Il privato vanta un’aspettativa di mero fatto

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 25 novembre 2019, n. 7994.

La massima estrapolata:

Il privato vanta un’aspettativa di mero fatto, non giuridicamente tutelabile né azionabile in sede giurisdizionale, nei confronti dell’aspirazione al riconoscimento (o al mantenimento) di una potenzialità edificatoria dei propri fondi, salvo che ricorra una delle seguenti ipotesi: a) intervenuta stipulazione, tra le parti, di convenzioni di lottizzazione o di accordi di diritto privato; b) aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessioni edilizie o di silenzio rifiuto su una domanda di concessione; c) annullamento d’ufficio di titoli edilizi per l’innanzi adottati;d) modificazione in zona agricola della destinazione di un’area specifica, limitata o interclusa da fondi edificati.

Sentenza 25 novembre 2019, n. 7994

Data udienza 20 giugno 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 3815 del 2012, proposto dal signor An. Lo Sa., rappresentato e difeso dall’avvocato Or. Ab., con domicilio eletto presso lo studio legale Ti., in Roma, via (…).
contro
Il Comune di Potenza, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ca. Fe., Em. Bo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia.
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata Sezione Prima n. 605/2011, resa tra le parti, concernente l’impugnazione delle deliberazioni di adozione e di approvazione del regolamento urbanistico comunale.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Potenza;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 giugno 2019 il consigliere Daniela Di Carlo e uditi per le parti gli avvocati Or. Ab. e Ce. Fe.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso numero di registro generale 302 del 2009, proposto davanti al Tar della Basilicata, il signor Lo Sa. An. ha chiesto l’annullamento delle deliberazioni consiliari del Comune di Potenza n. 21 del 17.3.2008 e n. 13 del 31.3.2009, recanti -rispettivamente- l’adozione e l’approvazione del nuovo regolamento urbanistico comunale, nella parte in cui quest’ultimo ha incluso i terreni di proprietà del ricorrente tra gli “ambiti periurbani” del Comune, denominati “Aree a Trasformabilità Limitata”, e li ha sottoposti alla disciplina di cui all’art. 57 delle Norme Tecniche di Attuazione, allegate all’impugnato regolamento.
1.1. Gli effetti della modificazione pianificatoria sono consistiti, sostanzialmente, nell’escludere i terreni del ricorrente dalla perimetrazione urbana; nell’abolire la previsione dell’obbligatorietà della previa approvazione del piano urbanistico attuativo; e, in senso sfavorevole all’interessato, nel ridurre l’indice di edificabilità fondiaria a di 0,10 mq/mq.
1.2. Anteriormente alla modificazione, invece, i terreni del ricorrente ricadevano in zona (omissis); era prevista l’approvazione del piano urbanistico esecutivo; ed era concesso l’indice di fabbricabilità di 0,5 mc/mq, con l’altezza massima di m. 10,5.
1.3. Il ricorrente, in sede procedimentale, aveva anche presentato un’osservazione, con la quale chiedeva la conferma del precedente indice di fabbricabilità, ma l’osservazione veniva respinta dal Consiglio comunale, ritenendosi preferibile la scelta di consentire gli interventi edificatori con indici di fabbricabilità ridotti, rispetto a quella, previgente, di riconoscere un più elevato indice di fabbricabilità, ma previa emanazione del piano attuativo, esteso ad un intero comparto edificatorio.
2. Il Tar Potenza, con la sentenza di cui in epigrafe, ha dichiarato il ricorso improcedibile, ritenendo che il ricorrente non avesse più interesse a coltivare l’impugnazione, avendo presentato, nelle more del giudizio, una richiesta di rilascio del permesso di costruire, conclusasi favorevolmente in sede istruttoria.
Il Tar ha compensato tra le parti le spese di lite, ma ha posto a carico del Comune resistente l’onere del pagamento del contributo unificato, ritenendo la sostanziale fondatezza del ricorso nel merito, alla luce del precedente specifico reso dal medesimo Tar (sentenza n. 601 del 16 dicembre 2011).
3. Il signor Lo Sa. ha impugnato la sentenza, ritenendola erronea nella parte in cui ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso per difetto di interesse (l’interessato, infatti, ha ottenuto il permesso di costruire, ma in base al nuovo indice edificatorio, non certamente satisfattivo del bene-interesse sotteso al suo ricorso); nonché nella parte in cui ha assorbito gli altri due motivi di ricorso proposti (in particolare, con il primo motivo, il ricorrente aveva lamentato, ai sensi degli artt. 14 e 16 della legge regionale n. 23/1999, l’inversione degli strumenti urbanistici previsti dalla legge urbanistica regionale e l’emanazione, tramite un regolamento urbanistico comunale, di scelte pianificatorie spettanti al piano strutturale comunale; con il secondo motivo, invece, l’interessato aveva lamentato l’illegittima compressione edificatoria dei propri fondi, ravvisando l’eccesso di potere, per illogicità, della nuova scelta pianificatoria, la lesione dell’affidamento del privato in ordine alla conservazione della previgente disciplina, e la mancata comparazione dei contrapposti interessi.
4. Il Comune di Potenza si è costituito in giudizio, per resistere al gravame, ed ha depositato un’ulteriore memoria integrativa in vista dell’udienza di discussione.
5. All’udienza pubblica del 6 giugno 2019, la causa è stata discussa dalle parti ed è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
6. L’appello è fondato limitatamente al primo motivo, mentre è infondato con riguardo agli altri due ulteriori motivi, che ripropongono le censure rimaste assorbite in primo grado.
7. La Sezione ritiene dirimente, per l’accoglimento della prima censura, la circostanza che il ricorrente abbia conservato l’interesse a ricorrere per tutto il corso del giudizio di primo grado e finanche in questo grado, giacché l’avere ottenuto un permesso di costruire in base all’indice di edificabilità contestato, non soddisfa realmente e sostanzialmente il suo interesse, consistendo -il bene della vita auspicato- nell’ottenimento del permesso di costruire con il vecchio (e maggiore) indice di fabbricabilità .
8. Le due ulteriori censure, invece, sono infondate.
9. La Sezione ritiene decisive, per il rigetto del gravame, le seguenti circostanze.
9.1. In punto di fatto, il comparto edificatorio all’interno del quale sono situati i terreni del ricorrente, è stato interessato, nel corso del tempo, da un’intensa attività edilizia, che ha cagionato situazioni di lotti interclusi, e che -con il succedersi di condoni edilizi-, ha determinato la completa saturazione dell’area, senza il ricorso ai previsti piani attuativi e, quindi, in assenza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Di fronte a questo stato di fatto, la scelta pianificatoria comunale si è indirizzata verso una soluzione che prendesse atto della effettiva natura delle aree residue della ex zona (omissis), e che le ricomprendesse tra l’edificato esistente, classificandole come tessuti ad impianto disomogeneo, caratterizzato -quest’ultimo- da edifici risalenti a diverse epoche; realizzati senza un progetto ad impianto unitario; variamente disposti rispetto alla viabilità e all’interno dei lotti di pertinenza; bisognosi di riqualificazione edilizia e dell’incremento degli standards, al fine di assicurare una maggiore qualità urbana, sia agli insediamenti presenti che alle nuove realizzazioni.
9.2. Sul piano tecnico, invece, il ragguaglio tra gli indici di fabbricabilità, consente di comprendere l’esatta portata della reale riduzione imposta.
Secondo quanto specificamente prospettato dalla Difesa comunale con la memoria depositata il 20 maggio 2019 (non contestato sul punto dalla Difesa dell’appellante e, pertanto, posto a fondamento della decisione ai sensi dell’art. 64, comma 2, c.p.a.), l’indice di 0,1 mq/mq previsto dal nuovo regolamento urbanistico corrisponde, infatti, allo 0,33 mc/mq, contro il valore di 0,5 mc/mq previsti dal p.r.g..
La riduzione di circa un terzo del valore iniziale, è congrua, affatto illogica e, anzi, pienamente giustificata, alla luce del vantaggio (per il privato) del non dovere più sottostare alla previa approvazione del piano attuativo, e della necessità (rispondente all’interesse pubblico generale) di dovere gestire il completamento del tessuto urbano esistente, con il minore possibile sovraccarico urbanistico.
9.3. Con riguardo, invece, alle considerazioni prospettate circa l’ordine della pianificazione e la scelta del tipo di strumento urbanistico, la Sezione condivide il percorso logico-argomentativo posto alla base della propria precedente sentenza n. 4706 del 2013, la quale costituisce un precedente conforme ai sensi degli artt. 74, comma 1 e 88, comma 2, lett. d) del cod. proc. amm., anche perché riguarda lo stesso regolamento urbanistico qui impugnato e per i medesimi motivi di ricorso.
Nella sentenza, la Sezione ha prima di tutto ricostruito il quadro normativo, nei termini che seguono.
“La legge urbanistica della Regione Basilicata, che come molte discipline regionali di nuova concezione si fonda su principi in parte innovativi, come quello di sussidiarietà, di copianificazione o di perequazione, si articola in una serie di strumenti (ossia gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica – PT ed U – di cui all’art. 1), ciascuno dei quali è tenuto a norma dell’art. 36, comma 5, a conformarsi alle prescrizioni dello strumento sovraordinato. Gli strumenti rilevanti sono individuati e descritti dalla legge regionale nel modo seguente:
3.1. – La Carta regionale dei suoli, definisce: a) la perimetrazione dei sistemi naturalistico, ambientali, insediativo e relazione che costituiscono il territorio regionale; b) i livelli di trasformabilità del territorio regionale; c) le azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione e alla difesa del suolo (art. 10).
3.2. – Il Quadro strutturale regionale (Q.S.R.) rappresenta l’atto con il quale la Regione, previa verifica di compatibilità con i principi contenuti nella Carta regionale dei suoli, definisce gli obiettivi strategici della propria politica territoriale, in coerenza con le politiche infrastrutturali nazionali e con le politiche settoriali e di bilancio regionali; a norma dell’art. 12, comma 2, spetta al Q.S.R., tra gli altri, il compito di individuare le azione fondamentali per la salvaguardia dell’ambiente e la difesa del suolo, nel rispetto di quanto previsto dai Piani di bacino.
3.3. – Il Piano strutturale provinciale (P.S.P.) è l’atto di pianificazione con il quale la Provincia esercita un ruolo di raccordo tra le politiche territoriali della Regione e la pianificazione urbanistica comunale, determinando indirizzi generali di assetto del territorio provinciale; a norma dell’art. 13, comma 2, spetta al P.S.P. il compito di indicare il quadro conoscitivo dei sistemi naturalistico ambientale, insediativo, relazionale, desunto dalla Carta regionale dei suoli, individuando, tra l’altro, le armature urbane essenziali, i regimi d’uso previsionali generali e gli elementi di coordinamento della pianificazione comunale che interessano comuni diversi, promuovendo l’integrazione e la cooperazione tra enti.
3.4. – Il Piano strutturale comunale (P.S.C.) definisce le indicazioni strategiche per il governo del territorio comunale contenute nel piano strutturale provinciale, integrate con gli indirizzi di sviluppo espressi dalla Comunità locale; a norma dell’art. 14, comma 2, della L.R. 23/99, tale piano, previa verifica di coerenza con gli indirizzi del Piano strutturale provinciale e la verifica di compatibilità con i regimi di intervento della Carta regionale dei suoli:
– definisce gli obiettivi di programmazione nel territorio comunale contenuti nel Documento preliminare;
– delinea l’armatura urbana, i regimi d’uso ed il nuovo assetto del territorio comunale;
– individua l’eventuale perimetrazione dei piani operativi;
– disciplina i regimi di salvaguardia (di durata non superiore a quattro anni) relativi a previsioni immediatamente vincolanti da rispettare sino all’approvazione dei piani operativi;
– individua i perimetri dei distretti urbani.
3.5. – Uno strumento che la legge urbanistica regionale impone di adottare obbligatoriamente a tutti i Comuni è il Regolamento urbanistico (art. 16 L.R. n. 23/1999), che è deputato a disciplinare gli insediamenti esistenti sull’intero territorio comunale (e perciò anche il recupero del patrimonio urbanistico ed edilizio esistente); in particolare, il regolamento urbanistico delinea:
– i perimetri dei suoli urbanizzati, prevedendo i relativi regimi urbanistici e distinguendo le aree, sulle quali è possibile costruire anche in assenza del Piano Operativo e/o del Piano attuativo, e le aree, dove, per costruire, risulta necessaria la previa approvazione del Piano Operativo e/o del Piano attuativo;
– i perimetri dei suoli non urbanizzati e dei suoli riservati all’armatura urbana (cioè il reticolo della viabilità, e delle reti tecnologiche e dei servizi);
– le aree situate all’interno del perimetro dei suoli urbanizzati sulle quali è possibile, indipendentemente dal piano operativo, effettuare interventi diretti di edificazione, di completamento e di ampliamento degli edifici esistenti;
– le aree destinate alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
– le aree per le quali, in ragione della loro complessità, è necessario intervenire solo mediante piani attuativi.
3.6. – Lo strumento con il quale il Comune attua le previsioni del piano strutturale comunale e/o del regolamento urbanistico, allorquando si manifestino necessità di riqualificazione, trasformazione e recupero è il Piano operativo (art. 15).
3.7. – I Piani attuativi, infine, (art. 17) sono gli strumenti urbanistici di dettaglio approvati dal Comune in attuazione del piano operativo o del regolamento urbanistico ai fini del coordinamento degli interventi sul territorio, che hanno l’efficacia dei piani particolareggiati di cui alla legge n. 1150/1942, dei piani di zona per l’edilizia economica e popolare, dei piani per gli insediamenti produttivi, dei piani di recupero del patrimonio edilizio esistente, dei piani di lottizzazione.
3.8. – A completamento del quadro di pianificazione territoriale, non va sottovaluta l’importanza del Documento preliminare, che, pur non costituendo una vera e propria fonte della pianificazione territoriale, è lo strumento propedeutico alla redazione dei piani strutturali provinciale e comunale, con il quale il soggetto istituzionale competente elabora la pianificazione che intende proporre, argomenta la compatibilità del piano con la Carta regionale dei suoli e con il piano strutturale di livello superiore, valuta le possibilità di riuso dei suoli urbanizzati, in alternativa all’utilizzo dei suoli liberi. Il soggetto proponente, una volta elaborato il Documento preliminare, è tenuto a convocare una conferenza di pianificazione al fine di concertare gli interventi con gli enti interessati (Regioni, Province, Comunità locali, Comuni, Autorità di bacino, Parchi nazionali e regionali, Consorzi di Comuni, Consorzi di sviluppo industriale) in ossequio al principio di sussidiarietà e copianificazione (art. 11)”.
La Sezione, di poi, ha affrontato la problematica della classificazione delle aree di intervento, ossia dell’ambito oggettivo della pianificazione territoriale.
“L’art. 2 della legge regionale n. 23 del 1999, nell’ambito oggettivo della pianificazione territoriale in generale, individua: il sistema naturalistico-ambientale (costituito dall’intero territorio regionale non interessato dagli insediamenti e dalle reti dell’armatura urbana); il sistema relazionale (costituito dalle reti di viabilità, di distribuzione energetica, di comunicazione); il sistema insediativo, definendolo come il complesso degli insediamenti urbani, periurbani e diffusi, industriali/artigianali, agricolo/produttivi.
In relazione alla questione in esame, il sistema insediativo è suddiviso in due grandi categorie: gli ambiti urbani e gli ambiti periurbani.
4.1. – Gli ambiti urbani sono a loro volta suddivisi in:
suoli urbanizzati (S.U.), che, si identificano con le parti della città e/o del territorio caratterizzate dalla presenza di insediamento antropico organizzato (servito da viabilità ed infrastrutture a rete) anche non completamente definite sotto il profilo urbanistico (definizione fornita dal regolamento di attuazione della legge regionale in esame, adottato con delibera G.R. 24 marzo 2003 n. 512).
suoli non urbanizzati (S.N.U.), che nel citato regolamento di attuazione coincidono con quelle parti del territorio “non edificate o scarsamente edificate e comunque non organizzate”.
suoli riservati all’armatura urbana (S.R.A.U.), che invece corrispondono a quel “reticolo e porzioni di territorio destinati da programmi e/o piani vigenti e/o già utilizzati dalla viabilità, infrastrutture a rete e servizi”.
4.2. – Gli Ambiti periurbani sono invece suddivisi in:
-suoli agricoli abbandonati contigui agli Ambiti urbani,
-sistemi insediativi diffusi extraurbani privi di organicità, che, secondo quanto specificato dal regolamento di attuazione, sono contigui agli ambiti urbani.
La riportata illustrazione, necessaria per inquadrare la tematica in esame, consente di esaminare le doglianze proposte dal Comune appellante. In particolare, va sottolineato come il T.A.R. abbia ritenuto fondata la censura dei primi ricorrenti sulla base della constatazione che l’ambito di disciplina affidato al regolamento urbanistico è dettato dall’art. 16 della legge regionale, dal quale si desume che il regolamento urbanistico si limita ad individuare: a) i perimetri dei suoli urbanizzati, dei suoli non urbanizzati e dei suoli riservati all’armatura urbana (compreso il reticolo della viabilità, e delle reti tecnologiche e dei servizi); le aree destinate alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria. Sulla base di tale constatazione, si è dedotto che il regolamento urbanistico è deputato a “disciplinare soltanto l’ambito urbano, con il potere di individuazione delle aree, all’interno del perimetro dei suoli urbanizzati, sulle quali è possibile, indipendentemente, dal Piano operativo di cui all’art. 15, effettuare interventi diretti di edificazione, di completamento o di ampliamento degli edifici esistenti, di regolazione dei regimi urbanistici vigenti all’interno dei perimetri dei suoli urbanizzati, distinguendo le aree, sulle quali è possibile costruire anche in assenza del Piano Operativo e/o del Piano attuativo”.
Da queste premesse, la Sezione ha tratto le seguenti conclusioni:
a) il regolamento urbanistico, ai sensi del cit. art. 16, non solo è obbligatorio per tutti i Comuni, ma “disciplina gli insediamenti esistenti sull’intero territorio comunale”; b) si tratta di uno strumento, dunque, che non è limitato (unicamente) a considerare le aree all’interno del perimetro dei suoli urbanizzati, ma che ben può operare (anche) nelle aree periurbane;
c) tale possibilità, deriva dalla particolare collocazione del regolamento urbanistico, che non ha una posizione gerarchica statica, ma si atteggia in modo differente a seconda delle scelte pianificatorie e, soprattutto, in relazione agli altri strumenti prescelti dall’amministrazione;
d) il regolamento urbanistico, dal punto di vista pianificatorio, si pone ad un livello di tendenziale equipollenza con il piano strutturale (ai sensi dell’art. 13 n. 3, “Il P.S.P. definisce i Comuni obbligati al Piano strutturale e al Piano operativo di cui ai successivi artt. 14 e 15, e quelli che possono determinare i Regimi urbanistici in base al solo regolamento urbanistico ed alle schede di cui alla lettera f) del comma precedente”); dalla sua collocazione sistematica a monte della pianificazione operativa (ai sensi dell’art. 15 n. 1, “Il Piano operativo (P.O.) è lo strumento con il quale l’Amministrazione Comunale attua le previsioni del P.S.C., e/o del regolamento urbanistico”); e dall’utilizzo della stessa procedura per l’adozione e l’approvazione, di cui all’art. 36);
e) non può escludersi, stante la funzione esercitata, che il regolamento urbanistico possa introdurre le misure di salvaguardia di cui all’art. 38 della stessa legge regionale, attesa la tendenziale espansività delle sue previsioni, all’intero territorio comunale.
10. Infine, la Sezione ritiene infondate anche le residue censure, con cui l’appellante ha lamentato l’illogicità della scelta pianificatoria, la violazione dell’affidamento e la mancata comparazione degli interessi.
Secondo la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato (ex multis, Consiglio di Stato sez. IV, 21 giugno 2001 n. 3334; Consiglio di Stato sez. IV, 31 luglio 2000 n. 4222; Consiglio di Stato sez. IV, n. 735 del 30 gennaio 2019), il privato vanta un’aspettativa di mero fatto, non giuridicamente tutelabile né azionabile in sede giurisdizionale, nei confronti dell’aspirazione al riconoscimento (o al mantenimento) di una potenzialità edificatoria dei propri fondi, salvo che ricorra una delle seguenti ipotesi:
a) intervenuta stipulazione, tra le parti, di convenzioni di lottizzazione o di accordi di diritto privato;
b) aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessioni edilizie o di silenzio rifiuto su una domanda di concessione;
c) annullamento d’ufficio di titoli edilizi per l’innanzi adottati;
d) modificazione in zona agricola della destinazione di un’area specifica, limitata o interclusa da fondi edificati.
Nessuna delle predette ipotesi ricorre nel caso di specie.
Inoltre, l’Amministrazione comunale ha congruamente soppesato la diminuzione dell’indice edificatorio, con il vantaggio derivante dal non dovere più attendere l’emanazione del piano attuativo, rendendo il completamento del tessuto urbano compatibile con il carico urbanistico e lo stato -confuso e disordinato- dell’attuale edificazione.
11. In definitiva, per le considerazioni esposte, va accolto il primo motivo di appello e, per l’effetto, va riformata la sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse. Vanno, invece, respinti gli altri due motivi di appello, ripropositivi delle censure spiegate in primo grado, e di conseguenza va respinto nel merito il ricorso introduttivo del giudizio.
12. Le spese del doppio grado possono essere equitativamente compensate, in ragione della difficoltà delle questioni trattate.
13. Il pagamento del contributo unificato del doppio grado, va posto a carico del ricorrente, in ragione della sua soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 3815/2012, come in epigrafe proposto,
accoglie il primo motivo di appello e, per l’effetto, riforma la sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse;
rigetta gli altri due motivi di appello e, per l’effetto, respinge il ricorso introduttivo del giudizio;
compensa tra le parti le spese di lite del doppio grado;
pone il pagamento del contributo unificato del doppio grado, a carico del ricorrente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nel palazzo di piazza Capo di Ferro, nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2019 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Troiano – Presidente
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere, Estensore
Roberto Caponigro – Consigliere
Giuseppa Carluccio – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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