La procura speciale sul foglio aggiunto al ricorso

Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 7 aprile 2020, n. 2321.

La massima estrapolata:

La procura speciale sul foglio aggiunto al ricorso anteriormente alla data di notifica si deve presumere come riferibile al titolare della situazione azionata con quel determinato giudizio quando si sia in presenza di un corredo di fatti e circostanze univoche.

Sentenza 7 aprile 2020, n. 2321

Data udienza 7 aprile 2020

Tag – parola chiave: Abusi edilizi – Diniego di sanatoria – Sanzione della demolizione – Atto dovuto – Zona soggetta a vincolo paesaggistico – Esclusa applicazione del silenzio assenso sul condono – Ricorso – Procura – Validità

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4271 del 2014, proposto da
Ka. An. e An. Ca., rappresentate e difese dall’avvocato Ga. Lo., con domicilio eletto presso lo studio Al. Gi. in Roma, viale (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Al. To., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, largo (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, 9 dicembre 2013 n. 10576, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 aprile 2020 il Cons. Diego Sabatino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso iscritto al n. 4271 del 2014, Ka. An. e An. Ca. propongono appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, 9 dicembre 2013 n. 10576 con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto contro il Comune di (omissis) per l’annullamento
– della determinazione dirigenziale 21.2.2012 n. 6324 del Dipartimento Tecnico del Comune di (omissis), con la quale è stata respinta domanda di sanatoria edilizia presentata dal sig. An. An., nonché della consequenziale ordinanza 24.4.2012 n. 18, con la quale la medesima Autorità ha ingiunto la demolizione delle opere abusive non condonate.
I fatti di causa possono essere così riassunti.
In data 10 dicembre 2004, An. An. aveva presentato al Comune di (omissis) domanda di permesso di costruire in sanatoria per un fabbricato a uso residenziale.
Con determinazione dirigenziale n. prot. 6324 del 21 febbraio 2012 il Dipartimento tecnico del Comune di (omissis) ha respinto la domanda in quanto ha ritenuto che la costruzione abusiva sia stata realizzata in zona soggetta a vincolo paesaggistico. Con successiva e consequenziale ordinanza 24 aprile 2012 n. 18 è stata ingiunta la demolizione del fabbricato.
Impugnano i predetti provvedimenti innanzi al T.A.R. Ka. An. e An. Ca., eredi di An. An., formulando censure di violazione della normativa procedimentale e sostanziale che regola la fattispecie, difetto di motivazione e carenza dell’attività istruttoria.
Il Comune di (omissis) si è costituito in giudizio e ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di procura e genericità delle censure.
All’udienza del 10 ottobre 2013, il ricorso veniva discusso e deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le eccezioni processuali proposte dal Comune in relazione alla carenza di un mandato alle liti valido.
Contestando le statuizioni del primo giudice, le parti appellanti evidenziano l’errata ricostruzione in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo come motivi di appello le proprie originarie censure, come meglio descritte in parte motiva.
Nel giudizio di appello, si è costituito il Comune di (omissis), chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
Alla pubblica udienza del 7 aprile 2020, previa presentazione di istanza congiunta ex art. 84 comma 2 del d.l. 17 marzo 2020 n. 18, il ricorso è stato assunto in decisione.

DIRITTO

1. – L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
2. – Con il primo motivo di diritto, rubricato “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 39 D. Lgs. n. 104/2010 e Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 83 c.p.c.”, viene dedotta l’erronea applicazione della legge processuale, in relazione alla riscontrata assenza di un valido mandato alla lite, in questo questo era stato rilasciato non in calce all’atto introduttivo del ricorso, ma con foglio separato e ad esso spillato, nonché privo di data.
2.1. – La censura è degna di positiva valutazione.
Al contrario di quanto ritenuto dal primo giudice, nel caso in esame è applicabile il principio per il quale la procura speciale sul foglio aggiunto al ricorso anteriormente alla data di notifica si deve presumere come riferibile al titolare della situazione azionata con quel determinato giudizio quando si sia in presenza di un corredo di fatti e circostanze univoche. Nel caso in specie, la collocazione materiale della procura, posta fisicamente tra il ricorso e la sua notifica, fa invero ritenere certa la provenienza del potere di rappresentanza e dà luogo alla presunzione di riferibilità della procura stessa al giudizio cui accede, mentre l’introduzione del giudizio con ricorso vale ad attribuire coincidenza tra la data di conferimento e quella di deposito (da ultimo, Cass. civ., V, 21 dicembre 2019, n. 34259; Cass. civ., I, 27 dicembre 2011, n. 28839).
3. – La condivisione della ragione processuale di censura impone quindi alla Sezione di procedere all’esame delle doglianze proposte in prime cure e non esaminate dal T.A.R. in ragione dell’errato accoglimento dell’eccezione sulla formalità del mandato.
Tra l’altro, si rammenta il principio generale di economia processuale, evincibile dall’art. 74 c.p.a., secondo cui il giudice potrebbe legittimamente non definire le eccezioni d’inammissibilità o di irricevibilità del ricorso, se lo stesso è nel merito infondato (Cons. Stato, V, 9 luglio 2015, n. 3443), come nella specie.
3.1. – In merito alla prima censura, rubricata “1. Violazione di Legge (art. 10 bis della L. n. 241/1990 e dell’art. 6 c. 2 della Legge Regione Lazio n. 12/2014)”, dove si censura la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento sanzionatorio, si ricorda il carattere sostanzialmente vincolato del diniego in questione, nonché la mancata indicazione degli elementi che le stesse interessate avrebbero inteso proporre in termini di osservazioni procedimentali.
3.2. – In merito alla seconda censura, rubricata “2. Violazione di Legge (art. 6 c. 3 della Legge Regione Lazio n. 12/2004), dove si lamenta il mancato impiego dello strumento semplificatorio del silenzio accoglimento, è sufficiente evidenziare come lo stesso non sia applicabile, ai sensi dell’art. 20 della legge 241 del 1990, ai procedimenti riguardanti il patrimonio paesaggistico e ambientale, come nel caso in esame.
3.3. – In relazione al terzo motivo, rubricato “3. Omessa motivazione (con rif. all’art. 6 c. 3 della Legge Regione Lazio n. 12/2004), dove si lamenta la mancata motivazione del provvedimento, va invece evidenziato come dallo stesso emergano le ragioni in fatto e in diritto necessarie alla sua giustificazione, come sopra ricordato, stante anche il carattere vincolato dello stesso.
3.4. – In relazione al quarto motivo, rubricato “4. Violazione di legge (artt. 1 e 3 della Legge 241/1990)”, dove si lamenta il difetto di istruttoria stante l’indicazione dei destinatari del provvedimento solo quali eredi del materiale autore, va ricordato come sia corretta l’individuazione del soggetto obbligato nel detto autore e, per lui, dei suoi eredi, a cui risulta opponibile stante la natura reale della misura dell’ordine di riduzione (Cons. Stato, VI, 15 aprile 2015, n. 1927).
3.5. – In relazione al quinto motivo, rubricato “5. Violazione di legge (artt. 1 e 3 della Legge 241/1990 e dell’art. 31 c. 2 DPR n. 380/2001)”, dove si lamenta il vizio dell’omessa individuazione del bene oggetto dell’ordine, va ricordato che la fattispecie riguarda gli esiti di una istanza di sanatoria, istanza dalla quale il bene è del tutto dedotto ed individuato.
3.6. – In merito al sesto motivo, recante “6. Violazione di legge (art. 31 c. 2 DPR n. 380/2001)”, dove la censura riguarda la mancata individuazione degli altri responsabili, va ricordato che, stante la già ricordata natura reale dell’ordine, questa appare non necessaria, essendo l’operato del Comune sufficiente per ricondurre in pristino l’area e quindi idoneo al raggiungimento del fine impostogli dalla legge.
4. – Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663).
5. – L’appello va quindi respinto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Respinge l’appello n. 4271 del 2014 e, per l’effetto, conferma con diversa motivazione la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, 9 dicembre 2013 n. 10576;
2. Condanna Ka. An. e An. Ca. a rifondere, in solido tra loro, al Comune di (omissis) le spese del presente grado di giudizio che liquida in Euro. 2.000.00 (euro duemila) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, se dovuti.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 aprile 2020 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere, Estensore
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere
Giovanni Orsini – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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