Per le tettoie aventi una loro autonoma rilevanza e che comunque incidano su volumi e sagome sussiste la necessità del permesso di costruire

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 11 giugno 2019, n. 3895.

La massima estrapolata:

Per le tettoie aventi una loro autonoma rilevanza e che comunque incidano su volumi e sagome sussiste la necessità del permesso di costruire il cui regime normativo è quello della onerosità.

Sentenza 11 giugno 2019, n. 3895

Data udienza 20 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 940 del 2011, proposto da Ga. Mu. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Sa., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. Co. in Roma, via (…);
contro
Il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ca. Va. e Fr. Pi., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ca. Va. in Roma, via (…);
la Provincia di Milano e la Regione Lombardia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione Seconda n. 2662/2010, resa tra le parti, concernente la determinazione del contributo per la costruzione di una tettoia.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2018 il Cons. Luca Monteferrante e uditi per le parti l’avvocato Gi. Co., su delega dell’avvocato Ma. Sa., e l’avvocato Fr. Pi.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La Ga. Mu. S.p.A è proprietaria del complesso industriale sito in (omissis) (MI), destinato alla produzione di resine per vernici e sintetiche. Essa, deducendo di voler adeguare l’immobile alla normativa di settore inerente alla sicurezza degli ambienti lavorativi, il 9 gennaio 2009 ha depositato una D.I.A. per la realizzazione di una tettoia “di stoccaggio prodotti con struttura in carpenteria metallica e compartimentata con murature rei come da richiesta VV.FF.” dell’estensione di circa 800 mq. ed aperta su uno dei tre lati maggiori.
La struttura svolge la funzione di ricovero di materiale infiammabile ed è stata realizzata con accorgimenti tecnici finalizzati alla prevenzione incendi (realizzazione di pareti REI 180 per la corretta compartimentazione dei materiali infiammabili e installazione di sistema antincendio) nonché alla prevenzione di sversamenti accidentali di sostanze inquinanti (installazione di griglia di raccolta reflui in caso di sversamenti accidentali di sostanze pericolose).
2. A seguito di tale intervento, il Comune ha individuato l’ammontare del contributo di costruzione in Euro 53.064,26, comunicato il 17/18 febbraio 2009.
Il 5 marzo 2009, l’appellante ha contestato il calcolo degli oneri, chiedendo di esserne esonerata in quanto si tratterebbe di una “struttura che per le motivazione che l’hanno generata e per propria condizione intrinseca strutturale, è da considerarsi puramente tecnologica se non addirittura di tipo impiantistico”.
L’Ente locale rendeva i chiarimenti del caso in relazione al calcolo degli oneri.
L’esponente versava il contributo di costruzione dovuto, senza riserva, in data 10 data giugno 2009.
3. In data 4 agosto 2009, la società ha proposto ricorso al T.a.r. per la Lombardia per chiedere l’annullamento del provvedimento prot. 13247, del 1° giugno 2009 di determinazione definitiva del contributo di costruzione relativo alla realizzazione della tettoia, degli atti istruttori presupposti, ivi compreso l’articolo 3f) delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di (omissis), della deliberazione di Giunta Regionale di approvazione del P.R.G., nonché dell’articolo 13.5.14 delle Norme di Governo del P.G.T. e della deliberazione di Giunta Provinciale di verifica della compatibilità del PGT.
4. A fondamento del ricorso, la società ha dedotto i seguenti motivi di censura:
1) violazione dell’art. 3 f) delle NTA del PRG e dell’art. 13.5.14 delle Norme di governo del PGT, eccesso di potere per illogicità, travisamento, erroneità manifesta, contraddittorietà, applicazione retroattiva di norme, difetto assoluto dei presupposti ed erroneità della motivazione; sostiene l’erronea applicazione dell’art. 3 f) delle NTA, che imporrebbe – a detta dell’esponente – l’esclusione dal contributo per le tettoie aperte su uno dei lati maggiori, come quella di cui è causa;
2) violazione degli articoli 33 e 43 della legge regionale 12/2005, degli articoli 6 e16 del d.P.R. n. 380/2001, anche in relazione alla circolare 16 novembre 1977 n. 1918 ed eccesso di potere sotto vari profili; sostiene che l’opera realizzata sarebbe riconducibile ad un impianto tecnologico, non soggetto a contributo di costruzione;
3) violazione degli articoli 33 e 43 della legge regionale 12/2005, degli articoli 6 e16 del d.P.R. n. 380/2001, anche in relazione alla circolare 16 novembre 1977 n. 1918 ed eccesso di potere sotto vari profili; con tale mezzo, proposto in via subordinata, ha impugnato l’art. 3 f) delle NTA del Comune di (omissis);
4) violazione degli articoli 27, 33 e 43 della legge regionale 12/2005, degli articoli 6 e16 del d.P.R. n. 380/2001, anche in relazione alla circolare 16 novembre 1977 n. 1918 ed eccesso di potere sotto vari profili; con tale motivo, proposto in via di ulteriore ed estremo subordine, è denunciata l’illegittimità dell’art. 13.5.14 delle Norme di Governo del PGT, adottato nel frattempo in sostituzione del previgente PRG.
Con i predetti motivi, la società ha argomentato la non debenza degli oneri di urbanizzazione ed ha inoltre chiesto la condanna dell’Amministrazione comunale alla restituzione degli importi indebitamente ed illegittimamente richiesti e percepiti a titolo di contributo di costruzione.
5. Il ricorso è stato respinto dal T.a.r. per la Lombardia con sentenza del 28 giugno 2010, n. 2662, avverso la quale la Ga. Mu. s.p.a. ha interposto il presente appello, chiedendone la riforma in quanto errata.
6. Si è costituito nel presente giudizio il Comune di (omissis) per resistere all’appello, chiedendone la reiezione con conferma della sentenza appellata.
7. Alla udienza pubblica del 20 dicembre 2018 la causa è stata trattenuta in decisione, previo deposito di memorie conclusive e di replica con le quali le parti hanno ulteriormente illustrato le rispettive tesi difensive.
8. L’appello è infondato.
9. Con un primo motivo viene dedotta la erronea interpretazione dell’art. 3f delle N.T.A. del P.R.G. nella parte in cui esclude dalla superficie lorda di pavimento (s.l.p.) – e quindi dal pagamento del contributo di costruzione – anche le “…tettoie aperte su uno dei lati maggiori”, con previsione di ampia portata, riferibile pertanto a tutte le tettoie, senza distinzioni di sorta, sul presupposto della loro inidoneità ad incrementare il carico insediativo.
Il T.a.r. per la Lombardia nel motivare la reiezione del ricorso avrebbe sul punto prospettato una inammissibile interpretazione estensiva, rilevando che: “non si tratta […] di una piccola struttura di protezione di impianti tecnologici e senza presenza umana – quale può essere ad esempio una cabina elettrica – ma di un’opera essenziale per l’esercizio dell’impresa, il cui impatto ediliziourbanistico non può certo dirsi irrilevante, sicché l’estesa superficie da essa occupata (circa 800 metri quadrati, come ammesso a pag. 3 del ricorso), non può essere trascurata al fine del computo della Slp”.
10. La censura è infondata.
10.1 Il T.a.r. infatti, partendo dal dato letterale, ha fatto applicazione anche del criterio logico sistematico, valorizzando le caratteristiche costruttive della struttura e soprattutto le sue rilevanti dimensioni che sono quelle di un vero e proprio deposito permanente di materiale infiammabile con pareti portanti (REI).
10.2 Trattandosi di struttura di rilevanti dimensioni, chiusa su tre lati, con pareti portanti, destinata in via permanente a servizio dell’attività di impresa, anche se dotata di autonomia funzionale, è evidente il suo rilevante impatto urbanistico, comportando una indubbia trasformazione edilizia del territorio, aggravandone il carico urbanistico e giustificando pertanto la richiesta del pagamento del contributo di costruzione.
10.3 E’ proprio l’impatto urbanistico dell’opera in questione, anche in ragione delle sue rilevanti dimensioni e caratteristiche a giustificare una interpretazione di carattere logico sistematico della previsione di cui all’art. 3f delle N.T.A. del P.R.G. che, diversamente, si presterebbe a meccanismi di tipo elusivo, estendendo l’esonero del pagamento a fattispecie prive di giustificazione sul piano della ragionevolezza.
10.4 Peraltro la parte appellante fornisce una lettura solo parziale dell’art. 3f delle N.T.A. del P.R.G., richiamando il comma 1, ma non anche il comma 3, che riguarda proprio le superfici produttive.
L’art 3.f, ultimo comma, delle N.T.A. del P.R.G. prevede infatti che “nelle zone produttive sono escluse dal computo le superfici occupate da impianti e manufatti aventi funzioni e caratteristiche individuate ai punti 1-3-11-13 della circolare del Ministero dei Lavori Pubblici 16 novembre 1977 n. 1918″.
Tali superfici – escluse dal computo della superficie lorda di pavimento e quindi dal pagamento degli oneri – sono le seguenti:
1) costruzioni che non prevedono e non sono idonee alla presenza di manodopera, realizzate con lo scopo di proteggere determinati apparecchi o sistemi, quali: – cabine per trasformatori o per interruttori elettrici; – cabine per valvole di intercettazione fluidi, site sopra o sotto il livello di campagna; – cabine per stazioni di trasmissione dati e comandi, per gruppi di riduzione, purché al servizio dell’impianto;
3) serbatoi per lo stoccaggio e la movimentazione dei prodotti e relative opere;
11) attrezzature semifisse per carico e scarico da autobotti e ferrocisterne (bracci di scarichi e pensiline) nonché da navi (bracci sostegno manichette);
13) tettoie di protezione dei mezzi meccanici”.
10.5 Come condivisibilmente osservato dal T.a.r., “l’articolo enuncia la regola generale (comma primo), secondo la quale sono escluse dal computo della Slp le tettorie aperte su uno dei lati maggiori e questo, evidentemente, nel presupposto che tali opere non diano luogo ad effettiva trasformazione urbanistica o edilizia del territorio, non apparendo rilevanti sotto il profilo della nuova superficie realizzata. Per le zone produttive, l’art. 3 f) contiene una disposizione speciale al secondo comma (il cui rapporto con il primo è quello di species a genus), che esclude dal computo della Slp le superfici occupate da impianti e manufatti individuati ai punti 1, 3, 11 e 13 della circolare del Ministero dei lavori pubblici n. 1918 del 1977”.
Poiché la tipologia di tettoia in contestazione, realizzata in zona produttiva, non rientra nei casi specificamente indicati ai punti 1, 3, 11, 13 della circolare Ministero LL.PP. 16 novembre 1977, n. 1918, gli oneri di urbanizzazione sono evidentemente dovuti.
10.6 A conferma di quanto precede la giurisprudenza ormai consolidata (Cons. Stato, VI, 6 febbraio 2019, n. 604; idem, 29 novembre 2018, n. 6798; sez. IV, 8 gennaio 2018 n. 12; sez. VI 16 febbraio 2017 n. 694) afferma – per le tettoie aventi una loro autonoma rilevanza e che comunque incidano su volumi e sagome – la necessità del permesso di costruire il cui regime normativo è quello della onerosità .
“Nell’ordinamento statale, infatti, vi è il principio generale per il quale occorre il rilascio della concessione edilizia (o del titolo avente efficacia equivalente), quando si tratti di un’manufatto ediliziò (cfr. Sez. VI, 24 luglio 2014, n. 3952): salva una diversa normativa regionale o comunale, ai fini edilizi manca la natura pertinenziale quando sia realizzato un nuovo volume, su un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio, ovvero sia realizzata una qualsiasi opera, come una tettoia, che ne alteri la sagoma” (Cons. Stato, Sez. IV, 26 marzo 2019, n. 1995).
10.7. Tale principio supera la problematica della tassatività delle ipotesi di esonero contemplate per le zone produttive dall’art. 3 f delle N.T.A. che rappresentano, invero, una mera esemplificazione del principio generale costantemente affermato dalla giurisprudenza amministrativa.
Più in generale anche le fattispecie contemplate nella circolare del Ministero dei lavori pubblici devono essere verificate in concreto ed in chiave teleologica per accertare se, alla luce delle dimensioni e delle caratteristiche costruttive, le tipologie di opere ivi elencate (e, in particolare, per restare al thema decidendum, le tettoie) restino nei limiti della nozione di manutenzione ordinaria oppure se integrino una trasformazione urbanistica o edilizia del territorio.
10.8. Ed infatti il T.a.r. anche sul punto non ha mancato di rilevare che “l’irrilevanza della Slp presuppone sempre che l’intervento non realizzi una effettiva trasformazione urbanistica o edilizia del territorio, in applicazione del resto alle regole generali (cfr. agli articoli 27 e 33 della legge regionale 12/2005 sulla nozione di “nuova costruzione” e sui presupposti per l’obbligatorietà del permesso di costruire)”.
11. Con il secondo motivo di appello la Ga. Mu. s.p.a. censura la sentenza appellata nella parte in cui ha escluso che la tettoria realizzata costituisca un’opera destinata ad assicurare la funzionalità dell’impianto ed il suo adeguamento tecnologico, come tale non assoggettata al rilascio del titolo edilizio e per la quale non era comunque dovuto il pagamento di oneri concessori, trattandosi di opera di ordinaria manutenzione ai sensi dell’art. 6 del d.P.R. n. 380/2001, che riproduce l’art. 9 della legge n. 10 del 1977, come interpretato dalla circolare del Ministero dei Lavori pubblici n. 1918 del 1977 secondo cui “con riferimento agli impianti industriali possono considerarsi opere di ordinaria manutenzione e, come tali, essere escluse dall’obbligo della concessione, gli interventi intesi ad assicurare la funzionalità dell’impianto e il suo adeguamento tecnologico, sempre che tali interventi, in rapporto alle dimensioni dello stabilimento, non ne modifichino le caratteristiche complessive”.
11.1. Il motivo è infondato.
11.2. Il T.a.r., nel disattendere la censura, ha evidenziato le rilevanti dimensioni dell’opera in esame, ed ha osservato che “il concetto di “impianto tecnologico”, posto al servizio di un fabbricato esistente, presuppone in primo luogo l’esiguità quantitativa del manufatto – nel senso che il medesimo deve essere di entità tale da non alterare in modo rilevante l’assetto del territorio – ed inoltre, l’esistenza di un collegamento funzionale tra tale manufatto e la cosa principale, con conseguente impossibilità per il primo di essere utilizzato separatamente ed autonomamente (cfr. TAR Abruzzo, L’Aquila, 25.11.2005, n. 1186).
Nel caso di specie, come già sopra evidenziato, l’opera realizzata non è certo esigua ed avendo destinazione di deposito/magazzino, potrebbe essere utilizzato anche prescindendo dalla cosa principale, vale a dire dall’impianto produttivo vero e proprio”.
11.3. La ricostruzione è condivisa dal Collegio e può essere integrata con le considerazioni che seguono.
Deve premettersi in fatto che la tettoria realizzata non è qualificabile come intervento di adeguamento tecnologico di un impianto esistente. Sebbene i lavori eseguiti siano stati disposti dalle autorità competenti ai fini della prevenzione incendi e per prevenire il rischio di inquinamento ambientale, l’opera realizzata rappresenta una struttura finalizzata allo stoccaggio di prodotti; si tratta dunque della realizzazione ex novo di una struttura di servizio (un deposito, come si è evidenziato), non di un intervento di adeguamento di un impianto tecnologico esistente, come invece previsto dalla circolare ministeriale per qualificare un intervento di ordinaria manutenzione, come tale assoggettato alla attività edilizia libera (cfr. art. 3, comma 1, lett. a) che parla di opere “necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti”).
11.4. In ogni caso, come rilevato dal T.a.r., si tratta di opera di rilevanti dimensioni e di indubbio impatto edilizio, sicchè non solo era necessario il rilascio di idoneo titolo edilizio ma erano dovuti anche gli oneri concessori, legittimamente richiesti dal Comune.
La stessa circolare ministeriale in parola precisa infatti che il regime della manutenzione ordinaria opera in presenza di interventi che, in rapporto alle dimensioni dello stabilimento, non ne modifichino le caratteristiche complessive.
Tali condizioni non ricorrono nel caso di specie in cui la tettoia, di 800 mq., insiste su di una superficie pari al 10% di quella complessiva dello stabilimento (8000 mq.): si tratta di un incremento delle aree di ingombro di notevole entità che esula anche sotto tale profilo dalla disciplina degli interventi di adeguamento di ordinaria amministrazione.
12. Con il terzo motivo di appello la deducente contesta la sentenza del T.a.r. nella parte in cui, dopo aver ritenuto non tassativa la elencazione delle superfici escluse dal computo della s.l.p. nelle zone produttivo di cui all’art. 3 f delle N.T.A. – che ai fini dell’esonero non ricomprende espressamente le tettoie di caratteristiche simili a quella realizzata dalla appellante -, ha nondimeno concluso nel senso che solo le attività non comportanti attività di trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio non sarebbero assoggettate al pagamento del contributo di costruzione.
L’appellante rinvia sul punto alle doglianze di cui ai primi due motivi di appello la cui infondatezza deve essere qui confermata nei termini già esplicitati ai quali può farsi rinvio.
13. Con il quarto motivo di appello la società sostiene che il Comune avrebbe calcolato la somma da corrispondere a titolo di concorso in oneri di urbanizzazione in applicazione dell’art. 13.5.14 delle norme di governo del P.G.T., “adottato” ma non ancora “in vigore”.
Essa lamenta che il T.a.r. avrebbe erroneamente ritenuto irrilevante il richiamo a tale norma poiché in realtà solo la nuova disciplina di piano consentirebbe di assoggettare espressamente le tettoie al pagamento del contributo di costruzione.
13.1. Il motivo è infondato in quanto, come evidenziato, già l’art. 3 f delle previgenti N.T.A al P.R.G. prevedeva l’assoggettamento delle tettoie di rilevanti dimensioni al pagamento del contributo di costruzione, sicchè il richiamo anche alla norma della nuova disciplina di piano, in fase approvazione, risulta del tutto irrilevante, come correttamente ritenuto dal T.a.r..
14. Con un quinto motivo è censurata la sentenza appellata nella parte in cui il T.a.r. ha posto le spese di giudizio a carico della esponente anche nei confronti della Provincia di Milano, evocata in giudizio solo in quanto parte nel procedimento di approvazione del P.G.T. le cui disposizioni sarebbero state richiamate nei provvedimenti impugnati sebbene ritenute irrilevanti il T.a.r. che ha qualificato il richiamo in termini di mera irregolarità .
14.1. Il motivo è infondato.
La giurisprudenza di questo Consiglio è costante nel ritenere che “Nel processo amministrativo la condanna alle spese di giudizio comminata dal giudice di primo grado, in quanto espressiva della discrezionalità di cui dispone il giudicante in ogni fase del processo, può essere modificata in appello solo se è modificata la decisione principale e non è quindi sindacabile, salvo manifesta abnormità ; inoltre ai sensi dell’art. 91 c.p.c., la soccombenza costituisce il criterio base per la liquidazione delle spese del giudizio di primo grado, mentre la compensazione è oggetto di una facoltà discrezionale, del cui esercizio il giudice è tenuto ad esplicitare le ragioni, come sancito dal successivo art. 92, sicché è solo la decisione di disporre la compensazione che può essere eventualmente oggetto di sindacato da parte del giudice d’appello, peraltro entro limiti assai rigorosi, e non la prima, salvo i casi in cui la condanna risulti eccessiva in considerazione della normativa di settore” (Consiglio di Stato, sez. III, 21 ottobre 2015, n. 4808; Consiglio di Stato, sez. V, 28 ottobre 2015, n. 4936).
14.2. Poiché nel caso di specie il T.a.r. ha fatto applicazione del criterio della soccombenza, dopo aver respinto il ricorso, e tale decisione non presenta alcun profilo di abnormità, essendo stata la Ga. Mu. s.p.a. ad evocare in giudizio la Provincia di Milano, la decisione sul T.a.r. sul punto deve ritenersi insindacabile.
15. Alla luce delle motivazioni che precedono l’appello deve, in conclusione, essere respinto.
16. Le spese del secondo grado di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 940 del 2011, come in epigrafe proposto, lo respinge e condanna la società appellante alla rifusione in favore del Comune di (omissis) delle spese del grado che si liquidano complessivamente in euro 5000,00 oltre IVA, CAP e spese generali come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2018, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Fabio Taormina – Consigliere
Luca Lamberti – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Luca Monteferrante – Consigliere, Estensore

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