Per ricusare il giudice dell’udienza preliminare relativa a reati di bancarotta fraudolenta

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 18 aprile 2019, n. 17180.

La massima estrapolata:

Per ricusare il giudice dell’udienza preliminare relativa a reati di bancarotta fraudolenta non basta che sia lo stesso magistrato che ha concorso a deliberare il fallimento dell’impresa. Nè è una giusta causa il suo ruolo di relatore nel procedimento di opposizione alla dichiarazione di insolvenza proposta dall’imputato, se in tali pronunce non ha fatto valutazioni di merito sui fatti addebitati.

Sentenza 18 aprile 2019, n. 17180

Data udienza 20 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo – Presidente

Dott. ZAZA Carlo – Consigliere

Dott. MICCOLI Grazia – Consigliere

Dott. SCARLINI E.V.S. – rel. Consigliere

Dott. CALASELICE Barbara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 05/10/2018 della CORTE APPELLO di POTENZA;
udita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO VITTORIO STANISLAO SCARLINI;
lette le conclusioni del PG, Elisabetta Cennicola, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1 – Con provvedimento del 19 ottobre 2018, la Corte di appello di Potenza rigettava le istanze di ricusazione proposte da (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti del giudice (OMISSIS), chiamato a presiedere il collegio del Tribunale di (OMISSIS) che deve decidere sulle imputazioni loro ascritte di bancarotta e di truffa aggravata.
Le istanze erano fondate sulla dedotta incompatibilita’ del giudice discendente dall’avere, costui, deciso, quale presidente del collegio civile, sulla opposizione allo stato passivo del fallimento proposta da (OMISSIS), rigettando la stessa e dichiarando l’inammissibilita’ della domanda riconvenzionale proposta, decidendo in tale processo su uno dei fatti storici contemplati nell’imputazione ed anche perche’, in tale sede civile, si era avvalso della consulenza tecnica che era stata redatta nell’ambito del processo penale.
1 – 1 – La Corte territoriale aveva rigettato le istanze di ricusazione affermando che non si versava in alcuna delle ipotesi di incompatibilita’ previste dagli articoli 34 e 37 c.p.p., anche come integrate dalla pronuncia della Corte costituzionale n. 283 del 2000, posto che il giudice non era stato chiamato, in sede civile, a decidere sul medesimo oggetto del processo penale, la responsabilita’ dei prevenuti in ordine ai fatti costituenti i delitti ivi ascritti.
Dovendosi inoltre considerare che l’oggetto della controversia civile era ben piu’ ridotto, riguardando in particolare l’annullabilita’, per conflitto di interesse, della scrittura privata del 18 febbraio 2011 stipulata fra gli organi amministrativi della societa’ e (OMISSIS), azione fondata sul presupposto che tale atto dissimulasse l’acquisto delle quote sociali dalla predetta detenute.
2 – Avverso tale decisione hanno proposto ricorso entrambi i richiedenti, a mezzo dei rispettivi difensori.
2 – 1 – L’Avv. (OMISSIS), per (OMISSIS), deduce, con l’unico motivo di ricorso, la violazione della legge processuale ed il vizio di motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato.
La sentenza della Corte costituzionale n. 283 del 2000 aveva aggiunto al dettato dell’articolo 34 c.p.p., anche l’ipotesi in cui il giudice abbia gia’ giudicato l’imputato per il medesimo fatto, ancorche’ non necessariamente in sede penale.
Una valutazione che deve essere fatta, pertanto, caso per caso.
E, nell’odierna fattispecie concreta, il giudice, nella sentenza che aveva definito il giudizio di opposizione allo stato passivo del fallimento, aveva affermato che il negozio giuridico stipulato fra i due ricorrenti aveva costituito un danno per i creditori e “pur potendo integrare gli estremi del reato di bancarotta, il motivo illecito comune costituirebbe esclusivamente il presupposto per la revocazione degli atti lesivi”, e, proseguendo nella motivazione, aveva rilevato come, dal contenuto della consulenza tecnica della pubblica accusa e dalle mail acquisite nel parallelo processo penale, si dovesse dedurre che quel medesimo negozio giuridico “fosse in contrasto con gli effettivi interessi della societa’”, con l’effetto di far ricadere sulla medesima gli oneri relativi all’acquisto delle quote piuttosto che sulla srl (OMISSIS) che era stata costituita proprio allo scopo di ritirare le stesse da (OMISSIS).
Giudizi che costituivano una valutazione nel merito rispetto alle accuse di truffa aggravata, contestata al capo C, ed anche rispetto alle condotte distrattive parimenti ascritte nel procedimento penale. Utilizzando, poi, il medesimo compendio probatorio di cui si assumeva la persuasivita’ (Cass. n. 7484/2002).
2 – L’Avv. (OMISSIS), per (OMISSIS), lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla verifica da parte della Corte territoriale della invocata incompatibilita’ del giudice che aveva concorso ad emettere la sentenza civile in sede di opposizione alla decisione di rigetto dell’ammissione del credito.
La valutazione richiesta dalla sentenza della Corte costituzionale n. 283 del 2000 va operata, infatti, in relazione ai singoli concreti accertamenti, e giudizi, a cui e’ pervenuto il giudice ricusato.
Nella presente fattispecie, non solo il giudice aveva deciso in base al medesimo quadro probatorio ma l’aveva anche ritenuto pienamente attendibile, nonostante provenisse da una sola delle parti del giudizio civile, ed era cosi’ pervenuto ad un accertamento e ad un conseguente giudizio su un fatto che era del tutto sovrapponibile alla condotta contestata, alla prevenuta, in sede penale, al capo C dell’imputazione e che costituiva, inoltre, il presupposto, storico e logico, delle ipotesi di bancarotta patrimoniale descritte al capo A.
Nel provvedimento definitorio del giudizio civile si era infatti affermato che il negozio concluso fra i due ricorrenti era connotato da un motivo illecito che poteva costituire la ragione della sua revocazione e poteva, altresi’, integrare “gli estremi del reato di bancarotta”.
Proseguiva affermando che, dal contenuto della consulenza tecnica della pubblica accusa e dalle mail acquisite, si doveva dedurre che quel negozio giuridico “fosse in contrasto con gli effettivi interessi della societa’”, facendo ricadere sulla medesima gli oneri relativi all’acquisto delle quote piuttosto che sulla srl (OMISSIS) che era stata costituita proprio allo scopo di ritirarle da (OMISSIS).
E tali condotte erano state realizzate dai ricorrenti, ricordava la sentenza civile, nella piena consapevolezza del dissesto della societa’. Cosi’, come si e’ gia’ ricordato, sostanzialmente riproducendo, in tale diverso processo, l’ipotesi dall’accusa mossa ai due (OMISSIS) al capo C della rubrica.
Ne’ poteva diversamente concludersi, come aveva fatto la Corte territoriale, considerando la maggior ampiezza delle condotte di rilievo penale ascritte ai prevenuti, posto che il pregiudizio, e la conseguente incompatibilita’ del giudice, ben poteva limitarsi ad una parte soltanto dell’imputazione. E comunque aveva anche gia’ valutato la piena persuasivita’ della consulenza redatta su incarico della pubblica accusa.
Ne’ aveva rilevanza decisiva la diversa sede giudiziale pregiudicante dovendosi ricordare che la stessa fattispecie che aveva dato adito alla pronuncia della Corte costituzionale era la precedente decisione del giudice non in sede penale ma in un procedimento che aveva ad oggetto l’applicazione di misure di prevenzione.
Ne’ era decisiva la diversa ampiezza, fra i due procedimenti, del possibile compendio probatorio, un dato poi che era stato dedotto dalla Corte in modo generico.
3 – Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto Elisabetta Cennicola, ha chiesto il rigetto del ricorso in considerazione della eccezionalita’ e tassativita’ dei motivi di incompatibilita’ sui quali, in concreto, la Corte territoriale aveva fornito un’adeguata risposta rilevando la non coincidenza fra gli accertamenti posti a fondamento del giudizio civile e le condotte contestate in quello penale.
Anche in relazione alla condotta descritta al capo C dell’imputazione, infatti, la questione dalla validita’ della transazione fra i due imputati atteneva ad un aspetto del tutto secondario posto che ai due era stata contestata la truffa ai danni dell’istituto bancario che aveva erogato un finanziamento per una somma pari a quella utilizzata per acquistare le quote sociali della ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi promossi nell’interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS) non meritano accoglimento.
1 – La Corte costituzionale, come e’ stato ricordato, con la sentenza del 6 luglio 2000 n. 283 ha dichiarato “l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 37 c.p.p., comma 1, nella parte in cui non prevede che possa essere ricusato dalle parti il giudice che, chiamato a decidere sulla responsabilita’ di un imputato, abbia espresso in altro procedimento, anche non penale, una valutazione di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto”.
Non vi e’ pertanto dubbio, avendolo espressamente affermato nel dispositivo della sentenza di illegittimita’ la stessa Corte costituzionale, che il giudizio che comporta l’incompatibilita’ del giudice possa essere anche un giudizio civile.
Resta quindi da esaminarsi, in concreto, se il giudice oggi ricusato abbia espresso la sua valutazione di merito, in altro e precedente giudizio, su un fatto che sia chiamato ora a giudicare in sede penale.
2 – Il giudizio sulla opposizione allo stato passivo del fallimento aveva avuto ad oggetto la pretesa di (OMISSIS) di insinuarsi nella massa passiva per le somme portate dalla transazione conclusa il 18 marzo 2011 con la spa (OMISSIS), societa’ che era entrata in amministrazione straordinaria il 30 maggio 2012 ed era stata dichiarata insolvente il 6 luglio 2012.
Il Giudice delegato aveva rigettato l’istanza di ammissione del credito ritenendo illeciti i motivi che avevano condotto i contraenti a stipulare il negozio transattivo.
Il Tribunale, con un collegio di cui era parte anche il giudice ricusato, in sede di opposizione a tale decisione, riteneva il negozio citato non nullo ma annullabile e cio’ perche’ stipulato dal legale rappresentante della societa’, (OMISSIS), in conflitto di interesse avendo avuto come controparte la sorella, (OMISSIS), ed essendo stato concluso per dirimere i contrasti sorti fra i due circa la ricapitalizzazione della societa’, riportando, a favore della contraente, voci di danno quantomeno dubbie ed avendo cosi’ determinato un non giustificato aggravio alle casse della societa’.
2 – 1 – Il processo penale, nel corso del quale e’ stata avanzata l’istanza di ricusazione, muove ai due (OMISSIS) le seguenti accuse.
Al capo C, citato come il fatto storico gia’ sostanzialmente giudicato in sede civile, li si ascrive un delitto di truffa aggravata che i due ricorrenti avrebbero commesso facendo pervenire alla spa (OMISSIS) che, per conto di (OMISSIS), avrebbe dovuto acquistare le quote della sorella nella fallita, un finanziamento di poco piu’ di otto milioni di Euro, inducendo in errore l’istituto bancario erogante con la falsa rappresentazione di una, invece inesistente, solidita’ patrimoniale della spa (OMISSIS), mediante la produzione del progetto di bilancio del 2010 che riportava le false appostazioni evidenziate negli ulteriori capi di imputazione.
2 – 2 – Non vi e’ chi non veda, allora, come il fatto storico da valutarsi in sede penale sia diverso da quella esaminato in sede civile.
La condotta truffaldina contestata al capo C dell’imputazione non e’ affatto coincidente con la condotta esaminata in sede civile pur essendo l’una il presupposto economico dell’altra, dato che la provvista per l’acquisto delle quote di (OMISSIS) ben avrebbe potuto essere reperita in altro modo, e anche in modo lecito, e che con un finanziamento ottenuto illecitamente ben si sarebbe potuto concludere un negozio non necessariamente illecito.
Talche’ fra i due fatti storici, giudicati in sede civile ed in sede penale, non solo non esiste alcuna identita’ ma non esiste neppure un legame logico inscindibile.
2 – 3 – Sulla incompatibilita’ derivante dalle ulteriori imputazioni i ricorsi sono del tutto generici e quindi, sul punto, inammissibili.
Deve comunque rilevarsi che ai due (OMISSIS) vengono ascritte una pluralita’ di condotte di bancarotta impropria da falso in bilancio (capo Al) e da operazioni dolose (capo A2) e di bancarotta patrimoniale (capo A3) nella quali non si rinviene l’atto di transazione stipulato fra i due fratelli odierni ricorrenti.
E che sono, anche, molto piu’ risalenti nel tempo, attenendo a condotte consumate a partire dal 2004.
2 – 4 – Da ultimo, deve sottolinearsi come l’inciso citato nei ricorsi – nel quale nell’ordinanza di rigetto della opposizione allo stato passivo di (OMISSIS) si era fatto cenno al delitto di bancarotta – sia inconferente posto che lo stesso trova collocazione nella ripresa di un orientamento giurisprudenziale, ricordato da quel Collegio, che esclude la nullita’ del negozio anche quando lo stesso, stipulato in frode ai creditori, integri gli estremi del delitto di bancarotta.
Nessun giudizio quindi sul fatto ma solo un passaggio del piu’ completo percorso argomentativo (che dalla nullita’ della transazione aveva condotto all’approdo della sua ritenuta annullabilita’).
3 – Ne’ alcun pregiudizio puo’ derivare dall’utilizzo della consulenza tecnica e delle mail raccolte nel processo penale, posto che il fatto giudicato era diverso e dovendosi considerare la ben diversa ampiezza, anche allo stato degli atti, del compendio probatorio del celebrando processo penale, attestato dalla indicazione delle fonti di prova riportata in calce al decreto che dispone il giudizio che gia’ annovera la presenza di altre relazioni, degli accertamenti della Guardia di finanza e di alcune significative dichiarazioni testimoniali.
Ne deriva che anche il giudizio di attendibilita’ della singola fonte di prova trovera’ un vaglio piu’ ampio nel processo penale in corso, cosi’ da non doversi ritenere alcun effetto pregiudicante da valutazioni fatte ad altri fini, per altri fatti ed in sede diversa.
4 – Tutto cio’ nel solco gia’ tracciato dalla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale non integra una causa di ricusazione del giudice dell’udienza preliminare relativa a procedimenti inerenti reati di bancarotta la circostanza che il medesimo magistrato abbia concorso a deliberare il fallimento della impresa e sia stato relatore nel procedimento di opposizione a tale dichiarazione di insolvenza proposta anche dall’imputato, se in tali pronunce non e’ stata compiuta alcuna valutazione di merito sui fatti oggetto degli addebiti (da ultimo: Sez. 5, n. 7463 del 22/11/2013, dep. 17/02/2014, Galli, Rv. 259513);
5 – Deve, infine, annotarsi come la pronuncia citata nel ricorso (Sez. 5, n. 7484 del 17/01/2002, Bottini, Rv. 221391) riguardi diversa fattispecie in quanto, in quel caso, si era ritenuta l’incompatibilita’ del magistrato che, nella qualita’ di giudice delegato al fallimento, aveva, in precedenza, sulla base della relazione redatta dal curatore, ed in adempimento di quanto previsto dall’articolo 331 del codice di rito, trasmesso al Pubblico ministero la notizia dei reati anzidetti, considerando, pero’, che tale causa di incompatibilita’ – di chi presenta la denuncia – e’ espressamente prevista nello stesso articolo 34 c.p.p..
Diversamente, il giudice oggi ricusato ha giudicato, in altra sede, su un altro fatto storico e non ha sporto o presentato alcuna denuncia.
L’utilizzo della relazione del curatore, nel precedente citato, era poi individuato solo come la fonte che aveva giustificato l’azione del giudice e non come atto di per se’ pregiudicante.
6 – Al rigetto del ricorso segue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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