Corte di Cassazione, sezione lavoro, Ordinanza 1 aprile 2019, n. 9020.
La massima estrapolata:
In tema di poteri istruttori d’ufficio del giudice dell’opposizione allo stato passivo, l’emanazione dell’ordine di esibizione (nella specie, di documenti) è discrezionale, e la valutazione di indispensabilità neppure deve essere esplicitata nella motivazione; ne consegue che il relativo esercizio è svincolato da ogni onere motivazionale ed il provvedimento di rigetto dell’istanza è insindacabile in sede di legittimità, anche sotto il profilo del difetto di motivazione, trattandosi di uno strumento istruttorio residuale, utilizzabile soltanto quando la prova dei fatti non possa in alcun modo essere acquisita con altri mezzi e l’iniziativa della parte instante non abbia finalità esplorativa.
Ordinanza 1 aprile 2019, n. 9020
Data udienza 5 febbraio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere
Dott. BALESTRIERI Daniela – Consigliere
Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19004-2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso il decreto n. 3632/2015 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il 23/06/2015, r.g.n. 7903/2012.
RILEVATO
1. che il Tribunale di Venezia, pronunziando sulla opposizione proposta da (OMISSIS) avverso il decreto di esecutivita’ dello stato passivo del Fallimento della societa’ a r.l. (OMISSIS), ha respinto la domanda con la quale la opponente aveva chiesto di essere ammessa al passivo in via privilegiata per l’importo complessivo di Euro 40.807,70 (di cui Euro 6.289,00 per tfr ed Euro 7.966,70 a titolo di risarcimento del danno per illegittimita’ del licenziamento);
2. che, in particolare, il Tribunale, pur dichiarando di condividere l’assunto della opponente circa la carente indicazione di un progetto o di un programma nel contratto di collaborazione inter partes stipulato ai sensi del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276, articoli 61 e ss. ha escluso che a cio’ conseguisse la conversione automatica della collaborazione in rapporto di lavoro subordinato occorrendo, comunque, la prova che le modalita’ concrete di esplicazione della prestazione lavorativa fossero riconducibili all’area della subordinazione; tale prova non era stata in concreto offerta in quanto le circostanze capitolate dalla (OMISSIS), sulla quale ricadeva il relativo onere, non risultavano significative in ordine alla ricostruzione del rapporto come di natura dipendente. In ogni caso, anche a voler superare tale obiezione, l’opponente non aveva depositato, neppure nella fase di opposizione L. Fall., ex articolo 98, il ccnl Commercio sulla cui base aveva formulato i conteggi per le differenze connesse al rivendicato III livello e tale mancata produzione non era superabile mediante l’applicazione analogica dell’articolo 425 c.p.c., comma 4, venendo in rilievo un onere di allegazione e produzione assoggettato alle regole processuali sulla distribuzione dell’onere della prova e del contraddittorio;
3. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso (OMISSIS) sulla base di due motivi; il Fallimento in persona del Curatore ha depositato controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’articolo 380- bis.1. c.p.c..
CONSIDERATO
1. che con il primo motivo parte ricorrente deduce violazione del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 69 cit. censurando il provvedimento impugnato per avere posto a carico di essa (OMISSIS) l’onere della prova delle concrete modalita’ di esplicazione del rapporto laddove – assume – in base al Decreto Legislativo n. 276 del 2003 cit., articolo 61 la mancanza del progetto comportava, in via di sanzione automatica, la conversione del rapporto in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato; in ogni caso – sostiene – le concrete modalita’ di esplicazione del rapporto erano state quelle tipiche della subordinazione;
2. che con il secondo motivo deduce violazione del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 69 cit. e dell’articolo 425 c.p.c.. Premesso che la mancanza del progetto aveva determinato in via automatica la conversione della collaborazione autonoma in rapporto di lavoro subordinato osserva che nella liquidazione delle differenze il giudice doveva tener conto del contratto piu’ consono applicabile alla categoria professionale di appartenenza del datore di lavoro. In questa prospettiva si duole del mancato esercizio dei poteri istruttori di ufficio in applicazione analogica dei corrispondenti poteri attribuiti dall’articolo 425 c.p.c. al giudice del lavoro;
3. che, come noto, il principio processuale della “ragione piu’ liquida”, desumibile dagli articoli 24 e 111 Cost., comporta che la causa puo’ essere decisa sulla base della questione ritenuta di piu’ agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerita’ del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare ai sensi dell’articolo 276 c.p.c. (Cass. 09/01/2019 n. 363; Cass. 11/05/2018 n. 11458; Cass. 21/06/2017 n. 15350; Cass. 19/08/2016 n. 17214; Cass. 28/05/2014 n. 12002);
3.1. che l’applicazione del principio della ragione piu’ liquida alla fattispecie in oggetto determina l’esame in via prioritaria del secondo motivo di ricorso, anche se esso investe la questione relativa all’ammissione al passivo in via privilegiata dei crediti derivanti da rapporto di lavoro dipendente, questione logicamente subordinata a quella oggetto del primo motivo incentrato sulla “conversione” in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ai sensi del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 69, comma 1 cit. del rapporto di collaborazione a progetto instaurato dalla opponente con la societa’ poi fallita. Cio’ in quanto la richiesta della (OMISSIS) relativa all’accertamento della natura subordinata del rapporto risulta meramente strumentale al riconoscimento del credito e del relativo grado di prelazione ai fini dell’insinuazione al passivo della procedura fallimentare di talche’ una volta esclusa, comunque, per le ragioni, che si andranno ad evidenziare, la possibilita’ di ammissione al passivo dei crediti in questione, l’accertamento della conversione in rapporto di lavoro subordinato della originaria collaborazione a progetto instaurata tra le parti diviene irrilevante;
4. che, infatti, il secondo motivo di ricorso risulta infondato;
4.1. che in merito ai poteri d’ufficio esercitabili dal giudice in sede di opposizione allo stato passivo L. Fall., ex articolo 99, in riferimento alla possibilita’, in applicazione analogica dei poteri ex articolo 425 c.p.c., di acquisizione del contratto collettivo applicabile occorre considerare che, a differenza del testo della L. Fall., articolo 99 novellato dal Decreto Legislativo 9 gennaio 2006, n. (cd. “regime intermedio”, applicabile ai fallimenti dichiarati dal 16.7.2006 al 31.12.2007), che all’8 comma prevedeva che “Il tribunale, se necessario, puo’ assumere informazioni anche d’ufficio e puo’ autorizzare la produzione di ulteriori documenti”, il testo dello stesso articolo novellato dal Decreto Legislativo 12 settembre 2007, n. 169 (in vigore dal 1 gennaio 2008 e pertanto applicabile ai fallimenti dichiarati dopo tale data, quale quello in oggetto dichiarato con sentenza del 2.3.2012), non contiene piu’ una tale previsione;
4.2. che nel vigore del regime intermedio si e’ al proposito ritenuto: “l’omesso esercizio del potere officioso di assumere informazioni, essendo potere discrezionale attribuito al giudice del merito, puo’ essere sindacato soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione ex articolo 360 c.p.c., n. 5, mentre nella concreta fattispecie il ricorrente ha formulato la censura ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, (v. in argomento, Sez. 3, Sentenza n. 10128 del 2004 e Sez. L, Sentenza n. 9817 del 1998). Quanto alla mancata acquisizione della documentazione tardivamente allegata, poi, il motivo e’ manifestamente infondato perche’ correttamente il Tribunale ha evidenziato che si erano verificate le preclusioni istruttorie previste dalla L. Fall., articolo 9, che – anche nel testo anteriore al c.d. decreto correttivo prevedeva sin dagli atti introduttivi (ricorso e memoria difensiva) l’onere, a pena di decadenza, di specifica indicazione dei mezzi di prova e dei documenti “prodotti” di cui la parte intendeva avvalersi”(Cass. 04/09/2009, n. 19211);
4.3. che in relazione al regime vigente, questa Corte ha affermato che in tema di poteri istruttori d’ufficio del giudice dell’opposizione allo stato passivo, l’emanazione dell’ordine di esibizione (nella specie, di documenti) e’ discrezionale, e la valutazione di indispensabilita’ neppure deve essere esplicitata nella motivazione; ne consegue che il relativo esercizio e’ svincolato da ogni onere motivazionale ed il provvedimento di rigetto dell’istanza e’ insindacabile in sede di legittimita’, anche sotto il profilo del difetto di motivazione, trattandosi di uno strumento istruttorio residuale, utilizzabile soltanto quando la prova dei fatti non possa in alcun modo essere acquisita con altri mezzi e l’iniziativa della parte istante non abbia finalita’ esplorativa. (Cass. 21/02/2017, n. 4504; non diversamente da quanto si ritiene nel processo del lavoro: Cass. 25/10/2013, n. 24188);
4.4. che, inoltre, costituisce principio consolidato quello secondo cui l’articolo 421 c.p.c. sui poteri istruttori ufficiosi del giudice e’ norma relativa al rito del lavoro e non trova applicazione nel giudizio di opposizione allo stato passivo del fallimento, ai sensi della L. Fall., articolo 98, che e’ retto dalle norme che regolano il giudizio ordinario, anche se si facciano valere diritti derivanti da un rapporto di lavoro subordinato con l’impresa assoggettata alla procedura concorsuale (Cass. 19/05/2006, n. 11856; Cass. 30/09/2016, n. 19596);
4.5. che, in ogni caso, anche nel rito del lavoro la richiesta alle associazioni sindacali, a norma dell’articolo 425 c.p.c., di informazioni, o del testo dei contratti collettivi applicabili nella controversia, costituisce esercizio, da parte del giudice del merito, di una facolta’ discrezionale, il cui uso e’ insindacabile sede di legittimita’, tranne nell’ipotesi in cui vi sia stata specifica istanza all’uopo proposta dalla parte (Cass. 12/08/2009 n. 18261), e la stessa sia stata rigettata con motivazione erronea ed illogica (Cass.. 1654 del 14/02/1987 2300 del 15/04/1982), circostanza questa neppure specificamente allegata dalla odierna ricorrente che si e’ limitata a richiamare quanto rappresentato nella memoria autorizzata in punto di libera consultabilita’ dell’archivio dei contratti e accordi collettivi istituito presso il CNEL;
5. che alla luce dei richiamati principi il mancato esercizio in via analogica dei poteri ex articolo 425 c.p.c. da parte del giudice del fallimento, si sottrae al sindacato di legittimita’;
6. che a tanto consegue il rigetto del ricorso e il regolamento, secondo soccombenza, delle spese di lite;
7. che sussistono i presupposti per l’applicabilita’ del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 3.500,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
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