Corte di Cassazione, sezione prima civile, Sentenza 27 novembre 2019, n. 31051.
La massima estrapolata:
La costituzione in pegno delle quote di società a responsabilità limitata è soggetta al disposto della norma dell’art. 2806 cod. civ., sicché il diritto di pegno risulta costituito con l’iscrizione del relativo atto nel registro delle imprese
Sentenza 27 novembre 2019, n. 31051
Data udienza 11 settembre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 23157/2014 proposto da:
(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in R (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura in calce all’atto di nomina di nuovo difensore;
– ricorrente –
contro
Fallimento (OMISSIS) s.p.a., in persona del curatore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Rom (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di REGGIO EMILIA, depositato il 09/07/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/09/2019 dal cons. DOLMETTA ALDO ANGELO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale DE RENZIS LUISA, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per la ricorrente, l’avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l’avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto.
FATTI DI CAUSA
1.- La s.p.a. (OMISSIS) ha chiesto di essere ammessa al passivo fallimentare della s.p.a. (OMISSIS), titolando la propria pretesa nel fatto che la societa’ poi fallita aveva dato in pegno – quale terzo datore – le quote di una serie di societa’ a responsabilita’ limitata, tutte sottoposte all’attivita’ di direzione e coordinamento della stessa datrice, per la garanzia di un debito della controllata s.r.l. (OMISSIS) (essa pure fallita) inerente al corrispettivo della prestazione di opere di realizzazione di impianti fotovoltaici.
Dando seguito all’eccezione revocatoria presentata dal curatore, il Giudice delegato ha senz’altro respinto la domanda, rilevando l’inefficacia della garanzia pignoratizia ai sensi delle disposizioni di cui alla L.Fall., articolo 64 e articolo 67, comma 2.
2. – La s.p.a. (OMISSIS) ha proposto opposizione L.Fall., ex articolo 98 ss. avanti al Tribunale di Reggio Emilia. Che la ha respinta con decreto depositato in data 9 luglio 2014, sempre richiamando le predette norme della disciplina fallimentare.
3. – In proposito, il Tribunale ha rilevato, in primo luogo, che la prestazione della garanzia del pegno doveva essere valutata come atto a titolo gratuito.
Fermato l’assunto che, per accertare la natura gratuita o onerosa della garanzia prestata dal terzo, occorre considerare il “complessivo rapporto trilaterale creditore – debitore – terzo”, il decreto ha osservato che, nella specie, non emergeva un'”utilita’ economica significativa”, ne’ per la debitrice (OMISSIS), ne’ per la datrice (OMISSIS): “non vi e’ stata alcuna effettiva riduzione del debito di (OMISSIS) nei confronti della creditrice”; “non e’ in alcun modo provato che le scadenze delle obbligazioni, diversamente modulate in virtu’ delle due scritture private dell’1 giugno 2012, abbiano generato un vantaggio economicamente non irrisorio per (OMISSIS) o anche solo per la controllata (OMISSIS)”.
4.1. – Nel prosieguo della motivazione, il Tribunale ha pure osservato che la garanzia pignoratizia risultava revocabile anche ove considerata quale atto di titolo oneroso e “normale”.
4.2. – Sotto il profilo della ricomprensione dell’atto nel periodo sospetto, il giudice del merito ha riscontrato – sul piano del fatto – che la “costituzione dei pegni e’ avvenuta con sette distinte scritture private autenticate, in data 15 giugno 2012, registrate a Milano il 20 giugno 2012 e infine iscritte nel registro delle imprese in data 21 giugno 2012”; e che “in data 18 dicembre 2012 la (OMISSIS) depositava ricorso per concessione di termine ai sensi della L.Fall., articolo 161, comma 6, e tale domanda veniva iscritta nel registro delle imprese di Reggio Emilia in pari data”.
Ha poi rilevato che dal “complesso” delle disposizioni di cui agli articoli 2352, 2471 bis, 2469, 2470, 1787 e 2806 c.c. “si evince che il pegno su quote di s.r.l. e’ validamente costituito con scrittura privata avente data certa e che esso diventa efficace e opponibile nei confronti dei terzi a seguito dell’iscrizione del pegno stesso nel registro delle imprese”.
Ne ha tratto la conseguenza che, nella specie, gli “atti di pegno, essendo stati iscritti in data 21 giugno 2012, cadono nel semestre anteriore all’iscrizione della domanda di concordato preventivo” nel registro delle imprese.
4.3. – Con riferimento alla scientia decoctionis, il decreto ha affermato essere “fuori discussione che uno stato di insolvenza di (OMISSIS) fosse effettivamente sussistente nel giugno 2012, giacche’ contro di essa pendeva un ricorso prefallimentare”; ha riscontrato, altresi’, che “tale stato di insolvenza era conosciuto dalla s.p.a. (OMISSIS)”, posta una scrittura intercorsa tra questa e la (OMISSIS) proprio agli inizi del mese di giugno 2012, in cui venivano segnalati, in particolare, lo stato di tensione finanziaria del gruppo (OMISSIS), la presenza di un accordo di ristrutturazione del debito con il ceto bancario del dicembre 2011, l’esigenza di “riscadenzare il debito nei confronti della (OMISSIS) (partecipata in misura quasi totalitaria dalla (OMISSIS))”.
5. – Avverso questo provvedimento, la s.p.a. (OMISSIS) presenta ricorso, svolgendo otto motivi di cassazione (per un errore materiale, l’ultimo dei motivi formulati porta quale numero identificativo il “9”).
Il fallimento (OMISSIS) resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
6. – Il primo motivo di ricorso lamenta, con riferimento alla decisione relativa alla revoca L.Fall., ex articolo 67, comma 2, “violazione di norma di diritto: L.Fall., articolo 69 bis, comma 2”.
Nel caso di specie – segnala il ricorrente – e’ stata presentata solo una domanda di concordato c.d. in bianco L.Fall., ex articolo 161, comma 6, a cui e’ seguita, senza medi, la dichiarazione di fallimento: senza che venisse presentata “una proposta, ne’ un piano, ne’ la relativa documentazione”. Senza, soprattutto, che fosse ancora stata compiuta la scelta se non optare, in luogo del concordato, per la diversa procedura dell’accordo di ristrutturazione.
Posta questa peculiare situazione – cosi’ si stima – “non si e’ perfezionata alcuna domanda di concordato preventivo, con cio’ dovendosi necessariamente intendere quella di cui all’articolo 161, comma 1, completa della proposta, del piano e della documentazione indicata ai commi 2 e 3 della norma” in questione. “E’ dunque palese” – si conclude – che non ci troviamo al cospetto della fattispecie prevista dalla L.Fall., articolo 69 bis, comma 2″.
7. – Il motivo non merita di essere accolto.
L’applicazione della regola di consecuzione, di cui alla L.F. articolo 69 bis, attiene, invero, alla esistenza di una procedura concorsuale (poi sfociata, anche in modo indiretto ma comunque nel contesto di un’unica crisi imprenditoriale, nella dichiarazione di fallimento dell’impresa), non gia’ alla compiuta formulazione di una domanda ad hoc. Secondo quanto indica, se non altro, la disposizione della L.Fall., articolo 168, (che appunto trova applicazione anche nell’ipotesi di concordato in bianco).
Il tenore testuale dell’articolo 69 bis, comma 2, appare univoco, d’altro canto, nel fissare il dies a quo della c.d. retrodatazione al tempo della pubblicazione della domanda di ammissione: si veda, per questo proposito, la pronuncia di Cass., 29 marzo 2019, n. 8970, che viene anzi a collegare in modo espresso e diretto l’introduzione della norma dell’articolo 69 bis comma 2 – nell’ambito di un diritto vivente di tradizionale applicazione dell’istituto della consecuzione – con la “possibilita’ per l’imprenditore di presentare una domanda di concordato preventivo c.d. in bianco”, che pure e’ stata introdotta dalla riforma del 2012.
Non puo’ convenirsi, poi, con il rilievo che il ricorrente assegna alla possibilita’ che alla presentazione della domanda in bianco segua poi il deposito di una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti L.Fall., ex articolo 182 bis. Che tale eventualita’ rappresenta solo un possibile epilogo di una procedura concordataria gia’ in essere (di la’ da ogni notazione sull’eventuale ricomprensione nel perimetro operativo della consecuzione pure dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, che la giurisprudenza di questa Corte annovera tra gli istituti connotati della natura di “procedura concorsuale”: cfr., tra le altre, le pronunce di Cass., 18 gennaio 2018, n. 1182; Cass., 10 aprile 2019, n. 10106).
8.1. – Il secondo e il terzo motivo di ricorso, posti sempre a censura della decisione del Tribunale di Reggio Emilia di ravvisare nella specie gli estremi della revoca L.Fall., ex articolo 67, comma 2, appaiono suscettibili di un esame unitario. Entrambi fanno infatti riferimento, seppure da angoli di visuale diversi, al tema delle modalita’ costitutive del diritto di pegno su quote di s.r.l..
8.2.- Il secondo motivo denunzia la violazione degli articoli 2352, 2471 bis, 2469, 2470, 2787 e 2806 c.c..
Il ricorrente assume, in particolare, che la costituzione in pegno delle quote di s.r.l. si attua – in ragione del combinato disposto dell’articolo 2787 c.c., comma 3, e articolo 2704 c.c. – “mediante scrittura privata autenticata, che in quanto tale ha data certa ed e’ opponibile ai terzi e quindi anche al curatore fallimentare”.
Nulla a che vedere, dunque, con l’iscrizione nel registro delle imprese, che pure e’ stata pretesa dal decreto impugnato. Ne’ con le ulteriori norme che questo ha richiamato.
La norma dell’articolo 2352 c.c., relativa al pegno delle partecipazioni azionarie, “non regola” – si puntualizza – “le modalita’ di costituzione del pegno”; non diversamente la disposizione dell’articolo 2471 bis c.c., che, pur specificamente dedicata al pegno di quote, si limita a richiamare la norma azionaria. Quella dell’articolo 2469 c.c., poi, tratta del trasferimento delle partecipazioni, senza nulla dire in punto di pegno. Quella dell’articolo 2470 c.c. fa “riferimento alle condizioni per l’efficacia e la pubblicita’ degli atti relativi al trasferimento di quote”. Quella dell’articolo 2806 c.c., infine, si applica unicamente ai diritti di privativa industriale e il diritto di autore.
8.3. – Il terzo motivo, che riveste posizione subordinata rispetto al secondo, lamenta la violazione dell’articolo 2470 c.c..
Anche a volere ritenere l’applicazione di questa norma all’ipotesi del pegno delle quote, per la fattispecie concreta non ne seguirebbe – si assume – la revocabilita’ della garanzia.
La norma dell’articolo 2470, infatti, prevede che il trasferimento delle quote sia efficace (nei confronti della societa’) dal momento del “deposito” del relativo atto presso il registro delle imprese: non gia’ dalla successiva iscrizione. Con conseguente estraneita’, in ogni caso, dell’atto di pegno, di cui concretamente si discute, nei riguardi dei confini temporali del periodo sospetto.
9.- Il secondo e il terzo motivo di ricorso non sono fondati.
In proposito, appare opportuno puntualizzare, prima di tutto, che il tema, che viene sollevato dal ricorrente, concerne il compimento prima dell’avvio del periodo sospetto o, per contro, all’interno di quest’ultimo – degli atti costitutivi di un diritto di pegno che abbia a proprio oggetto delle quote di s.r.l. E dunque riguarda, in via correlata, l’individuazione di quali siano i passi effettivamente necessari a tale fine.
Attesa questa prospettiva, si deve osservare che la regolamentazione di legge non si esaurisce – come afferma invece il ricorrente – nella norma dell’articolo 2787 c.c., comma 3, (con l’annesso corredo della data certa, la cui regola viene espressamente richiamata in tale disposizione). Che del resto e’ disposizione si’ generale al pegno (e trasversale, per se’ concernendo tutte le ipotesi di pegno, indipendentemente dall’oggetto che di questo risulti volta a volta specifico), ma pure concernente il solo profilo della prelazione: come tale essa suppone, per potere nel caso entrare in applicazione, che il relativo diritto (di pegno, appunto) sia stato costituito (se e’ ben ipotizzabile un pegno senza prelazione, di sicuro non vale la reciproca); e pure che sia stato costituito prima dell’inizio del periodo sospetto, si’ da non risultare passibile di revocatoria.
10. – Segnala correttamente il ricorrente che la norma dell’articolo 2471 bis c.c., pur riguardando specificamente il pegno di quote di s.r.l., non fa cenno delle modalita’ costitutive del relativo diritto.
Peraltro, se e’ vero che talora il sistema vigente si preoccupa di dettare discipline particolari e distinte di costituzione del pegno di peculiari diritti e beni (classico, al riguardo, il richiamo all’articolo 2026 c.c., per il pegno su titoli di credito nominativi), e’ anche vero che la normativa generale del pegno, di cui agli articoli 2784 ss. c.c., contiene tre distinte serie normative, che risultano intese a regolare – senza lasciare residui spazi di vuoto – le modalita’ costitutive di questo diritto: con riferimento ai beni mobili (articolo 2786 ss. c.c.), ai crediti (articolo 2800 ss. c.c.), nonche’ ai “diritti diversi dai crediti” (articolo 2806 c.c.).
Posto questo assetto normativo, la mancata previsione di una disciplina ad hoc per la costituzione del pegno sulle quote della s.r.l. altro non importa, percio’, se non che, per la determinazione delle relative modalita’, occorre fare riferimento alla disciplina generale del diritto di pegno.
11.- Le quote della s.r.l. non possono essere formate da titoli azionari: non possono assumere, percio’, la veste di beni mobili; in positivo, rappresentano la “partecipazione” dei soci al contratto sociale e allo svolgimento dell’impresa che da questo promana (cfr. gli articoli 2463 e 2468 c.c.) Le stesse fanno dunque riferimento alla “posizione contrattuale” dei soci, con conseguente esclusione della loro riconducibilita’ all’ambito dei semplici diritti di credito (fuor che in relazione al punto – marginale rispetto alla conformazione complessiva della quota di partecipazione, se non da questa gia’ distinto – attinente agli utili che i soci abbiano ormai deciso di distribuire, ai sensi dell’articolo 2478 bis c.c., commi 3 e 4).
Ne deriva pianamente che le modalita’ di costituzione del pegno sulle quote di s.r.l. ricadono sotto l’applicazione dell’articolo 2806 c.c., (per la diversa qualificazione della quota di s.r.l. “quale bene mobile immateriale, non capace di possesso”, v. Cass., 18 agosto 2017, n. 20170, peraltro al circoscritto fine di affermare l’applicabilita’ alla quota della norma dell’articolo 2914 c.c., comma 1, n. 1; e senza comunque che una simile qualificazione venga a in alcun modo a incidere sul piano disciplinare che qui specificamente interessa).
Di fronte al tenore testuale della disposizione dell’articolo 2806 chiaramente intesa a dettare una regola di residualita’ – il rilievo del ricorrente, per cui la stessa si occuperebbe solo del diritto di autore e delle privative industriali, potrebbe, al piu’, essere apprezzato come evocazione di una curiosita’ o di un accidente storico.
Nessun dubbio puo’ nutrirsi, poi, sul fatto che il rinvio effettuato dall’articolo 2806 alle “forme” volta a volta “richieste per il trasferimento del diritto” vada inteso con riguardo non all’efficacia inter partes di questo (nelle s.r.l. basato sul semplice consenso: Cass., 27 ottobre 2017, n. 25626), bensi’ alla sua efficacia nei confronti dei terzi: secondo quanto assicura (se non altro) il coordinamento sistematico di questa norma con quelle dell’articolo 2786, comma 1, da un lato, e dell’articolo 2800 (parte finale) c.c., dall’altro.
12. – Segue a quanto detto che la ravvisata applicazione della norma dell’articolo 2806 c.c., finisce per riportare il tema della costituzione del pegno di quote alla normativa specificamente dettata per la s.r.l.: in particolare, a quella dell’articolo 2470 c.c. (a cui, del resto, fa specifico riferimento il terzo motivo di ricorso: sopra, n. 8.3.).
Rispetto alla quale norma va osservato adesso come non sia possibile assegnare peso determinante all’avvenuto “deposito” presso il registro delle imprese – secondo quanto recita la lettera del suo comma 1 – per l’effettivo completamento della fattispecie costitutiva del pegno su quote. Cosi’ come invece vorrebbe intendere il ricorrente (sopra, nel n. 8.3.).
13.- In effetti, sul piano testuale la disposizione del comma 1 – che e’ dettata per l’efficacia del trasferimento nei confronti della societa’ risulta (ben piu’ che controbilanciata) sul piano sistematico superata dalla norma dell’articolo 2470 c.c., comma 3, che in termini espressi fissa come criterio di risoluzione dei conflitti tra acquirenti di una medesima quota quello della preventiva iscrizione nel registro delle imprese.
Anche perche’ alla disposizione appena citata pure si aggiunge quella dell’articolo 2471, che non diversamente ferma l’esecuzione del pignoramento della quota all’avvenuta iscrizione nel registro delle imprese (in relazione al conflitto regolato dall’articolo 2914 c.c., da’ rilievo al momento dell’iscrizione anche la citata pronuncia di Cass. n. 25626/2017); nonche’ la norma dell’articolo 2472 c.c. (“nel caso di cessione della partecipazione, l’alienante e’ obbligato solidalmente con l’acquirente per il periodo di tre anni decorrente dall’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese”).
Per altro verso (seppur in via sostanzialmente correlata a quanto si e’ appena osservato), e’ stato puntualmente rilevato nell’ambito della dottrina che, “se si ritenesse decisivo il dato testuale, ne risulterebbe inspiegabilmente rovesciata la sequenza procedimentale stabilita dalla disciplina anteriore” alla riforma del 2008 (Decreto Legge n. 185 del 2008, conv. in L. 28 gennaio 2009, n. 2), “poiche’ l’efficacia del trasferimento nei confronti della societa’, ove dipendesse dal mero deposito dell’atto, precederebbe l’efficacia nei confronti dei terzi, conseguente alla successiva iscrizione”: “potrebbe cosi’ essere ammesso a esercitare i diritti sociali anche chi abbia acquistato le quote sulla base di un atto non iscrivibile nel registro delle imprese e di cui successivamente il Conservatore rifiuti l’iscrizione”, in tal modo compromettendosi, fra l’altro, “gli interessi generali alla stabilita’ degli atti sociali e alla trasparenza nella circolazione dei capitali”.
Con la conseguenza che “anche ai fini dell’efficacia del trasferimento nei confronti della societa’, la formalita’ rilevante e’ la vera e propria iscrizione nel registro delle imprese, non il mero deposito dell’atto di trasferimento”: formalita’ che si pone dunque come criterio generale di efficacia (e opponibilita’) delle vicende (in senso ampio) circolatorie delle quote di s.r.l..
14. – Cio’ posto, deve in conclusione essere affermato il seguente principio di diritto:
“la costituzione in pegno delle quote di societa’ a responsabilita’ limitata e’ soggetta al disposto della norma dell’articolo 2806 c.c., sicche’ il diritto di pegno risulta costituito con l’iscrizione del relativo atto nel registro delle imprese”.
15. – Il quarto e il quinto motivo di ricorso – essi pure riferiti alla decisione sulla revoca L.Fall., ex articolo 67, comma 2, – vanno esaminati in modo congiunto, in ragione della loro complementarieta’.
Col quarto motivo il ricorrente rileva, in particolare, che nel giudizio di opposizione il fallimento ha fermato l’eccezione revocatoria rispetto agli “atti costitutivi di un diritto di prelazione per debiti anche di terzi contestualmente creati”; diversamente, il decreto ha ritenuto la revocabilita’ di tali pegni quali “atti a titolo oneroso”. A giudizio del ricorrente, a questa diversa espressiva fa riscontro una differenza di causa petendi tra quanto richiesto e quanto riconosciuto, con connessa violazione della norma dell’articolo 112 c.p.c..
Col quinto motivo, il ricorrente assume, inoltre, violazione della L.Fall., articolo 99, comma 12, e articolo 135 c.p.c., comma 4: il “Tribunale, dopo aver lungamente illustrato perche’ ritenga che i pegni, che considera “effettuati a titolo gratuito”, siano inefficaci ai sensi della L.Fall., articolo 64, si limita invece alla mera enunciazione del fatto che essi siano comunque revocabili ai sensi della L.Fall., articolo 67, comma 2, perche’ atti a titolo oneroso”.
16. – Il quarto e quinto motivo non sono fondati.
In effetti, il contesto motivazionale del decreto non lascia spazi di ombra in proposito. La revoca, che riguarda i pegni, avviene “ai sensi della L.Fall., articolo 67, comma 2”.
Fa diretto e preciso riferimento, percio’, agli “atti… costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati” (cosi’ il testo della disposizione normativa). Tra la formula adoperata dal fallimento e quella scelta dal Tribunale corre, dunque, una mera differenza terminologica: di inapprezzabile valore giuridico, nell’ambito dato.
Che le garanzie contestuali, poi, rientrino nel genere degli atti “normali”, detti pure “onerosi”, e’ fatto palese dal vigente plesso normativo che, nell’ambito della legge fallimentare, disciplina la revocatoria: si tratta, insomma, di una semplificazione linguistica. Del resto, la motivazione svolta dal Tribunale reggiano in punto di revocatoria L.Fall., ex articolo 67, comma 2, e’ si’ autonoma rispetto a quella dell’inefficacia L. Fall., ex articolo 64, ma pure dichiaratamente ulteriore rispetto alla stessa (“quand’anche si volesse ritenere (com’e’ invece escluso…)); ne’ la fattispecie concreta propone, com’e’ di tutta evidenza, alcun problema in punto di atto modale, quale categoria ipoteticamente intermedio cioe’ tra la nozione di atto gratuito e quella di atto oneroso.
17. – il sesto e settimo motivo di ricorso gravitano entrambi sul requisito della scientia decoctionis, che il Tribunale reggiano, nel rilevare la revoca dei pegni L.Fall., ex articolo 67, comma 2, ha ritenuto senz’altro presente nella s.p.a. (OMISSIS), soggetto che della relativa garanzia era destinato ad avvantaggiarsi.
In questa prospettiva, il sesto motivo denunzia violazione della norma del L.Fall., articolo 67: il decreto “ha errato nel ritenere che la prova dello stato di insolvenza debba concernere la situazione del garante e non del debitore”.
Il settimo motivo assume, a sua volta, violazione della norma dell’articolo 2727 c.c.: “i dati di fatto che emergono dalla lettura dell’accordo del 1.6.2012 non soddisfano i requisiti di gravita’, precisione e concordanza come richiesti dall’articolo 2729 c.c. e dunque non possono essere sussunti nella fattispecie di cui alla norma”.
18. – Il sesto e il settimo motivo sono inammissibili.
In particolare, il sesto motivo non si confronta con la motivazione addotta dal Tribunale, posto che questa ha tenuto presente, nell’ambito della valutazione relativa alla sussistenza della scientia, tanto la posizione del datore del pegno (OMISSIS), quanto quella del debitore principale (OMISSIS) (cfr. sopra, n. 4.3.).
D’altro canto, il motivo si limita a dichiarare che “la norma pone espressamente come riferimento da indagare la situazione del debitore e non del terzo garante”, senza enunciare le ragioni sostanziali per cui a contare dovrebbe essere, nella specie, lo stato di decozione del debitore e non gia’ del terzo datore: dato, per l’appunto, che il presente giudizio fa riferimento al fallimento del datore e concerne un atto depauperatorio del patrimonio del datore.
19.- Il settimo motivo, poi, chiede una nuova valutazione del materiale probatorio, cosi’ instando per lo svolgimento di un giudizio per contro precluso all’analisi di questa Corte.
Del resto, le considerazioni svolte dal Tribunale al riguardo (sopra, sempre nel n. 4.3.) si manifestano senz’altro ragionevoli e appropriate. In effetti, lo stesso ricorrente riconosce che l’accordo del giugno 2012, senz’altro noto a (OMISSIS), richiama uno stato di “temporanea tensione finanziaria” del Gruppo (OMISSIS), di un piano industriale “finalizzato al risanamento della posizione debitoria”, di “un accordo di ristrutturazione con le banche”. Ne’ puo’ essere dubbio che l’insieme di questi dati puo’, al piu’, far sorgere la speranza di una futura uscita del gruppo del debitore e del garante dallo stato di crisi che lo attanaglia, non certo fondare un giudizio di attuale inesistenza dello stato di crisi.
20. – L’ottavo motivo di ricorso, che riguarda la dichiarazione di inefficacia L.Fall., ex articolo 64, e’ assorbito dal rigetto dei primi sette motivi.
21. – In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato.
Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida nella somma di Euro 25.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre a spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.
Da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, secondo quanto stabilito dalla norma dell’articolo 13, comma 1 bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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