Pluralità di reati avvinti dal vincolo della continuazione

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 3 febbraio 2020, n. 4412

Massima estrapolata:

Qualora, nel medesimo capo di imputazione, sia contestata una pluralità di reati avvinti dal vincolo della continuazione e la data del reato sia riferita all’attualità, il dies a quo della prescrizione decorre non dalla data della pronuncia della sentenza di primo grado, ma va accertata, per ciascun reato, sulla base dei dati probatori introdotti nel giudizio di merito.

Sentenza 3 febbraio 2020, n. 4412

Data udienza 12 dicembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAMACCI Luca – Presidente

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. ACETO Aldo – Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano – rel. Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni F. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 20/02/2018 della Corte di appello di Firenze
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Stefano Corbetta;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Seccia Domenico, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ dei ricorsi;
udito il difensore, avv. (OMISSIS) del foro di Firenze per (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata sentenza, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Firenze e appellata dagli imputati, la Corte di appello di Firenze, ai fini che qui rilevano, dichiarava non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) per il reato di ricettazione di cui al capo 2), limitatamente alle condotte commesse fino al (OMISSIS), per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione e, per l’effetto, rideterminava la pena, nei suoi confronti, in anni quattro e mesi cinque di reclusione; la Corte territoriale confermava, nel resto, la decisione di primo grado, che aveva affermato la penale responsabilita’ di: (OMISSIS) per i delitti di cui agli articoli 648 e 648-bis c.p. (capo 2), articoli 81 cpv. e 110 c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, (capo 6) e Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, comma 3, (capi 8 e 9); (OMISSIS) e di (OMISSIS) per il delitto di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, comma 3, (loro rispettivamente contestati ai capi 8 e 9); (OMISSIS) per il delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, (capo 5).
2. Avverso l’indicata sentenza, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), tramite i rispettivi difensori di fiducia, propongono ricorso per cassazione.
3. Il ricorso presentato nell’interesse di (OMISSIS) e’ affidato a un motivo, con cui deduce la violazione e l’erronea applicazione del Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, comma 3, e il correlato vizio motivazionale. Assume il ricorrente che i giudici di merito non avrebbero indicato l’ingiusto profitto conseguito a seguito del viaggio in Spagna compiuto dal coimputato (OMISSIS) e del successivo rientro in Italia; sotto altro profilo, si eccepisce l’intervenuta prescrizione del reato.
4. Il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) si articola in un motivo, con cui lamenta la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) in relazione all’articolo 192 c.p.p..
Il ricorrente censura la sentenza impugnata, laddove ha affermato la penale responsabilita’ sulla base di meri indizi che non avrebbero i requisiti di gravita’, precisione e concordanza richiesti dall’articolo 192 c.p.p., comma 3, essendo state utilizzate unicamente delle mere conversazioni captate nel corso delle indagini, prive di riscontri oggettivi, tale non essendo il sequestro della droga effettuato a carico del corriere, e considerando che allo (OMISSIS), indicato come emissario del fornitore albanese, non e’ stato sequestrato del denaro. I soli dati obiettivi accertati – una telefonata verso l’utenza del (OMISSIS) e l’incontro fugace con quest’ultimo presso il (OMISSIS) – non sarebbero percio’ idonei per affermare il coinvolgimento dello (OMISSIS) nell’importazione della droga, non essendo logicamente credibile che (OMISSIS) abbia consegnato del denaro allo (OMISSIS), senza prima ricevere lo stupefacente. Stante la mancanza della prova e l’illogicita’ della motivazione, si insiste per l’annullamento della sentenza.
5. Il ricorso presentato nell’interesse di (OMISSIS) e’ affidato a un motivo, con cui deduce la violazione e l’erronea applicazione del Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, comma 3, e il correlato vizio motivazionale. Ad avviso del difensore, lo (OMISSIS) si e’ limitato a fornire al (OMISSIS) una dichiarazione di emersione del lavoro irregolare, ma senza procurare l’ingresso in Italia dello straniero in questione, che organizzo’ autonomamente il viaggio per rientrare in Italia, condotta che, al piu’, integra la meno grave ipotesi di reato di cui al Decreto Legge n. 195 del 2002, articolo 9. In ogni caso, si eccepisce l’intervenuta prescrizione del reato.
6. Il ricorso proposto per conto di (OMISSIS) e’ articolato in cinque motivi.
6.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b). Assume il ricorrente che la Corte territoriale avrebbe erroneamente limitato la dichiarazione di prescrizione dei reati ricompresi nel capo 2) fino al (OMISSIS), mentre, stante il carattere aperto della contestazione (“a partire dal 2002 sino alla data odierna”), il dies a quo decorre, al piu’ tardi, dalla data dell’avviso di conclusione delle indagini, ossia dal 03/05/2006, di talche’, in assenza di contestazioni suppletive, sarebbero prescritti non solo i reati di cui al capo 2), ma anche quello ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 di cui al capo 6), essendo stato riqualificato dal Tribunale nell’ipotesi prevista dal citato articolo 73, comma 5, ed essendo la data del commesso reato collocabile nel (OMISSIS), come ritenuto dal Tribunale.
6.2. Con il secondo motivo si eccepisce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) in relazione all’articolo 648-bis c.p..
Ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale avrebbe erroneamente ravvisato il delitto di cui all’articolo 648-bis c.p., rispetto a beni in precedenza ricettati dallo stesso soggetto, poiche’ i due delitti si pongono in rapporto di specialita’, in quanto la fattispecie ex articolo 648-bis c.p. esige anche la condotta di sostituzione o trasformazione della res delittuosa, con conseguente assorbimento, in esso, del delitto di ricettazione, interpretazione, questa, che trova conforto nell’introduzione dell’articolo 648-ter.1 c.p., che incrimina l’autoriciclaggio.
6.3. Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) con riferimento ai capi 8) e 9).
Lamenta il ricorrente che i giudici di merito non avrebbero spiegato l’ingiusto profitto derivante dal viaggio effettuato dal (OMISSIS) prima in Spagna e poi in Italia; in ogni caso, ad avviso del ricorrente, i reati sarebbero prescritti.
6.4. Con il quarto motivo si censura la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) in relazione all’articolo 81 cpv. c.p..
Il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra i diversi reati per i quali e’ intervenuta condanna, trattandosi invece di fatti legati da un medesimo disegno criminoso, in quanto l’aiuto al (OMISSIS) aveva una finalita’ del tutto compatibile con il commercio di preziosi, e considerando il ristretto arco temporale di commissione dei fatti medesimi.
6.5. Con il quinto motivo si deduce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) con riferimento all’articolo 240 c.p. Sostiene il ricorrente che la Corte territoriale avrebbe ravvisato un vincolo di pertinenza dei beni sequestrati con i reati per i quali e’ intervenuta condannata facendo leva su valutazioni fattuali errate ed illogiche, senza indicare la provenienza da delitto dei beni commercializzati da (OMISSIS), e considerando che le condotte antecedenti all'(OMISSIS) sono state dichiarate prescritte, senza una specifica affermazione di colpevolezza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso di (OMISSIS) e’ fondato per i motivi di seguito indicati.
2. Come emerge dall’imputazione di cui al capo 8) e come ritenuto dai giudici di merito, al (OMISSIS) si contesta di avere compiuto atti diretti a favorire l’ingresso illegale di (OMISSIS) in Spagna; risulta dalle sentenze impugnate che il fatto e’ stato commesso nel periodo intercorrente tra la fine di luglio e i primi giorni di (OMISSIS) (cfr. p. 16 della sentenza di primo grado).
3. Orbene, si rileva che il Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, comma 1, nel testo vigente al momento del fatto – in vigore dal 09/06/2002 fino ai 09/09/2002, prima delle modifiche apportate dalla L. 30 luglio 2002, n. 189 -, cosi’ recitava: “Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque compie attivita’ dirette a favorire l’ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del presente testo unico e’ punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire trenta milioni”.
Il comma 3 cosi’ stabiliva: “Se il fatto di cui al comma 1 e’ commesso a fine di lucro o da tre o piu’ persone in concorso tra loro, ovvero riguarda l’ingresso di cinque o piu’ persone, e nei casi in cui il fatto e’ commesso mediante l’utilizzazione di servizi di trasporto internazionale o di documenti contraffatti, la pena e’ della reclusione da quattro a dodici anni e della multa di lire trenta milioni per ogni straniero di cui e’ stato favorito l’ingresso in violazione del presente testo unico. Se il fatto e’ commesso al fine di reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione, ovvero riguarda l’ingresso di minori da impiegare in attivita’ illecite al fine di favorirne lo sfruttamento, la pena e’ della reclusione da cinque a quindici anni e della multa di lire cinquanta milioni per ogni straniero di cui e’ stato favorito l’ingresso in violazione del presente testo unico”.
Come emerge dal chiaro dato testuale, ai sensi del comma 1 era punito il compimento atti diretti a procurare l’ingresso illegale nello Stato, ma non anche in altro Stato del quale la persona non e’ cittadina o non ha titolo di residenza permanente, condotta oggetto di incriminazione solo a partire dal 10/09/2002 per effetto delle modifiche apportate al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, comma 1, dalla L. n. 189 del 2002.
Va altresi’ rammentato che, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, in tema di disciplina dell’immigrazione le fattispecie previste nel Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, comma 3, configurano circostanze aggravanti del reato di pericolo di cui al comma 1 del medesimo articolo (Sez. U, n. 40982 del 21/06/2018 – dep. 24/09/2018, P, Rv. 273937).
4. Conseguentemente, non rivestendo, nel momento in cui fu tenuta, la condotta ascritta al ricorrente carattere di illecito penale, essendo punita il solo compimento di “attivita’ dirette a favorire l’ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato” e non anche in altro Stato, ne segue che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) perche’ il fatto di cui al capo 8) non era previsto dalla legge come reato.
5. Il ricorso di (OMISSIS) e’ inammissibile per la manifesta infondatezza del motivo, diretto a una rivalutazione del materiale probatorio che la Corte d’appello ha correttamente apprezzato.
6. Diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente, la Corte territoriale, con motivazione esente da aporie logiche e vizi giuridici, ha confermato la penale responsabilita’ dell’imputato sulla base delle conversazioni captate, come indicate a p. 25 e 26 della sentenza di primo grado, da cui emerge che lo (OMISSIS) venne appositamente inviato in Italia per curare – unitamente a (OMISSIS), incaricato del trasporto materiale della droga – la consegna al (OMISSIS) dello stupefacente, previa riscossione del corrispettivo.
7. Di conseguenza, la condotta successivamente tenuta dallo (OMISSIS), come ricostruita a p. 11 della sentenza impugnata, va inquadrata alla luce del compito che gli era stato affidato e si salda con le condotte tenute dagli altri correi, essendo emerso che: 1) il fornitore della droga manteneva i contatti diretti con (OMISSIS), aggiornandolo della data di arrivo della cocaina e delle modalita’ della consegna (conversazioni del 13/11/2002, ore 10,35 n. 480; ore 10.53 n. 496; ore 11.37 n. 497); 2) lo (OMISSIS) (identificato a seguito di controllo mirato) era stato incaricato di mantenere in contatti con (OMISSIS) in vista della consegna della cocaina, trasportato dal corriere (OMISSIS), e del preventivo ritiro dei soldi, sotto la supervisione del fornitore albanese, il quale manteneva i contatti sia con l’acquirente, sia con i suoi incaricati (conversazioni del 13/11/2002, ore 11.37 n. 497; n. 499; n. 500; ore 13.45, n. 503); 3) il 14 novembre, avuta conferma, il giorno precedente, dell’avvenuto pagamento (conversazione del 13/11/2002, ore 14,05), avvenivano una serie di contatti tra il fornitore albanese e il (OMISSIS), tra il corriere e il fornitore albanese, tra il corriere e il (OMISSIS) in vista della consegna della droga, che pero’ non si perfezionava perche’ il (OMISSIS) si accorse della presenza delle forze dell’ordine sul luogo concordato; 4) quello stesso giorno il (OMISSIS) fu tratto in arresto perche’ trovato in possesso di 954 gr. di cocaina, mentre (OMISSIS) fuggi’ in Albania.
8. Orbene, come ritenuto dalla Corte con apprezzamento fattuale logicamente motivato, il contenuto dei colloqui intercettati, la successione dei contatti ravvicinati, desumibili dai tabulati telefonici in uso ai soggetti coinvolti nell’affare, e il sequestro dello stupefacente non lasciano alcun dubbio sulla consapevole partecipazione del ricorrente all’importazione di cocaina.
Trattandosi di una motivazione aderente ai dati probatori, valutati in maniera non manifestamente illogica, essa supera il vaglio di legittimita’.
9. Il ricorso di (OMISSIS) e’ inammissibile per la manifesta infondatezza del motivo.
10. Va anzitutto chiarito che, a differenza di quanto contestato al (OMISSIS) (cfr. par. 1), allo (OMISSIS), al capo 9), si imputa il compimento di atti diretti a favorire l’ingresso illegale di (OMISSIS) dalla Spagna nel territorio dello Stato, fatto che, al momento della sua commissione, era previsto dalla legge come reato.
11. Cio’ posto, il ricorrente contesta non la condotta a lui ascritta, consistita nel procurare una falsa certificazione di lavoro dipendente al (OMISSIS) – gia’ irregolarmente presente sul territorio italiano, quindi entrato illegalmente in Spagna nel luglio 2002 e intenzionato a fare ritorno in Italia – ma la relativa qualificazione giuridica, inquadrabile, secondo la prospettazione difensiva, quale violazione della procedura di emersione ex Decreto Legge n. 195 del 2002, articolo 1, comma 9.
12. A tal proposito, va richiamato l’insegnamento di questa Corte di legittimita’, secondo cui la condotta penalmente rilevante prevista dal Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, commi 1 e 3, e’ esclusivamente quella intesa a favorire l’ingresso nel territorio dello Stato dello straniero in violazione delle norme del testo unico, cioe’ in assenza di valido documento legittimante l’ingresso o in presenza di documento ottenuto con artifici o in modo illecito, e non anche quella di chi favorisce l’ingresso di persona munita di regolare visto, a nulla rilevando i progetti, le intenzioni o le speranze di quest’ultima, eventualmente difformi da quanto consentito dal visto (Sez. 1, n. 49258 del 21/10/2004 – dep. 22/12/2004, P.M. in proc. Dukov Ryustem, Rv. 230159).
13. Nel caso in esame, la Corte si e’ attenuta a tale principio, avendo il ricorrente predisposto una documentazione lavorativa fittiziamente attestante un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenza della lavanderia di (OMISSIS), una conoscente dello (OMISSIS), necessaria per fornire al (OMISSIS) un titolo di ingresso valido in Italia e un’apparenza di liceita’ della permanenza, di cui non sussisteva alcun presupposto legittimante, tenuto conto del passaporto falso in uso al (OMISSIS), dell’assenza di qualsiasi reale attivita’ lavorativa e dell’inosservanza delle disposizioni del t.u. in materia di immigrazione con riferimento, appunto, all’ingresso sul territorio nazionale e alla permanenza sullo stesso.
14. Parimenti e’ da escludersi la sussumibilita’ del fatto nella fattispecie di cui al Decreto Legge n. 195 del 2002, articolo 1, comma 9, non solo perche’ la norma punisce la falsa dichiarazione di emersione ai sensi del comma 1, mentre nella specie si tratta di falsa documentazione attestante una regolare attivita’ lavorativa, ma anche per l’assorbente ragione che la disposizione di cui all’indicato articolo 1, comma 9, e’ applicabile, per espressa previsione normativa, “salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato”, di talche’, in ogni caso, la norma ora richiamata cede il passo alla piu’ grave fattispecie delittuosa di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12.
15. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e’ fondato nei limiti e per i motivi di seguito indicati.
16. Seguendo un ordine logico nella trattazione delle questioni dedotte, occorre esaminare il secondo motivo, con cui il ricorrente contesta, in relazione al capo 2), il concorso tra i delitti di ricettazione e di riciclaggio.
17. Per pacifica giurisprudenza, la norma incriminatrice del reato di riciclaggio e’ speciale rispetto a quella del reato di ricettazione perche’ richiede che il dolo si qualifichi non per una generica finalita’ di profitto ma per lo scopo ulteriore di far perdere le tracce dell’origine illecita (Sez. 2, n. 19907 del 19/02/2009 – dep. 11/05/2009, Abruzzese e altri, Rv. 244879; in senso conforme, Sez. 2, n. 18103 del 10/01/2003 – dep. 16/04/2003, Sirani L, Rv. 224394; Sez. 2, n. 33076 del 14/07/2016 – dep. 28/07/2016, P.M. in proc. Moccia e altri, Rv. 267692).
18. Nel caso in esame, tuttavia, come emerge dall’imputazione e, soprattutto, dalle sentenze impugnate, allo (OMISSIS) non e’ affatto contestato il concorso di reati relativamente ai medesimi beni, in quanto, come chiaramente risulta dalla sentenza di primo grado (cfr. p. 29), per i casi in cui egli si e’ limitato a ricevere gioielli e preziosi provento di furto e’ stato imputato (e condannato) per il delitto di ricettazione, mentre la contestazione dell’articolo 648-bis c.p. (e la relativa condanna) e’ intervenuta per i casi in cui lo (OMISSIS) ha poi provveduto a far fondere i preziosi ovvero a depositare gli orologi, privi di certificato di garanzia, presso il Monte dei Pegni, cosi’ acquisendo un documento comprovante la legittima provenienza.
Di conseguenza, non confrontandosi il ricorrente con la motivazione addotta dai giudici di merito, il motivo e’ manifestamente infondato.
19. Il terzo motivo e’, in parte, fondato.
19.1. In relazione al capo 8), si rinvia alle considerazione sopra svolte al par. 1 in relazione alla posizione di (OMISSIS); di conseguenza, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti i (OMISSIS) con riguardo al delitto di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12 contestato al capo 8) perche’ il fatto non e’ previsto dalla legge come reato.
19.2. A diverse conclusioni deve giungersi invece con riguardo al delitto contestato al capo 9). A tal proposito, si rinvia alle argomentazioni sopra indicate in riferimento della posizione di (OMISSIS), a cui si rivolse proprio lo (OMISSIS) per la predisposizione della falsa documentazione di lavoro al fine di consentire l’ingresso in Italia del (OMISSIS), come accertato dalla Corte territoriale (p. 18).
20. Il primo motivo e’ fondato, con assorbimento dei motivi residui.
21. Con riguardo al capo 2), in cui sono contestate le fattispecie ex articoli 648 e 648-bis c.p. nei termini sopra indicati al par. 5, la data del commesso reato viene indicata “a partire dal 2002 e sino alla data odierna”.
22. Cio’ posto, la Corte di appello ha ritenuto che, stante la natura “aperta” della contestazione, che indica nell’attualita’ la data di cessazione del reato, il dies a quo della prescrizione decorre dalla data della pronuncia della sentenza di primo grado.
La Corte territoriale, evidentemente, ha ritenuto applicabile al reato continuato la giurisprudenza che, con riferimento ai reati permanenti (cfr., da ultimo, Sez. 5, n. 6742 del 13/12/2018 – dep. 12/02/2019, D, Rv. 275490 in tema di reato associativo) ovvero ai reati abituali (Sez. 5, n. 6742 del 13/12/2018 – dep. 12/02/2019, D, Rv. 275490 in relazione al delitto di cui all’articolo 612-bis c.p.), nell’ipotesi di contestazione “aperta” il termine finale di consumazione coincide con quello della pronuncia della sentenza di primo grado, che cristallizza l’accertamento processuale.
23. Si tratta di una conclusione giuridicamente errata.
Invero, la data della pronuncia della sentenza di condanna di primo grado puo’ segnare la cessazione della permanenza ovvero dell’abitualita’ della condotta, ma non puo’ posticipare la data d consumazione nel caso di reati istantanei unificati dal vincolo della continuazione.
Il reato continuato e’ una fictio iuris, che rileva solo per il piu’ benevolo trattamento sanzionatorio previsto dal legislatore al fine di mitigare il cumulo materiale delle pene, mentre, per il resto, ciascun reato realizzato in esecuzione di un medesimo disegno criminoso mantiene la propria autonomia anche, ai fini che qui rilevano, in relazione alla data di commissione del reato, la quale va accertata sulla base dei dati probatori ritenuti dai giudici di merito.
24. Va percio’ affermato il seguente principio di diritto: qualora, nel medesimo capo di imputazione, sia contestata una pluralita’ di reati avvinti dal vincolo della continuazione e la data del commesso reato sia riferita all’attualita’, il dies a quo della prescrizione decorre non dalla data della pronuncia della sentenza di primo grado, ma va accertata, per ciascun reato, sulla base dei dati probatori introdotti nel giudizio di merito.
25. Nel caso di specie come emerge dalla sentenza di primo grado (p. 20), l’ultima condotta accertata a carico del ricorrente risale al 08/11/2002, quanto lo (OMISSIS) fu visto, alle ore 16.26, dapprima entrare, quindi, alle ore 16.47, uscire dall’abitazione del (OMISSIS) sita in (OMISSIS), con una vistosa busta tra le mani.
Assumendo, quindi, come dies a quo, la data dell’08/11/2002, e tenendo del periodo complessivo di sospensione, pari a 219 giorni (dal 04/11/2010 al 03/03/2011 e dal 03/03/2011 all’11/06/2011), ne deriva che, il termine massimo di prescrizione previsto sia per la ricettazione (pari a 10 anni), sia per il riciclaggio (pari a 15 anni), risulta alla data odierna decorso, cio’ che questa Corte puo’ rilevare stante la non manifesta infondatezza del motivo, che consente l’instaurazione del rapporto processuale.
26. La medesima conclusione va affermata anche in relazione al delitto continuato di cui al capo 6) che, come rilevato dal ricorrente, il Tribunale aveva gia’ riqualificato nell’ipotesi continuata di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5; anche in tal caso, la data del commesso reato e’ indicata, nel capo di imputazione, “a partire dal 2002 alla data odierna”.
Poiche’, come risulta dalla sentenza di primo grado, l’ultima condotta di spaccio ascritta al ricorrente e’ stata accertata il 05/12/2002 (cfr. p. 29), ne deriva che, anche tenendo conto dell’indicato periodo di sospensione, la prescrizione (pari a 7 anni e mezzo) era maturata prima della pronuncia impugnata.
27. Per le considerazioni sin qui esposte, ne deriva che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) in relazione ai reati di cui ai capi 2) e 6) per essere i medesimi reati estinti per prescrizione. Per l’effetto, deve essere revocata la confisca disposta nei confronti dello (OMISSIS).
28. A carico dello (OMISSIS), pertanto, residua il reato di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, contestato al capo 9), che si e’ prescritto dopo la pronuncia della sentenza impugnata.
Nondimeno, come affermato dalle Sezio’ni Unite di questa Corte di legittimita’, in caso di ricorso avverso una sentenza di condanna cumulativa, che riguardi piu’ reati ascritti allo stesso imputato, l’autonomia dell’azione penale e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione impedisce che l’ammissibilita’ dell’impugnazione per uno dei reati possa determinare l’instaurazione di un valido rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali i motivi dedotti siano inammissibili, con la conseguenza che per tali reati, nei cui confronti si e’ formato il giudicato parziale, e’ preclusa la possibilita’ di rilevare la prescrizione maturata dopo la sentenza di appello (Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016 – dep. 14/02/2017, Aiello e altro, Rv. 268966).
Si tratta di un principio che opera nel caso in esame, avendo peraltro la Corte territoriale evidenziato, con logica motivazione (p. 23), l’autonomia dei fatti di cui ai capi 8) e 9), che, benche’ riferiti al medesimo soggetto, sono stati realizzati sulla base di evenienze del tutto contingenti, rappresentate, in un caso, dalla necessita’ del (OMISSIS) di fuggire dopo la rapina commessa in danno dei coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), e, nell’altro, dalla volonta’ estemporanea manifestata dal (OMISSIS) di voler far rientro in Italia.
Di conseguenza, quanto alla posizione dello (OMISSIS), occorre rinviare ad altra sezione della Corte di appello di Firenze relativamente al trattamento sanzionatorio per il delitto contestato al capo 9).
29. Essendo i ricorsi di (OMISSIS) e di (OMISSIS) inammissibili e, a norma dell’articolo 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) perche’ il fatto di cui al capo 8) non e’ previsto dalla legge come reato.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al fatto di cui al capo 8) perche’ non e’ previsto dalla legge come reato e ai reati di cui ai capi 2) e 6) per essere gli stessi estinti per prescrizione e rinvia ad altra Sezione della corte d’appello di Firenze per la determinazione della pena per il residuo reato di cui al capo 9).
Elimina la confisca. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS) e di (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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