Promessa di vendita e la consegna del bene

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|13 dicembre 2022| n. 36399.

Promessa di vendita e la consegna del bene

Nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori, sicché la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile “ad usucapionem”, salvo la dimostrazione di un’intervenuta “interversio possessionis” nei modi previsti dall’art. 1141 cod. civ.

Ordinanza|13 dicembre 2022| n. 36399. Promessa di vendita e la consegna del bene

Data udienza 13 ottobre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Immobile – Proprietà – Usucapione – Possesso – Promessa di vendita – Consegna del bene – Anticipazione degli effetti traslativi – Esclusione – Presunzione del possesso ad usucapionem – Art. 141 cc – Onere della prova

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 12954/2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), e per essa il suo procuratore (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 2472/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/04/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/10/2022 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

Promessa di vendita e la consegna del bene

OSSERVA

La Corte d’appello di Roma confermo’ la sentenza di primo grado, con la quale era stata rigettata la domanda proposta (OMISSIS) e (OMISSIS), anche quali eredi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), con la quale avevano chiesto di essere dichiarati proprietari per usucapione d’un immobile.
Davanti al Tribunale era intervenuta, aderendo alla difesa della convenuta, la fondazione (OMISSIS).
La Corte d’appello, siccome il Tribunale, ritenne che l’attrice non avesse provato il proprio possesso utile all’usucapione per il ventennio di legge.
Le attrici avevano dedotto che (OMISSIS) (marito di (OMISSIS), genitore di (OMISSIS) e nonno di (OMISSIS) e (OMISSIS)), in data 28/6/1980, si era reso promissario acquirente del predetto immobile, del quale era proprietaria (OMISSIS); che dalla data d’immissione (10/7/1980) costui si era reso possessore dello stesso, abitandovi, senza interruzione, con la famiglia, sino al decesso del (OMISSIS); che dopo la di lui morte il possesso era continuato in capo alle eredi.
La convenuta aveva, per contro, dedotto che il promissario acquirente non aveva giammai avuto con la “res” una relazione possessoria, bensi’ di mera detenzione, essendo stato immesso a godere del fabbricato in forza del contratto preliminare di compravendita del 1980, senza che avesse compiuto atti di d’interversione del possesso.
L’ (OMISSIS), qualificatasi creditrice della (OMISSIS), era intervenuta sostenendo le ragioni di quest’ultima, nel proprio interesse, avendo promosso procedura d’espropriazione immobiliare.
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ricorrono avverso la decisione d’appello sulla base di sei motivi. (OMISSIS) resiste con controricorso.
1. Con il primo motivo, denunciante violazione o falsa applicazione degli articoli 1362, 372 e segg. e articolo 1376 c.c., le ricorrenti lamentano l’erroneita’ della sentenza per avere reputato che la consegna dell’immobile fosse da porsi in relazione al contratto preliminare, che invece non prevedeva anticipato godimento dell’immobile; nel mentre il (OMISSIS) aveva goduto per ventitre’ anni del possesso pacifico, ininterrotto e indisturbato dello stesso. Di conseguenza la Corte locale aveva operato un’erronea “ricognizione della fattispecie astratta” contemplata dalle norme evocate. Andava rilevato un “contrasto irriducibile” nell’argomentare della sentenza, la quale, per un verso aveva correttamente interpretato il contratto e, per altro verso, aveva affermato che il possesso fosse stato trasferito con la consegna delle chiavi, finendo per qualificare detenzione il possesso.
Anche a non volere considerare cio’ la Corte d’appello, proseguono le ricorrenti, non aveva indicato le ragioni per le quali la consegna, a seguito di contratto preliminare, non avrebbe potuto reputarsi fonte di vero e proprio possesso.

Promessa di vendita e la consegna del bene

1.1. La doglianza e’ infondata.
La sentenza, partendo dal presupposto fattuale che le chiavi erano state consegnate al promissario acquirente al fine di consentirgli di far luogo a talune misurazioni nella prospettiva di successivi lavori di adeguamento, afferma non constare atti esterni di mutamento della detenzione in possesso, concretizzatisi in aperta opposizione al proprietario. Ne’, si soggiunge, il possesso puo’ avere fonte diversa dalla nuda volonta’ del possessore, nel mentre nel caso di specie risultava, come si e’ detto, che le chiavi fossero state consegnate per volere della promittente alienante. Per contro, alle domande di sanatoria edilizia e a talune opere di manutenzione non poteva attribuirsi un tal significato poiche’ non si ponevano in contrasto con il titolo.
La censura, nella sostanza, sotto un primo profilo, non si confronta precipuamente con la motivazione del Giudice, il quale mostra di avere avuta piena consapevolezza del fatto che le chiavi non furono consegnate in esecuzione del contratto preliminare, che sul punto nulla prevedeva, ma al fine di cui s’e’ detto. Pertanto, non e’ dubbio che il rapporto con la cosa, anche sulla base della stessa ricostruzione delle ricorrenti, era di detenzione. Di, conseguenza, non trova pertinenza critica la pretesa violazione delle norme sull’ermeneutica contrattuale.
Sotto un secondo profilo, a tutto concedere, il ricorso indugia nella critica del fermo principio di diritto, dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, secondo il quale nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si realizza un’anticipazione degli effetti traslativi, fondandosi la disponibilita’ conseguita dal promissario acquirente sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori, sicche’ la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, e’ qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile “ad usucapionem” ove non sia dimostrata una “interversio possessionis” nei modi previsti dall’articolo 1141 c.c. (ex multis, Sez. 2, n. 5211, 16/03/2016, Rv. 639209).
2. Con il secondo motivo le ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione dell’articolo 1141 c.c., commi 1 e 2, e articolo 2728 c.c..
Queste, in sintesi, le critiche:
– la decisione aveva violato il principio normativo di cui dell’articolo 141 c.c., comma 1, di presunzione di possesso “ad usucapionem”, spettando alla controparte dimostrare che trattasi di detenzione e, in particolare, la (OMISSIS) non aveva fornito la prova della precarieta’ della consegna delle chiavi, mantenendo condotta silente per oltre un ventennio;
– la Corte d’appello non aveva tenuto conto delle risultanze istruttorie e, in particolare, delle dichiarazioni dei testi introdotti dalla parte oggi ricorrente;
– il (OMISSIS) aveva compiuto plurime condotte inequivocamente manifestanti all’esterno l’intenzione di godere dell’immobile come se ne fosse il proprietario (aveva chiesto sanatoria edilizia, aveva dotato di piante ornamentali e di recinzione il giardino, aveva pagato gli oneri condominiali) e cio’ era rimasto dimostrato dall’istruttoria orale;
– per contro, l’uso prolungato dell’immobile faceva escludere compatibilita’ con la tolleranza della proprietaria.

Promessa di vendita e la consegna del bene

2.1. Il motivo e’ infondato.
Posto non essere dubbio che il rapporto con la cosa instaurato dal promissario acquirente fu di mera detenzione, la Corte d’appello ha escluso che gli indici sottoposti al suo vaglio avessero integrato l’opposizione del detentore al possessore mediato (la promittente alienante).
Il vaglio di tali indici e’ affidato alla discrezionalita’ del giudice del merito con giudizio non sindacabile in sede di legittimita’. Peraltro, i riferimenti all’istruttoria fatti dalle ricorrenti non risultano specifici, non essendo dato conoscere in questa sede il contenuto precipuo degli apporti testimoniali, evocati del tutto sommariamente.
In punto di diritto, quanto alla natura e attitudine degli atti idonei a rappresentare l’opposizione di cui s’e’ detto, a mente dell’articolo 1141 c.c., comma 2, va osservato che l’interversione nel possesso non puo’ aver luogo mediante un semplice atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in una manifestazione esteriore – rivolta specificamente contro il possessore, in maniera che questi possa rendersi conto dell’avvenuto mutamento – dalla quale sia consentito desumere che il detentore abbia cessato d’esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui ed abbia iniziato ad esercitarlo esclusivamente in nome proprio, con correlata sostituzione al precedente “animus detinendi” dell'”animus rem sibi habendi”. Non rilevano, a tal fine, l’inottemperanza alle pattuizioni in forza delle quali la detenzione era stata costituita, verificandosi, in questo caso, un’ordinaria ipotesi di inadempimento contrattuale, ne’ meri atti di esercizio del possesso, traducendosi gli stessi in un’ipotesi di abuso della situazione di vantaggio determinata dalla materiale disponibilita’ del bene (Sez. 1, n. 26237, 20/12/2016, Rv. 642763). Nessuna delle condotte descritte dalle ricorrenti integra o presuppone una tale opposizione.
3. Il terzo motivo, con il quale le ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c., per avere la Corte locale reputato che la circostanza che la mancata restituzione delle chiavi, una volta effettuate le misurazioni, integrasse l’opposizione di cui dell’articolo 1141 c.c., comma 2, dedotta in secondo grado, costituisse eccezione in senso proprio e, pertanto, fosse da giudicare tardiva, risulta assorbito (in senso improprio) dal rigetto dei primi due motivi. Rigetto che si fonda sulla assorbente constatazione che la mera mancanza di restituzione delle chiavi, che non fosse dipesa da un chiaro rifiuto opposto alla titolare, non integra l’opposizione necessaria a mutare la detenzione in possesso.
4. il quarto e il quinto motivo, con i quali le ricorrenti denunciano l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, nonche’ (in relazione solo al quarto motivo) lesione degli articoli 3 e 24 Cost., non superano lo scrutinio d’ammissibilita’.
Vertendosi in ipotesi di “doppia conforme” trova applicazione “ratione temporis”, l’articolo 348 ter c.p.c., comma 5, e il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilita’ del motivo di cui dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poche a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Sez. 2, n. 5528, 10/03/2014, Rv. 630359; conf., ex multis, Cass. nn. 19001/2016, 26714/2016), evenienza che nel caso in esame non ricorre affatto.
La violazione delle norme costituzionali non puo’ essere prospettata direttamente come motivo di ricorso per cassazione, in quanto il contrasto tra la decisione impugnata e i parametri costituzionali, realizzandosi sempre per il tramite dell’applicazione di una norma di legge, deve essere portato ad emersione mediante l’eccezione di illegittimita’ costituzionale della norma applicata (di recente, Sez. U. n. 25573, 12/11/2020, Rv. 659459; Sez. 5, n. 15879, 15/6/2018, Rv. 649017; conf. n. 3709/2014).
5. Il sesto motivo, con il quale le ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione dell’articolo 92 c.p.c., comma 2, per essere state condannate a rifondere le spese anche in favore dell’intervenuta Fondazione (OMISSIS), senza che il Tribunale, prima, e la Corte d’appello, dopo, avessero rinvenuto quelle “eccezionali ragioni”, sulla base delle quali, applicando il vigente testo della norma richiamata, si sarebbe potuto motivatamente disporre la compensazione, risulta, all’evidenza, inammissibile, in quanto evoca un nuovo apprezzamento di merito estraneo al giudizio di legittimita’.
6. Il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualita’ della causa, nonche’ delle svolte attivita’, siccome in dispositivo, in favore della controricorrente, distratte in favore dell’avvocato (OMISSIS), dichiaratosi anticipatario.
7. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ in favore della controricorrente, che, distratte in favore dell’avv. (OMISSIS), liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17), si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

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