Il contratto autonomo di garanzia

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza|5 marzo 2020| n. 6177.

La massima estrapolata:

Con il contratto autonomo di garanzia il garante si impegna a tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento dell’obbligazione – che può avere ad oggetto anche una prestazione infungibile – gravante sul debitore principale, in ciò differenziandosi rispetto al fideiussore, il quale, garantendo l’adempimento dell’obbligazione altrui, è tenuto ad una prestazione identica a quella dovuta dal debitore principale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva qualificato come garanzia autonoma la polizza cauzionale prestata da una società di assicurazione per le obbligazioni assunte da un concessionario del servizio di smaltimento di rifiuti speciali, desumendo il carattere infungibile della prestazione del debitore principale dai requisiti tecnici, economici e di affidabilità indispensabili per il rilascio delle autorizzazioni amministrative necessarie allo svolgimento del servizio).

Ordinanza|5 marzo 2020| n. 6177

Data udienza 26 novembre 2019

Tag – parola chiave: Obbligazioni – Servizio gestione rifiuti – Adempimento – Fideiussione – Polizza cauzionale – Funzione – Escussione
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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 25667-2018 proposto da:
(assuntore servizio gestione rifiuti) (OMISSIS) in persona del Dirigente Procuratore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
PROVINCIA DI MASSA CARRARA;
– intimata –
Nonche’ da:
PROVINCIA DI MASSA CARRARA, in persona del Presidente e legale rappresentante (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 1891/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/11/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Roma con sentenza in data 3.1.2011 ha rigettato, per decadenza ai sensi dell’articolo 1957 c.c., la domanda della Provincia di Massa e Carrara avente ad oggetto la escussione della polizza cauzionale prestata da (OMISSIS) a garanzia dell’esatto adempimento delle obbligazioni assunte da (OMISSIS) s.r.l. – societa’ successivamente dichiarata fallita – ai sensi del Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articoli 27 e 28 in dipendenza dell’affidamento in concessione del servizio di gestione dell’impianto di recupero di rifiuti speciali.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza 24.3.2018 n. 1891, pronunciando sull’appello della Provincia, qualificava diversamente il rapporto contrattuale, ravvisando la prestazione di una garanzia autonoma volta ad assicurare all’ente creditore (la Provincia) l’indennizzo risarcitorio in caso di inadempimento del debitore garantito, con conseguente inapplicabilita’ della disciplina tipica del negozio fidejussorio: condannava, pertanto, (OMISSIS) al pagamento dell’indennizzo, rigettando la eccezione di nullita’ del contratto di garanzia per contrasto con norma imperativa (L. n. 295 del 1978, articolo 5), atteso che il ramo cauzioni costitutiva oggetto delle attivita’ che le imprese di assicurazione erano espressamente autorizzate ad esercitare.
La sentenza di appello, non notificata, e’ stata impugnata per cassazione da (OMISSIS) con ricorso affidato a cinque motivi.
Resiste con controricorso la Provincia di Massa e Carrara che ha proposto anche ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi.
Le parti hanno depositato memorie ex articolo 380 bis1 c.p.c.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Primo motivo: vizio di extrapetizione ex articolo 99 c.p.c., ex articolo 101 c.p.c., comma 2, ex articoli 112, 183, 324 e 329 c.p.c.; violazione articoli 1241 e 2909 c.c.
La ricorrente impugna la sentenza di appello nella parte in cui disattende la qualificazione giuridica del rapporto controverso operata dal Tribunale, sostituendo di ufficio, all’accertamento della solidarieta’ per accessorieta’ delle obbligazioni del garante e del debitore principale, la autonomia dei rapporti, e statuendo inoltre -senza provocare il contraddittorio sul punto – la nullita’ della clausola di cui all’articolo 5 CGA, sebbene tale vizio di invalidita’ non fosse stato dedotto con specifica eccezione dalla Provincia, pertanto essendo incorso il Giudice di appello nel vizio di extrapetizione.
Il motivo deve ritenersi infondato, indipendentemente dal rilievo di inammissibilita’ per la lacunosa esposizione del fatto, violativa dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3, non essendo stato neppure illustrato il contenuto della clausola prevista dall’articolo 5 CGA, desumibile soltanto “aliunde”, dalla motivazione della sentenza impugnata, e non potendo ritenersi esaustiva la mera estrapolazione soltanto di alcune proposizioni dall’atto di appello della Provincia.
Osserva infatti il Collegio che, se la questione di nullita’ della clausola non puo’ ritenersi introdotta attraverso la estrema ratio difensiva cui si e’ affidata (OMISSIS) nella comparsa di risposta in grado di appello (laddove nel rilevare che il Giudice deve interpretare e qualificare il contratto privilegiando la soluzione che consenta di salvaguardarne gli effetti giuridici piuttosto di quella che ne neghi la validita’ e la efficacia, ha sostenuto che la qualificazione come garanzia autonoma andrebbe incontro alla dichiarazione di nullita’ per contrarieta’ a norma imperativa ex articolo 1418 c.c. dell’intera polizza, “trattandosi di operazioni che non possono essere contenute dall’oggetto sociale del impresa assicurativa”), mentre appare appena accennata ma non sviluppata nella argomentazione giuridica, nell’atto di appello della Provincia (essendo stata paventata una possibile nullita’ della clausola di cui all’articolo 5 CGA in quanto prevede un “facere” a carico di soggetto diverso dal concessionario), tuttavia ogni contestazione sulla corretta sottoposizione al Giudice della questione della invalidita’ negoziale viene ad essere definitivamente tacitata dal potere riservato al Giudice – anche in grado di appello – di rilevare “ex officio” il vizio di nullita’ del contratto azionato in giudizio, con conseguente riflesso dell’accertamento della nullita’ della clausola sulla diversa soluzione della controversia, concernente la struttura solidale o meno da riconoscere alla obbligazione principale ed a quella di garanzia poste in capo al garante ed al debitore principale garantito.
Occorre infatti ribadire che la “rilevazione” “ex officio” delle nullita’ negoziali (sotto qualsiasi profilo, anche diverso da quello allegato dalla parte, ed altresi’ per le ipotesi di nullita’ speciali o “di protezione”) e’ sempre obbligatoria, purche’ la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una individuata “ragione piu’ liquida”, e va intesa come “indicazione” alle parti di tale vizio; la loro “dichiarazione”, invece, ove sia mancata un’espressa domanda della parte pure all’esito della suddetta indicazione officiosa, costituisce statuizione facoltativa (salvo per le nullita’ speciali, che presuppongono una manifestazione di interesse della parte) del medesimo vizio, previo suo accertamento, nella motivazione e/o nel dispositivo della pronuncia, con efficacia, peraltro, di giudicato in assenza di sua impugnazione. Nel giudizio di appello ed in quello di cassazione, il giudice, in caso di mancata rilevazione officiosa, in primo grado, di una nullita’ contrattuale, ha sempre facolta’ di procedere ad un siffatto rilievo (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 26242 del 12/12/2014).
Deve aggiungersi che, nella specie, la Corte d’appello rilevando e dichiarando ex officio la nullita’ della clausola delle CGA non e’ incorsa – diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente – nella violazione dell’articolo 101 c.p.c..
Con riferimento alle cause – come quella oggetto del presente giudizio di legittimita’ iniziate anteriormente alle modifiche introdotte all’articolo 101 c.p.c., comma 2 dalla Legge di riforma n. 69 del 2009, questa Corte ha enunciato il principio di diritto secondo cui “Nel caso in cui il giudice esamini d’ufficio una questione di puro diritto, senza procedere alla sua segnalazione alle parti onde consentire su di essa l’apertura della discussione (c.d. terza via), non sussiste la nullita’ della sentenza, in quanto (indiscussa la violazione deontologica da parte del giudicante) da tale omissione non deriva la consumazione di altro vizio processuale diverso dalrerror iuris in iudicando” ovvero dalrerror in iudicando de iure procedendi”, la cui denuncia in sede di legittimita’ consente la cassazione della sentenza solo se tale errore sia in concreto consumato: qualora invece si tratti di questioni di fatto, ovvero miste di fatto e di diritto, la parte soccombente puo’ dolersi della decisione, sostenendo che la violazione di quel dovere di indicazione ha vulnerato la facolta’ di chiedere prove o, in ipotesi, di ottenere una eventuale rimessione in termini, con la conseguenza che, ove si tratti di sentenza di primo grado appellabile, potra’ proporsi specifico motivo di appello solo al fine di rimuovere alcune preclusioni (specie in materia di contro-eccezione o di prove non indispensabili), senza necessita’ di giungere alla piu’ radicale soluzione della rimessione in primo grado, salva la prova, in casi ben specifici e determinati, che sia stato realmente ed irrimediabilmente vulnerato lo stesso valore del contraddittorio.” (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 20935 del 30/09/2009; id. Sez. 1, Sentenza n. 2984 del 16/02/2016; id. Sez. 3, Sentenza n. 15019 del 21/07/2016; id. Sez. 1 -, Sentenza n. 16049 del 18/06/2018; id. Sez. 2 -, Sentenza n. 17473 del 04/07/2018).
Orbene la questione della “nullita’ parziale” della clausola di cui all’articolo 5 CGA, che prevedeva la facolta’ alternativa, rimessa alla societa’ assicurativa, di “adempiere la stessa obbligazione gravante sul debitore inadempiente” in luogo di corrispondere alla Provincia l’importo della indennita’ dovuta a titolo di cauzione (si veda la sentenza di appello, in motivazione pag. 3: la clausola delle CGA e’ riportata alla pag. 13 del controricorso “l’Assicuratore, invece di corrispondere l’indennizzo potra’ a sua scelta sostituirsi al Contraente nella esecuzione delle obbligazioni garantite”), si palesava come mera “quaestio juris”, ed in quanto tale non richiedeva una previa instaurazione del contraddittorio, atteso che l’eventuale errata pronuncia di nullita’ della clausola, per contrasto con norma imperativa ex articolo 1418 c.c., verrebbe a tradursi in un vizio di -error in judicando” che la parte bene puo’ sempre denunciare, con specifico motivo di ricorso per cassazione.
La rilevazione, da parte della Corte territoriale, della nullita’ della clausola per impossibilita’ dell’oggetto, deve ritenersi peraltro non dirimente alla risoluzione della controversia, atteso che la clausola delle CGA non consente una “diretta” sostituzione del garante nella esecuzione della prestazione inadempiuta, evidenziandosi a tal fine la necessita’ dell’intervento di un soggetto terzo dotato dei requisiti di capacita’ tecnica ed economica prescritti dalla legge (Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 29). La questione verra’ sviluppata nell’esame del secondo e del terzo motivo di ricorso, dovendo anticiparsi la conformita’ a diritto della decisione del Giudice di appello, sia pure con motivazione corretta.
Secondo motivo: violazione degli articoli 1288, 1346 e 1418 c.c..
Lamenta la societa’ ricorrente che la Corte territoriale avrebbe errato a ritenere affetta da nullita’ la clausola delle CGA, in quanto la prevista possibilita’ per la societa’ garante di sostituirsi nell’adempimento della obbligazione del debitore principale non escludeva che tale scelta potesse essere attuata attraverso il conferimento in appalto a terzi del servizio di smaltimento rifiuti.
La censura e’ infondata.
Se la garanzia personale e’ certamente funzionale a rafforzare l’adempimento della prestazione dovuta a favore del creditore, “aggiungendo” al debitore principale un coobbligato in solido tenuto alla esecuzione della medesima prestazione (articolo 1936 c.c., comma 1, e articolo 1944 c.c., comma 1), tuttavia l’elemento della “eadem res” viene meno le volte in cui la obbligazione garantita abbia ad oggetto una prestazione infungibile anche solo soggettivamente, venendo a qualificarsi, allora, la garanzia secondo lo schema della “fi’dejussio indemnitatis”, atteso che, se l’interesse del creditore rimane insoddisfatto per l’inadempimento del debitore principale “infungibile”, il garante non puo’ che essere tenuto alla prestazione per equivalente volta al ristoro del danno.
Nella specie la natura infungibile della prestazione del debitore principale e’ stata desunta dalla Corte territoriale dai requisiti tecnici ed economici e di affidabilita’ indispensabili per il rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative, avendo in conseguenza tale Giudice correttamente escluso la stessa astratta possibilita’ di adempiere la medesima prestazione da parte della societa’ di assicurazione.
Tale “ratio decidendi” non viene inficiata dal rilievo per cui la prestazione avrebbe potuto essere eseguita da altro soggetto-terzo dotato dei requisiti di legge, al quale la societa’ garante avrebbe potuto conferire incarico contrattuale ad hoc.
In tal caso, infatti, la prestazione alternativa posta in essere dal garante non e’ la esecuzione della “medesima prestazione” dovuta dal debitore principale, sibbene quella diversa di sopportare gli oneri economici correlati alla stipula di apposito contratto con un terzo -qualora dotato dei requisiti prescritti- chiamato ad eseguire la prestazione inadempiuta dal debitore principale: in ogni caso, quindi, l’oggetto della obbligazione alternativa che la societa’ assicurativa e’ tenuta ad eseguire, non coincide con quello della obbligazione del debitore principale. La infungibilita’ della prestazione del debitore principale (concernente la gestione del servizio di smaltimento rifiuti speciali) rende oggettivamente diversa la prestazione dell’assicuratore in entrambe le sue componenti alternative (prestazione indennitaria ovvero stipula del contratto sostitutivo di appalto con il terzo ed assunzione dei relativi oneri economici), venendo quindi meno l’elemento costituivo della solidarieta’ delle obbligazioni del garante e del garantito individuato dalla “eadem res debita”.
Occorre tuttavia aggiungere che la stessa tesi difensiva svolta da (OMISSIS) e’ giuridicamente insostenibile, venendo qui in rilievo la nullita’ per contrarieta’ a norma imperativa della clausola di cui all’articolo 5 delle CGA, atteso che alle societa’ di assicurazione, incluse a quelle del ramo cauzioni, e’ precluso l’esercizio di qualsiasi attivita’ diversa da quelle elencate nella L. 10 giugno 1978, n. 295, articolo 5 applicabile “ratione temporis”, e dunque esulando dall’oggetto sociale non soltanto l’assunzione in concessione del servizio di gestione dello smaltimento di rifiuti speciali, ma anche la stipula di contratti di appalto per conto terzi.
Terzo motivo: violazione degli articoli 1322, 1362, 1363, 1368, 1936 c.c..
Sostiene la societa’ assicurativa che la Corte territoriale non avrebbe indagato la effettiva volonta’ comune delle parti, da cui emergeva che le stesse avevano volto collegare le due obbligazioni principale e di garanzia da un nesso di dipendenza-accessorieta’ tale per cui la apposizione della clausola delle CGA in questione, in quanto usualmente ricorrente nella prassi degli operatori economici e nel testo delle polizze fidejussorie, non si poneva come elemento di incompatibilita’ rispetto allo schema tipico della fidejussione, ed avrebbe quindi dovuto essere apprezzata sotto il profilo della meritevolezza degli interessi perseguiti dai privati, piuttosto che essere riguardata sotto quella della invalidita’.
Il motivo e’ inammissibile.
La Corte d’appello ha, infatti, ritenuto che, esclusa la coincidenza tra le prestazioni oggetto delle obbligazioni del garante e del debitore garantito, la polizza fidejussoria si caratterizzava per la “funzione indennitaria” prevalente, essendo volta – secondo le indicazioni fornite da questa Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 3947 del 18/02/2010 – ad assicurare al creditore la somma destinata ad indennizzare il pregiudizio derivato dall’inadempimento della obbligazione principale, ed ha richiamato al proposito i principi enunciati dalle Sezioni Unite secondo cui “la polizza fideiussoria stipulata a garanzia delle obbligazioni assunte da un appaltatore costituisce una garanzia atipica, in quanto, ferma restando l’invalidita’ della polizza stessa se intervenuta successivamente rispetto all’inadempimento delle obbligazioni garantite, l’insostituibilita’ di queste ultime comporta che il creditore puo’ pretendere dal garante solo il risarcimento del danno dovuto per l’inadempimento dell’obbligato principale, prestazione diversa da quella alla quale aveva diritto, venendo cosi’ vulnerato il meccanismo della solidarieta’ che, nella fideiussione, attribuisce al creditore la “libera electio”, cioe’ la possibilita’ di chiedere l’adempimento cosi’ al debitore come al fideiussore, a partire dal momento in cui il credito e’ esigibile”; con la conseguenza che “in difetto di diversa previsione da parte dei contraenti, non si applica la norma dell’articolo 1957 c.c., sull’onere del creditore garantito di far valere tempestivamente le sue ragioni nei confronti del debitore principale, poiche’ tale disposizione, collegata al carattere accessorio dell’obbligazione fideiussoria, instaura un collegamento necessario e ineludibile tra la scadenza dell’obbligazione di garanzia e quella dell’obbligazione principale, e come tale rientra tra quelle su cui si fonda l’accessorieta’ del vincolo fideiussorio, per cio’ solo inapplicabile ad un’obbligazione di garanzia autonoma”.
Orbene le critiche che vengono mosse all’accertamento in fatto compiuto dalla Corte territoriale non vengono scalfite dalla censura svolta con il motivo in esame, che si palesa, peraltro, inammissibile in relazione tanto al requisito della specificita’ (articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4), non potendo limitarsi la parte ricorrente a richiamare genericamente le regole di cui agli articoli 1362 c.c. e ss., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, e dovendo i rilievi contenuti nel ricorso essere accompagnati, in ossequio al principio di autosufficienza, dalla trascrizione delle clausole individuative dell’effettiva volonta’ delle parti, al fine di consentire alla Corte di verificare l’erronea applicazione della disciplina normativa (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 22889 del 25/10/2006; id. Sez. L, Sentenza n. 25728 del 15/11/2013).
quanto al requisito della completa esposizione del fatto ed individuazione dei documenti e delle parti di essi sui quali il motivo si fonda (articolo 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6), avendo del tutto omesso la ricorrente di trascrivere il contenuto della polizza fidejussoria, impedendo in tal modo ogni possibile verifica delle disposizioni negoziali che, a suo dire, in positivo (previsione del nesso di accessorieta’) od in negativo (assenza di clausole volte a rendere autonoma la garanzia), consentivano di apprezzare la scelta delle parti di assoggettare il rapporto di garanzia alla disciplina dello schema tipico della garanzia personale: emergendo peraltro dal controricorso elementi negoziali che appaiono in netta contraddizione con la tesi difensiva della ricorrente, avendo le parti convenuto che eventuali inadempienze del debitore principale fossero tempestivamente portate a conoscenza dell’assicuratore, restando tuttavia quest’ultimo “per patto espresso estraneo alle controversie giudiziarie aventi ad oggetto i fatti riguardanti la garanzia” (clausola di cui all’articolo 2 CGA riportata solo parzialmente a pag. 9 ricorso e per la parte omessa a pag. 18 controricorso).
Quarto motivo: violazione degli articoli 1936 c.c. e ss, articoli 1322, 1945, 1955 e 1956 c.c..
La ricorrente censura l’affermazione della Corte territoriale che avrebbe desunto la natura autonoma della garanzia, con esclusione della disciplina tipica di cui agli articoli 1936 c.c. e ss, dal mero oggetto della obbligazione di garanzia individuato nella prestazione indennitaria, non avvedendosi che tale elemento non si poneva in obiettiva incompatibilita’ con un diverso assetto negoziale riconducibile allo schema della garanzia personale.
Il motivo e’ inammissibile, sia in quanto difetta ancora dell’indicato requisito della chiara esposizione del fatto, omettendo qualsiasi riferimento al contenuto della polizza fidejussoria; sia in quanto viene a sottoporre a critica una mera proposizione estrapolata dal contesto motivazionale, laddove alla esclusione della applicazione della disciplina tipica della fidejussione la Corte territoriale e’ pervenuta, invece, dopo avere sviluppato le argomentazioni critiche poste a base della riforma della sentenza di prime cure, con riferimento alla funzione assolta dalla polizza fidejussoria in relazione alla peculiare garanzia espressamente richiesta a favore dell’ente pubblico dal Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, articolo 28, comma 1, lettera h), per il ripristino delle condizioni di sicurezza e di tutela igienico-ambientale disattese dal debitore principale.
Quinto motivo: omessa pronuncia ex articolo 112 c.p.c. in ordine alle eccezioni rimaste assorbite nella pronuncia in primo grado e riproposte ex articolo 346 c.p.c. con la comparsa di costituzione in grado di appello.
La ricorrente principale denuncia la omessa pronuncia da parte del Giudice di appello sulle eccezioni riproposte con la comparsa di risposta in secondo grado.
Il motivo e’ inammissibile per difetto dei requisiti prescritti dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6, per difetto di compiuta descrizione del fatto processuale (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012).
Occorre premettere che, in tema di impugnazioni, qualora un’eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un’enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex articolo 345 c.p.c., comma 2, (per il giudicato interno formatosi ai sensi dell’articolo 329 c.p.c., comma 2), ne’ sufficiente la mera riproposizione, utilizzabile, invece, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure, chiarendosi, altresi’, che, in tal caso, la mancanza di detta riproposizione rende irrilevante in appello l’eccezione, se il potere di sua rilevazione e’ riservato solo alla parte, mentre, se competa anche al giudice, non ne impedisce a quest’ultimo l’esercizio ex articolo 345 c.p.c., comma 2, (cfr. Corte cass. Sez. -, Sentenza n. 11799 del 12/05/2017).
Tanto premesso per l’accesso della censura del vizio di omessa pronuncia al sindacato di legittimita’ si rendeva allora necessaria: a) la compiuta descrizione delle eccezioni originariamente proposte da (OMISSIS) con la comparsa di risposta in primo grado, onde andare esente dalla preclusione della novita’ delle stesse; b) la indicazione delle ragioni che avevano portato alla pronuncia di primo grado (trascritta soltanto in parte alla pag. 25 del controricorso, atto inidoneo a surrogare la carenza del requisito di ammissibilita’ del ricorso) onde escludere la preclusione determinata dal giudicato interno, per mancata proposizione di appello incidentale, su quelle eccezioni in ipotesi esplicitamente od implicitamente decise dal primo Giudice e verificare la ritualita’ della mera riproposizione ex articolo 346 c.p.c..
Il mancato assolvimento degli oneri indicati rende inemendabile il motivo di ricorso che va dichiarato, pertanto, inammissibile.
L’esame del ricorso incidentale condizionato proposto dalla Provincia, con il quale e’ stato dedotto il vizio di “violazione e falsa applicazione dell’articolo 2909 c.c., articoli 99, 112, 324 e 329 c.p.c.” (primo motivo) ed il vizio di “violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1366, 1367, 1368, 1369, 1370, 1371, 1957, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5” (secondo motivo), rimane assorbito dalla pronuncia di rigetto del ricorso principale.
In conclusione il ricorso principale deve essere rigettato; il ricorso incidentale deve dichiararsi assorbito.
La ricorrente principale va condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato.
Condanna la ricorrente principale al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 18.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, la Corte da’ atto che il tenore del dispositivo e’ tale da giustificare il versamento, se e nella misura dovuto, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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