Procedure di project financing

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 23 settembre 2019, n. 6329.

La massima estrapolata:

Nelle procedure di project financing se il promotore, nel frattempo divenuto aggiudicatario della gara, prima della stipula del contratto chiede di modificare elementi rilevanti della proposta tali da causare maggiori oneri finanziari a carico dell’Amministrazione, la Pa può legittimamente rifiutarsi di stipulare il contratto di concessione a causa della difformità delle nuove condizioni dettate dall’impresa.

Sentenza 23 settembre 2019, n. 6329

Data udienza 4 luglio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1030 del 2019, proposto da
Au. Br. – Ve. – Vi. – Pa. s.p.a. in proprio e quale mandataria del R.t.i. con Società delle Au. Se. s.p.a., Co. Au. s.p.a., As. Co. s.p.a., Ing. E. Ma. e It. s.p.a., Te. s.p.a., Società In. Na. Au. s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Gi. e Ma. Zo., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gi. Gi. in Roma, via (…);
contro
Regione del Veneto, in persona del Presidente della Regione in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Ez. Za., Fr. Za., Lu. Lo. e An. Ma., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. An. Ma. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sezione Prima n. 01191/2018, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione del Veneto;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 luglio 2019 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Gi., Zo. e Ma.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Il 30 giugno 2004 Co. Au. s.p.a. presentava alla Regione Veneto una proposta di project financing per la progettazione, costruzione e gestione dell’Autostrada regionale Medio Padano Veneta Nogara – Mare Adriatico ai sensi dell’art. 11 (Promozione degli interventi di finanza di progetto) l. reg. Veneto 9 agosto 2002, n. 15 (Norme per la realizzazione di infrastrutture di trasporto, per la progettazione, realizzazione e gestione di autostrade e strade a pedaggio regionali e relative disposizioni in materia di finanza di progetto e conferenza di servizi). La proposta, come da previsione normativa, era costituita da un progetto preliminare, dallo studio di fattibilità, dalla bozza di convenzione, dal P.E.F. – piano economico finanziario asseverato, dalla specificazione di servizi e della modalità di gestione.
1.1. La Regione Veneto pubblicava il 10 settembre 2004 sul B.U.R. – Bollettino ufficiale della Regione Veneto avviso pubblico di sollecitazione agli operatori economici interessati a presentare proposte da porre in competizione con quella di Co. Au. s.p.a. per individuare la proposta da ritenersi di pubblico interesse.
1.2. Con deliberazione di Giunta regionale 28 marzo 2006, n. 927 la proposta presentata da Co. Au. s.p.a. in qualità di promotore ai sensi dell’art. 37- bis (Promotore) l. 11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici) era dichiarata di pubblico interesse; l’Autostrada Nogara Mare era, così, inserita nel D.P.E.F. – documento di programmazione economico – finanziaria ed il progetto preliminare approvato con prescrizioni dal C.I.P.E. – comitato interministeriale per la programmazione economica con delibera 22 gennaio 2010 n. 1/2010.
Il promotore trasmetteva alla Regione Veneto una proposta aggiornata alle prescrizioni e raccomandazioni formulate dal CIPE e comprensiva del collegamento con la A22 del Brennero come richiesto dall’amministrazione regionale.
1.3. Con bando pubblicato in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 26 gennaio 2012, la Regione Veneto avviava la procedura di gara per l’affidamento della concessione di costruzione e gestione dell’infrastruttura autostradale ponendo a base di gara la proposta del promotore; presentavano offerta il R.t.i. – raggruppamento temporaneo di imprese con capogruppo Sa. C & T Co. e mandante il Consorzio Stabile SI. e il R.t.i. con capogruppo Au. Br. Ve. Vi. Pa. s.p.a. in qualità di mandataria capogruppo e Società delle Au. Se. s.p.a., As. Co. s.r.l., As. s.p.a., Ing. E. Ma. s.p.a., It. s.p.a. in qualità di mandanti.
1.4. Con deliberazione di Giunta regionale 19 novembre 2013, n. 2119, la concessione era aggiudicata al R.t.i. Au. Br. Ve. Vi. Pa.; all’aggiudicazione seguiva la verifica dell’effettivo possesso dei requisiti generali di cui all’art. 38, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 da parte delle imprese aggiudicatarie, che si protraeva fino ad aprile 2015.
2. Ad attività di verifica dei requisiti in corso entrava in vigore la l. reg. 6 agosto 2015, n. 15 che, all’art. 4 (Disposizioni transitorie in materia di revisione delle procedure di finanza di progetto per gli interventi infrastrutturali per la mobilità promossi dalla Regione Veneto ai sensi della legge regionale 9 agosto 2002, n. 15), autorizzava la Regione ad avviare una specifica procedura di revisione di ogni procedimento di finanza di progetto per interventi infrastrutturali per la mobilità promossi dalla Regione secondo le previsioni della legge regionale n. 15 del 2002, al fine di verificare la permanenza dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera, la sua rispondenza alle esigenze attuali della programmazione regionale, nonché la permanenza delle condizioni economico – finanziarie a sostegno della sostenibilità economico – finanziaria dell’intervento.
2.1. Considerata l’Autostrada Nogara – Mare Adriatico uno degli interventi infrastrutturali suscettibili di revisione, la Regione Veneto, il 29 ottobre 2015, affidava mandato ad un Comitato scientifico appositamente costituito di procedere alla revisione della concessione relativa al predetto intervento.
2.2. Il R.t.i. aggiudicatario, con segnalazione del 6 giugno 2016, domandava di essere coinvolto nella procedura di revisione e verifica di sostenibilità dell’intervento; la Regione, il 12 settembre 2016, si dichiarava disponibile ad organizzare una serie di incontri finalizzati alla valutazione in contraddittorio delle questioni segnalate dal Comitato scientifico (ed in particolare, l’aggiornamento delle stime di traffico, l’aggiornamento dei valori economici, la bancabilità dell’opera), poiché “necessariamente preliminari all’assunzione delle conseguenti determinazioni dei competenti organi regionali”.
2.2.1. Il primo incontro avveniva il 13 dicembre 2016; ne era redatto verbale in cui, premessa la disponibilità dell’aggiudicataria a verificare la possibilità di confermare i termini della propria offerta, le parti, tenuto conto del tempo trascorso dall’aggiudicazione come pure delle mutate condizioni socio – economiche intervenute nel frattempo, si davano reciprocamente atto della necessità, “prima di poter giungere alla formalizzazione degli atti di concessione”, di “una verifica della sostenibilità finanziaria dell’intervento, anche attraverso una stima aggiornata del traffico, da effettuarsi senza alcun ulteriore costo per la Regione”.
2.2.2. Nel successivo incontro del 23 gennaio 2017 la Regione riferiva che: “Dai lavori del Comitato scientifico è emerso che risulterebbero ancora i presupposti di pubblico interesse, in quanto l’opera risulta ancora voluta dalla maggior parte degli Enti locali coinvolti e gli esiti dello studio di traffico aggiornato, pur essendo inferiori rispetto all’offerta, si dimostrano ancora significativi”, mentre i rappresentanti dall’aggiudicatario, sollecitati a prendere posizione sulla sostenibilità finanziaria dell’opera, dichiaravano “che ad oggi non sono in grado di dare una risposta perché hanno bisogno di ulteriori approfondimenti” e a tal fine manifestavano “la loro disponibilità a procedere, in modo autonomo e con costi interamente a proprio carico, con le necessarie verifiche ed approfondimenti tecnico – operativi sull’intervento, entro il termine previsto di 60 giorni”. Tale intento era ribadito anche all’incontro del 23 febbraio 2017 ove la Regione, peraltro, consegnava ai rappresentanti dell’aggiudicatario copia dello studio del traffico elaborato dal Comitato scientifico.
2.2.3. La Regione Veneto, con nota 4 agosto 2017, rammentava che successivamente alle riunioni congiunte, era stato più volte richiesto all’aggiudicatario l’invio degli esiti delle verifiche sulla sostenibilità finanziaria dell’opera che si era impegnato ad effettuare, fino a che, nell’incontro del 19 giugno 2017, a fronte della dichiarazione del rappresentante della società mandataria del R.t.i. dell’insussistenza delle condizioni per la realizzazione dell’intervento, il R.t.i. era stato sollecitato a formalizzare la sua posizione in merito al permanere dell’interesse alla realizzazione e gestione dell’opera; prendeva atto, pertanto, che nessuna comunicazione era frattanto intervenuta, concludendo nel senso “che Codesta ATI sembra in tal modo manifestare di non avere più interesse alla realizzazione dell’infrastruttura”.
2.2.4. Au. Br. Ve. Vi. Pa. s.p.a., con nota 18 settembre 2017, precisato di aver “dato corso all’aggiornamento delle stime di traffico, resesi necessarie in considerazione del notevole lasso di tempo intercorso dalle valutazioni effettuate dal Promotore”, e che “i predetti studi…non consentono, tuttavia, di confermare i presupposti tecnico-economici posti a base della procedura di affidamento e richiedono – ai fini dell’equilibrio economico finanziario – contributi netti dell’ammontare intercorrente tra Euro 1.250 milioni circa (netto Iva) e Euro 1.870 milioni circa (netto Iva) a seconda delle simulazioni adottate”, concludeva rappresentando “che le analisi effettuate dimostrano chiaramente che i presupposti per l’equilibrio economico e finanziario della concessione sono profondamente mutati rispetto alle originarie previsioni”.
2.3. La Regione Veneto, con nota del 16 gennaio 2018 a firma del R.u.p. Ing. D’Elia, diretta al R.t.i. aggiudicatario, alla luce della predetta comunicazione del 18 settembre 2017, prendeva atto della “sopravvenuta carenza di interesse da parte vostra alla definizione della ridetta procedura, che conseguentemente viene archiviata”.
2.4. La Regione Veneto, con deliberazione di Giunta regionale 6 marzo 2018, n. 260, deliberava: – di prendere atto che il R.t.i. Au. Br. Ve. Vi. Pa. non si era dichiarato disposto a concludere il contratto di concessione alle condizioni in base alle quali esso è stato aggiudicato; – di dichiarare l’aumento del contributo pubblico prospettato dall’aggiudicatario medesimo per la stipulazione della concessione, non accettabile; – di demandare l’esecuzione degli atti successivi alla Direzione Infrastrutture Trasporti e Logistica.
3. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto Au. Br. Ve. Vi. Pa. s.p.a. in proprio e in qualità di mandataria del R.t.i. con Società delle Au. Se. s.p.a., Co. Au. s.p.a., As. Co. s.p.a., Ing. E. Ma. e It. s.p.a. e il sub raggruppamento di progettisti tra Te. s.p.a. e S.I.. s.p.a., domandava l’annullamento del provvedimento del R.u.p. del 16 gennaio 2018 e, successivamente, a mezzo motivi aggiunti notificati in corso di causa, del provvedimento della Giunta regionale del 6 marzo 2018, n. 620.
La ricorrente formulava, inoltre, in via principale domanda di risarcimento dei danni subiti e subendi per effetto del provvedimento impugnato ed, in via subordinata, domanda di indennizzo per la revoca dell’aggiudicazione ex art. 21- quinquies l. 7 agosto 1990, n. 241, domanda di risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale della Regione Veneto ai sensi dell’art. 1337 Cod. civ., e, in ogni caso, domanda di rimborso al promotore delle spese per la progettazione preliminare e la proposta.
3.1. Il giudizio, nel quale si costituivano la Regione Veneto e la Presidenza del Consiglio dei Ministri per il CIPE, era concluso dalla sentenza sez I, 19 dicembre 2018, n. 1191, di improcedibilità del ricorso introduttivo del giudizio, reiezione dei motivi aggiunti e di tutte le domande ivi formulate e condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite a favore della Regione Veneto.
4. Propone appello Au. Br. Ve. Vi. Pa. s.p.a. nelle qualità dette; si è costituito in giudizio la Regione Veneto; le parti hanno depositato memorie ex art. 73 Cod. proc. amm., cui sono seguite rituali repliche. All’udienza del 4 luglio 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

I. La sentenza di primo grado.
1. La sentenza di primo grado ha respinto la domanda di annullamento proposta da Au. Br. Ve. Vi. Pa. s.p.a. giudicando legittima la decisione della Giunta regionale 6 marzo 2018, n. 620, di prendere atto del diniego dell’aggiudicatario a voler concludere il contratto alle condizioni stabilite per essere:
a) del tutto ingiustificata la pretesa a che la Regione acconsentisse ad un innalzamento del contributo pubblico necessario per garantire l’equilibrio economico – finanziario dell’iniziativa, dalla cifra originariamente stabilita (di Euro 50 milioni) ad un importo variabile tra 1.250 e 1.870 milioni di euro, pari ad un aumento del contributo da un minimo di venticinque ad un massimo di trentasette volte quello inizialmente previsto, con un esborso gravosissimo per le casse pubbliche;
b) insussistente una “legittima aspettativa” dell’aggiudicatario alla stipula del contratto, considerato che l’incremento del contributo pubblico richiesto era sintomatico “della scarsa o nulla attendibilità delle analisi e/o stime economico – finanziarie poste a fondamento della proposta originaria formulata dal privato, nonché, invero, di tutte le altre stime e raccolte di dati (in specie: di quelle sul traffico) sottese alla medesima proposta”;
c) non ovvio né scontato, come invece sostenuto dall’aggiudicatario per il non breve lasso di tempo trascorso dall’aggiudicazione (2013), il mutamento delle condizioni originarie dell’intervento, perché non di mutamento degli originari presupposti economico – finanziari di fattibilità dell’intervento si trattava, ma del tentativo di modificare le condizioni di una iniziativa “irrealizzabile, in quanto non sostenibile economicamente, già per come configurata dall’inizio, e non certo per cause e/o circostanze sopravvenute”;
d) esclusa la responsabilità dell’amministrazione che, al più, potrebbe aver peccato di negligenza nel non essersi accorta della “scarsissima o inesistente attendibilità delle stime iniziali”, causa primigenia della mancata realizzazione dell’opera;
e) esclusa, altresì, la responsabilità della Regione per aver attivato la procedura di revisione ex art. 4 l. reg. n. 15 del 2015 poiché facoltà espressamente riconosciutale dalla legge tanto più che la forte discrasia tra le stime iniziali e quelle successive dimostrava come la scelta di attivare la procedura fosse stata, invece, molto opportuna;
f) corretta la condotta della Regione di cercare una soluzione che consentisse la realizzazione dell’intervento pur nel mutato quadro economico – finanziario, ma di essersi trovata dinanzi alla decisione del privato che “ha manifestato non già la volontà di stipulare il contratto, ma ha per così dire rilanciato, tenendo una condotta volta all’ottenimento di un contratto a condizioni finanziarie enormemente diverse e molto più favorevoli, senza avvedersi – in apparenza – della impraticabilità giuridica, oltre che economica, di detta opzione”.
1.1. In sentenza era esclusa, poi, l’applicabilità dell’art. 4, comma 4, l. reg. 15 del 2015 e la previsione, ivi contenuta, dell’adozione degli atti conseguenti anche ai sensi dell’art. 21 – quinquies l. n. 241 del 1990, per il caso dell’accertamento dell’insussistenza delle condizioni di fattibilità dell’iniziativa, in quanto:
i) la decisione di non procedere alla realizzazione dell’opera non era conseguenza di “sopravvenienze” ma dovuta alla “correzione, da parte del privato, di stime e dati totalmente erronei che, però, sono quelli che egli stesso aveva fornito”;
ii) il richiamo all’art. 21- quinquies della l. n. 241/1990 non era pertinente per aver il privato, e non la p.a., deciso di tirarsi indietro dalla stipula del contratto, come chiaramente dimostrato dagli atti interni del raggruppamento rivelatori del fatto che “dette imprese, consapevoli dell’impossibilità di realizzare il progetto alle condizioni originarie, non si facevano alcuna illusione su quale sarebbe stata la reazione della P.A. alla proposta in incremento del contributo pubblico nella misura indicata, ma concentravano la loro attenzione sulle “misure riparatorie di ordine economico” che, del resto, costituiscono obiettivo primario del gravame in epigrafe”;
iii) la revisione del piano economico – finanziario era limitata dall’art. 4, comma 4, ult. parte ai soli casi in cui le condizioni di fattibilità fossero mutate per cause imputabili alla Regione o per sopravvenute modifiche normative, laddove “nel caso di specie ogni responsabilità deve essere ascritta al medesimo R.T.I., per gli errori commessi in sede di originaria predisposizione del progetto, nelle stime di traffico e nella conseguente elaborazione del piano economico finanziario: errori di consistenza tale da escludere che a favore del privato si possa configurare un affidamento incolpevole leso dalla PA”.
1.2. Ribadita l’estraneità della vicenda alla fattispecie della revoca di cui all’art. 21 – quinquies l. 7 agosto 1990, n. 241 per essere la decisione della Regione di non dar seguito alla realizzazione dell’opera motivata da ragioni diverse dai “sopravvenuti motivi di pubblico interesse” come pure dalla “modifica della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento”, il giudice di primo grado riteneva il provvedimento giuntale assimilabile ad una decadenza dall’aggiudicazione: la mancata stipulazione del contratto di concessione era imputabile alla valutazione del R.t.i. aggiudicatario che aveva ritenuto non più conveniente il contratto e si era rifiutato di stipularlo.
1.3. Infine, esclusa la responsabilità c.d. da provvedimento della Regione Veneto per la legittimità della deliberazione impugnata, il giudice riteneva insussistente anche la reclamata responsabilità precontrattuale dell’amministrazione per assenza di affidamento incolpevole del privato, cui, invece, per il principio di autoresponsabilità ex art. 1227 Cod. civ. andava ascritta, in via esclusiva, sul piano causale, la produzione dei danni, che una condotta più attenta nella predisposizione delle stime a base del progetto iniziale e del relativo PEF avrebbe consentito di evitare.
II. I motivi di appello.
2. Au. Br. – Ve. – Vi. – Pa. s.p.a. censura la sentenza di primo grado con cinque motivi di appello. E’ opportuno riportarne il contenuto, prima di esaminare, nel complesso la loro fondatezza.
2.1. Con il primo motivo di appello la sentenza è contestata per “Travalicamento dei limiti di sindacato giurisdizionale; travisamento dei presupposti in fatto e in diritto; difetto di motivazione”; l’appellante si duole che il giudice di primo grado sia giunto ad escludere ogni forma di riparazione economica richiesta con le domande formulate nel ricorso introduttivo del giudizio per aver maturato il convincimento che l’abbandono dell’iniziativa di realizzazione dell’infrastruttura autostradale fosse sostanzialmente dovuta alla “scarsa o nulla attendibilità ” delle originarie stime di traffico e del piano economico – finanziario elaborate dal promotore e poste a base dell’aggiudicazione.
Al contrario, rileva l’appellante a confutazione dell’assunto, la Regione non avrebbe mai, nel corso del procedimento amministrativo, e neppure nella delibera conclusiva di “archiviazione” dell’intervento, sollevato alcun dubbio sull’attendibilità delle stime iniziali, come pure sull’esigenza di una loro revisione per ragioni sopravvenute ed estranee all’aggiudicataria (la contrazione delle stime di traffico accompagnato da un incremento dei costi, oltre alla crisi macro – economica del 2012), e solamente nel corso del giudizio di primo grado, la Regione aveva manifestato dubbi circa l’attendibilità delle stime originarie per la supposta abnormità del contributo pubblico richiesto per il riequilibrio del PEF.
2.2. Il giudice di primo grado – è la conclusione dell’appellante – avrebbe travalicato l’oggetto del giudizio ove non si discuteva né della bontà delle stime iniziali, perché mai messe in discussione in sede amministrativa, né delle ragioni di sopravvenuta insostenibilità dell’intervento, ma della legittimità della decisione della Regione di archiviare l’intera procedura, nonché sovrapposto un proprio personale giudizio – di supposta inattendibilità delle stime iniziali – alle valutazioni amministrative con la conclusione di addossarle responsabilità già escluse dalla stessa Regione.
2.3. Con il secondo motivo di appello, Au. Br. – Ve. – Vi. – Pa. s.p.a. censura la sentenza di primo grado per “Violazione dell’art. 4 della l.r. 15/2015, travisamento dei presupposti, difetto di motivazione, contraddittorietà “: il giudice di primo grado, proprio in ragione dell’errato convincimento maturato nell’esame dei documenti di causa e contestato nel primo motivo di appello, avrebbe erroneamente assimilato la decisione regionale di “abbandono” dell’intervento ad un provvedimento di decadenza dell’aggiudicazione per colpa delle aggiudicatarie.
Ribadisce, invece, l’appellante che la stessa Regione aveva consapevolezza che fattori sopravvenuti, imprevedibili al momento della gara ed estranei alle aggiudicatarie, avevano comportato il sopravvenuto squilibrio dell’originario PEF. Tali fattori erano: il tempo trascorso, imputabile esclusivamente alla durata delle procedure amministrative (sia di quella per l’aggiudicazione, sia di quella della revisione); la crisi del 2012, non prevedibile dalle imprese e, neppure supposta negli strumenti di programmazione economico e finanziaria del Governo; la contrazione dei flussi di traffico rispetto a quelli previsti dalle stime di traffico iniziali dovute alle ricordate ragioni macroeconomiche, ma anche alla mancata attuazione di diversi interventi strutturali (tutti nella forma del project financing) in programma al momento della redazione del PEF del promotore, che, se attuati, avrebbero inserito l’autostrada Nogara – Mare Adriatico all’interno di un più ampio sistema di infrastrutture tutte in collegamento, favorendo il suo utilizzo.
2.4. Con il terzo motivo di appello la sentenza di primo grado è censurata per “Eccesso di potere per travisamento dei fatti. Violazione dell’art. 4 l.r. Veneto 15/2015; violazione degli artt. 2 e ss. e 21 quinquies l. 241/90. Violazione dei canoni di buona fede”. L’appellante cerca di dimostrare – come già in primo grado – che il provvedimento della Giunta regionale 6 marzo 2018, n. 620, di chiusura della procedura di revisione era, in realtà, qualificabile come revoca ai sensi dell’art. 21 – quinquies l. 7 agosto 1990, n. 241, con le conseguenze in punto di indennizzabilità del privato che ne derivano.
A tal fine, precisa di aver trasmesso alla Regione i risultati degli approfondimenti richiesti confermanti che circostanze sopravvenute avevano inciso sull’originario equilibrio economico – finanziario dell’iniziativa come definito dal PEF presentato dal promotore, per cui solo un sostanziale aumento del contributo pubblico avrebbe consentito di ripristinare l’equilibrio che, a quel punto, la Regione avrebbe avuto due sole possibilità : revocare l’aggiudicazione per essere il contratto potenzialmente più oneroso di quello previsto oppure procedere con la conferma dell’aggiudicazione ed adottare le misure consentite dall’ordinamento per ridurre i costi dell’opera o riequilibrare il PEF.
La Regione, invece, si era formalmente sottratta a tale doverosa scelta, con un provvedimento che “nella sua ambiguità, altro non è che una revoca di aggiudicazione con illegittimo rifiuto al dovuto indennizzo” (si riportano le parole dell’appello).
La sentenza di primo grado, dunque, dovrebbe essere riformata per essersi limitata a concludere che la Regione non avesse alcun obbligo di concedere il maggior contributo pubblico richiesto dall’aggiudicatario, senza soffermarsi in via interpretativa sul contenuto sostanziale della delibera impugnata.
2.5. Autostrada s.p.a. aggiunge, poi, nei motivi finali di ricorso (dedicati alla “responsabilità precontrattuale”, il quarto e alle “richieste economiche” il quinto) che il diritto all’indennizzo era previsto anche dall’art. 4, comma 4, l. reg. Veneto n. 15 del 2015 a mezzo rinvio all’art. 21 – quinquies l. 241 del 1990 e proprio per il caso di impossibile revisione del PEF, ma il medesimo diritto (ad un indennizzo) andrebbe affermato in applicazione degli artt. 153, comma 18 e 155 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 che, in materia di finanza di progetto, riconoscevano il diritto al rimborso delle spese sostenute in tutti i casi in cui il promotore non fosse stato in condizione di recuperare tali spese mediante la gestione dell’opera.
Il rimborso è posto carico sull’aggiudicatario perché questi è in grado di recuperare l’esborso economico mediante la gestione dell’opera, ma qualora non vi sia aggiudicazione, le somme dovrebbero necessariamente gravare sull’amministrazione che si è avvantaggiata del progetto reputato di pubblico interesse.
3. I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati; la sentenza di primo grado va confermata sia pure con le precisazioni che seguono.
III. Il provvedimento della Giunta regionale del Veneto 6 marzo 2018, n. 260.
4. La vicenda oggetto del giudizio concerne la procedura di project financing indetta dalla Regione Veneto per la progettazione, costruzione e gestione dell’Autostrada regionale Medio Padano Veneta Nogara – Mare Adriatico, la quale, sviluppatasi per circa un decennio (la proposta iniziale del privato era del 2004), si è, infine, conclusa con la determinazione di Giunta regionale 19 novembre 2013 di aggiudicazione della concessione al R.t.i. Au. Br. Ve. Vi. Pa..
All’aggiudicazione, tuttavia, non era seguita la stipulazione del contratto tra l’amministrazione e il concessionario, ma una nuova procedura, questa volta di revisione del precedente procedimento, alla quale la Regione Veneto era stata autorizzata dall’art. 4, comma 1 e ss., l. reg. Veneto 6 agosto 2015, n. 15.
Il provvedimento conclusivo della procedura di revisione – la deliberazione di Giunta regionale 6 marzo 2018, n. 260 – è l’oggetto dell’impugnazione proposta dall’appellante. Ne va, dunque, esaminato attentamente il contenuto.
4.1. La Regione, nel predetto provvedimento:
– premetteva di aver avviato la procedura di revisione consentita dall’art. 4 l. reg. Veneto n. 15 del 2015 in considerazione del tempo trascorso dalla data di avvio della procedura di project financing, ed allo scopo di verificare se permanevano le condizioni di fattibilità dell’intervento, specialmente quanto al profilo dell’attualità dei presupposti e delle condizioni che, nella proposta assentita, consentivano l’equilibrio economico – finanziario dell’iniziativa, come pure sotto il profilo della rispondenza dell’opera al pubblico interesse;
– precisava di aver confermato il proprio interesse alla conclusione del contratto nel corso dei vari incontri nei quali si era articolata la procedura di revisione, e di aver atteso le determinazioni del contraente privato, fino a quando questi aveva (in due note: del 18 settembre 2017, del 5 febbraio 2018)dichiarato sì di aver ancora interesse alla realizzazione dell’opera ma ponendo quale condizione necessaria per garantirne l’equilibrio economico – finanziario un aumento del contributo pubblico tra i 1.250 e i 1.870 milioni di euro;
– dichiarava inaccettabile la proposta del privato, sia poiché il contributo richiesto sarebbe stato ben superiore al 50% del valore dell’opera, ed anzi sostanzialmente prossimo al suo complessivo valore, sia ancora perché il riconoscimento di contributo pubblico di simile entità avrebbe significato acconsentire ad una proposta del tutto difforme da quella riconosciuta di pubblico interesse nella procedura di project financing, possibilità da escludere senza l’indizione di una nuova e diversa procedura di gara;
– deliberava, in conclusione, di prendere atto che il R.t.i. aggiudicatario non era disposto a concludere il contratto di concessione alle medesime condizioni in base alle quali era stato aggiudicato, non potendosi ritenere accettabili le modifiche al contratto proposte per addivenire alla firma del contratto di concessione.
4.2. Così riassunto il contenuto della deliberazione giuntale impugnata, pare evidente come la l’amministrazione regionale abbia deciso di non concludere il contratto di concessione per l’impossibilità di accettare le modifiche allo schema contrattuale a base dell’aggiudicazione definitiva imposte dal privato come condizione necessaria per la sua adesione al contratto e consistenti, di fatto, nel rilevante aumento del contributo pubblico, dagli originariamente previsti 50 milioni di euro a quasi due miliardi di euro.
4.3. Vero quanto sopra, merita condivisione la critica rivolta dall’appellante alla sentenza di primo grado di aver, in numerosi passaggi, insistito sulla scarsa attendibilità delle stime economico – finanziarie a base della proposta presentata nell’ambito della procedura di project financing, finendo per fare di tale circostanza – imputata dallo stesso giudice ad errori colpevolmente commessi dal R.t.i. nell’elaborazione della proposta – la ragione (ritenuta legittima) della mancata stipulazione del contratto.
Non è così : l’originaria proposta non è mai sospettata di inattendibilità dalla Giunta regionale che, invece, incentrava unicamente le sue motivazioni sulla radicale modifica delle condizioni contrattuali imposta dal privato, inaccettabile per i dirompenti effetti sulla finanza pubblica, così come per lo stravolgimento delle determinazioni assunte nell’ambito della procedura di project financing.
Ed è proprio l’aver deciso tenendo conto delle nuove pretese dell’aggiudicatario – e non in base all’erroneità della scelta originariamente effettuata al momento dell’aggiudicazione – che sottrae il provvedimento impugnato ad ogni censura, come si avrà subito modo di precisare.
IV. La qualificazione del provvedimento impugnato.
5. Sulla base del contenuto in precedenza riportato va esattamente qualificata la deliberazione giuntale impugnata.
Si tratta di un passaggio logico – argomentativo necessario per vagliare la fondatezza delle pretese economiche avanzate dall’appellante.
Occorre, d’altronde, evidenziare che nell’atto di appello è ben espressa la critica che il R.t.i. ha inteso rivolgere all’operato della Regione, che non è quella di essersi sottratta alla stipulazione del contratto – ovvero, in sostanza, di non aver voluto più realizzare l’infrastruttura autostradale – ma di non aver disposto adeguate riparazioni economiche a suo favore in seguito alla decisione, a questo punto ritenuta legittima dallo stesso appellante, di non stipulare il contratto.
5.1. Si rende subito necessaria una premessa: il provvedimento giuntale non si inserisce nell’ambito della procedura di project financing, ma nel diverso procedimento amministrativo, di revisione degli interventi infrastrutturali per la mobilità promossi dalla Regione Veneto, previsto e disciplinato dall’art. 4 l. 6 agosto 2015, n. 15; esso è il provvedimento conclusivo di tale procedimento amministrativo finalizzato alla verifica della “permanenza della sussistenza del preponderante pubblico interesse alla realizzazione della specifica opera, la sua rispondenza alle attuali esigenze della programmazione regionale per il sistema viario di interesse regionale, nonché la permanenza delle condizioni economico – finanziarie che supportano la sostenibilità economico – finanziaria dell’intervento e delle ulteriori condizioni che rappresentano requisiti essenziali della proposta ai sensi dell’articolo 10, comma 4, lettere b), c) e d) della legge regionale 9 agosto 2002, n. 15” (comma 2 dell’art. 4 cit.).
E’ bene sottolineare, anche ai fini di quanto si dirà in seguito circa l’esistenza di profili di responsabilità precontrattuale in capo all’amministrazione, che l’attivazione di tale procedura di revisione era prevista dal legislatore regionale come alternativa alla stipulazione del contratto di concessione, ultima fase della procedura di project financing, la quale, pertanto, a quel punto era sospesa a far tempo dall’adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva e fino a quando la revisione non fosse stata ultimata.
Milita in tal senso il chiaro tenore del comma 1 dell’art. 4 citato ove è specificato che: “La Giunta regionale è autorizzata ad avviare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, una specifica procedura di revisione, (…) per ogni singolo procedimento di finanza di progetto per interventi infrastrutturali per la mobilità promossi dalla Regione secondo le previsioni della legge regionale 9 agosto 2002, n. 15, e per ogni altro procedimento di finanza di progetto in altri settori di competenza regionale il cui bando o avviso sia già stato pubblicato alla data di entrata in vigore della presente legge senza che alla medesima data si sia addivenuti alla stipulazione del relativo contratto di concessione”.
5.2. I diversi commi dell’art. 4 prefiguravano vari possibili esiti del procedimento di revisione, e precisamente:
a) l’accertamento ad opera della Giunta regionale della sopravvenuta non rispondenza dell’opera al preponderante pubblico interesse o alle attuali esigenze della programmazione per il sistema viario di interesse regionale; fattispecie in presenza della quale la Giunta era tenuta a riferire alla competente commissione consiliare entro sessanta giorni ed assumere i “conseguenti provvedimenti” (comma 3);
b) l’accertamento dell’attuale insussistenza delle condizioni di fattibilità dell’iniziativa per il venir meno delle condizioni economico – finanziarie a supporto della sostenibilità economico – finanziaria e delle ulteriori condizioni di cui al comma 2; situazione che, secondo il dettato normativo, avrebbe imposto l’adozione degli atti conseguenti anche ai sensi dell’articolo 21 – quinquies 7 agosto 1990, n. 241 (comma 4, prima parte);
b1) l’accertamento che l’attuale insussistenza delle condizioni di fattibilità fosse dovuta a cause imputabili alla Regione o a sopravvenute modifiche normative, con conseguente verifica della praticabilità di una revisione de piano economico finanziario (comma 4, seconda parte).
5.3. Il provvedimento giuntale impugnato non è riconducibile al caso sub a) perché sin dall’incontro congiunto del 23 gennaio 2017 la Regione Veneto dichiarava la permanenza dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera, ma neppure al caso sub b) poiché la Regione non ha, in nessun momento, messo in discussione le condizioni di fattibilità dell’iniziativa, richiedendo solamente adattamenti dovuti alle condizioni mutate per il tempo trascorso.
Dall’esame della documentazione versata in atti, infatti, emerge che la Regione ha commissionato unicamente uno studio sulle condizioni di traffico alla base del piano economico finanziario del progetto, che ha, sì evidenziato una riduzione di traffico inferiore al 20% – 25% rispetto alle previsioni originarie, ma che non ha indotto l’amministrazione a ritenere insussistenti le condizioni di fattibilità dell’iniziativa per il definitivo venir meno delle condizioni economico – finanziarie dell’opera.
Ed allora, l’affermazione riportata nel verbale conclusivo dell’incontro congiunto del 23 gennaio 2017 – “Dai lavori del Comitato scientifico è emerso che risulterebbero ancora i presupposti di pubblico interesse, in quanto l’opera risulta ancora voluta dalla maggior parte degli Enti locali coinvolti e gli esiti dello studio di traffico aggiornato, pur essendo inferiori rispetto all’offerta, si dimostrano ancora significativi”- unitamente alle considerazioni contenute nella deliberazione impugnata, sono espressive del convincimento della Giunta regionale della permanenza tanto dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera (caso di cui al comma 3) quanto della permanenza delle condizioni di fattibilità dell’iniziativa per l’attuale sussistenza delle condizioni economico – finanziarie a supporto della sostenibilità economico – finanziaria. Pienamente ragionevole, peraltro, se si tiene conto che la procedura era diretta all’affidamento di una concessione di costruzione e gestione dell’opera, con conseguente, necessaria, assunzione in capo al concessionario del rischio di mercato (che, nel caso dell’opera autostradale, altro non era se non proprio la riduzione del flusso di traffico).
D’altronde, si trattava di accertamento che, per espressa indicazione normativa, era rimesso unicamente alla Giunta regionale, e che, invero, non è mai stato oggetto di serrata critica da parte del R.t.i. aggiudicatario (il quale, in sostanza, non ha mai lamentato sin dai motivi di ricorso proposti in primo grado, che le conclusioni raggiunte dalla Regione sulla fattibilità dell’iniziativa fossero censurabile in qualche modo).
5.4. Quel che è accaduto, allora, non trova rispondenza in nessuno dei casi previsti dall’art. 4 l. 6 agosto 2015, n. 15, per cui la Giunta regionale non era tenuta ad assumere alcuno dei provvedimenti ivi previsti, e, specialmente, ai fini che qui interessano alla luce dei motivi di appello, non era tenuta ad assumere un provvedimento di revoca dell’aggiudicazione in autotutela ex art. 21 – quinquies l. 7 agosto 1990, n. 241, con ogni conseguenza in punto di indennizzabilità del privato.
5.5. E’ accaduto, invece, che il R.t.i. aggiudicatario formulava una richiesta all’amministrazione regionale per addivenire alla stipula del contratto di concessione – l’aumento del contributo pubblico fino a trentasette volte- tale da alterare completamente l’originaria proposta – la quale, è bene ricordarlo, era corredata anche dallo studio di fattibilità e dal P.E.F. asseverato – sollecitando, di fatto, la Regione a pronunciarsi su di un’altra proposta, quanto meno per le condizioni economico – finanziarie ivi previste.
In altri termini, accertata, nel corso del procedimento di revisione, la permanenza dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera come pure la persistenza delle condizioni di fattibilità della stessa, nella legittima attesa dell’amministrazione regionale di stipulare il contratto di concessione alle condizioni originariamente previste (e che, peraltro, avevano condotto dall’aggiudicazione definitiva), l’incremento del contributo pubblico richiesto dall’aggiudicatario ha riportato, per così dire, indietro le “lancette dell’orologio” fino alla fase iniziale della procedura di project financing, quando, cioè, viene richiesto all’amministrazione di valutare l’interesse pubblico rispetto alla proposta formulata. E non è fuori luogo rammentare che nella disciplina del project financing al tempo in vigore la determinazione finale dell’amministrazione circa l’interesse pubblico e concreto alla realizzazione dell’opera nei termini della proposta proveniente dal privato era ritenuta dalla giurisprudenza connotata da ampia discrezionalità (cfr. Adunanza plenaria, 15 aprile 2010, n. 1).
5.6. A quel punto la Regione era dinanzi ad un’alternativa: accettare la richiesta del R.t.i., ma ciò non avrebbe comportato la stipulazione del contratto, come forse immaginato dall’appellante, proprio perché si trattava di un aliud rispetto a quello esitante dalla precedente procedure di project financing, e, dunque, avrebbe dovuto ripetere l’intera procedura, previa eliminazione della precedente aggiudicazione, ovvero ritenere non rispondente quella nuova proposta all’interesse pubblico e, per questa via, adottare un provvedimento soprassessorio – di sostanziale diniego – rispetto alla nuova proposta formulata e, in uno, di archiviazione della procedura di project financing.
La scelta è caduta su tale seconda possibilità e – sembra ammettere lo stesso R.t.i. – era del tutto legittima considerando l’insostenibile incidenza per la finanza pubblica dell’incremento del contributo pubblico richiesto dall’aggiudicatario.
V. Le conseguenze derivanti dal provvedimento adottato.
6. Legittima la deliberazione giuntale adottata non sussiste, come ritenuto dal giudice di primo grado, la responsabilità della Regione Veneto per lesione dell’interesse legittimo del R.t.i.; neppure vi sono profili di responsabilità precontrattuale in capo all’amministrazione.
6.1. Come rammentato dal giudice di primo grado, l’Adunanza plenaria, nella sentenza 4 maggio 2018, n. 5, ha indicato esattamente gli elementi costitutivi della responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione ne: a) la buona fede soggettiva del privato, vale a dire il suo legittimo affidamento nella conclusione del contratto; b) l’elemento oggettivo costituito dalla condotta dell’amministrazione, lesiva del legittimo affidamento del privato, che risulti contraria ai doveri di correttezza e di lealtà ; c) l’imputabilità della violazione all’amministrazione in termini di colpa o di dolo; d) l’esistenza di un danno – evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale) e di un danno conseguenza (le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate); e) l’esistenza del rapporto di causalità tra la condotta dell’amministrazione e i danni lamentati.
6.2. Anche a voler prescindere all’elemento soggettivo del privato, è indubbio che la condotta della Regione Veneto non è stata contraria ai doveri di correttezza e di lealtà ; non può dirsi, cioè, che la mancata stipulazione del contratto si sia prodotta quale conseguenza inevitabile di una condotta censurabile tenuta dall’amministrazione, la quale, invece, va esente da qualsiasi addebito.
6.3. In merito, l’appellante segnala due profili di scorrettezza dai quali dovrebbe trarsi, a suo dire, la lesione dell’affidamento maturato in ordine alla conclusione del contratto: a) l’abnorme periodo di durata intercorso tra l’aggiudicazione definitiva (avvenuta nel 2013) e la revoca (2018) incidente sulle spese sostenute nel periodo e sull’aggravio del disequilibrio del piano economico – finanziario e b) il rifiuto di stipulare il contratto dopo aver adottato gli strumenti di riequilibrio del piano economico finanziario consentiti dalle norme.
6.4. Tuttavia, quanto al periodo trascorso tra l’adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva e il provvedimento conclusivo della procedura di revisione, la Regione ha ben spiegato – e il punto non è oggetto di specifica censura da parte dell’appellante – che all’aggiudicazione definitiva è seguito un lungo periodo di verifica dei requisiti ex art. 38 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 prolungatosi oltre ogni aspettativa per il coinvolgimento di taluni componenti degli organi delle imprese facenti parte del raggruppamento in vicende penali; la sopravvenuta legge regionale n. 15 del 2015, poi, ha autorizzato ad avviare la revisione della procedura di project financing.
Quanto, poi, alla possibilità di procedere ad un riequilibrio economico finanziario del piano, Autostrada non indica di quali strumenti non si sia fatto uso; in ogni caso, vale a superare ogni dubbio, la considerazione che l’appellante non può imputare alla Regione di non essersi impegnata al riequilibrio economico – finanziario del piano quando dalla corrispondenza intrattenuta è emerso con ogni evidenza che, per sua parte, riteneva possibile tale riequilibrio solo a costo di un aumento del contributo pubblico in progressione geometrica rispetto a quello originariamente proposto.
6.5. In definitiva, la mancata stipulazione del contratto di concessione è dipesa solo ed esclusivamente dalle nuove condizioni dettate dal R.t.i. aggiudicatario che, per la loro indiscutibile difformità da quelle originarie, hanno imposto alla Regione di archiviare un’opera l’interesse alla cui realizzazione era rimasto immutato nel trascorrere del tempo.
6.6. Le medesime ragioni che in precedenza hanno indotto ad escludere la responsabilità precontrattuale della Regione Veneto – solo ad Autostrade BR – VR – VI- PD era imputabile la mancata conclusione del contratto – comporta, altresì, l’infondatezza della domanda di condanna dell’amministrazione alla corresponsione delle spese sostenute nel corso della procedura di project financing.
7. In conclusione, l’appello va respinto e la sentenza di primo grado confermata; ogni altra domanda, ivi compresa quella di condanna dell’appellante ai sensi dell’art. 23 Cod. proc. amm. formulata dalla Regione Veneto respinta non ricorrendo le condizioni della responsabilità ivi prevista.
8. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna Au. Br. Ve. Vi. Pa. s.p.a. al pagamento delle spese del presente grado del giudizio, che liquida in Euro 7.000,00 oltre accessori e spese come per legge, a favore della Regione Veneto.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Federico Di Matteo – Consigliere, Estensore
Alberto Urso – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere
Elena Quadri – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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