Presupposto necessario della responsabilità risarcitoria

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 25 novembre 2019, n. 7990.

La massima estrapolata:

Presupposto necessario della responsabilità risarcitoria è il requisito della colpa, che esula nel caso di incertezza sul regime giuridico della fattispecie, causato dal carattere oscuro o concretamente interpretabile con difficoltà della normativa applicabile.

Sentenza 25 novembre 2019, n. 7990

Data udienza 24 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3729 del 2018, proposto dalla signora:
Al. Ba., rappresentata e difesa dall’avvocato Le. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato En. So. in Roma, via (…);
contro
il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ed altri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
dei signori El. Fe. ed altri, non costituiti in giudizio;
per l’annullamento ovvero la riforma
previa sospensione
della sentenza del TAR Campania, sede di Napoli sezione IV, 20 novembre 2017 n. 5474, resa fra le parti, che ha pronunciato sul ricorso n° 5022/2009 R.G. integrato da motivi aggiunti proposto per l’annullamento dei seguenti atti del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca – MIUR:
(ricorso principale)
a) del decreto 15 luglio 2009 prot. n. 2832 del Direttore dell’Ufficio scolastico provinciale – USP di Napoli, nella parte in cui esclude la ricorrente dalle graduatorie provinciali definitive ad esaurimento del personale docente per gli anni scolastici 2009/2010 e 2010/2011;
b) del decreto 31 luglio 2009 prot. sconosciuto del Direttore dell’USP di Napoli, nella parte in cui esclude la ricorrente dalle graduatorie provinciali definitive ad esaurimento del personale docente;
c) del decreto 29 luglio 2009 prot. sconosciuto del Direttore dell’USP di Napoli, nella parte in cui esclude la ricorrente dalle graduatorie provinciali provvisorie ad esaurimento di strumento musicale;
d) del decreto 28 agosto 2009 prot. 2992/1 del Direttore dell’USP di Napoli, nella parte in cui esclude la ricorrente dalle graduatorie provinciali provvisorie ad esaurimento di strumento musicale;
e) del decreto 19 agosto 2009 prot. 1418/2 del Direttore dell’USP di Avellino, nella parte in cui esclude la ricorrente dalle graduatorie provinciali ad esaurimento;
f) del decreto 18 agosto 2009 prot. 8581 UC 7 del Direttore dell’USP di Benevento, nella parte in cui esclude la ricorrente dalle graduatorie provinciali ad esaurimento;
g) del decreto 14 settembre 2009 prot. sconosciuto del Direttore dell’USP di Salerno, nella parte in cui esclude la ricorrente dalle graduatorie provinciali ad esaurimento;
nonché per la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno;
(motivi aggiunti)
h) della nota 3 febbraio 2010 prot. n. 4790 BUS dell’Ufficio scolastico regionale – USR per la Campania, di conferma dell’esclusione della ricorrente dalle graduatorie ad esaurimento per le classi di concorso A031, A032 e AJ77;
nonché ancora per la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno.
In particolare, la sentenza ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse la domanda di annullamento proposta con il ricorso principale; ha respinto la domanda di annullamento proposta con i motivi aggiunti ed ha respinto entrambe le domande risarcitorie;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle amministrazioni sopra indicate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2019 il Cons. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti l’avvocato Le. Sa. e l’avvocato dello Stato Pa. De Nu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La ricorrente appellante, in origine cittadina della Fe. Ru., regolarmente residente in Italia dal 19 novembre 1995, coniugata con un cittadino italiano dal 24 novembre 2007, divenuta cittadina italiana in forza di decreto del Ministro dell’interno 6 ottobre 2009 e interessata a lavorare come insegnante nelle scuole statali italiane, ha presentato domanda di inserimento nelle relative graduatorie.
Per la precisione, ella ha presentato per l’anno scolastico 2009/2010 e per le materie indicate in epigrafe, relative all’insegnamento della musica, domanda di iscrizione nelle graduatorie ad esaurimento della provincia di Napoli e nelle graduatorie supplementari delle province di Salerno, Benevento ed Avellino, iscrizione per la quale il termine per presentare la domanda scadeva il giorno 11 maggio 2009 come da art. 10 del D.M. 2009 n. 42 che aveva indetto la procedura.
L’amministrazione intimata appellata ha respinto tali domande di iscrizione con i provvedimenti indicati in epigrafe, che l’interessata ha impugnato con il ricorso principale.
A seguito di un’ordinanza cautelare del TAR adito, l’amministrazione ha riesaminato la posizione della ricorrente, ed ha emesso un nuovo provvedimento di esclusione dalle graduatorie, impugnato con i motivi aggiunti.
Con la sentenza indicata in epigrafe, il TAR, all’esito di una vicenda processuale che in questa sede non rileva ripercorrere, ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse la domanda di annullamento proposta con il ricorso principale, ritenendo che il nuovo provvedimento adottato dall’amministrazione rappresentasse una nuova ed autonoma valutazione della fattispecie (§ 2.1 della motivazione in diritto).
Ha poi respinto la domanda di annullamento proposta con i motivi aggiunti ed ha respinto entrambe le domande risarcitorie (§ § 5 e 6 della motivazione in diritto; per chiarezza, va evidenziato che la dichiarazione di improcedibilità di cui sopra, anche se non è riprodotta dal dispositivo, è chiaramente espressa nel paragrafo indicato della motivazione stessa).
Nella relativa motivazione, ha in sintesi valorizzato la circostanza per cui la ricorrente appellante, alla data limite per presentare la domanda di iscrizione, era priva, come affermato nel provvedimento impugnato, di uno dei requisiti a ciò necessari, ovvero della cittadinanza italiana o di uno Stato dell’Unione europea.
Contro tale sentenza, l’interessata ha proposto impugnazione, con appello che contiene tre motivi;
– con il primo di essi, deduce violazione dell’art. 5 della l. 5 febbraio 1992 n. 91 nel testo vigente all’epoca dei fatti e a suo dire ad essi applicabile, sostenendo che la cittadinanza italiana le si sarebbe dovuta riconoscere con effetto retroattivo al decorso di sei mesi dal proprio matrimonio;
– con il secondo motivo, deduce violazione dell’art. 19 del d.lgs. 6 febbraio 2007 n. 30, attuativo della direttiva europea 2004/38/CE, nel senso che ella, quale coniuge di un cittadino italiano, avrebbe avuto comunque diritto ad accedere al posto di lavoro in questione, anche prima che una norma espressa lo sancisse;
– con il terzo motivo, deduce infine di essere effettivamente in possesso del titolo accademico previsto per la classe di insegnamento indicata;
La ricorrente appellante ha altresì riproposto la domanda di risarcimento del danno.
L’amministrazione si è costituita, con atto 31 maggio 2018, ed ha chiesto che l’appello sia respinto;
Con ordinanza 11 giugno 2018 n. 2629, la Sezione ha accolto la domanda cautelare nel senso di disporre, la sua ammissione alle graduatorie ad esaurimento per le classi di concorso A031, A032 e AJ77 con riserva dell’esito del giudizio, precisando che al contratto di lavoro eventualmente stipulato di conseguenza si sarebbe dovuta apporre la condizione risolutiva dello stesso in caso di reiezione del ricorso.
Con memoria 23 settembre 2019, la ricorrente appellante ha anzitutto dato conto dei successivi sviluppi in fatto della vicenda; in proposito ha quindi dedotto di essere stata assunta nell’ambito territoriale di Napoli, presso l’istituto “Ti. Li.”, con contratto a tempo indeterminato del giorno 13 settembre 2018, quale docente di ruolo in prova per l’insegnamento della materia AJ56 – Strumento musicale nella scuola secondaria di I grado – Pianoforte (doc. 4 ricorrente appellante prodotto il giorno 25 gennaio 2019, contratto); ha poi dedotto di avere superato con giudizi del tutto positivi l’anno di prova in questione (doc. ti da 1 a 4 ricorrente appellante prodotti il 6 settembre 2019, relazione del tutor, scheda di valutazione, decreto di conferma in ruolo 1 luglio 2019 e relazione al comitato di valutazione); ha infine insistito sulle precedenti proprie conclusioni, chiedendo altresì la condanna alle spese dell’amministrazione intimata a favore del procuratore anticipatario.
All’udienza del 24 ottobre 2019, fissata a seguito della suddetta ordinanza cautelare, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è fondato e va accolto nella parte in cui impugna la pronuncia di reiezione della domanda di annullamento formulata con i motivi aggiunti di I grado, va invece respinto per quanto riguarda la domanda risarcitoria, il tutto per le ragioni di seguito esposte.
2. Va respinto il primo motivo di appello, nel quale la ricorrente appellante sostiene che il conferimento della cittadinanza avrebbe avuto nei suoi confronti effetto retroattivo, ovvero a decorrere dalla data in cui essa aveva maturato a suo favore il relativo presupposto. Tale conclusione contrasta infatti con il dato letterale dell’art. 10 della l. 91/1992, per cui “Il decreto di concessione della cittadinanza non ha effetto se la persona a cui si riferisce non presta, entro sei mesi dalla notifica del decreto medesimo, giuramento di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato”, e quindi non retroagisce, conformemente del resto al principio per cui la concessione di cittadinanza, come atto di ammissione nella relativa comunità statale, ha effetto in generale solo nel momento in cui lo Stato interessato ritiene di accordarla.
3. E’invece fondato e va accolto il secondo motivo, che valorizza la particolare condizione della ricorrente appellante quale cittadina straniera da un lato regolarmente soggiornante, dall’altro coniuge di un cittadino italiano.
3.1 Occorre partire dalla disposizione dell’art. 38 comma 1 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, nel testo vigente all’epoca dei fatti, che disponeva: “I cittadini degli Stati membri dell’Unione europea possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell’interesse nazionale”. Che l’insegnamento nella scuola statale, che rileva per la ricorrente appellante, non implichi esercizio diretto di pubblici poteri e non coinvolga l’interesse nazionale, e quindi che si tratti di un impiego pacificamente accessibile ai non italiani, è poi un dato acquisito almeno dalla sentenza Corte di giustizia UE sez. V 30 maggio 1989 C-33/88 Alluè sulla nota vicenda dei lettori universitari stranieri.
3.2 Ciò posto, ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. 6 febbraio 2007 n. 30, attuativo della direttiva 2004/38/CE sul diritto di circolazione e di soggiorno dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari, “1. I cittadini dell’Unione e i loro familiari hanno diritto di esercitare qualsiasi attività economica autonoma o subordinata, escluse le attività che la legge, conformemente ai Trattati dell’Unione europea ed alla normativa comunitaria in vigore, riserva ai cittadini italiani. 2. Fatte salve le disposizioni specifiche espressamente previste dal Trattato CE e dal diritto derivato, ogni cittadino dell’Unione che risiede, in base al presente decreto, nel territorio nazionale gode di pari trattamento rispetto ai cittadini italiani nel campo di applicazione del Trattato. Il beneficio di tale diritto si estende ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente.” La norma è formalmente in vigore dal 5 agosto 2011, ma deve considerarsi applicabile, nel suo contenuto di principio, anche da data anteriore, per due ragioni. In primo luogo, essa è attuazione di una norma auto esecutiva contenuta nella direttiva citata, ovvero dell’art. 23 di essa, per cui “I familiari del cittadino dell’Unione, qualunque sia la loro cittadinanza, titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente in uno Stato membro hanno diritto di esercitare un’attività economica come lavoratori subordinati o autonomi”. La norma si deve ritenere appunto auto esecutiva in base ai criteri individuati dalla Corte di giustizia sin dalla sentenza 17 dicembre 1970 C-33/70 Sace, come norma la quale prevede obblighi di contenuto sufficientemente chiaro e preciso, tali da non lasciare margini allo Stato membro, fermo il suo obbligo di adottare comunque le idonee misure esecutive. In secondo luogo, si tratta di norma comunque non innovativa, perché desumibile direttamente dai principi del Trattato, come ritenuto dalla stessa Corte di giustizia nella sentenza IV sezione 7 maggio 1986 C-131/85 Emir Guel.
3.3 Quanto esposto al paragrafo precedente conduce quindi ad affermare che all’epoca dei fatti di causa, se la ricorrente appellante fosse stata coniuge di un cittadino dell’Unione, non italiano, e regolarmente soggiornante, come era, sul territorio nazionale, avrebbe senz’altro avuto titolo ad iscriversi nelle graduatorie di cui si controverte e ad accedere all’impiego nella scuola statale, in base all’art. 19 ricordato e al testo originario dell’art. 38 comma 1 del d.lgs. 165/2001. Tanto premesso, è allora chiaro che identica conclusione deve valere anche nel caso concreto, in cui la ricorrente appellante era coniuge di un cittadino italiano: poiché, evidentemente, l’Italia è uno Stato dell’Unione europea al pari degli altri, interpretare la normativa nel senso di proibire al coniuge di un cittadino italiano un’attività lecita al coniuge del cittadino di altro Paese dell’Unione comporterebbe una cd discriminazione a rovescio. E’ allora principio costante, che come tale non necessita di particolari citazioni, che fra due possibili interpretazioni va preferita quella che conduce ad un risultato conforme al diritto europeo.
3.4 A conferma, come correttamente ricordato dalla difesa della ricorrente appellante, da un lato già l’art. 23 del d.lgs. 30/2007 afferma che: “Le disposizioni del presente decreto legislativo, se più favorevoli, si applicano ai familiari di cittadini italiani non aventi la cittadinanza italiana”, e la regola dell’accesso all’impiego nella pubblica amministrazione per i familiari regolarmente soggiornanti dei cittadini europei in Italia è stata resa esplicita dell’art. 7 della l. 6 agosto 2013 n. 97, che ha modificato di conseguenza l’art. 38 del d.lgs. 165/2001. Anche in questo caso, però, si tratta di norma semplicemente ricognitiva di una regola già applicabile: in tal senso anche la circolare 21 novembre 2013 n. 5 della Funzione pubblica.
4. E’ fondato e va accolto anche il terzo motivo, volto ad affermare che la ricorrente appellante era in possesso del titolo accademico richiesto per l’insegnamento cui aspirava.
4.1 In primo luogo, la ricorrente appellante era in possesso di un diploma di insegnante di musica conseguito nel proprio Paese di origine, ovvero nella Fe. Ru., diploma riconosciuto come titolo abilitante all’insegnamento nella scuola secondaria di primo grado per il pianoforte, ovvero per la classe di concorso allora indicata come AJ77, ai sensi del decreto direttoriale MIUR 20 novembre 2008 prot. n. 12121, rettificato con successivo decreto 27 febbraio 2009 prot. n. 1933.
4.2 In secondo luogo, la ricorrente appellante ha conseguito in Italia un diploma quadriennale di didattica della musica, ai sensi dell’art. 6 della l. 22 novembre 2002 n. 268, condensando gli ultimi due anni in un corso intensivo annuale, così come consentito dal D.M. 12 novembre 2004 n. 109, diploma equivalente alla abilitazione per le classi di concorso di educazione musicale, indicate come A031 e A032, come previsto dal D.M. 28 settembre 2007 n. 137 (si vedano sui due punti le specifiche e non contestate allegazioni alle pp. 25-27 del ricorso in appello).
5. In conclusione, la domanda di annullamento proposta in I grado con i motivi aggiunti va accolta, e va annullato l’atto 3 febbraio 2010 indicato in dispositivo, preclusivo dell’iscrizione in graduatoria della ricorrente appellante. Pertanto, come è evidente, vanno ritenuti legittimamente emanati tutti gli atti successivi, indicati in epigrafe, in cui si è concretata la carriera dell’interessata dall’ammissione con riserva disposta in via cautelare alla sua assunzione in servizio di ruolo.
6. Vanno invece respinte le domande risarcitorie proposte con il ricorso principale e con i motivi aggiunti. Come affermato da costante giurisprudenza, infatti, presupposto necessario della responsabilità risarcitoria è il requisito della colpa, che esula nel caso di incertezza sul regime giuridico della fattispecie, causato dal carattere oscuro o concretamente interpretabile con difficoltà della normativa applicabile: in tal senso, per tutte C.d.S. sez. IV 12 aprile 2018 n. 2197 e sez. V 13 aprile 2010 n. 2029. Nel caso concreto, la necessità di riferirsi a normativa e giurisprudenza europee e di coordinarle con le norme nazionali sono quindi dati sufficienti per escludere la colpa.
7. Si aggiunge solo per chiarezza che la dichiarazione di improcedibilità della domanda di annullamento contenuta nel ricorso di I grado rimane ferma, perché non fatta oggetto di appello.
8. La parziale soccombenza è giusto motivo per compensare le spese.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 3554/2018), così provvede:
a) lo accoglie in parte e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglie la domanda di annullamento formulata nei motivi aggiunti di I grado (ricorso n. 5022/2009 R.G. TAR Campania Napoli) e annulla il provvedimento con essi impugnato, ovvero la nota 3 febbraio 2010 prot. n. 4790 BUS dell’Ufficio scolastico regionale – USR per la Campania, di conferma dell’esclusione di Al. Ba. dalle graduatorie per l’insegnamento approvate nelle quali ella aveva chiesto di essere iscritta, e quanto alle classi di concorso corrispondenti;
b) respinge l’appello quanto alle domande risarcitorie;
c) fermo il resto;
d) compensa per intero fra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere, Estensore
Davide Ponte – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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