Proprietario di una strada già assoggettata a servitù di uso pubblico di passaggio

Corte di Cassazione, sezione sesta (prima) civile, Ordinanza 25 maggio 2020, n. 9547.

La massima estrapolata:

La domanda di risarcimento del danno, proposta dal proprietario di una strada già assoggettata a servitù di uso pubblico di passaggio, il quale deduca di aver subito la definitiva spoliazione del terreno per effetto dell’illecito spossessamento operato dal comune, comporta il necessario accertamento dell’effettiva immutazione della precedente situazione di possesso concernente la detta strada, con la verifica delle concrete modalità di esercizio della servitù pubblica di passaggio, e delle ulteriori residue facoltà, poteri o utilità che fossero state sottratte al proprietario rispetto a quelle già perdute per effetto dell’esistenza della servitù.

Ordinanza 25 maggio 2020, n. 9547

Data udienza 19 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Servitu’ – Pubbliche – Di uso pubblico servitù di uso pubblico su strada – Contenuto – Domanda di risarcimento del danno proposta dal privato – Definitiva spoliazione del terreno – Accertamento del giudice del merito – Criteri.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10820/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
COMUNE DI LECCE, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce n. 237/17 depositata il 28 febbraio 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 febbraio 2020 dal Consigliere Guido Mercolino.

RILEVATO

che (OMISSIS), gia’ proprietario di due fondi della superficie di mq. 8334 e mq. 6945, siti in Lecce e riportati in Catasto al foglio (OMISSIS), particelle (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), al foglio (OMISSIS), particelle (OMISSIS) e (OMISSIS), ed al foglio (OMISSIS), particelle (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ha proposto ricorso per cassazione, per due motivi, illustrati anche con memoria, avverso la sentenza del 28 febbraio 2017, con cui la Corte d’appello di Lecce ha parzialmente accolto il gravame da lui interposto contro la sentenza emessa il 1 agosto 2011 dal Tribunale di Lecce, confermando il rigetto della domanda di restituzione degli immobili, occupati per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria, ma condannando il Comune di Lecce al pagamento della somma di Euro 1.611,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria, a titolo di risarcimento del danno per la perdita del diritto di proprieta’;
che il Comune ha resistito con controricorso.
Considerato che con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 2043 c.c., osservando che la sentenza impugnata, pur avendo accertato l’illegittimita’ originaria dell’occupazione, ha proceduto alla liquidazione del danno sulla base della natura dei fondi alla data d’instaurazione del giudizio, riducendone il valore in relazione alla servitu’ di uso pubblico gravante sugli stessi, senza considerare che, come riconosciuto dallo stesso Comune nella comparsa di costituzione in primo grado, la destinazione dei suoli a strada pubblica, formalizzata dal Piano regolatore generale del 1989, risaliva ad epoca anteriore al 1977, con la conseguenza che, in assenza di un’eccezione di prescrizione, il danno avrebbe dovuto essere rapportato alla predetta epoca;
che il motivo e’ inammissibile, per difetto di specificita’, essendosi il ricorrente limitato a far valere l’omessa valutazione del pregiudizio cagionato dalla privazione del possesso dei fondi in epoca anteriore alla rinunzia del diritto di proprieta’, ricollegata dalla sentenza impugnata alla proposizione della domanda risarcitoria, riconoscendo che la destinazione a strada pubblica costituiva esercizio della servitu’ di uso pubblico gravante sui fondi da oltre un ventennio, ma omettendo di precisare l’epoca in cui si sarebbe verificata la completa sottrazione della disponibilita’ delle aree e le relative modalita’;
che, in riferimento all’ipotesi in cui una strada gia’ assoggettata a servitu’ di pubblico passaggio sia stata illegittimamente occupata da un Comune, questa Corte ha infatti affermato che il riconoscimento del danno derivante dallo spossessamento postula la verifica dell’effettiva immutazione della precedente situazione di possesso del suolo, la quale implica a sua volta la prova delle concrete modalita’ di esercizio della servitu’ e degli ulteriori residui poteri, facolta’ o utilita’ sottratti al proprietario rispetto a quelli gia’ perduti per effetto dell’esistenza della stessa, non risultando sufficienti ad affermare l’avvenuta interversione del possesso da parte del Comune ne’ l’esercizio di facolta’ ricomprese nella servitu’ di uso pubblico (quali l’esercizio di poteri di polizia sulla strada, il servizio di pubblica amministrazione, l’apposizione dei numeri civici sui fabbricati, l’esecuzione di lavori di manutenzione o del manto stradale, etc.) o che non sono di per se’ idonee ad incidere sulla situazione possessoria (quali la destinazione a strada pubblica nell’ambito del piano regolatore o l’inclusione della strada nella toponomastica cittadina), e nemmeno l’apertura di accessi sulla strada a favore di fondi latistanti (riconducibile al comportamento di singoli privati esorbitanti dai limiti della servitu’), ma dovendosi accertare le concrete modalita’ con le quali l’ente pubblico abbia di fatto usurpato il completo possesso uti dominus della strada, con conseguente perdita della disponibilita’ da parte del proprietario (cfr. Cass., Sez. II, 6/08/1983, n. 5282);
che e’ altresi’ inammissibile, per difetto di specificita’, il secondo motivo, con cui il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rilevando che, ai fini della liquidazione del danno, la sentenza impugnata ha richiamato la relazione del c.t.u. nominato nel giudizio di appello, il quale si era limitato a dare atto dell’esistenza della servitu’ di uso pubblico, senza indicare gli elementi posti a fondamento della stima, e non ha tenuto conto della destinazione urbanistica dei fondi, risultante dalla relazione del c.t.u. nominato nel giudizio di primo grado;
che la mancata precisazione dei residui poteri, facolta’ ed utilita’ spettanti al proprietario rispetto a quelli gia’ perduti in conseguenza dell’acquisto della servitu’ da parte del Comune impedisce infatti di attribuire portata determinante alla classificazione dei fondi risultante dallo strumento urbanistico, non risultando quest’ultima di per se’ sufficiente a giustificare il riconoscimento di un valore di mercato commisurato a possibilita’ di sfruttamento ad essa astrattamente conformi, in presenza di un vincolo gravante sul suolo, che precluda la concreta realizzazione delle predette potenzialita’;
che il ricorso va dichiarato pertanto inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dal cit. articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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