un violento temporale, si procedeva con la messa in sicurezza della zona del sinistro e a far defluire il traffico veicolare” (cosi’ l’annotazione di P.G. acquisita agli atti con il consenso delle parti e dunque pienamente utilizzabile).
Con l’esatto dato dei tre rumori, il primo a distanza secondo l’ (OMISSIS) di “pochi secondi” rispetto agli altri due, dovra’ allora confrontarsi il giudice del rinvio.
Perche’, diversamente da quanto sostiene la sentenza impugnata, si tratta di un dato che mette in discussione l’attendibilita’ di quanto dichiarato dal teste (OMISSIS) e pare corroborare la versione difensiva di una quasi contestualita’ tra la caduta del ciclomotore e i due impatti dell’auto investitrice, prima con il ciclomotore stesso e poi con il suo conducente.
5. La sentenza impugnata, infine, non opera una corretta valutazione della prova scientifica.
Costituisce ius receptum di questa Corte il principio che, in virtu’ del principio del libero convincimento del giudice e di insussistenza di una prova legale odi una graduazione delle prove, il giudice ha la possibilita’ di scegliere fra varie tesi, prospettate da differenti periti, di ufficio e consulenti di parte, quella che ritiene condivisibile, purche’ dia conto con motivazione accurata ed approfondita delle ragioni del suo dissenso o della scelta operata e dimostri di essersi soffermate sulle tesi che ha ritenuto di disattendere e confuti in modo specifico le deduzioni contrarie delle parti, sicche’, ove una simile valutazione sia stata effettuata in maniera congrua in sede di merito, e’ inibito al giudice di legittimita’ di procedere ad una differente valutazione, poiche’ si e’ in presenza di un accertamento in fatto come tale insindacabile dalla Corte di Cassazione, se non entro i limiti del vizio motivazionale (Sez. 4, n. 5691 del 02/02/2016, Tettamanti, Rv. 265981; conf. Sez. 4, n. 34747 del 17/5/2012, Rv. 253512; Sez. 4, n. 45126 del 6/11/2008, Rv. 241907; Sez. 4, n. 7591 del 20/5/1989, Rv.181382).
Con le diverse tesi espresse da periti e consulenti, ancorche’ sollecitata sul punto dall’atto di gravame nel merito, il provvedimento impugnato non si confronta.
Come ricorda il ricorrente, nel corso delle indagini preliminari, il PM procedente aveva disposto una prima consulenza tecnica affidata al Dott. (OMISSIS)). Quest’ultimo -come ricorda il ricorrente- non disponendo della deposizione del (OMISSIS) (a quel tempo non emersa), aveva escluso ogni possibile responsabilita’ dell’indagato, basandosi essenzialmente sugli elementi cronologici forniti dall’assistente capo della Polstrada (OMISSIS), vero e proprio teste de audito. I rumori percepiti da quel teste, come detto, indicavano la quasi immediatezza tra la caduta a terra del ciclomotorista e l’impatto con la sopravveniente autovettura di (OMISSIS); di talche’, alla velocita’ stimata di quest’ultima in 45/50 Kmh, il conducente, senza sua colpa, giammai avrebbe potuto evitare l’impatto.
Aggiungeva il consulente che, anche qualora l’autovettura avesse proceduto ad una velocita’ inferiore l’evento si sarebbe tuttavia verificato. Precisava il (OMISSIS) che: “Per potere addebitare anche una minima responsabilita’ all’indagato nella causazione dell’evento sarebbe bastato conoscere a quale distanza trovavasi l’autovettura da questo condotta quando il ciclomotore e’ caduto sulla pavimentazione” (cosi’ a pag. 53 della relazione (OMISSIS) come indicato in ricorso)..
Dopo le dichiarazioni rese dal (OMISSIS) il PM nominava un secondo C.T. che indicava nella sua relazione come la ricostruzione del sinistro da lui operata muovesse dalla premessa fissata dalla deposizione di (OMISSIS), in stridente contrasto con la successione dei rumori percepita da (OMISSIS) che la vittima fosse riversa a terra ampiamente prima del sopraggiungere dell’auto investitrice.
Veniva poi operata una complessa e articolata istruzione dibattimentale nel corso della quale, oltre gli assunti dei gia’ citati consulenti tecnici del P.M. ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), si sono confrontate le opposte conclusioni dei consulenti di parte: Arch. (OMISSIS) e poi ing. Spampinato, per le parti civili, prof. (OMISSIS), per l’imputato. E, a fronte di quelle il tribunale non ha potuto che disporre una perizia d’ufficio, affidandola all’ing. (OMISSIS).
A ben vedere, pero’, tutte i rilievi tecnici successivi alla consulenza tecnica del (OMISSIS) non riscontrano le dichiarazioni rese dal (OMISSIS), ma partono da quelle.
Ed allora prima di ogni altra considerazione il giudice del rinvio dovra’ rivalutare tali dichiarazioni -anche eventualmente escutendo nuovamente tale teste con i poteri officiosi che gli riserva l’articolo 603 c.p.p. – alla luce di quelle, certamente attendibili, vista la provenienza da un pubblico ufficiale e la contestualita’ rispetto ai fatti in cui sono state rese che emergono dall’annotazione di P.G. dell’ (OMISSIS) e delle stesse dichiarazioni rese dall’imputato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Palermo.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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