Quando il delitto di induzione indebita sia configurabile nella forma tentata

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 9 ottobre 2018, n. 45462.

Le massime estrapolate:

Il delitto di induzione indebita sia configurabile nella forma tentata, nel caso in cui l’evento non si verifichi per la resistenza opposta dal privato alle illecite pressioni del pubblico agente;
Il tentativo di induzione indebita di cui all’articolo 319-quater cod. pen. e’ configurabile anche quanto il privato non abbia perseguito un indebito vantaggio, poiche’ tale elemento rileva esclusivamente per la sussistenza della fattispecie consumata;
Il delitto di induzione indebita non integra un reato bilaterale, in quanto le condotte del soggetto pubblico che induce e del privato indotto si perfezionano autonomamente ed in tempi diversi, sicche’ il reato si configura in forma tentata nel caso in cui l’evento non si verifichi per la resistenza opposta dal privato alle illecite pressioni del pubblico agente

Sentenza 9 ottobre 2018, n. 45462

Data udienza 5 luglio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente

Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere

Dott. COSTANTINI Antonio – Consigliere

Dott. VIGNA Maria – rel. Consigliere

Dott. SILVESTRI Pietro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 28/09/2017 della Corte di appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa VIGNA Maria Sabina;
sentite le conclusioni del Pubblico ministero nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ANIELLO Roberto che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al capo B) e il rigetto nel resto del ricorso.
Uditi i difensori, avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) che hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza del G.u.p. del Tribunale di Brescia in data 6 luglio 2016 che condannava (OMISSIS), con il rito abbreviato, alla pena di anni due e mesi quattro di reclusione per il reato di tentata induzione indebita (capo A) e di induzione indebita consumata (capo B).
1.1. All’imputato era contestato il reato di cui agli articoli 56, 319-quater cod. pen. perche’, abusando della sua qualita’ di magistrato in servizio presso la Procura della Repubblica di Milano, tentava di indurre (OMISSIS), al quale era riconducibile la societa’ (OMISSIS) s.r.l., e (OMISSIS), amministratrice della predetta societa’, a stipulare il contratto di affitto avente a oggetto l’appartamento-attico sito (OMISSIS) della superficie di circa 150 mq. nel quale desiderava risiedere.
1.2. A (OMISSIS) era altresi’ contestato il reato di cui all’articolo 319-quater cod. pen.perche’, sempre abusando della sua qualita’ di magistrato, rappresentando a (OMISSIS) la propria disponibilita’ a favorirlo, prospettandogli di presentarlo ai colleghi della Procura di Milano per essere nominato consulente tecnico, lo induceva a farsi versare indebitamente Euro 10.000.
2. Ricorre avverso la sentenza (OMISSIS) a mezzo dei difensori di fiducia, avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) i quali deducono i seguenti motivi:
2.1. Vizio di motivazione in ordine ai criteri di valutazione della prova con riferimento alla ritenuta attendibilita’ di (OMISSIS), con particolare riguardo alla affermazione da questi resa secondo cui (OMISSIS) gli avrebbe ricordato la sua posizione di potere con allusione a ipotetiche “inchieste sbagliate” che avrebbero potuto coinvolgere l’impresa che era allo stesso riconducibile.
Manca la motivazione in ordine alla attivita’ di pressione intensa ed insistente – peraltro non contestata nel capo di imputazione – asseritamente posta in essere da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS).
La Corte d’appello ha fondato la responsabilita’ dell’imputato essenzialmente sulle dichiarazioni di (OMISSIS), senza pero’ fornire alcuna spiegazione circa le ragioni per cui il predetto doveva considerarsi soggetto attendibile.
La Corte di appello non ha preso in considerazione le argomentazioni sviluppate in punto di credibilita’ del (OMISSIS) da parte del G.i.p. e del Tribunale del riesame (ampiamente riportate nel ricorso) i quali avevano valutato nella fase cautelare il dichiarante completamente inattendibile per ragioni di risentimento nei confronti di (OMISSIS), per alcune criticita’ nel suo narrato e per i tratti di non linearita’ nel comportamento dello stesso in relazione al rapporto di frequentazione amicale intrattenuto con (OMISSIS).
Il G.i.p. e il Tribunale del riesame avevano, inoltre, evidenziato l’ambiguita’ comportamentale di (OMISSIS), la condotta palesemente incomprensibile e la accentuata ambivalenza da parte del predetto, nonche’ la sua menzogna sulla registrazione del colloquio del 3 dicembre 2013 da parte della (OMISSIS), in realta’ mai effettuato.
La Corte non si e’ confrontata con i motivi di gravame anche in relazione alla censura che investiva la “allusione” che, secondo il narrato del denunciante, (OMISSIS) avrebbe fatto durante il colloquio del 3 dicembre 2013 al possibile pregiudizio (l’ipotetico sequestro) derivanti dalle “inchieste sbagliate” (con riferimento all’attivita’ della societa’ del (OMISSIS) avente ad oggetto la produzione e commercializzazione di un integratore alimentare). Tale allusione costituisce l’unico atto a possibile contenuto intimidatorio astrattamente configurabile fra quelli contestati nel capo A) di imputazione. Di esso, pero’, non si trova riscontro nelle dichiarazioni della (OMISSIS) la quale ha escluso di avere mai percepito nell’incontro del 3 dicembre 2013 pressioni di tal fatta da parte dell’imputato, negando altresi’ che (OMISSIS) gliene avesse mai parlato.
E inoltre, nell’incontro del 4 dicembre 2013 fra i due (allorche’ (OMISSIS) registro’ la conversazione con (OMISSIS)) non fu fatto accenno alle vicende dell’integratore alimentare. La Corte di appello ha ritenuto che nulla venne rivelato alla (OMISSIS) da parte di (OMISSIS) perche’, se l’avesse fatto, la (OMISSIS) avrebbe potuto accettare di sottoscrivere il contratto e (OMISSIS) non voleva.
Si tratta di un enunciato arbitrario e’ manifestamente illogico risultando invece ragionevole che, in vista dell’incontro con (OMISSIS), la (OMISSIS) fosse informata nella sua veste di amministratrice dei rischi che poteva correre la societa’ non firmando il contratto.
(OMISSIS) colloca la asserita allusione da parte del magistrato durante l’incontro del 3 dicembre 2013, allorche’ pero’, per insuperabile attestazione dichiarativa negativa della (OMISSIS) presente all’incontro, la allusione incriminata non vi era certamente stata. La Corte d’appello risponde sul punto che si tratta di un errato ricordo che non scalfisce il nucleo del portato narrativo del (OMISSIS) e colloca tale minaccia in epoca precedente all’incontro del 3 dicembre ossia genericamente nel corso delle varie discussioni con l’imputato. Anche tale considerazione e’ contrassegnata da una forza di benevolenza giustificativa. La sentenza di appello non si confronta con la inattendibilita’ del racconto del (OMISSIS) derivante dal fatto che, nonostante gli stretti legami con la (OMISSIS), il prevenuto non l’avesse mai messa a parte della asserita allusione pressoria di (OMISSIS).
La denuncia del (OMISSIS) non viene presentata all’indomani della aspra discussione del 3 dicembre 2013, ma soltanto il successivo 10 dicembre 2014.
Come osserva correttamente il G.i.p. nel provvedimento reiettivo dell’istanza cautelare, l’esposto venne presentato da (OMISSIS) non per le minacce che gli avrebbe ventilato (OMISSIS) in relazione alla futura commercializzazione dell’integratore alimentare, bensi’ per l’acredine e il risentimento per l’attivita’ di discredito che (OMISSIS) aveva intrapreso nel giro delle comuni amicizie.
La Corte e’ incorsa in un grave travisamento del fatto e della prova allorche’ ha sostenuto che (OMISSIS) si occupava proprio di reati alimentari e dunque la sua allusione era assolutamente concreta. In realta’ l’imputato non si e’ mai occupato di tali reati. Sul punto la difesa ha prodotto la deposizione resa dal Procuratore aggiunto di Milano il quale ha confermato tale circostanza.
Dalla conversazione registrata in data 4 dicembre 2013 appare il pieno convincimento dell’imputato circa la disponibilita’ del (OMISSIS) alla sottoscrizione del contratto di locazione.
2.2. Violazione di legge in ordine al riconoscimento della ricorrenza, nella fattispecie, del reato di cui agli articolo 56 e 319 quater cod. pen. in danno del (OMISSIS) con riferimento all’integrazione del requisito dell’abuso della qualita’ del pubblico ufficiale in relazione alle presentazioni di imprenditori e di professionisti effettuate da (OMISSIS) a favore di (OMISSIS), nonche’, a un tempo, vizio di illogicita’ manifesta della motivazione nella parte in cui ricollega le “presentazioni” di (OMISSIS) alla qualita’ di magistrato di (OMISSIS) e allo sfruttamento della funzione di Pubblico Ministero da parte del medesimo.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al riconoscimento della ritenuta configurabilita’ del reato di cui agli articoli 56 e 319-quater cod. pen..
La Corte ha errato nel ritenere l’ipotesi delittuosa in questione come fattispecie monosoggettiva anziche’ plurisoggettiva a natura bilaterale, cosi’ distaccandosi dalla pronuncia delle Sezioni Unite “Maldera”, la quale ha stabilito che la fattispecie in esame configura un “reato unico” ossia plurisoggettivo proprio, a concorso normativamente necessario. I singoli, quindi, rispondono tanto della condotta propria quanto di quella degli altri, perche’ agiscono tutti nella consapevolezza della connessione esistente tra le condotte poste in essere da ciascuno. A tale stregua, per la configurabilita’ del tentativo, sara’ necessario che alla parziale realizzazione dell’iter criminis abbiano partecipato entrambi i soggetti. E, quindi, non puo’ ipotizzarsi il tentativo nel caso in cui la condotta si arresti al compimento da parte del solo intraneus di atti idonei diretti in modo non equivoco a ottenere la dazione o la promessa di denaro senza che le modalita’ del fatto abbiano ingenerato una condizione di soggezione psicologica della persona indotta.
La sentenza impugnata manifesta invece propensione per la diversa tesi espressa in altre pronunce della Corte di cassazione della autonomia del perfezionamento delle condotte del soggetto pubblico e di quello privato, ritenendo incompatibile con la natura plurisoggettiva della fattispecie in esame la differenza del regime sanzionatorio previsto per le due parti, indicativa di un fatto non unico e, come tale, riferibile nella stessa misura a entrambi i soggetti.
Essendosi in presenza di un evidente contrasto giurisprudenziale si chiede che la Corte voglia valutare l’esistenza delle condizioni per l’assegnazione del presente ricorso alle Sezioni Unite.
Merita comunque censura la sentenza impugnata per avere ritenuto ricorrere nella condotta intimidatoria di (OMISSIS) il requisito della idoneita’ a conseguire il risultato illecito che contrassegna la fattispecie ascritta.
3.4. Violazione di legge con riferimento all’elemento costitutivo del reato di induzione indebita dell’abuso della qualita’ nonche’ vizio di manifesta illogicita’ della motivazione in relazione alla ritenuta chiamata in causa della qualita’ di magistrato, da parte dell’imputato, nel colloquio con la (OMISSIS).
Il fatto che l’imputato abbia chiesto alla (OMISSIS) di firmare il contratto per fare un piacere alternativamente a (OMISSIS) ovvero a lui non si sottrae a censure di manifesta illogicita’. La Corte in questo modo conferisce all’ipotesi delittuosa la natura di reato di posizione.
3.5. Violazione di legge con riferimento all’elemento costitutivo della effettiva idoneita’ condizionante della condotta ascritta all’imputato, nonche’ vizio di mancanza della motivazione in relazione alla ricorrenza di tale idoneita’ del caso concreto, con riferimento alla posizione della (OMISSIS).
L’imputato ha sempre sostenuto di non avere mai minacciato la (OMISSIS) adombrando la possibilita’ di nominare un nuovo amministratore; in realta’ (OMISSIS), non facendo parte della compagine sociale, non aveva alcun potere di fare sostituire l’amministratore, ragione per cui si tratta di una previsione impossibile da realizzare. Nello stesso modo ha mostrato di pensarla il Tribunale del riesame ritenendo tale minaccia non idonea a produrre qualsivoglia effetto.
La (OMISSIS) non aveva nulla da temere proprio in quanto operava con la piena consapevolezza che (OMISSIS) disapprovava radicalmente la proposta di sottoscrivere il contratto.
3.6. Violazione di legge con riferimento alla ritenuta consumazione della fattispecie di reato, non avendo la sentenza impugnata considerato che la condotta posta in essere dall’imputato nei confronti della (OMISSIS) in data 3 dicembre 2013 integrasse una forma di reato impossibile, poiche’ a quella data i giochi erano fatti.
3.7. Vizio di motivazione per travisamento dei contenuti della conversazione registrata tra l’imputato (OMISSIS) con riferimento all’atteggiamento dell’imputato nei confronti della (OMISSIS) durante l’incontro del 3 dicembre 2013. Il travisamento dei dati emergenti dalla conversazione registrata operato in sentenza e’ evidente poiche’ l’imputato non ammette assolutamente di aver usato verso la (OMISSIS) toni aggressivi come riportato in sentenza.
3.8. Quanto al capo B) e al rapporto tra (OMISSIS) e (OMISSIS) emerge la violazione legge in ordine alla ritenuta configurabilita’ del reato di cui all’articolo 319 quater cod. pen., nonche’ il vizio di motivazione.
Nelle more del giudizio di appello e’ intervenuta la sentenza del Tribunale di Brescia di assoluzione nei confronti di (OMISSIS) perche’ il fatto non sussiste.
In ogni caso e’ (OMISSIS) a ribadire che il suo rapporto finanziario con (OMISSIS) non aveva avuto nulla a che vedere col fatto che il predetto gli aveva presentato il collega (OMISSIS). L’attivita’ asseritamente offerta di raccomandazione e’ una condotta del tutto lecita. La Corte di appello, quindi, ha dato rilevanza alla mera qualifica di magistrato dell’imputato non considerando che per integrare in reato e’ necessario un abuso induttivo.
4. In data 28/06/2018 e’ stata depositato una memoria difensiva nell’interesse dell’imputato nella quale si richiamano le osservazioni contenute nei motivi di ricorso e si evidenzia che la sentenza di assoluzione di (OMISSIS) e’ stata confermata in secondo grado.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso di (OMISSIS) e’ fondato con riferimento al capo B) di imputazione e la sentenza impugnata deve essere conseguentemente annullata senza rinvio con riferimento a tale capo perche’ il fatto non sussiste.
Il ricorso va, invece, rigettato con riferimento al capo A) di imputazione per infondatezza dei motivi.
Deve, infine, essere disposto rinvio per la rideterminazione della pena per la residua imputazione ad altra sezione della Corte d’appello di Brescia.
2. In via generale, mette conto di ribadire il consolidato principio di diritto secondo il quale, a fronte della duplice condanna in primo ed in secondo grado (c.d. doppia conforme), col ricorso per cassazione non puo’ essere coltivato il vizio di travisamento della prova, se non nel caso in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice ovvero quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Buonfine e altri, Rv. 256837; Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013 – dep. 2014, Capuzzi, Rv. 258438).
Nel caso de quo, come meglio si vedra’ in seguito, non e’ ravvisabile alcun travisamento dei contenuti della conversazione registrata tra l’imputato (OMISSIS) con riferimento all’atteggiamento dell’imputato nei confronti della (OMISSIS) durante l’incontro del 3 dicembre 2013, poiche’ la Corte territoriale fornisce una interpretazione logica ed esente da vizi sindacabili in questa sede in merito alla stessa.
2.1. Va inoltre sottolineato che, come piu’ volte affermato da questo giudice di legittimita’, ai fini del controllo di legittimita’ sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595). Siffatta integrazione tra le due motivazioni si verifica non solo allorche’ i giudici di secondo grado abbiano esaminato le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico – giuridici della decisione, ma anche, e a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano riguardato, come nel caso in esame elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze gia’ esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione di primo grado (da ultimo, Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 12/04/2012, Rv. 252615).
2.2. Infine, tenuto conto del fatto che il quadro probatorio a carico del ricorrente si fonda in parte su una registrazione fonografica tra presenti, va rammentato come costituisca ormai principio di diritto acquisito quello secondo il quale tale registrazione, eseguita d’iniziativa della persona offesa dal reato, costituisce prova documentale ex articolo 234 cod. proc. pen., utilizzabile in dibattimento (Sez. 6, n. 1422 del 03/10/2017 – dep. 15/01/2018 – Rv. 271973).
3. Il primo motivo di ricorso e’ infondato.
3.1. Deve preliminarmente evidenziarsi che costituisce condizione indispensabile per la configurabilita’ della figura criminosa dell’induzione indebita la spendita della qualita’ rivestita, non essendo sufficiente il mero possesso della stessa.
Sono quindi inidonei a integrare la materialita’ dell’abuso della qualita’ i comportamenti ascritti in sentenza all’imputato, consistiti nell’esercizio di asserite pressioni su (OMISSIS) facenti leva sulla attivita’ di pubbliche relazioni o di presentazioni effettuate a suo beneficio.
Del pari irrilevanti sono gli atti di elargizione del prestito fatti all’imputato da (OMISSIS) i quali non conseguirono ad alcuna condotta di strumentalizzazione della qualita’ di magistrato da parte dell’imputato. Manca nel caso in esame la volonta’ prevaricatrice del pubblico ufficiale condizionante la volonta’ del privato e per l’effetto della quale quest’ultimo venga a trovarsi in uno stato di soggezione.
Le presentazioni fatte da (OMISSIS) a (OMISSIS) di suoi amici potenziali clienti di quest’ultimo non possono ritenersi un abuso della qualita’ di magistrato.
3.2. La Corte di appello ha, invece, correttamente ricondotto nella fattispecie di cui agli articoli 56, 319-quater cod. pen. la condotta di (OMISSIS) il quale, al fine di ottenere la sottoscrizione da parte della (OMISSIS) s.r.l. del contratto di affitto avente ad oggetto l’attico di proprieta’ dell’immobiliare (OMISSIS) s.r.l., riferiva a (OMISSIS), cui era riconducibile la societa’ (OMISSIS) s.r.l., impegnata nella produzione e commercializzazione di un integratore alimentare, che, nell’esercizio della propria attivita’ professionale, avrebbe potuto trovarsi a trattare procedimenti penali aventi ad oggetto proprio detto prodotto e, finanche, procedere al suo sequestro e, piu’ in generale, che “all’interno della Procura puo’ capitare di tutto alle aziende con l’inchiesta sbagliata”, laddove effettivamente (OMISSIS) era componente del sesto Dipartimento della Procura della Repubblica di Milano nella cui competenza rientravano, fra gli altri, i reati in materia alimentare e farmaceutica.
La Corte distrettuale ha correttamente ricondotto nella fattispecie di cui agli articoli 56, 319-quater cod. pen. anche la condotta di (OMISSIS) il quale, al fine sopra indicato, diceva a (OMISSIS), amministratrice della (OMISSIS) s.r.l.,. ben consapevole della sua qualifica di magistrato, che doveva firmare il contratto di affitto in questione perche’ “se si fosse messa per traverso”, avrebbe potuto perdere la carica societaria sopra indicata.
Le condotte sopra descritte sono state ritenute idonee e dirette in modo non equivoco ad indurre (OMISSIS) e (OMISSIS) a dare o promettere la predetta utilita’, non verificandosi l’evento per l’opposizione manifestata dai predetti.
3.3. Deve, d’altra parte, ritenersi pacifico che il delitto di induzione indebita sia configurabile nella forma tentata, nel caso in cui l’evento non si verifichi per la resistenza opposta dal privato alle illecite pressioni del pubblico agente (Sez. 6, n. 46071 del 22/07/2015, Scarcella e altro, Rv. 265351; Sez. 6, n. 6846 del 12/01/2016, Farina e altro, Rv. 265901).
Tanto premesso, giudica il Collegio che ineccepibilmente la Corte distrettuale abbia ritenuto comunque integrata la fattispecie di tentata induzione indebita, pur in assenza di un correlativo interesse del privato. Come questa Corte ha gia’ avuto modo di chiarire, il tentativo di induzione indebita di cui all’articolo 319-quater cod. pen. e’ configurabile anche quanto il privato non abbia perseguito un indebito vantaggio, poiche’ tale elemento rileva esclusivamente per la sussistenza della fattispecie consumata (Sez. 6, n. 32246 del 11/04/2014, Sorge, Rv. 262075). Nella motivazione della pronuncia appena ricordata, si e’ condivisibilmente osservato che “qualificare la fattispecie concreta in disamina come tentativo di induzione indebita prevista dagli articoli 56 e 319-quater cod. pen., non implica la necessita’ dell’ulteriore requisito, di cui il giudice a quo rileva l’insussistenza, costituito dal perseguimento di un indebito vantaggio da parte dei privati. Questo requisito, giustifica – in coerenza con i principi fondamentali del diritto penale e con i valori costituzionali in tema di colpevolezza, pretesa punitiva dello Stato, proporzione e ragionevolezza – la punibilita’ dell’indotto che abbia dato o promesso l’utilita’ al pubblico ufficiale, secondo quanto sottolineato, nella pronuncia delle Sezioni Unite, secondo cui esso assurge al rango di “criterio di essenza” della fattispecie induttiva. L’elemento in disamina si colloca dunque nell’ottica di una interpretazione costituzionalmente orientata e funzionale alla salvaguardia dell’esigenza, imposta dall’articolo 27 Cost., di giustificare la punibilita’ del privato, che cede alle richieste dell’agente pubblico non perche’ coartato e vittima del metus, nella sua accezione piu’ pregnante, ma perche’ attratto dalla prospettiva di conseguire un indebito vantaggio. Ne deriva che tale requisito in esame e’ necessario solo nell’ipotesi della consumazione del reato di cui all’articolo 319-quater c.p., e non anche in quella del tentativo. Il destinatario della condotta di abuso induttivo, infatti, ove si sia determinato a dare o a promettere l’utilita’ al pubblico ufficiale, pur disponendo, a differenza del concusso, di ampi margini discrezionali, e’ punibile per aver prestato acquiescenza alla richiesta di prestazione non dovuta in quanto motivato dalla prospettiva di conseguire un indebito tornaconto personale: cio’ che lo pone in una posizione di complicita’ con il pubblico agente e lo rende meritevole di sanzione. Quando invece, come nel caso sub iudice, il privato non dia o non prometta denaro o altra utilita’ al pubblico ufficiale, resistendo alle illecite richieste di quest’ultimo, viene meno la ratio che si colloca a fondamento del requisito del perseguimento di un indebito vantaggio da parte del destinatario della condotta induttiva, che pertanto esula dal paradigma delineato dalla norma incriminatrice. Qualora dunque l’agente pubblico, abusando della sua qualita’ o dei suoi poteri, compia atti idonei diretti in modo non equivoco a indurre il privato a dare o a promettere indebitamente un’utilita’, senza riuscire nel suo intento, perche’, l’evento non si verifica per la resistenza del privato, il requisito del perseguimento, da parte di quest’ultimo, di un indebito vantaggio rimane estraneo alla struttura della norma incriminatrice di cui agli articoli 56 e 319 quater cod. pen.”.
Di recente, si e’ anche affermato che il delitto di induzione indebita non integra un reato bilaterale, in quanto le condotte del soggetto pubblico che induce e del privato indotto si perfezionano autonomamente ed in tempi diversi, sicche’ il reato si configura in forma tentata nel caso in cui l’evento non si verifichi per la resistenza opposta dal privato alle illecite pressioni del pubblico agente (Sez. 6, n. 6846 del 12/01/2016, Farina e altro, Rv. 265901).
Cio’ non si pone in contrasto con la sentenza Sez. U, n. 12228 del 24/10/2013 dep. 2014, Maldera, la quale configura il reato di cui all’articolo 319-quater c.p. come plurisoggettivo che richiede la necessaria convergenza, sia pure nell’ambito di un rapporto “squilibrato”, dei processi volitivi di piu’ soggetti attivi e la punibilita’ dei medesimi.
La decisione in verifica risulta pertanto corretta in diritto nella parte in cui recepisce i sopra delineati principi con riguardo alla configurabilita’ del delitto di induzione indebita tentata anche nel caso in cui il privato “resista” all’abuso costrittivo rivolgendosi alle forze dell’ordine ed a prescindere dal perseguimento di un ingiusto vantaggio.
4. La ricostruzione dei fatti operata nella sentenza impugnata appare logica e coerente, fondata su solidi elementi di prova, sicche’ devono ritenersi infondati i motivi dedotti dal ricorrente con cui si denunciano, sotto diversi profili, vizi della motivazione.
4.1. In particolare, come si vedra’ meglio di seguito, la Corte territoriale ha approfonditamente esaminato il provvedimento del G.i.p. e del Tribunale del riesame che, in fase cautelare, avevano ritenuto inattendibile (OMISSIS) per i motivi di risentimento che avrebbe nutrito nei confronti di (OMISSIS) ed ha superato tale ricostruzione con una motivazione congrua ed esente da vizi logici censurabili in questa sede, sottolineando, in particolare, come il Tribunale del riesame avesse erroneamente riportato tutte le condotte tenute da (OMISSIS) nell’alveo dell’iniziale rapporto di amicizia con (OMISSIS).
4.1.1. La Corte d’appello ha preliminarmente esaminato le dichiarazioni di (OMISSIS), con motivazione saldamente ancorata alle obiettive risultanze processuali, le ha ritenute pienamente credibili e attendibili, pur riconoscendo l’atteggiamento ambiguo assunto dallo stesso (atteggiamento del quale ha fornito una giustificazione logica e coerente), dopo di che ha correttamente individuato elementi di conferma alle sue dichiarazioni costituiti dal contenuto della conversazione intercorsa tra (OMISSIS) e l’imputato il 4.12.2013 e dalle testimonianze di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Quanto alla attendibilita’ di (OMISSIS), con motivazione congrua e logica la sentenza impugnata ha sottolineato che il nucleo centrale delle dichiarazioni del predetto, concernenti la vicenda relativa all’affitto dell’appartamento di via (OMISSIS), era di certo piu’ verosimile rispetto a quella offerta dall’imputato ed e’ inoltre supportata da riscontri esterni.
Le reticenze e l’ambivalenza di (OMISSIS) trovano correttamente, secondo la Corte territoriale, la piu’ logica delle spiegazioni nelle continue insistenti pressioni dell’ (OMISSIS) verso di lui, nella sua preminente posizione, nonche’ nelle sue allusioni all’inchieste giudiziarie nei confronti della societa’ riconducibile a (OMISSIS).
La Corte d’appello, dopo avere riportato le versioni dei fatti rese da (OMISSIS), (OMISSIS) e dall’imputato, ha rimarcato la coerenza delle dichiarazioni rese dai primi due e le incongruenze e contraddizioni di quelle rese da (OMISSIS).
4.1.2. In sostanza, alla luce delle dichiarazioni di (OMISSIS), le richieste del magistrato affinche’ il primo intestasse il contratto di affitto della casa ove gia’ abitava – sempre facendo pagare da altri l’affitto – alla societa’ (OMISSIS) s.r.l. si erano fatte piu’ pressanti di giorno in giorno fino a che, nei mesi di luglio – agosto 2013, l’imputato aveva esplicitamente minacciato (OMISSIS) di incappare in inchieste giudiziarie “sbagliate”.
Trattandosi di minaccia proveniente da una magistrato della Procura della Repubblica di Milano appartenente al Dipartimento competente su indagini di quel tipo e’ di tutta evidenza, come correttamente sottolineato dalla Corte, la capacita’ di intimorire l’interlocutore.
A tali minacce faceva seguito l’altra grave minaccia proferita nei confronti di (OMISSIS), amministratrice della societa’, la quale ha ricordato l’incontro programmato con (OMISSIS) presso la palestra (OMISSIS) il giorno 3 novembre 2013 nel corso del quale l’imputato aveva ribadito la sua richiesta. Preso atto del rifiuto della donna, il ricorrente con tono perentorio ed aggressivo le aveva allora riferito che “se lei si fosse messa di traverso poteva anche succedere che l’amministratore della societa’ cambiasse”. Lo stato di agitazione della (OMISSIS) venne percepito, oltre che da (OMISSIS) presente all’incontro, anche dall’amico (OMISSIS) con il quali i due si incontrarono subito dopo.
La Corte ha evidenziato correttamente le dichiarazioni della (OMISSIS) nella parte in cui quest’ultima aveva sottolineato che (OMISSIS) le aveva sin da subito raccontato delle pressioni sempre piu’ insistenti ricevute da (OMISSIS) e che il primo non era mai stato d’accordo a pagare l’affitto d’ (OMISSIS).
4.2. Corretta e sorretta da logica, secondo un percorso che non segnala deficienze o contraddizioni, e’ poi la motivazione spesa dalla Corte allorche’ ha evidenziato che le contraddizioni emerse nei diversi verbali di sit della (OMISSIS) rispetto a quanto dichiarato da (OMISSIS) erano su particolari minimi e cio’ era indicativo del fatto che se la prima avesse voluto concordare la versione con (OMISSIS) avrebbe confermato che lui le aveva raccontato della minacce perpetrate dall’imputato in ordine alla possibilita’ che la (OMISSIS) s.r.l. finisse sotto inchiesta.
La Corte d’appello ha esaurientemente, logicamente e razionalmente argomentato (con motivazione senz’altro non affetta da vizi rilevabili in questa sede) le ragioni del proprio convincimento in ordine alla non verosimiglianza delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), il quale giustificava la sua richiesta di affitto dell’appartamento a (OMISSIS) in ragione del loro rapporto di amicizia.
Con motivazione ineccepibile la Corte ha sottolineato, sul punto, che tale versione era palesemente contrastata da quanto emergeva dai contenuti della conversazione registrata il 4 dicembre 2013 all’interno della palestra (OMISSIS) nel corso della quale (OMISSIS) ribadiva ad (OMISSIS) che la loro non era una amicizia nel senso proprio del termine perche’ lui si sentiva sfruttato come “un servo”.
Correttamente la Corte ha, poi, messo in evidenza che dall’intercettazione traspariva come (OMISSIS) non fosse affatto d’accordo sulla sottoscrizione del contratto di affitto, ma, al contempo, non manifestasse all’ (OMISSIS) un chiaro e deciso rifiuto perche’ temeva, cosi’ facendo, di perdere quel rapporto con l’imputato che gli aveva fruttato delle conoscenze.
Con motivazione logica la Corte ha, dunque, ritenuto che cio’ indusse (OMISSIS) a non manifestare all’imputato subito il suo dissenso come avrebbe fatto chiunque dinnanzi a una simile proposta e a tentare di far credere all’imputato che l’ostacolo alla firma di quel contratto fosse rappresentato dalla sua amministratrice. Se avesse rivelato alla (OMISSIS) le allusioni alle azioni giudiziarie fatte da (OMISSIS), verosimilmente la (OMISSIS) avrebbe potuto anche accettare di sottoscrivere il contratto, ma (OMISSIS) non lo voleva e per questo motivo tacque.
Sempre partendo da tali premesse la Corte ha correttamente ritenuto che la circostanza che (OMISSIS) autonomamente disdetto’ l’appuntamento per la firma del contratto non dimostrava certo, come sostiene il ricorrente, la sua liberta’ di autodeterminazione nei confronti di (OMISSIS). In realta’ (OMISSIS), messo alle strette dall’avvicinarsi del giorno fissato per la firma, era talmente contrario che non pote’ che disdettarlo adducendo il rifiuto della (OMISSIS) che tra l’altro nulla sapeva di cio’, ad ulteriore riprova della contrarieta’ di (OMISSIS) a quel contratto.
In siffatto quadro le deduzioni difensive circa il fatto che si e’ in presenza di un reato impossibile perche’ (OMISSIS) conservava la sua liberta’ di autodeterminazione non sono valse ad evidenziare salti logici o lacune della motivazione spesa e ad infirmare il percorso argomentativo dell’impugnata sentenza.
4.3. Corretta e sorretta da logica, secondo un percorso che non segnala deficienze o contraddizioni, e’ poi la motivazione spesa dalla Corte nella parte in cui ritiene decisiva ai fini della prova del reato ascritto all’imputato quella parte della conversazione registrata il 4 dicembre 2013 nella parte in cui (OMISSIS) rimproverava (OMISSIS) del comportamento tenuto con la (OMISSIS) il giorno prima e gli raccontava che la donna aveva registrato la conversazione (circostanza non vera). (OMISSIS) ammetteva, allora, di aver effettivamente sbagliato a prendersela con la (OMISSIS) e che gli era sfuggita qualche parola di troppo tanto da pensare di chiederle scusa. L’imputato proponeva in conclusione di non usare la registrazione della donna liberando in cambio (OMISSIS) dalla vicenda relativa alla stipula del contratto di affitto da parte della (OMISSIS) s.r.l..
4.4. In conclusione i motivi di ricorsi sviluppati sul capo A) sono infondati, sicche’ il ricorso va respinto.
5. Il provvedimento impugnato deve, invece, essere annullato senza rinvio perche’ il fatto non sussiste in ordine al reato di induzione indebita di cui al capo B).
5.1. La Corte d’appello ha ritenuto provata la responsabilita’ dell’imputato in considerazione delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) e da (OMISSIS).
Il primo, interrogato 14 marzo 2014, aveva riferito che:
– da quando conobbe l’imputato nel 2010, era solito invitarlo mensilmente a pranzo presso costosissimi ristoranti milanesi a titolo di cortesia e anche per ampliare la sua cerchia di conoscenti (circostanza ammessa anche dall’imputato);
– aveva imprestato al predetto, tra il 2012 e il 2013, 10.000 Euro senza che gli stessi gli fossero restituiti;
– nello stesso periodo era stato presentato da (OMISSIS) come un serio professionista a due pubblici ministeri, uno dei quali, il Dottor (OMISSIS), lo aveva poi contattato per una svolgere una consulenza, ma lui aveva rifiutato perche’ non era competente su quanto gli veniva richiesto;
– l’idea di proporsi come consulente della Procura non era stata dell’imputato, ma del (OMISSIS) che voleva arricchire il proprio bagaglio professionale;
– i prestiti effettuati a (OMISSIS) non erano ricollegabili in alcun modo alla presentazione del dottor (OMISSIS).
(OMISSIS) aveva, invece, sottolineato che (OMISSIS) era stato molto insistente nel chiedergli di nominare (OMISSIS) come consulente tecnico in qualche procedimento penale e che la mattina dell’11 marzo 2014, prima di essere escusso a s.i.t. nell’ambito del procedimento a carico di (OMISSIS), era stato avvicinato da un ufficiale di polizia giudiziaria, che operava alle dipendenze dell’imputato, il quale gli aveva consegnato un biglietto del ricorrente in cui vi era scritto: “se dovessi essere sentito a Brescia escludi pressioni da parte mia per (OMISSIS), per favore, puoi dire che te lo ho presentato ma non ti ho mai chiesto di nominarlo”.
La Corte di appello ha ritenuto, quindi, che l’abuso induttivo da parte di (OMISSIS) si sia concretizzato nel prospettare a (OMISSIS) futuri utilita’ e vantaggi, ottenuti grazie alla sua intermediazione derivante dalla qualita’ di magistrato, chiedendo in cambio una somma di denaro a titolo di prestito.
5.2. Rileva il Collegio che, dalla lettura della sentenza non emerge alcuna attivita’ induttiva posta in essere da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), ne’ l’intenzione di quest’ultimo di assicurarsi un trattamento di favore da parte del pubblico ufficiale o di acquisire la benevolenza o la disponibilita’ clientelare di costui.
5.2.1. Non emerge alcun abuso delle prerogative funzionali alla qualifica e al ruolo del pubblico ufficiale rispetto alle quali potesse o volesse il (OMISSIS) acquisire la benevolenza o i trattamenti di favore del pubblico ufficiale. Ne’ il ruolo dell’imputato poteva essere potenzialmente incidente con effetti pregiudizievoli sulla posizione del (OMISSIS).
Deve ricordarsi, a questo proposito, che quello di cui all’articolo 319-quater cod. pen. non e’ un reato, per cosi’ dire, di “posizione”. Non e’, infatti, la mera posizione sovraordinata e di supremazia, sempre connaturata alla qualifica di pubblico ufficiale in ragione della qualita’ rivestita o della funzione svolta, a integrare il delitto in questione soltanto perche’ la controparte, per motivazioni a se’ interne, venga comunque ad avvertire uno stato di soggezione. Ai fini dell’integrazione di tale illecito, e’ necessario che la condotta abusiva del pubblico ufficiale divenga positivamente concreta, nel senso che la vittima deve essere posta nella condizione di percepirne l’effettiva portata induttiva.
E’ necessario, in sostanza, dimostrare che il pubblico ufficiale ha abusato della sua qualita’ o dei suoi poteri, esteriorizzando concretamente un atteggiamento idoneo ad incidere negativamente sulla sua liberta’ di autodeterminazione (Sez. 6, n. 22526 del 10/03/2015, Rv. 263769).
5.2.2. La sentenza non individua neppure quale sia il vantaggio indebito.
La presentazione di (OMISSIS) al pubblico ministero (OMISSIS) non puo’ considerarsi tale; il (OMISSIS) non ha ricevuto alcun incarico dal predetto e anche se lo avesse ricevuto, lo stesso non sarebbe stato l’illecito tornaconto che induce il privato a venire a patti con il pubblico ufficiale dal momento che il (OMISSIS) avrebbe percepito un compenso legittimo per la prestazione resa in favore dell’Ufficio.
Lo stesso (OMISSIS) ha escluso che la presentazione ad (OMISSIS) fosse ricollegabile al prestito concesso mesi prima a (OMISSIS) e la sentenza impugnata non indica elementi probatori effettivamente dimostrativi di un tale necessario nesso.
La Corte di merito parla di “un clima di disponibilita’ clientelare” e della “aspettativa di potere trarre ulteriori e piu’ significativi benefici economici dal suo rapporto con il magistrato” senza pero’ prendere in considerazione il fatto che tale disponibilita’ deve derivare da un contesto che sia necessariamente legato alle prerogative funzionali riconducibili alla qualifica e al ruolo del pubblico ufficiale.
6. La sentenza deve, in conclusione, essere annullata senza rinvio in relazione al capo B) dell’imputazione perche’ il fatto non sussiste.
Il ricorso va, invece, rigettato nel resto con conseguente rinvio per la rideterminazione della pena per la residua imputazione ad altra sezione della Corte d’appello di Brescia.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata in relazione al capo B) dell’imputazione perche’ il fatto non sussiste. Rigetta il ricorso nel resto e rinvia per la rideterminazione della pena per la residua imputazione ad altra sezione della Corte d’appello di Brescia.