Qualora il bene venduto sia gravato da oneri o da diritti reali o personali

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 22 agosto 2019, n. 21582.

Massima estrapolata:

Nessun diritto al risarcimento se l’area venduta è gravata da un diritto d’uso di parcheggio.
Per principio generale, così come disposto dall’art. 1489 Cc, qualora il bene venduto sia gravato da oneri o da diritti reali o personali non apparenti che ne diminuiscono il libero godimento e non sono stati dichiarati nel contratto, il compratore che non ne abbia avuto conoscenza può domandare la risoluzione del contratto oppure una riduzione del prezzo secondo la disposizione dell’art. 1480 Cc (<>).
Tuttavia, tale principio non risulta pienamente operante qualora ci si trovi al cospetto di un’area gravata da diritto reale d’uso di aree destinate a parcheggio, in quanto tale vincolo sulla proprietà del bene discende da norme imperative (art. 41-sexies L. n. 1150/1942, introdotto dall’art. 18 L. n. 765/1967) che, in quanto tali, sono sostenute dalla presunzione legale di conoscenza da parte dei destinatari, pertanto, tale limitazione sull’immobile non può ritenersi apparente, secondo la previsione dell’art. 1489 Cc e, conseguentemente, non costituisce fonte di responsabilità a carico del venditore che non la abbia dichiarata nel contratto.

Ordinanza 22 agosto 2019, n. 21582

Data udienza 17 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS), con domicilio eletto presso il suo studio in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS);
– intimati –
per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma n. 3166/2014, pubblicata in data 14 maggio 2014;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 maggio 2019 dal Consigliere Alberto Giusti.

FATTI DI CAUSA

1. – La controversia veniva promossa, con atto di citazione notificato il 4 marzo 1983, dinanzi al Tribunale di Roma da (OMISSIS) e altri contro la societa’ (OMISSIS) a r.l., (OMISSIS), (OMISSIS) ved. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nella qualita’ di eredi di (OMISSIS), e (OMISSIS).
Con patto d’obbligo del 16 febbraio 1968 la societa’ (OMISSIS) si era impegnata a destinare ad area di parcheggio una superficie di mq. 523,75; con atto di compravendita del 23 dicembre 1968 detta societa’ trasferiva ad (OMISSIS) gli appartamenti di cui alla scala B con annessa autorimessa al piano interrato e a (OMISSIS) la proprieta’ dei restanti appartamenti; (OMISSIS) vendeva ad (OMISSIS) il locale autorimessa distinto con il n. 2 e il locale autorimessa con il n. 3; con successivi atti (OMISSIS) e (OMISSIS) trasferivano la proprieta’ dei singoli appartamenti agli attori.
Il Tribunale di Roma, a seguito della rimessione della causa dalla Corte d’appello ex articolo 354 c.p.c., per difetto di integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini, con sentenza n. 17041 del 2001, non definitivamente pronunciando, cosi’ provvedeva: dichiarava che la societa’ costruttrice si era impegnata irrevocabilmente e definitivamente a destinare e mantenere permanentemente a parcheggio la superficie asservita; dichiarava nullo l’atto con cui la societa’ costruttrice aveva venduto ad (OMISSIS) un’autorimessa privata al piano interrato con un piccolo cortiletto di servizio e accessorio a confine da tutti i lati con terrapieno; dichiarava di conseguenza nullo in parte l’atto con cui (OMISSIS) aveva venduto ad (OMISSIS) i locali ad uso autorimessa privata siti al piano interrato e distinti con il n. 2 e il n. 3; dichiarava fondata l’azione degli attori tesa a ottenere uno spazio su cui esercitare in modo esclusivo e permanente il diritto di parcheggio come riconosciuto dal legislatore; dichiarava che il bene sul quale gli attori dovevano esercitare il diritto di parcheggio andava individuato nei due locali venduti da (OMISSIS) ad (OMISSIS) e precisamente nel locale ad uso autorimessa privata sito al piano interrato, distinto con il n. 2, confinante con il garage della palazzina A, nonche’ nel locale a uso autorimessa privata sito al piano interrato, distinto con il n. 3, confinante con il locale caldaia; dichiarava che si doveva procedere con separata sentenza a indicare la consistenza del bene da asservire, individuare la posizione dei luoghi, indicare i lavori da eseguire, stabilire le modalita’ di uso, quantificare i danni patiti da (OMISSIS) da porre a carico degli eredi del dante causa, provvedere alla liquidazione delle spese; ordinava altresi’ l’estromissione di (OMISSIS) e compensava le spese nei suoi confronti, rimettendo con ordinanza la causa sul ruolo per l’istruttoria.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 33031 del 2004, definitivamente pronunciando, accertava che l’area da adibire all’uso di parcheggio per gli attori era di mq. 215,82 e per l’effetto condannava (OMISSIS) al rilascio dell’area, nonche’ all’esecuzione dei lavori specificati dal c.t.u. e ritenuti necessari per l’adattamento dell’area all’uso, oltre che al pagamento delle spese di lite in favore della parte attrice, accoglieva la domanda di risarcimento dei danni proposta dal (OMISSIS) nei confronti degli eredi di (OMISSIS) e per l’effetto condannava (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento della somma di Euro 258.958, oltre rivalutazione e interessi legali, compensando le spese di lite tra di loro, mentre condannava questi ultimi a rivalere il (OMISSIS) delle spese di giudizio e di c.t.u. alle quali era stato condannato, rigettava la domanda di risarcimento dei danni proposta nei confronti della (OMISSIS), nonche’ rigettava la domanda di manleva proposta dagli eredi di (OMISSIS) nei confronti della societa’ (OMISSIS) e rigettava le restanti domande.
2. – Pronunciando sull’appello principale di (OMISSIS) e (OMISSIS) e sull’appello incidentale di (OMISSIS), la Corte d’appello di Roma, con sentenza in data 14 maggio 2014, in parziale riforma della sentenza definitiva, ha rigettato la domanda di risarcimento del danno proposta dal (OMISSIS), ha confermato nel resto le sentenze gravate come in parte motiva e ha compensato tra le parti costituite le spese del giudizio.
Per quanto qui ancora rileva, la Corte distrettuale:
– ha rigettato la doglianza del (OMISSIS) secondo cui agli attori avrebbe dovuto essere riconosciuta solo una tutela risarcitoria e non un diritto reale d’uso;
– ha escluso la sussistenza del diritto al risarcimento in favore del (OMISSIS), conoscendo costui, successivo acquirente, l’entita’ del suo acquisto e dunque il vincolo di destinazione d’uso;
– ha affermato che l’asservimento dell’area deve ritenersi limitato al solo diritto d’uso in proporzione fatto valere dagli attori e che con riguardo all’uso dei soli attori ha pronunciato il Tribunale con la sentenza gravata;
– ha rilevato che nessuna domanda di quantificazione del corrispettivo per il diritto d’uso e’ stata proposta dal (OMISSIS).
3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello (OMISSIS) ha proposto ricorso, con atto notificato il 28-30 giugno 2015, sulla base di tre motivi.
Nessuno degli intimati ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo (violazione della L. n. 1150 del 1942, articolo 41 sexies, come introdotto dalla L. n. 765 del 1967, articolo 18, nonche’ degli articoli 817, 818, 871, 872, 1374, 1418, 1419 e 2058 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3) il ricorrente censura che la sentenza impugnata abbia confermato il riconoscimento di un diritto reale di destinazione d’uso ai resistenti condomini e non gia’ una tutela risarcitoria (da imputare a (OMISSIS) e a (OMISSIS)), stante, ab origine, la mancata realizzazione delle aree di parcheggio da parte del costruttore.
1.1. – La censura e’ infondata.
E’ bensi’ esatto, rispondendo ad un principio piu’ volte affermato da questa Corte regolatrice (Cass., Sez. II, 22 febbraio 2006, n. 3961; Cass., Sez. II, 7 maggio 2008, n. 11202; Cass., Sez. II, 25 maggio 2017, n. 13210), che, in tema di spazi riservati a parcheggio nei fabbricati di nuova costruzione, il vincolo previsto al riguardo dalla L. n. 1150 del 1942, articolo 41 sexies, introdotto dalla L. n. 765 del 1967, articolo 18, e’ subordinato alla condizione che l’area scoperta esista e non sia stata adibita ad un uso incompatibile con la sua destinazione; ove lo spazio, pur previsto nel progetto autorizzato, non sia stato riservato a parcheggio in corso di costruzione e sia stato, invece, utilizzato per realizzarvi manufatti od opere di altra natura, non puo’ farsi ricorso alla tutela ripristinatoria di un rapporto giuridico mai sorto ma, eventualmente, a quella risarcitoria, atteso che il contratto di trasferimento delle unita’ immobiliari non ha avuto ad oggetto alcuna porzione dello stesso ed il riconoscimento giudiziale del diritto reale d’uso degli spazi destinati a parcheggio puo’ avere ad oggetto soltanto le aree che siano destinate allo scopo di cui si tratta nei provvedimenti abilitativi all’edificazione.
Sennonche’ da tale principio deriva che la configurabilita’ della sola tutela risarcitoria si ha quando lo spazio vincolato, pur previsto nel progetto autorizzato, non sia stato riservato a parcheggio in corso di costruzione e sia stato utilizzato per realizzarvi manufatti od opere di altra natura.
Ma non e’ questa la situazione che la Corte d’appello, confermando la sentenza del Tribunale, ha accertato, essendo risultato, alla luce delle emergenze tecniche, che la proprieta’ (OMISSIS) con la destinazione di autorimessa e’ localizzata all’interno della superficie destinata inderogabilmente a parcheggio (“l’area destinata a parcheggio di proprieta’ del (OMISSIS) indicata dal consulente in mq 215,82 e’ l’area sulla quale grava per legge il diritto d’uso”).
Il ricorrente sostiene che non sarebbe questa la situazione di fatto, che sarebbe invece caratterizzata dalla assenza assoluta di spazi da riservare ad area di parcheggio comune, per non averli il costruttore mai individuati o realizzati e per non essere il vincolo pertinenziale mai venuto ad esistenza.
In tal modo il ricorrente, pur denunciando violazione e falsa applicazione di norme di legge, muove dalla deduzione di una situazione di fatto (la mancata realizzazione delle aree di parcheggio da parte del costruttore) che non risulta dal testo della sentenza impugnata, finendo cosi’ per addebitare alla sentenza impugnata un vizio nella ricostruzione stessa del fatto rilevante, non censurato sotto il profilo dell’omesso esame circa un fatto decisivo che e’ stato oggetto di discussione tra le parti.
2. – Con il secondo mezzo (violazione e falsa applicazione degli articoli 1476, 1483, 1218 e 1223 c.c., omesso esame delle tesi giuridiche prospettate, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3) il ricorrente lamenta che la Corte d’appello abbia rigettato la domanda di risarcimento proposta, sul rilievo che l’acquirente (OMISSIS) non poteva non essere a conoscenza del vincolo di destinazione gravante sull’area. Cosi’ decidendo, il giudice di secondo grado – si sostiene oltre a fare un uso scorretto della regola di diritto, avrebbe altresi’ omesso di leggere il regolamento contrattuale di condominio che nessuna menzione fa circa l’area in questione. Anche nel contratto di compravendita intervenuto tra (OMISSIS) e il (OMISSIS) non vi sarebbe alcuna menzione circa il vincolo di destinazione gravante sull’area. La vicenda andrebbe ricompresa nell’alveo della garanzia per evizione, totale o parziale, della cosa venduta.
2.1. – La censura e’ priva di fondamento.
La Corte d’appello si e’ correttamente attenuta al principio di diritto secondo cui il diritto reale d’uso di aree destinate a parcheggio, quale limite legale della proprieta’ del bene, deriva da norme imperative assistite, come tali, da una presunzione legale di conoscenza da parte dei destinatari, si’ che il vincolo da esse imposto non puo’ legittimamente qualificarsi come onere non apparente gravante sull’immobile secondo la previsione dell’articolo 1489 c.c., e non e’, conseguentemente, invocabile dal compratore come fonte di responsabilita’ del venditore che non lo abbia dichiarato nel contratto (Cass., Sez. II, 18 aprile 2000, n. 4977).
3. – Il terzo motivo e’ rubricato “omesso esame circa circostanze decisive per il giudizio (punti 4-5-6 oggetto della comparsa di costituzione in appello), in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5″. Con esso il ricorrente si duole che, a causa del rigetto della domanda di risarcimento dei danni, il giudice di secondo grado abbia totalmente omesso di prendere in esame e pronunciare sui punti 4), 5) e 6) (pagg. da 11 a 18) della comparsa di costituzione e risposta con appello incidentale, attinenti:
il punto 4), all’erronea valutazione del c.t.u. in merito all’esatta consistenza del bene da asservire a parcheggio. Vizio di ultra-petizione e di insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia”;
il punto 5), all’erronea indicazione dei lavori da eseguire, onde consentire il buon diritto degli attori senza offendere e limitare oltre naturale misura quello del sig. (OMISSIS)”;
il punto 6), all’erronea quantificazione dei danni patiti dal sig. (OMISSIS) da porre a carico degli eredi del suo dante causa”.
3.1. – Il motivo e’ inammissibile.
Esso infatti, pur denunciando l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine a tre motivi di gravame incidentale, non riconduce la censura ne’ alla fattispecie di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riguardo all’articolo 112 c.p.c., ne’ reca univoco riferimento alla nullita’ della decisione derivante da tale omissione.
La doglianza – dedotta esclusivamente sotto il profilo dell’omesso esame di circostanze decisive e della violazione e falsa applicazione di legge – non puo’ pertanto trovare ingresso, secondo quanto gia’ stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. U., 24 luglio 2013, n. 17931; Cass., Sez. H, 7 maggio 2018, n. 10862).
4. – Il ricorso e’ rigettato.
Non vi e’ luogo a pronuncia sulle spese, non avendo gli intimati
svolto attivita’ difensiva in questa sede.
5. – Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto l’articolo 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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