Corte di Cassazione, sezione lavoro civile, Ordinanza 8 luglio 2019, n. 18281.
La massima estrapolata:
Qualora il socio amministratore di una società a responsabilità limitata partecipi al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza, ha l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti, mentre, qualora si limiti ad esercitare l’attività di amministratore, deve essere iscritto alla sola gestione separata, operando le due attività su piani giuridici differenti, in quanto la prima è diretta alla concreta realizzazione dello scopo sociale, attraverso il concorso dell’opera prestata dai soci e dagli altri lavoratori, e la seconda alla esecuzione del contratto di società sulla base di una relazione di immedesimazione organica volta, a seconda della concreta delega, alla partecipazione alle attività di gestione, di impulso e di rappresentanza.
Ordinanza 8 luglio 2019, n. 18281
Data udienza 30 aprile 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere
Dott. GHINOY Paola – Consigliere
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere
Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10546-2014 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della (OMISSIS) S.P.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS) che lo rappresentano e difendono, unitamente agli avvocati (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 261/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 15/04/2013 R.G.N. 340/2009.
RILEVATO
che:
La Corte d’appello di Corte d’appello di Bologna, con sentenza n. 261 del 2013, ha confermato la sentenza di primo grado e rigettato l’appello dell’INPS avverso la sentenza che aveva dichiarato (OMISSIS) non tenuto al pagamento della contribuzione alla gestione commercianti in relazione alla attivita’ prestata in favore della societa’ (OMISSIS) s.r.l. di cui era socio amministratore, con riferimento ad alcune cartelle esattoriali opposte;
l’Inps, anche quale mandatario di (OMISSIS) s.p.a., ricorre per la cassazione della sentenza articolando un motivo;
(OMISSIS) resiste con controricorso illustrato da memoria.
CONSIDERATO
che:
L’unico motivo di ricorso deduce (ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione e o falsa applicazione della L. n. 1397 del 1960, articolo 1, L. n. 335 del 1995, articolo 2, comma 26, L. n. 662 del 1996, articolo 1, comma 298, del Decreto Legge n. 78 del 2010, articolo 12, comma 11, articolo 2697 c.c. e lamenta, in sostanza, che la sentenza abbia errato in quanto, senza considerare la natura non interpretativa del Decreto Legge n. 78 del 2010 (che ha reso possibile la doppia iscrizione) ha ritenuto che il (OMISSIS) si fosse limitato all’esercizio di attivita’ meramente “gestoria” all’interno dell’azienda sociale, laddove l’attivita’ svolta, per quanto riferito dalla stessa sentenza, era stata connotata dal coordinamento di dipendenti e collaboratori e dal rapporto con banche e principali clienti e fornitori;
il motivo e’ infondato;
la sentenza ha affermato, in punto di diritto, che l’attivita’ svolta dal (OMISSIS) non e’ da includere in quelle per cui e’ prevista l’iscrizione alla Gestione Commercianti in quanto dall’istruttoria espletata (teste (OMISSIS)) e’ emerso che (OMISSIS) abitualmente non partecipava costantemente al lavoro aziendale in quanto restava assente per giorni e, comunque, non aveva una postazione propria o un ufficio all’interno dell’azienda (teste (OMISSIS));
pertanto, date tali caratteristiche dell’attivita’ svolta, ad avviso della Corte di merito, e’ risultato che l’attivita’ stessa non valicasse i limiti della funzione trattandosi di un “facere sostanzialmente gestorio” proprio di chi ricopre il ruolo di socio ed amministratore della societa’, restando assente la prova dell’esercizio abituale e prevalente dell’attivita’ d’impresa oggetto della societa’;
si desume, dunque, l’assenza dell’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti da elementi concretamente valutati ed accertati dal giudice di merito e non da mere presunzioni;
sul piano previdenziale, infatti, secondo l’indirizzo espresso da questa Corte di cassazione, qualora il socio amministratore di una societa’ a responsabilita’ limitata partecipi al lavoro aziendale con carattere di abitualita’ e prevalenza, ha l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti, mentre, qualora si limiti ad esercitare l’attivita’ di amministratore, deve essere iscritto alla sola gestione separata, operando le due attivita’ su piani giuridici differenti, in quanto la prima e’ diretta alla concreta realizzazione dello scopo sociale, attraverso il concorso dell’opera prestata dai soci e dagli altri lavoratori, e la seconda alla esecuzione del contratto di societa’ sulla base di una relazione di immedesimazione organica volta, a seconda della concreta delega, alla partecipazione alle attivita’ di gestione, di impulso e di rappresentanza (Cass. 10426/2018);
cio’ conferma l’indirizzo, che puo’ dirsi ormai consolidato, che ritiene presupposto imprescindibile per l’iscrizione alla gestione commercianti che sia provato, in conformita’ a quanto previsto dalla L. n. 662 del 1996 n. 662, articolo 1, comma 203 (che ha sostituito la L. 3 giugno 1975, n. 160, articolo 29, comma 1, concernente i requisiti previsti per ritenere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attivita’ commerciali), lo svolgimento di un’attivita’ commerciale (Cass. Sez. Lav. n. 3835 del 26.2.2016; Cass. n. 5210 del 2017) per cui con riferimento alle societa’ non e’ sufficiente la qualita’ di amministratore a far sorgere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attivita’ commerciali, essendo necessaria anche la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualita’ e prevalenza;
in particolare, (vd. Cass. n. 4440 del 2017) tale carattere va inteso con riferimento all’attivita’ lavorativa espletata dal soggetto stesso in seno all’impresa, al netto dell’attivita’ eventualmente esercitata in quanto amministratore, indipendentemente dal fatto che il suo apporto sia prevalente rispetto agli altri fattori produttivi (naturali, materiali e personali); tale accezione del requisito della “prevalenza” meglio si attaglia alla L. n. 662 del 1996, alla lettera articolo 1, comma 203, volto a valorizzare l’elemento del lavoro personale, ed alla sua “ratio”, includendo nell’area di applicazione della norma tutti i casi in cui l’attivita’ del socio, ancorche’ abituale e prevalente rispetto al resto delle sue attivita’, non possa essere ritenuta preponderante rispetto agli altri fattori produttivi dell’impresa;
e’ compito del giudice di merito accertare, in modo puntuale e rigoroso, la sussistenza dei requisiti di legge per tale coesistenza, nonche’ l’assolvimento dell’onere probatorio a carico dell’ente previdenziale, ai cui fini assumono rilevanza la complessita’ dell’attivita’, la presenza di dipendenti o collaboratori, la loro qualifica e le mansioni svolte (Cass. n. 8613 del 2017); la sentenza impugnata non si e’ discostata da tali principi ed ha congruamente verificato che la concreta partecipazione del (OMISSIS) all’attivita’ commerciale svolta da (OMISSIS) s.r.l., in concreto, non rivestiva i caratteri dell’abitualita’ e prevalenza di cui sopra per cui la censura, che si limita a prospettare una violazione della corretta interpretazione delle norme pacificamente applicabili alla fattispecie, non intacca la decisione; conseguentemente, il ricorso va rigettato;
le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e vanno liquidate in favore del contro ricorrente nella misura indicata in dispositivo; sussistono, dato l’esito del ricorso, i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 3000,00 oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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