Qualora la procura alle liti conferisca al difensore il potere di nominare altro difensore, deve ritenersi che essa contenga un autonomo mandato “ad negotia”

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 2 agosto 2018, n. 20432.

La massima estrapolata:

Qualora la procura alle liti conferisca al difensore il potere di nominare altro difensore, deve ritenersi che essa contenga un autonomo mandato “ad negotia” – non vietato dalla legge professionale né dal codice di rito – che abilita il difensore a nominare altri difensori, i quali non hanno veste di sostituti del legale che li ha nominati bensì, al pari di questo, di rappresentanti processuali della parte.

Ordinanza 2 agosto 2018, n. 20432

Data udienza 22 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 13231/2017 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ex lege;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), in proprio e mediante il procuratore ad negotia (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il decreto 2566/16 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/03/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

FATTI DI CAUSA

Con ricorso depositato il 10.7.2014 (OMISSIS), nella qualita’ di procuratore ad negotia di (OMISSIS), riassumeva il giudizio innanzi la Corte di Appello di Perugia a seguito della sentenza della S.C. n.13049/2014, con la quale era stato cassato il decreto della Corte territoriale n.927/2011, che a sua volta aveva respinto una domanda volta ad ottenere l’equa riparazione del danno sofferto a causa della durata irragionevole di una controversia; danno scaturente dall’articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, ratificata in Italia con L. n. 848 del 1955.
Con il provvedimento impugnato, la Corte di Appello riteneva l’ammissibilita’ della domanda di equa riparazione relativa al ritardo maturato su precedente giudizio di equa riparazione (cd. “equa su equa”) ed accoglieva la domanda, determinando la somma dovuta per l’equa riparazione relativamente alla durata del giudizio presupposto e condannando il Ministero alle spese dei vari gradi.
Interpone ricorso avverso tale decisione il Ministero della Giustizia affidandosi a un unico motivo.
Resiste con controricorso (OMISSIS).
Nessuna delle parti ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, il Ministero lamenta la violazione degli articoli 112 e 303 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, perche’ il giudice di merito avrebbe omesso di pronunziarsi sull’eccezione con la quale il dicastero aveva rilevato la mancata allegazione, da parte dello (OMISSIS), della procura ad negotia sulla cui base quegli pretendeva di agire per la riassunzione del giudizio.
Va premesso che la procura ad negotia era stata depositata in atti del giudizio di merito sin dal 7.12.2012, come (tra l’altro) dedotto a pag. 4 del controricorso.
Come gia’ rilevato da questa sezione in fattispecie analoghe, decise con le ordinanze n. 26744/2017, n. 26745/2017, n. 26908/2017 e n. 26909/2017, questa Corte ha effettivamente affermato il principio secondo cui “Qualora la procura alle liti conferisca al difensore il potere di nominare altro (Censore, deve ritenersi che essa contenga un autonomo mandato ad negotia – non vietato dalla legge professionale ne’ dal codice di rito – che abilita il difensore a nominare altri difensori, i quali non hanno veste di sostituti del legale che li ha nominati, bensi’, al pari di questo, di rappresentanti processuali della parte” (Cass. Sez. 3, Sentenza n.1756 dell’8/02/2012, Rv.621422; conformi, Cass. Sez. 2, Sentenza n.26365 del 29/12/2010, Rv.615348; Cass. Sez. 2, Sentenza n.16736 del 09/08/2005, Rv. 583927).
Tuttavia, e’ da escludere che con il mandato speciale allegato in atti del giudizio lo (OMISSIS) abbia inteso nominare lo (OMISSIS) suo rappresentante “sostanziale” generale e dunque che lo abbia investito in pari tempo del potere di rappresentanza processuale volontaria. Alla stregua della sua letterale e logica formulazione, infatti, il mandato speciale de quo agitur non integra una procura sostanziale avente portata generale e omnicomprensiva. Ne’ puo’ ritenersi che con il predetto mandato il resistente abbia nominato l’avvocato (OMISSIS) suo rappresentante “sostanziale” speciale ovvero suo rappresentante con specifico riferimento alla pretesa risarcitoria ex L. n. 89 del 2001, correlata all’irragionevole durata del giudizio presupposto. Detto mandato, infatti, contiene soltanto un riferimento, invero assolutamente generico ed indifferenziato, a “tutte le cause civili promosse e da promuovere in qualsiasi grado di giudizio contro l’Istituto Nazionale Previdenza Sociale e contro il Ministero della Giustizia anche per esperire il ricorso avanti alle Corti di Appello competenti per l’equo indennizzo previsto dalla L. n. 89 del 2001”, che evidentemente identifica l’ambito oggettivo del potere rappresentativo conferito dalla parte al procuratore. Di conseguenza, la facolta’ di nominare altri avvocati, contenuta nella procura speciale in esame, non puo’ che essere apprezzata con riferimento, appunto, ai limiti oggettivi del mandato, che e’ idoneo ad esplicare i suoi effetti solo nell’ambito della rappresentanza volontaria processuale.
La ricostruzione e’ coerente con il dettato dell’articolo 77 c.p.c., posto che “Il potere di rappresentanza processuale, con la correlativa facolta’ di nomina dei difensori, puo’ essere conferito soltanto a colui che sia investito di un potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, talche’ neppure il rappresentante legale di una societa’ di capitali puo’ conferire ad un terzo una rappresentanza limitata soltanto agli atti del processo” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8681 dell’08/08/1995, Rv. 493600; conf. Cass. Sez. U, Sentenza n. 5655 del 09/06/1998, Rv. 516214; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19528 del 29/09/2004, Rv. 577412; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13054 del 01/06/2006, Rv. 589865; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 43 del 03/01/2017, Rv. 643016; ed anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1578 del 14/02/1995, Rv. 490425, secondo cui “La rappresentanza processuale, intesa come potere di agire o resistere in giudizio per il dominus e, in tale quadro, di conferire, in suo nome, la procura al difensore (rappresentanza a cui si riferisce l’articolo 77 c.p.c.) puo’ essere attribuita ad un terzo solo insieme alla rappresentanza sostanziale in ordine al rapporto poi dedotto in giudizio. La rappresentanza che, in violazione di tale principio, sia stata attribuita con solo riferimento alla sfera processuale e’ invalida e comporta l’invalidita’ della procura alle liti sulla sua base conferita, rilevabile in ogni stato e grado del giudizio”).
L’inosservanza dell’articolo 77 c.p.c., comporta il difetto della legitimatio ad processum in capo al rappresentante esclusivamente processuale (Cass. Sez. 3, Sentenza n.16274 del 31/07/2015, Rv. 636619; conf. Cass. Sez. U, Sentenza n.24179 del 16/11/2009, Rv. 610170) e quindi la nullita’ della procura alle liti da costui rilasciata a terzi (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1578 del 14/02/1995, Rv. 490425; conf Cass. Sez. L, Sentenza n. 821 del 27/01/1998, Rv. 511987) ed il difetto di ius postulandi in capo all’abogado (OMISSIS) ed all’avvocato (OMISSIS), officiati dallo (OMISSIS) ai fini della riassunzione del giudizio. Cio’ comporta l’invalidita’ della costituzione, in sede di riassunzione, del rapporto processuale.
L’accertamento relativo alla legitimatio ad processum del rappresentante, attenendo alla verifica della regolare costituzione del rapporto processuale, puo’ essere effettuato anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello di legittimita’, con il solo limite del giudicato sul punto.
In conseguenza di quanto esposto, il ricorso va accolto, la decisione va cassata senza rinvio e il giudizio dichiarato estinto a fronte della mancata tempestiva riassunzione nel termine di legge.
Le spese del giudizio vanno poste a carico del resistente, posto il principio per cui “In tema di spese ove l’insorta controversia in ordine alla estinzione del processo venga decisa con sentenza, non trova applicazione la regola di cui all’articolo 310 c.p.c., u.c., ma riprendono vigore i principi sanciti dagli articoli 91 e 92 c.p.c., e, quindi, il criterio della soccombenza, sebbene limitatamente alle spese causate dalla trattazione della questione relativa all’estinzione” (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 533 del 14/01/2016, Rv. 638488 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1513 del 26/01/2006, Rv. 587106).

P.Q.M.

La corte accoglie il ricorso, cassa senza rinvio la decisione impugnata e condanna il resistente alle spese del giudizio, che liquida in Euro 800 per il giudizio di merito in Euro 900 per il presente grado, oltre spese prenotate a debito.

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