Procedimento giurisdizionale disciplinato dall’art. 117 c.p.a.

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 23 novembre 2018, n. 6647.

La massima estrapolata:

Lo speciale procedimento giurisdizionale disciplinato dall’art. 117 c.p.a., che ha finalità di conferire al privato un potere procedimentale, strumentalmente volto a rendere effettivo l’obbligo giuridico della Pubblica Amministrazione di provvedere, non è compatibile con le pretese che solo apparentemente riguardano una situazione di inerzia, ma che in realtà concernono la tutela di diritti soggettivi al di fuori della sfera di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo.

Sentenza 23 novembre 2018, n. 6647

Data udienza 15 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 534 del 2018, proposto da
Consorzio di Bonifica Ce. Ba. Sa. Pe. Al. e Fo., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Cl. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ca. Mo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Qu. D’A. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, sede staccata di (omissis), sez. I, n. 304/2017, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 novembre 2018 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati Ma. e Co., su delega di Mo.;
Ritemuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con sentenza 26 ottobre 2017, n. 304 il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, sede staccata di (omissis), sez. I, ha dichiarato inammissibile il ricorso ex art. 117 c.p.a. proposto dal Consorzio di Bonifica Ce. Ba. Sa. Pe. Al. e Fo. per la declaratoria dell’illegittimità del silenzio serbato dal Comune di (omissis) sull’istanza in data 1° marzo 2017 di attivazione del procedimento di riconoscimento del debito fuori bilancio ex art. 194, comma 1, lett. e), d.lgs. n. 267 del 2000.
Secondo il predetto tribunale, infatti, la controversia atteneva a posizioni di diritto soggettivo, sostanziandosi nella richiesta dell’accertamento al pagamento di una somma di danaro (a titolo di indennizzo o di risarcimento), così che a prescindere dagli atti adottati dalla Pubblica Amministrazione ovvero anche a prescindere dal mancato tempestivo riscontro dell’istanza la tutela dell’interessato essere fatta valere mediante l’apposita azione di accertamento innanzi al giudice ordinario.
3. Invero il Consorzio aveva esposto, a fondamento del ricorso introduttivo del giudizio, di aver gestito un collettore rivierasco situato tra i fiumi (omissis) e Saline, in cui confluivano gli scarichi fognari provenienti da vari comuni, tra cui quello di Montesilvano, con cui sin dagli anni ottanta era stata stipulata un’apposita convenzione, prevedente l’utilizzo del collettore da parte del Comune con il conseguente obbligo di rimborsare al Consorzio i soli costi di gestione.
Con raccomandata 9 febbraio 2000 il Comune di (omissis) aveva comunicato al Consorzio di voler risolvere, ai sensi dell’art. 11, la convenzione, rinnovata in data 21 aprile 1992, sospendendo ogni pagamento in favore del gestore, ma continuando ad usufruire del servizio, scaricando le acque degli scarichi fognari nel collettore rivierasco.
Ne era scaturito un contenzioso, nell’abito del quale il Consorzio aveva reclamato il pagamento, a titolo di ingiustificato arricchimento, delle somme relative ai periodi durante i quali aveva provveduto alla gestione e manutenzione del collettore.
La domanda, dapprima accolta dal Tribunale di (omissis), con sentenza n. 1314 del 2009, era stata poi rigettata dalla Corte di Appello di L’Aquila, che, in accoglimento dell’impugnazione proposta dall’ente locale, aveva ritenuto carente il requisito della sussidiarietà dell’azione di indebito arricchimento di cui all’art. 2042 c.c., residuando la possibilità di esperire l’azione nei confronti del funzionario che aveva consentito la fornitura; tale ultima sentenza era stata confermata dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 3162 del 2017.
Con nota inviata in data 1° marzo 2017 il Consorzio aveva perciò diffidato il Comune dall’attivazione del procedimento per il riconoscimento, quale debito fuori bilancio, delle somme dovute per l’attività di gestione del collettore rivierasco per le annualità dal 1999 al 2004 e per l’asserito illegittimo silenzio serbato dall’amministrazione su tale diffida aveva adito il giudice amministrativo.
4. Il Consorzio ha quindi chiesto la riforma della sentenza del TAR, negando che nel caso di specie sussista la giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di una controversia concernente il mancato esercizio del potere amministrativo (di riconoscimento di un debito fuori bilancio) e appartenente come tale alla cognizione del giudice amministrativo.
Ha resistito al gravame il Comune di (omissis), insistendo per il rigetto e la conferma della sentenza appellata.
5. L’appello è infondato.
5.1. Correttamente il TAR ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, poiché, in assenza di un titolo che provi in modo certo e definitivo l’esistenza del credito vantato dall’appellante, non sussisteva e non sussiste il presupposto per l’attivazione del potere amministrativo di iscrizione del relativo debito tra le poste cd. fuori bilancio ex art. 194 e ss. T.U Enti Locali (d.lgs. n. 267 del 2000).
La controversia in esame, ancorché suggestivamente prospettata come riconoscimento di un debito fuori bilancio, riguarda piuttosto la stessa sussistenza del credito vantato, così essa non appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, bensì a quella del giudice ordinario (ciò a prescindere dalla circostanza che la relativa azione, come emerge dagli atti di causa, risulta già respinta, con sentenza passata in giudicato, proprio dal giudice ordinario).
Invero lo speciale procedimento giurisdizionale disciplinato dall’art. 117 c.p.a., che ha finalità di conferire al privato un potere procedimentale, strumentalmente volto a rendere effettivo l’obbligo giuridico della Pubblica Amministrazione di provvedere, non è, infatti, compatibile con le pretese che solo apparentemente riguardano una situazione di inerzia, ma che in realtà concernono la tutela di diritti soggettivi, come nell’ipotesi di specie, al di fuori della sfera di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo (ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 11 dicembre 2007, n. 6378).
5.2. La pretesa sostanziale fatta valere in giudizio dal Consorzio, come condivisibilmente rilevato dal primo giudice, attiene al soddisfacimento di crediti derivanti dall’esecuzione di un contratto non rinnovato, venendo così in rilievo posizioni di diritto soggettivo, con la conseguenza che l’obbligo principale dell’amministrazione non si sostanza nell’adozione di una specifica delibera di riconoscimento di un debito fuori bilancio, quanto piuttosto nel pagamento di somme (che in sede giudiziale sono state peraltro già definitivamente accertate per come non dovute).
Giova sottolineare che il procedimento di cui all’art. 194 T.U.E.L. presuppone che il creditore vanti, a fondamento della propria pretesa, un titolo valido ed efficace, presuppone cioè l’esistenza d’una obbligazione validamente assunta dall’ente locale (cfr. Cass., sez. III, 27 aprile 2011, n. 9412).
Infatti, detto procedimento, rispondendo all’interesse pubblico alla regolarità della gestione finanziaria dell’ente, è diretto esclusivamente a sanare irregolarità di tipo contabile dell’ente locale e non può sopperire alla mancanza di un’obbligazione validamente sorta (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8953).
Pertanto, il riconoscimento di un debito fuori bilancio costituisce un procedimento discrezionale che consente all’ente locale, di far salvi nel proprio interesse, gli impegni di spesa in precedenza assunti tramite specifica obbligazione, ancorché sprovvista di copertura contabile, senza introdurre una sanatoria per i contratti nulli o, comunque, invalidi – come quelli conclusi senza il rispetto della forma scritta “ad substantiam” – né apportare una deroga al regime di inammissibilità dell’azione di indebito arricchimento, di cui al D.L. 2 marzo 1989, n. 66, art. 23, convertito, con modificazioni, nella L. 24 aprile, n. 144, atteso che detto riconoscimento è sovranamente operato dalla P.A. nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente stesso, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.
5.3. Nella fattispecie in esame manca proprio l’indefettibile presupposto dell’esistenza in capo al Consorzio di un valido ed efficace titolo (negoziale o giurisdizionale), fonte di obbligazioni per il Comune di (omissis), da riconoscere quale debito fuori bilancio.
6. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto.
Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere compensate, stante la peculiarità della controversia.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese di lite del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 novembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Roberto Giovagnoli – Consigliere
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere, Estensore
Fabio Franconiero – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere

Avv. Renato D’Isa

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