Procedimento possessorio e le deposizioni rese nella fase sommaria

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|22 luglio 2021| n. 21072.

Procedimento possessorio e le deposizioni rese nella fase sommaria.

Nel procedimento possessorio, le deposizioni rese nella fase sommaria del giudizio, ove siano state assunte in contraddittorio tra le parti, sotto il vincolo del giuramento e sulla base delle indicazioni fornite dalle parti nei rispettivi atti introduttivi, sono da considerare come provenienti da veri e propri testimoni, mentre devono essere qualificati come “informatori” – le cui dichiarazioni sono comunque utilizzabili ai fini della decisione, anche quali indizi liberamente valutabili – coloro che abbiano reso “sommarie informazioni” ai sensi dell’art. 669-sexies, comma 2, c.p.c.., ai fini dell’eventuale adozione del decreto “inaudita altera parte”.

Ordinanza|22 luglio 2021| n. 21072. Procedimento possessorio e le deposizioni rese nella fase sommaria

Data udienza 17 marzo 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Possesso – Lesione quando uno dei compossessori abbia alterato e violato lo stato di fatto o la destinazione del bene senza il consenso e in pregiudizio degli altri – Utilizzabilità in giudizio degli elementi raccolti in fase di cognizione sommaria – Genericità delle censure – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 17986/2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv.to (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv.to (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 794/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 17/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 17/03/2021 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

Procedimento possessorio e le deposizioni rese nella fase sommaria

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Teramo rigettava la domanda di (OMISSIS) proposta nei confronti di (OMISSIS) di reintegra nel possesso di una vigna sita in (OMISSIS), insistente sul foglio (OMISSIS) particella (OMISSIS), C.T. con revoca dell’ordinanza cautelare di reintegra.
2. (OMISSIS) proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
3. (OMISSIS) si costituiva in appello, eccependo la tardivita’ dello stesso e contestando nel merito la domanda.
4. La Corte d’Appello accoglieva l’impugnazione e in riforma dell’impugnata sentenza accoglieva il ricorso ex articoli 1168 e 1170 c.c., nei termini disposti dall’ordinanza interdittale del 25 gennaio 2002.
Preliminarmente la Corte d’Appello respingeva l’eccezione di tardivita’ dell’appello, evidenziando come il termine di sospensione feriale dovesse applicarsi nella fattispecie.
La Corte d’Appello evidenziava, poi, che nel giudizio possessorio non poteva assumere rilevanza lo status relativo alla proprieta’ del bene oggetto di possesso. Pertanto, nel caso di specie (OMISSIS) aveva chiesto la tutela della situazione di fatto, dando prova attraverso l’istruttoria espletata di possedere l’appezzamento di terreno coltivato a vigna e cio’ indipendentemente dalle vicende afferenti la sua qualita’ di unico erede. Dall’istruttoria era emerso infatti che la vigna era coltivata esclusivamente dall’appellante che provvedeva alla potatura ed alla raccolta dell’uva. In ogni caso, anche volendo ritenere una situazione di compossesso della vigna, la tutela invocata doveva trovare ugualmente accoglimento. Infatti, ai fini della tutela possessoria non occorreva che il possesso avesse i requisiti per l’usucapione o che si esplicasse in continui atti di utilizzo del bene purche’ il possessore potesse ad libitum ripristinarne l’esercizio ed essendo l’animus possidendi normalmente manifesto nell’esercizio del potere di fatto sulla cosa, spettando a colui che contesti tale possesso l’onere di provare l’esistenza di atti di tolleranza o di titoli tali da escluderlo. Pertanto, a prescindere dalla qualita’ delle culture praticate nella vigna, risultava provato che l’attrice provvedeva alla loro potatura. Pertanto, l’obiettiva situazione di fatto consentiva di ritenere ricorrente nella fattispecie la situazione di compossesso che non escludeva affatto la tutela possessoria allorquando l’atto compiuto dal compossessore avesse travalicato i limiti di compossesso con mutamento in possesso esclusivo. Non poteva trovare ingresso nella fattispecie la tesi della controparte secondo cui era stata accertata con altra sentenza passata in giudicato che (OMISSIS) non aveva mai di fatto esercitato i propri diritti di compossesso. Infatti, la sentenza citata da (OMISSIS) non era passata in giudicato ed era riferita solo al profilo ereditario.

 

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5. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di 16 motivi di ricorso.
6. (OMISSIS) ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: nullita’ della sentenza per mancanza di motivazione idonea a sorreggere il dispositivo ex articolo 132, 161 c.p.c., articolo 156 c.p.c., comma 2.
La censura ha ad oggetto l’intrinseca contraddizione della motivazione della sentenza che non scioglie il nodo tra compossesso e possesso esclusivo.
1.2 Il motivo primo e’ infondato.
La Corte d’Appello afferma che dalla rilettura del materiale informativo e testimoniale emerge che la vigna era coltivata solo da (OMISSIS) che provvedeva alla raccolta e alla potatura dell’uva.
In tal senso vengono richiamate le dichiarazioni di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). La Corte d’Appello, dopo questa premessa, afferma che in ogni caso qualora dalle dichiarazioni dei testi si ritenesse provata solo una situazione di compossesso in ogni caso la tutela possessoria invocata dovrebbe trovare accoglimento, in quanto l’atto compiuto da (OMISSIS) (compossessore) ha travalicato i limiti del compossesso con apprensione esclusiva del bene e con conseguente mutamento in possesso esclusivo.
La motivazione ora riportata e’ ampia ed esauriente pienamente conforme alla giurisprudenza di questa Corte e senza alcuna contraddizione tra possesso e compossesso, sicche’ il motivo risulta manifestamente infondato.
Si richiama sul punto il seguente principio di diritto cui il collegio intende dare continuita’: “In una situazione di compossesso – come quella esistente tra i componenti di una comunione ereditaria in pendenza del giudizio di divisione – e’ ravvisabile una lesione possessoria quando uno dei condividenti abbia alterato e violato, senza il consenso e in pregiudizio degli altri partecipanti, lo stato di fatto o la destinazione del bene oggetto del comune possesso, in modo da impedire o restringere il godimento spettante a ciascun compossessore sul bene medesimo mediante atti integranti un comportamento durevole, tale da evidenziare un possesso esclusivo animo domini su tutta la cosa, incompatibile con il permanere del possesso altrui” (Sez. 2 Ord. n. 4844 del 2019).
2. Il secondo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: nullita’ del procedimento ex articolo 2909 c.c..
Secondo il ricorrente il dispositivo della sentenza impugnata richiama l’ordinanza interdittiva che impone a (OMISSIS) obblighi verso tutti i compossessori dunque anche nei confronti di coloro che non hanno partecipato al giudizio.
2.1 Il secondo motivo e’ inammissibile.

 

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La censura e’ del tutto generica e priva di elementi di specificita’, nel motivo non si riporta il contenuto dell’ordinanza interdittiva e non risultano indicati neanche gli altri compossessori.
3. Il terzo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: nullita’ del procedimento per violazione dell’articolo 112 c.p.c..
La sentenza d’appello non si sarebbe pronunciata sulla domanda di (OMISSIS) di reintegra nel possesso esclusivo con disconoscimento di un compossesso e, dunque, sarebbe ultrapetita, in quanto concederebbe qualcosa che la stessa non aveva mai chiesto ovvero la reintegra nel compossesso.
Sotto altro profilo nullita’ della sentenza per omessa motivazione ex articolo 132, 161 c.p.c., articolo 156 c.p.c., comma 2.
3.1 Il motivo e’ infondato.
La censura e’ sostanzialmente ripetitiva di quella svolta con il primo motivo ed e’ pertanto manifestamente infondata per le medesime ragioni esposte al punto 1.1.
In relazione al presente motivo deve solo aggiungersi che non vi e’ alcuna violazione del principio tra chiesto e pronunciato nell’aver riconosciuto i presupposti dell’azione di spoglio in una situazione di compossesso invece che di possesso esclusivo, tanto piu’ quando, come nel caso in esame, lo spoglio e’ stato posto in essere da un compossessore. Ad ogni modo nella domanda svolta a tutela del possesso deve ritenersi compresa anche quella di tutela della situazione compossesso ove nel corso del giudizio si accerti tale situazione.
Infatti, il vizio di extra o ultrapetizione si verifica solo se il giudice attribuisce alla parte un bene non richiesto o maggiore di quello richiesto, mentre non e’ ipotizzabile se il giudice accoglie una domanda, ancorche’ non espressamente formulata, la quale sia implicitamente e virtualmente contenuta nella domanda dedotta in giudizio (Sez. 2, Sent. n. 635 del 1972).
4. Il quarto motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: nullita’ del procedimento ex articolo 91, 112, 113 c.p.c..
Nessuna delle conclusioni formate da (OMISSIS) e’ stata accolta e dunque le spese non potevano essergli riconosciute.
Sotto altro profilo la censura e’ posta anche per nullita’ della sentenza per contrasto insanabile nel dispositivo ex articolo 132, 161 c.p.c., articolo 156 c.p.c., comma 2. Il contrasto sarebbe tra il rigetto delle domande di (OMISSIS) e la rifusione delle spese in suo favore. Inoltre, il ricorrente lamenta anche la mancanza di motivazione sul punto.
4.1 Il quarto motivo e’ inammissibile.
La domanda della (OMISSIS) e’ stata accolta dal giudice dell’appello quindi non si comprende il senso della censura avendo il giudice applicato la regola secondo la quale le spese seguono la soccombenza.

 

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5. Il quinto motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: nullita’ del procedimento in relazione del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articoli 4 e 5, articoli 15 e 91 e 115 c.p.c., articolo 1140 c.p.c., nonche’ degli articoli 3 e 24 Cost. e articolo 12 preleggi.
Nell’addebitare le spese di entrambi i gradi la corte d’appello avrebbe adottato uno scaglione superiore a quello risultante dal valore del fondo pari ad Euro 3412 (reddito domenicale 17,06 x 200) determinato ai sensi dell’articolo 15 c.p.c.. Lo scaglione applicabile dunque era quello da Euro 1100 fino a 5200 e le medie dunque portavano del primo grado ad un totale di Euro 2775 oltre accessori di legge.
Sotto altro profilo la censura e’ posta anche per nullita’ della sentenza, per omissione di motivazione in relazione agli articoli 132, 161 c.p.c., articolo 156 c.p.c., comma 2, per mancanza di motivazione del superamento delle medie di legge relative al valore della causa.
5.1 Il quinto motivo di ricorso e’ inammissibile.
In proposito e’ sufficiente richiamare il seguente principio di diritto: In tema di liquidazione delle spese processuali successiva al Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, non trova fondamento normativo un vincolo alla determinazione secondo i valori medi ivi indicati, dovendo il giudice solo quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, a loro volta derogabili con apposita motivazione, la quale e’ doverosa allorquando si decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi affinche’ siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo (Sez. 3 Ord. n. 89 del 2021). Nella specie il giudice non ha superato i valori massimi dello scaglione di riferimento (per il primo grado deve tenersi conto anche degli esborsi ed eventualmente del procedimento interdittivo) e dunque le censure sono infondate.
6. Il sesto motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione di norme di diritto in relazione all’articolo 324 c.p.c. e articolo 2909 c.c..
La censura attiene alla violazione del giudicato esterno di cui alla sentenza del Tribunale di Teramo del 2 giugno 2013 la quale in un giudizio petitorio intentato dal ricorrente nei confronti di (OMISSIS) aveva escluso il suo compossesso, affermando che la stessa non aveva mai esercitato i propri poteri di compossessore se non mediante la proposizione dell’azione per reintegra nel possesso. Tale sentenza sarebbe passato in giudicato per acquiescenza ex articolo 329 c.p.c., in quanto appellata da (OMISSIS) solamente in relazione alle spese di lite.
Il ricorrente richiama le sezioni unite n. 13916 del 2006 e produce l’appello parziale avverso la suddetta sentenza del Tribunale di Teramo avente ad oggetto le sole spese di lite.

 

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7. Il settimo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: nullita’ del procedimento ex articolo 112, 115 c.p.c., articolo 116 c.p.c., comma 2, articoli 183, 324, 327 c.p.c. e articolo 329 c.p.c., comma 2, nonche’ articoli 2697, 2730, 2733, 2909 c.c..
Il ricorrente evidenzia che la sentenza del Tribunale di Teramo e’ stata prodotta in giudizio dalla controparte senza specificare che la stessa era stata appellata e, dunque, cio’ costituirebbe confessione giudiziale del contenuto. Peraltro, non avendo evidenziato che la stessa era stata appellata la Corte d’Appello non poteva affermare che la stessa non era definitiva e in tal modo avrebbe violato l’articolo 112 c.p.c..
Sotto altro profilo la stessa circostanza rileverebbe come nullita’ della sentenza per omissione di motivazione.
8. L’ottavo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: nullita’ del procedimento ex articolo 183, 101 c.p.c., articolo 12 disp. att. c.c., articoli 24 e 111 Cost..
La censura attiene al fatto che solo nella replica dell’appello era stata menzionato per la prima volta il fatto che la sentenza del Tribunale di Teramo fosse stata appellata. Tale affermazione non sarebbe supportata da alcuna prova. Sotto altro profilo la circostanza rileverebbe come nullita’ della sentenza per omissione di motivazione.
9. Il nono motivo e’ cosi’ rubricato: violazione dell’articolo 295 c.p.c., per aver ritenuto pendente un giudizio di appello senza sospendere il giudizio in corso per attenderne l’esito e per non aver dato alcuna motivazione della mancata sospensione.
9.1 I motivi dal sesto al nono sono inammissibili.
In primo luogo, deve evidenziarsi che non costituisce giudicato esterno quello prospettato dal ricorrente in quanto il giudizio richiamato aveva ad oggetto una domanda petitoria, fondata su tutt’altro titolo (petitio hereditatis) che non presuppone alcun accertamento in fatto della sussistenza del possesso o compossesso esercitato dalla (OMISSIS), soccombente in quel giudizio.
Il ricorrente ricava la sussistenza di un giudicato esterno dalla frase contenuta nella sentenza (peraltro solo richiamata e non allegata al ricorso) secondo cui la (OMISSIS) “non avrebbe esercitato i poteri di compossessore se non a parole mediante la proposizione dell’azione di reintegra del possesso”. Risulta evidente che tale stralcio della motivazione non possa costituire alcun accertamento in fatto dell’assenza del compossesso in capo ad (OMISSIS). Peraltro deve evidenziarsi che nel giudizio di legittimita’ il principio della rilevabilita’ del giudicato esterno va coordinato con l’onere di specificita’ del ricorso; ne consegue che la parte ricorrente che deduca l’esistenza del giudicato deve, a pena d’inammissibilita’ del ricorso, riprodurre in quest’ultimo il testo integrale della sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il richiamo a stralci della motivazione (ex plurimis Sez. 2, Sent. n. 17310 del 2020, Sez. 1, Ord. n. 13988 del 2018; Sez. 2, Sent. n. 15737 del 2017).

 

Procedimento possessorio e le deposizioni rese nella fase sommaria

Inoltre, quanto alla omessa sospensione del giudizio non vi era alcuna pregiudizialita’ tra i due giudizi. Infatti, la sospensione del processo ai sensi dell’articolo 295 c.p.c., presuppone una pregiudizialita’ necessaria, che sussiste solo laddove nel giudizio che abbia per parti le medesime della causa pregiudicata, debba adottarsi una pronuncia di portata vincolante, o che sia destinata a spiegare efficacia di giudicato, all’interno della causa pregiudicata, sicche’ la decisione del processo pregiudicante e’ idonea a definire, in tutto o in parte, il tema dibattuto nel processo del quale si chiede la sospensione. Nella specie, come si e’ detto, da quanto emerge dal ricorso, il giudizio che si assume pregiudicante aveva ad oggetto una domanda petitoria, mentre nel giudizio in esame la (OMISSIS) aveva invocato una tutela possessoria, sicche’ non ricorrevano i presupposti per la sospensione necessaria. L’irrilevanza della sentenza richiamata dal ricorrente rende inammissibili tutte le ulteriori censure prospettate con i motivi in esame.
10. Il decimo motivo e’ cosi’ rubricato: nullita’ del procedimento in relazione agli articoli 115, 116, 251 c.p.c..
La Corte d’Appello non avrebbe dovuto porre a base della decisione le dichiarazioni rese dagli informatori nella fase sommaria i quali non avevano prestato l’impegno ex articolo 251 c.p.c. e non potevano essere ritenuti come testimoni. Tali sarebbero tutti quelli citati a fondamento della sentenza. Sotto altro profilo la circostanza rileverebbe ai fini della nullita’ della sentenza per omissione di motivazione in relazione agli articoli 115, 116, 251, 156, 161 c.p.c. e articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4. La scelta di considerarli come testimoni non sarebbe stata motivata e cio’ determinerebbe la nullita’ della sentenza.
11. l’undicesimo motivo e’ cosi’ rubricato: nullita’ del procedimento in relazione agli articoli 115, 116, 247, 251, 256 c.p.c..
La Corte d’Appello avrebbe posto a base della sentenza unicamente le dichiarazioni rese dai parenti di (OMISSIS), tali dichiarazioni sarebbero inattendibili, avendo gli stessi fornito una versione dei fatti opposta a quella dei testi indifferenti rispetto alla confessione di (OMISSIS) quella stessa dichiarava il possesso materiale del 15 febbraio 2002 come risultante nel rogito notarile del 15 luglio 2002. Sotto altro profilo la circostanza rileverebbe come nullita’ della sentenza per assenza di motivazione in relazione agli articoli 115, 116, 247, 251, 256, 156, 161 c.p.c. e articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, non essendoci alcuna motivazione in ordine alla valutazione dell’attendibilita’ dei testimoni. Inoltre, nel dispositivo e’ richiamata l’ordinanza del 25 gennaio 2002 che aveva dichiarato inattendibili tutti i parenti sentiti nella fase sommaria. Cio’ determinerebbe una insanabile contrasto del dispositivo privandolo di fatto di motivazione.
12. Il dodicesimo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: nullita’ del procedimento in relazione agli articoli 115, 116, 246, 247, 251, 256 c.p.c..
La sentenza non avrebbe dato credito ai testi indifferenti che avevano testimoniato in maniera identica parlando di un vigneto incolto, inaccessibile, invaso dai rovi e di non aver mai visto (OMISSIS) sul posto. Sotto altro profilo, la medesima circostanza rileverebbe per mancanza di motivazione sul punto.
13. Il tredicesimo motivo e’ cosi’ rubricato: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ex articolo 2730, 2699, 2700 c.c. e articoli 115 e 116 c.p.c..
La Corte d’Appello non avrebbe minimamente menzionato la confessione resa dall’odierna resistente all’articolo 6 del rogito notarile del 15 luglio 2002 avente ad oggetto la compravendita di quote di proprieta’ di altri chiamati su tutti i terreni ereditari e anche delle particelle in esame.
14. Il quattordicesimo motivo e’ cosi’ rubricato: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ex articolo 2730, 2733 c.c. e articoli 115 e 116 c.p.c..
La censura ha ad oggetto anche in questo caso la violazione delle norme che disciplinano il valore della confessione stragiudiziale in quanto la (OMISSIS) in una lettera del 27 luglio 1999 non faceva riferimento ad un possesso suo esclusivo ma si poneva al pari degli altri fratelli.
15. Il quindicesimo motivo e’ cosi’ rubricato: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ex articolo 2730 c.c., articoli 115 e 116, 247, 251 c.p.c..
La censura attiene alle testimonianze dei testi indifferenti che sarebbero state ignorate dalla corte d’appello.
16. Il sedicesimo motivo e’ cosi’ rubricato: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti ex articoli 115, 116 c.p.c..
La Corte d’Appello non avrebbe considerato le foto ritraenti lo stato del vigneto prodotte da (OMISSIS) e confermate dai testi indifferenti.
16.1 I motivi dal decimo al sedicesimo, che possono essere trattati congiuntamente stante la loro evidente connessione, sono in parte inammissibili e in parte infondati.
La Corte d’Appello evidenzia che la decisione e’ presa sulla base del complessivo esame del materiale informativo e testimoniale. A tal proposito cita le dichiarazioni dei testi (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e poi afferma che le stesse dichiarazioni sono state acquisite anche in sede di tutela possessoria.
In ogni caso, deve darsi continuita’ al principio di diritto consolidato secondo cui: “Nel procedimento possessorio, la sentenza che definisce il giudizio a cognizione piena puo’ basarsi esclusivamente sugli elementi raccolti in fase di cognizione sommaria, allorche’ questi consentano al giudice di decidere la causa senza escludere le sommarie informazioni fornite dai testimoni nella prima fase del procedimento, in quanto idonee a fondare, in sede di decisione, il libero convincimento del giudice” (ex plurimis Sez. 2, Ord. n. 12089 del 2019).

 

Procedimento possessorio e le deposizioni rese nella fase sommaria

Nello stesso senso anche la seguente pronuncia cosi’ massimata: “nel procedimento possessorio, le deposizioni rese nella fase sommaria del giudizio, ove siano state assunte in contraddittorio tra le parti, sotto il vincolo del giuramento e sulla base delle indicazioni fornite dalle parti nei rispettivi atti introduttivi, sono da considerare come provenienti da veri e propri testimoni, mentre devono essere qualificati come informatori” – le cui dichiarazioni sono comunque utilizzabili ai fini della decisione anche quali indizi liberamente valutabili – coloro che abbiano reso “sommarie informazioni” ai sensi dell’articolo 669 sexies c.p.c., comma 2, ai fini dell’eventuale adozione del decreto “inaudita altera parte”. (Sez. 2, Sent. n. 24705 del 2006).
Per il resto le censure si risolvono in una inammissibile richiesta di rivalutazione in fatto delle risultanze istruttorie.
Infatti, la violazione dell’articolo 2697 c.c., si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioe’ attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni, mentre per dedurre la violazione del paradigma dell’articolo 115, e’ necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioe’ abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioe’ dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioe’ giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilita’ di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso articolo 115 c.p.c.), mentre detta violazione non si puo’ ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attivita’ consentita dal paradigma dell’articolo 116 c.p.c., che non a caso e’ rubricato alla “valutazione delle prove” (Cass. n. 11892 del 2016). (Cass. S.U. n. 16598/2016).
La deduzione della violazione dell’articolo 116 c.p.c., e’ ammissibile ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), nonche’, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia invece dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura e’ consentita ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Ne consegue l’inammissibilita’ della doglianza che sia stata prospettata sotto il profilo della violazione di legge ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 (Sez. L, Sentenza n. 13960 del 19/06/2014; n. 26965 del 2007).
Infine, quanto alla presunta confessione della (OMISSIS), in disparte i plurimi motivi di inammissibilita’ per difetto di specificita’ e di decisivita’ della circostanza che si assume ammessa, deve osservarsi che di tale questione non vi e’ alcun cenno nella sentenza impugnata.
Pertanto deve darsi continuita’ al seguente principio di diritto: “In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilita’ della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtu’ del principio di specificita’, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente cio’ sia avvenuto, giacche’ i motivi di ricorso devono investire questioni gia’ comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimita’, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito ne’ rilevabili di ufficio” (ex plurimis Sez. 2, Sent. n. 20694 del 2018, Sez. 6-1, Ord n. 15430 del 2018).
Infatti, il ricorrente che proponga in sede di legittimita’ una determinata questione giuridica, la quale implichi accertamenti di fatto, ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilita’ per novita’ della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicita’ di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (per l’ipotesi di questione non esaminata dal giudice del merito: Cass. 02/04/2004, n. 6542; Cass. 10/05/2005, n. 9765; Cass. 12/07/2005, n. 14599; Cass. 11/01/2006, n. 230; Cass. 20/10/2006, n. 22540; Cass. 27/05/2010, n. 12992; Cass. 25/05/2011, n. 11471; Cass. 11/05/2012, n. 7295; Cass. 05/06/2012, n. 8992; Cass. 22/01/2013, n. 1435; Cass. Sez. U. 06/05/2016, n. 9138).

 

Procedimento possessorio e le deposizioni rese nella fase sommaria

17. Il ricorso e’ rigettato.
18. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
19. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 800 piu’ Euro 200 per esborsi;
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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