Quando il manufatto può essere considerato una pertinenza

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 28 febbraio 2019, n. 1406.

La massima estrapolata:

Ai fini edilizi, il manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio ma anche sfornito di un autonomo valore di mercato e non incida sul carico urbanistico mediante la creazione di un nuovo volume.

Sentenza 28 febbraio 2019, n. 1406

Data udienza 14 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1191 del 2014, proposto da:
Fi. Au., in proprio e quale legale rappresentante della Ed. Ca. s.r.l. ed altri, in qualità di eredi di Fi. Au., nonché da Ed. Ca. s.r.l., in persona del legale rappresentante Mo. Ga., rappresentati e difesi dall’avvocato Ma. Ca. Ve., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale (…);
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso per legge dagli avvocati An. Ma. e An. Ca., domiciliata in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza 27 marzo 2013, n. 5307 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, Sezione II-bis.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2019 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati Ma. Ca. Ve. e An. Ca. per Roma Capitale.

FATTO

1Ë — .Il sig. Fi. Au. è proprietario di un terreno di circa 1.810 metri quadri sul quale è stato realizzato un fabbricato destinato ad attività commerciale di rivendita di materiali edilizi. In prossimità di tale terreno il sig. Fi. ha realizzato una tettoia per proteggere dalle intemperie parte dei materiali necessari alla sua attività .
Roma Capitale, con provvedimento del 18 gennaio 2011, n. 111, ha contestato al sig. Fi. la “realizzazione di una tettoia di metri quadri 200, circa, alta da metri quadri 3.00 a metri quadri 3.300, circa, edificata mediante struttura in ferro verticale ed orizzontale, coperta con poliureatano espanso e tamponatura su tre lai, con telo e con teli amovibili sul lato frontale”. Essa risulta, si legge sempre nel provvedimento, “ancorata a terra con piastre bullonate”. Essendo stata realizzata senza titolo abilitativo, l’amministrazione comunale ne ha disposto la demolizione.
2.Ë — Il sig. Fi. ha impugnato tale provvedimento innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, rilevando che si trattasse di una mera tettoia per la quale non sarebbe necessario un permesso di costruire e, comunque, la stessa sarebbe stata oggetto di una precedente domanda di condono che avrebbe dato avvio ad un procedimento di sanatoria non definito.
3.Ë — Il Tribunale amministrativo, con sentenza 27 marzo 2013, n. 5307, ha rigettato il ricorso.
4.Ë — Il ricorrente in primo grado ha proposto appello.
4.1.Ë — Si è costituita in giudizio l’amministrazione pubblica, chiedendo il rigetto dell’appello.
4.2.Ë — Con ordinanza 4 giugno 2015, n. 2743 la Sezione ha dichiarato la interruzione del processo per morte dell’appellante.
4.3.Ë — Il processo è stato riassunto dalle parti indicate in epigrafe.
4.4.Ë — La Sezione, con ordinanza 17 ottobre 2016, n. 4314, ha disposto una verificazione con nomina del dirigente regionale dell’Ufficio territorio, urbanistica e mobilità (o un suo delegato) per: i) verificare se “l’opera oggetto dell’ordinanza di demolizione è perfettamente identica, sul piano morfologico e strutturale a quella già oggetto della istanza di condono presentata dalla parte interessata”; ii) descrivere l’opera nei suoi elementi strutturali e funzionali.
4.4.1.Ë — La relazione tecnica è stata redatta in data 5 marzo 2018.
5.Ë — La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 14 febbraio 2019.
DIRITTO
1.Ë — La questione posta all’esame della Sezione attiene alla legittimità dell’ordine di demolizione della tettoia descritta nella parte in fatto.
2.Ë — Con un unico motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha ritenuto invalido l’atto impugnato in quanto, da un lato, la tettoia, essendo una pertinenza, non necessiterebbe di un permesso di costruire, dall’altro lato, sarebbe stata oggetto di una precedente domanda di condono.
Il motivo non è fondato.
Gli artt. 3 e 10 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) prescrivono che occorre il permesso di costruire, tra l’altro, per gli interventi di nuova costruzione.
Il medesimo titolo occorre anche per gli interventi pertinenziali che gli strumenti urbanistici qualificano come interventi di nuova costruzione ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al venti per cento del volume dell’edificio principale (art. 3, comma 1, lettera e.6).
La giurisprudenza di questo Consiglio è costante nel ritenere che a differenza della nozione civilistica di pertinenza, ai fini edilizi il manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio ma anche sfornito di un autonomo valore di mercato e non incida sul “carico urbanistico” mediante la creazione di un “nuovo volume” (Cons. Stato, Sez. IV, 2 febbraio 2012, n. 615; Id. 31 dicembre 2008, n. 6756; Id., 13 giugno 2006, n. 3490).
Nella fattispecie in esame il verificatore, nel rispondere ai quesiti posti, ha accertato quanto segue.
In primo luogo, ha accertato che è stata realizzata una tettoia “composta dal quattordici pilastri di acciaio di sezione pari a centimetri 10 per 19 ancorati a terra tramite piastra e tirafondi e sette travetti di collegamento di sezione pari a centimetri 5 per 15 sui quali sono presenti ulteriori travetti in acciaio di ripartizione di dimensione di centimetri 3,5 per 15”. Nel complesso la tettoia ha una dimensione di metri 25,80 per metri 6,71 per una superficie complessiva pari a metri quadri 173,12. Essa è utilizzata per il “ricovero dei materiali edili relativi all’attività commerciale”. Si è aggiunto che “i pilastri, le travi di collegamento ed i travetti di ripartizione sono costituite da profili scatolari in acciaio zincato”. Tale tettoia è stata realizzata sulla particella n. 2008 che è diversa dalla particella n. 304 su cui insiste l’edificio in cui si svolge l’attività commerciale. Più in particolare, la tettoia dista dall’edificio principale ml 16,50 circa.
In secondo luogo, il verificatore ha accertato che sussiste una “discordanza” tra la tettoia in esame e l’opera oggetto della domanda di condono n. 522720 del 2004 “sia per quanto riguarda le dimensioni della tettoia che per la relativa struttura portante”. Ne consegue, ha sottolineato il tecnico nominato, che “l’opera oggetto dell’ordinanza di demolizione non è identica né sul piano morfologico, né sul piano strutturale a quella oggetto dell’istanza di condono”.
Alla luce degli esiti dell’accertamento tecnico disposto risulta, da un lato, che l’appellante ha effettuato un intervento edilizio che non può considerarsi di natura pertinenziale per la sua rilevante incidenza urbanistica, dall’altro, che tale opera non si identifica con quella oggetto della precedente domanda di condono.
3.Ë — Per le ragioni sin qui esposte, le censure prospettate non possono trovare accoglimento, con conseguenziale conferma della sentenza impugnata.
4.Ë — L’appellante è condannato al pagamento, in favore dell’amministrazione comunale, delle spese del presente grado di giudizio che si determinano in euro 2.000,00 (duemila) oltre accessori di legge.
La stessa parte deve corrispondere il compenso al verificatore che si determina in complessive euro 3.000,00 (tremila) oltre accessori di legge.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:
a) rigetta l’appello proposto con il ricorso in appello indicato in epigrafe;
b) condanna l’appellante al pagamento, in favore dell’amministrazione comunale, delle spese del presente grado di giudizio che si determinano in euro 2.000,00 (duemila), oltre accessori di legge, nonché a pagamento dei costi della verificazione che si determinano in complessive euro 3000,00 (tremila) oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Diego Sabatino – Presidente FF
Bernhard Lageder – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere, Estensore
Giordano Lamberti – Consigliere
Stefano Toschei – Consigliere

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