Per la formazione del silenzio-assenso sull’istanza di condono edilizio

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 15 luglio 2019, n. 4939.

La massima estrapolata:

Per la formazione del silenzio-assenso sull’istanza di condono edilizio, è necessario che ricorrano i requisiti, sia dell’avvenuto pagamento dell’oblazione dovuta e degli oneri di concessione, sia dell’avvenuto deposito di tutta la documentazione prevista per la sanatoria.

Sentenza 15 luglio 2019, n. 4939

Data udienza 13 giugno 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9613 del 2018, proposto da:
CI. AL., rappresentato e difeso dall’avvocato Ri. Sa. Fl., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Cl. De Cu. in Roma, viale (…);
contro
COMUNE DI CASERTA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Li. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e domicilio fisico eletto presso lo studio Fr. Ca. in Roma, via (…);
nei confronti
CONDOMINIO DI VIA (omissis) “PA. DI GI.” DI CA., non costituito in giudizio;
e con l’intervento di
ad opponendum:
AD. DI GI., rappresentata e difesa dall’avvocato Ca. De St., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. della Campania n. 2162 del 2018;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Caserta;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 giugno 2019 il Cons. Dario Simeoli e uditi per le parti gli avvocati Ri. Sa. Fl. e Ca. De St.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Ritenuto che il giudizio può essere definito con sentenza in forma semplificata, emessa ai sensi dell’art. 74 c.p.a.;
Rilevato in fatto che:
– in data 25 luglio 1983, l’odierno appellante otteneva la concessione edilizia n. 260 del 1983 per procedere alla soprelevazione e ristrutturazione di un immobile destinato ad uso abitativo, sito in Caserta alla via (omissis);
– poiché le opere erano state realizzate con modifiche rispetto al progetto iniziale, l’istante presentava, in data 15 marzo 1995, istanza di concessione in sanatoria, ai sensi dell’art. 39 della legge n. 724 del 1994;
– con nota n. 12642 del 28 marzo 1996, il Comune di Caserta richiedeva un’integrazione documentale che veniva riscontrata dall’interessato in data 27 marzo 1997;
– sul presupposto che l’istanza di sanatoria dovesse ritenersi oramai tacitamente assentita, il signor Al., con atto notificato il 31 marzo del 2014, diffidava il Comune di Caserta a rilasciargli entro trenta giorni il titolo riproducente l’intervenuta concessione edilizia in sanatoria, proponendo successivamente ricorso al T.a.r. perché dichiarasse il suddetto obbligo di provvedere;
– con sentenza n. 4293 del 2015, il T.a.r. della Campania accoglieva il ricorso, assegnando al Comune il termine di trenta giorni per provvedere, avvertendolo altresì che, in mancanza, avrebbe provveduto alla nomina di un Commissario ad acta;
– il 10 dicembre del 2015, prima che si insediasse il Commissario ad acta, il Comune di Caserta, con prot. n. 96424 del 9 dicembre 2015 – premesso quanto segue: “Vista: – la richiesta di concessione edilizia in sanatoria ai sensi dell’art. 39 legge 724/94 presentata in data 15/03/1995 con prot. 10866, dal sig. Al. Ci. con la quale viene richiesto il condono edilizio per opere realizzate nel fabbricato sito in (omissis) alla Via (omissis) e precisamente aumento della volumetria dell’immobile per mc. 98,60 e mq 25,28 dovuto alla inclinazione del terreno di imposta del fabbricato non riportato nei grafici di cui alla C.E. n. 260/83 del 29.07.1983; – la richiesta di integrazione del 28.03.1996 prot. 012642; – l’integrazione documentale prodotta dal sig. Al. Ci. in data 27.03.1997 prot. 012254, peraltro incompleta e presentata oltre il periodo previsto dal comma 4, penultimo periodo, art. 39 della citata legge 724/94; – il contenzioso instaurato dal Condominio “Pa. DI Gi.” contro il sig. Al. Ci. per l’annullamento del titolo edilizio n. 260/83 che portava alla sentenza n. 2456/02 del Tribunale S. Maria C. Vetere di abbattimento delle opere autorizzate con il titolo di cui sopra; Considerato: – che agli atti di Ufficio, esiste diffida del Condominio al rilascio del condono edilizio, in quanto, tra l’altro, le opere oggetto di istanza di condono interessano parti comuni per le quali necessita il consenso degli altri proprietari, come da costante giurisprudenza; – che l’altezza del fabbricato, a seguito della sopraelevazione realizzata, supera l’altezza massima di mt. 11,00 prevista dalla normativa sismica, allora vigente, per le strutture in tufo; – che la certificazione di collaudo statico presente nel fascicolo riguarda esclusivamente le opere in sopraelevazione e non l’intera struttura così come previsto dalla normativa vigente in materia e per la evidente ragione che un carico supplementare influisce sulla statica dello intero edificio; – che il volume oggetto di sanatoria (mc. 98,60) risulta essere inferiore a quello realizzato a seguito del rilascio della C.E. n. 260/83 con la quale si autorizzava un incremento volumetrico di mc. 490,82 che determinava un volume max di progetto del fabbricato di mc. 3927,78 a fronte di un volume rilevato di mc. 4367,77 con una differenza quindi di mc. 440,00 da ammettere in condono; – che per le opere oggetto di condono inoltre, non veniva versato l’anticipo degli oneri concessori così come previsto dal comma 9 della già citata legge 724/94 e che per le stesse non si è formato alcuno silenzio-assenso così come previsto dalla vigente normativa; Vista la nota del 22/10/2015 prot. 81868 con la quale si richiedeva ulteriore documentazione per una puntuale istruttoria atta ad un pronunciamento espresso sulla istanza così come richiesto dal TAR Campania con la Sentenza n. 4293/015, documentazione a tutt’oggi non pervenuta” – concludeva “di prendere atto, per i motivi di cui in premessa, della improcedibilità della domanda di condono edilizio prot. 10866 del 15/03/2015 (recte: 15/3/1995) relativa all’aumento della volumetria del fabbricato sito in (omissis) alla Via (omissis)… ed il conseguente diniego al rilascio della concessione edilizia in sanatoria”;
– con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, il signor CI. AL. impugnava il provvedimento appena citato, ponendo a fondamento dell’impugnativa i seguenti vizi: i) violazione dell’art. 2909 c.c.; ii) violazione dell’art.39 della legge n. 724 del 1994 e dell’art. 35 della legge n. 47 del 1985; iii) difetto di istruttoria e sviamento;
– con motivi aggiunti veniva successivamente gravato anche il provvedimento n. 14402 del 18 febbraio 2016, con cui il Comune di Caserta ordinava la demolizione delle predette opere;
– Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, con sentenza n. 2162 del 2018, rigettava entrambi i ricorsi, introduttivo e per motivi aggiunti;
– il signor CI. AL. ha quindi sollevato appello, riproponendo le seguenti censure:
i) l’istanza di sanatoria era stata già assentita per silentium, sicché non vi era alcun possibilità per dichiarare improcedibile, a distanza di oltre sedici anni, la domanda di sanatoria sul presupposto erroneo della perdurante pendenza del procedimento;
ii) le ulteriori considerazioni contenute nel medesimo provvedimento di diniego sono dunque ultronee ai fini della determinazione assunta, e comunque inidonee a supportare un provvedimento di rigetto della domanda di condono a suo tempo prodotta dall’esponente;
iii) l’ordine di demolizione, oltre che per motivi di illegittimità derivata, va annullato anche per violazione dell’art. 34, del d.P.R. n. 380 del 2001, in quanto nella specie non è possibile eseguire alcun intervento demolitorio, senza pregiudicare irrimediabilmente la residua parte dell’immobile di proprietà Al., che è certamente conforme alla concessione edilizia rilasciata;
– si è costituito in giudizio il Comune di Caserta, insistendo per il rigetto del gravame;
– è intervenuta ad opponendum la signora AD. DI GI., deducendo di essere comproprietaria di una unità immobiliare sita nel medesimo condominio oggetto per cui è causa, e di avere quindi interesse e legittimazione ad intervenire nel presente giudizio di appello, al fine di ottenere la conferma della sentenza di primo grado ed il rigetto di tutte le istanze proposte dall’appellante;
– con ordinanza n. 292 del 24 gennaio 2019, la Sezione – “letti gli atti, valutato il danno, oggettivamente grave e irreparabile, impregiudicato il “fumus boni juris” con riferimento al motivo di appello sub 1) (assenso “per silentium”), mentre, a un esame tipico di questa fase cautelare, il motivo sub 2) (violazione dell’art. 34 del t. u. n. 380 del 2001) appare privo di fondamento; ritenuto, anche a salvaguardia dell’interesse pubblico, che la causa meriti di essere definita in tempi rapidi nel merito, e che a questo fine vada fissata sin da ora l’udienza pubblica del 30.5.2019, ore di rito” – ha accolto l’istanza cautelare e, per l’effetto, sospeso l’esecutività della sentenza e l’efficacia dell’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi impugnata in primo grado;
– all’odierna udienza del 13 giugno 2019, la causa è stata discussa e decisa;
Ritenuto in diritto che:
– la sentenza deve essere integralmente confermata;
– § il giudice di prime cure si è correttamente attenuto al costante orientamento giurisprudenziale secondo cui, per la formazione del silenzio-assenso sull’istanza di condono edilizio, è necessario che ricorrano i requisiti, sia dell’avvenuto pagamento dell’oblazione dovuta e degli oneri di concessione, sia dell’avvenuto deposito di tutta la documentazione prevista per la sanatoria (ex plurimis: Consiglio di Stato, sez. IV, 11 ottobre 2017, n. 4703; sez. IV, 26 aprile 2018, n. 2517; sez. VI, 21 febbraio 2019, n. 1210), stante il chiaro tenore letterale dell’art. 39, comma 4, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, secondo cui: “[l]a mancata presentazione dei documenti previsti per legge entro il termine di tre mesi dall’espressa richiesta di integrazione notificata dal comune comporta l’improcedibilità della domanda ed il conseguente diniego della concessione o autorizzazione in sanatoria per carenza di documentazione”;
– nel caso di specie, risulta che l’appellante, pur sollecitato in tal senso dal Comune di Caserta, non ha ottemperato all’onere di esibire idonea ricevuta comprovante l’intervenuto pagamento degli oneri concessori per le opere che chiedeva di condonare, e di dimostrare di avere correttamente pagato le somme dovute a titolo di oblazione (cfr. in atti la relazione a firma del Responsabile Ufficio Condono del Comune di Caserta del 20 giugno del 2016);
– difatti, le opere abusive di trasformazione e sopraelevazione del sottotetto in mansarda abitabile, avevano comportato un notevole aumento di volumetria (individuato, da entrambi i provvedimenti impugnati, in mc 440,00), rendendosi così necessario il versamento degli oneri supplementari;
– nel corso del procedimento e del presente giudizio, non è stata fornita prova che detti lavori fossero stati già conteggiati al momento (ovvero, nel mese di agosto del 1984) della trasmissione del verbale contenente il computo metrico dei lavori effettuati;
– § in ogni caso, il provvedimento impugnato poneva a fondamento del diniego di condono anche altre ragioni – segnatamente: la violazione della normativa anti-sismica, in quanto l’altezza dell’edifico risulta superiore al limite di mt 11, previsto dalla legge n. 64 del 1974 e dal decreto ministeriale del 19 giugno del 1984, quale altezza massima per le strutture in tufo; la certificazione di collaudo statico presente nel fascicolo riguardava esclusivamente le opere in sopraelevazione, e non l’intera struttura; l’istanza di sanatoria era stata formulata facendo riferimento alla realizzazione di un maggiore volume di mc 98,60, e non del maggiore volume di mc 440,00 – rispetto alle quali, come correttamente evidenziato dal giudice di prime cure, l’appellante non ha formulato alcuna contestazione specifica;
– come è noto, nel caso in cui il provvedimento impugnato si fondi su una pluralità di ragioni autonome, il giudice, qualora ritenga infondate le censure indirizzate verso uno dei motivi assunti a base dell’atto controverso, idoneo, di per sé, a sostenerne ed a comprovarne la legittimità, ha la potestà di respingere il ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso altri capi del provvedimento, in quanto la conservazione dell’atto implica la perdita di interesse del ricorrente all’esame delle altre doglianze;
-§ con riguardo invece all’ordine di demolizione, impugnato con motivi aggiunti, è infondata la restante censura incentrata sull’asserita impossibilità tecnica di procedere all’immediata rimozione delle opere abusive;
– l’art. 34 del d.P.R. n. 380 del 2001 disciplina infatti gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire, prevedendo, al secondo comma, che “quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione”;
– secondo la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria, disciplinata dalla disposizione appena citata, deve essere valutata dall’Amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento, successiva ed autonoma rispetto all’ordine di demolizione (ex plurimis: Consiglio di Stato, sez. VI 29 novembre 2017, n. 5585; sez. VI, 12 aprile 2013, n. 2001);
– in quella sede, l’interessato potrà ampiamente dedurre in ordine alla situazione di pericolo di stabilità del fabbricato derivante dall’esecuzione della demolizione delle opere abusive;
– per le ragioni che precedono, l’appello è infondato e va respinto;
– le spese del secondo grado di lite seguono la soccombenza nei rapporti tra l’appellante ed il Comune di Caserta, mentre vanno compensate nei rapporti tra l’appellante e l’interveniente ad opponendum (le cui difese hanno sostanzialmente riproposto le ragioni dell’Amministrazione comunale);

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 9613 del 2018, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di lite del secondo grado di giudizio in favore del Comune di Caserta, che si liquidano in Euro 2.500,00, oltre IVA e CPA come per legge.
Compensa integralmente le spese di lite del secondo grado di giudizio nei rapporti tra l’appellante e l’interveniente ad opponendum.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2019 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Bernhard Lageder – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere, Estensore

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