P.A. ed esercizio delle sue funzioni dopo un giudicato di annullamento

Consiglio di Stato, Sentenza|18 agosto 2021| n. 5917.

P.A. ed esercizio delle sue funzioni dopo un giudicato di annullamento.

Quando la P.A. rinnova l’esercizio delle sue funzioni dopo un giudicato di annullamento, l’interessato che si dolga delle nuove conclusioni raggiunte dall’amministrazione può proporre un unico giudizio davanti al Giudice dell’ottemperanza lamentando la violazione o elusione del giudicato, ovvero la presenza di nuovi vizi di legittimità nella rinnovata determinazione. Il Giudice dell’ottemperanza è chiamato a qualificare le domande prospettate, distinguendo quelle attinenti propriamente all’ottemperanza da quelle che hanno a che fare con il prosieguo dell’azione amministrativa, traendone le necessarie conseguenze quanto al rito ed ai poteri decisori. Nel caso in cui il Giudice ritenga che il nuovo provvedimento costituisce violazione od elusione del giudicato, ne dichiara la nullità, con la conseguente improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della seconda domanda (quella cioè volta a sollecitare un giudizio sulla illegittimità dell’atto gravato); in caso di reiezione della domanda di nullità, dispone la conversione dell’azione per la riassunzione del giudizio innanzi al giudice competente per la cognizione, ai sensi dell’articolo 32, II, Dlgs n. 104/2010.

Sentenza|18 agosto 2021| n. 5917. P.A. ed esercizio delle sue funzioni dopo un giudicato di annullamento

Data udienza 24 giugno 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Giudizio di ottemperanza – Polisemicità – Pubblica amministrazione – Esercizio delle sue funzioni dopo un giudicato di annullamento – Dlgs 2 luglio 2010, n. 104, articolo 32

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2761 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati En. Gu. e Fr. Gu., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Giustizia, CSM – Consiglio Superiore della Magistratura, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in -OMISSIS- via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
-OMISSIS- rappresentata e difesa dagli avvocati Ni. Di. Mo. e Gi. Gi., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Al. Gi. in -OMISSIS- piazza (…);
-OMISSIS- rappresentata e difesa dall’avvocato Vi. De. Vi., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
-OMISSIS- rappresentato e difeso dall’avvocato Sa. Di. Cu., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in -OMISSIS- via (…);
per l’ottemperanza
della sentenza del Consiglio di Stato – Sez. V, n. -OMISSIS- resa tra le parti;
Visti il ricorso per ottemperanza e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia e del CSM, di -OMISSIS- di -OMISSIS-e di -OMISSIS-
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2021 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Guerriero, Di Cunzolo, Di Modugno, Giannelli, De Vito e dello Stato Dettori, in collegamento da remoto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

P.A. ed esercizio delle sue funzioni dopo un giudicato di annullamento

FATTO e DIRITTO

1.- Il dott. -OMISSIS- chiede l’ottemperanza del giudicato di cui alla sentenza della Sezione -OMISSIS-, di accoglimento, nei sensi che saranno meglio chiariti appresso, anche del suo appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. I, -OMISSIS- adottata sui ricorsi esperiti avverso la nomina della -OMISSIS-Isabella a Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di -OMISSIS-
Il ricorso chiede in subordine l’annullamento della delibera del CSM in data -OMISSIS- che ha disposto la nomina della -OMISSIS- -OMISSIS- a Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di -OMISSIS- nonché del successivo decreto del Presidente della Repubblica.
2. – All’esito del procedimento concorsuale in questione la V Commissione del CSM aveva indicato al Plenum, con la proposta “A”, la nomina del ricorrente, in atto Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di -OMISSIS- e con la proposta “B” la dott.ssa -OMISSIS- Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di -OMISSIS- nella seduta plenaria del -OMISSIS-il CSM ha approvato la proposta “B”.
Con separati ricorsi detta delibera è stata impugnata dal -OMISSIS- dalla -OMISSIS-e dal -OMISSIS- il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con la sentenza n. -OMISSIS-ha riunito i ricorsi, accolto il ricorso del -OMISSIS-e dichiarato improcedibili gli altri due.
3. – Avverso detta sentenza hanno interposto appello il -OMISSIS- la -OMISSIS-nonché il il Ministero della giustizia ed il CSM; la -OMISSIS-non ha proposto appello, ma si è costituita nel giudizio introdotto da tutti e tre gli appelli.
4. – La sentenza della Sezione di cui si chiede in questa sede l’ottemperanza, riuniti i ricorsi, ha accolto l’appello delle amministrazioni, l’appello della -OMISSIS-e l’appello del -OMISSIS- come pure, in parte, i motivi riproposti dal -OMISSIS- dichiarando invece inammissibili quelli riproposti dalla -OMISSIS- per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, ha respinto il ricorso di primo grado, salve le ulteriori determinazioni delle amministrazioni all’esito della rinnovazione dell’attività valutativa. Più nel dettaglio, la sentenza ha ritenuto che la clausola del bando richiedente la partecipazione al corso di formazione per aspiranti dirigenti al momento della presentazione della domanda di partecipazione al concorso non enuclei un requisito di partecipazione al procedimento di conferimento dell’incarico direttivo, al quale era dunque legittimata a partecipare anche la -OMISSIS- ha inoltre ritenuto, con riguardo alla posizione del -OMISSIS- che il precedente disciplinare (condanna alla sanzione della censura del 2006, per fatti risalenti al 2003) non ha effetto preclusivo alla partecipazione, pur potendo costituire, in sede di comparazione, un indicatore negativo. Peraltro la sentenza ha ravvisato un’incompleta comparazione delle posizioni del -OMISSIS- della -OMISSIS-e del -OMISSIS- ritenendo per l’effetto viziata la nomina impugnata per difetto di istruttoria e di motivazione: “è […] dalla proposta “A” e dalla proposta “B” (rispettivamente designanti il -OMISSIS-e la -OMISSIS-, che non emergono elementi utili a evidenziare, quanto ad attitudini e merito, la prevalenza della -OMISSIS-“. Inoltre la sentenza ha rilevato che i motivi riproposti dalla -OMISSIS-con memoria (volta a contestare la incongrua e pregiudizievole comparazione con gli altri candidati) sono inammissibili, in quanto non riguardano censure assorbite in primo grado, atteso che il suo ricorso è stato dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse (in conseguenza dell’accoglimento del ricorso del -OMISSIS-, dando luogo ad una soccombenza su di una questione pregiudiziale, che avrebbe reso necessaria l’impugnazione nelle forme dell’appello incidentale. La sentenza ha infine statuito che, “in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado, derivandone l’esigenza di rinnovazione dell’attività di valutazione comparativa da parte del CSM”.

 

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5. – Con il presente ricorso il -OMISSIS-espone che, all’esito della rinnovazione dell’attività di valutazione, la V Commissione ha proposto al Plenum la nomina a Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di -OMISSIS-della -OMISSIS- Pur nella dichiarata consapevolezza che il giudicato comportava una rinnovazione del giudizio comparativo limitata ai candidati -OMISSIS- -OMISSIS-e -OMISSIS- la Commissione ha rappresentato che, nel corso dell’istruttoria, è sopravvenuta la conoscenza delle conversazioni intrattenute, a mezzo di messaggistica telefonica, dai dottori -OMISSIS-e -OMISSIS-con il -OMISSIS- al quale venivano chiesti “informazione ” o “sostegno”, idonee, in quanto tali, ad influire sul giudizio espresso, ravvisando pertanto ragioni di interesse pubblico tali da giustificare l’annullamento d’ufficio della procedura concorsuale. Di qui la proposta della V Commissione in favore della -OMISSIS- poi nominata dal Plenum con delibera del -OMISSIS- ritenuta prevalente al -OMISSIS- anche in ragione del fatto che quest’ultimo è stato sottoposto a quattro procedimenti disciplinari nel corso della carriera, sebbene conclusisi con tre assoluzioni ed una sentenza di non doversi procedere per decadenza dell’azione disciplinare.
Deduce il ricorrente il carattere elusivo del giudicato (di cui alla sentenza della Sezione n. -OMISSIS- della delibera del CSM in data -OMISSIS- nonché la violazione dell’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990, anche per essere l’annullamento intervenuto oltre il termine di diciotto mesi previsti dalla norma. Per il ricorrente, l’obbligo conformativo gravante sull’amministrazione consisteva nella rinnovazione della procedura limitatamente ai dottori -OMISSIS- -OMISSIS-e -OMISSIS- con esclusione della -OMISSIS- i cui motivi sono stati dichiarati inammissibili; ciò comporterebbe la nullità del provvedimento adottato dal CSM per violazione od elusione del giudicato. L’elusione è configurabile, per il ricorrente, anche nel fatto che il CSM ha annullato d’ufficio la procedura rinnovandola con tutti i magistrati che avevano presentato domanda di partecipazione, prendendo in esame anche la posizione di coloro che, nella precedente selezione, erano stati esclusi ed avverso la delibera del -OMISSIS-non avevano proposto ricorso; nel caso, peraltro, sarebbe stato necessario indire una nuova selezione. Ad ogni modo, obietta il ricorrente che la notizia sopravvenuta (dello scambio di messaggi telefonici con il -OMISSIS-tra il marzo ed il settembre 2018) era inidonea all’annullamento della procedura selettiva anche alla luce della direttiva in data 4 giugno 2020, n. 493120/SD2 della Procura generale della Corte di Cassazione, alla cui stregua “l’attività di autopromozione, effettuata direttamente dall’aspirante, anche se petulante, ma senza la denigrazione dei concorrenti o la prospettazione di vantaggi elettorali, non può essere considerata in violazione di precetti disciplinari non essendo gravemente scorretta nei confronti di altri e in sé inidonea a condizionare l’esercizio delle prerogative consiliari”. In ogni caso, con riguardo alla propria posizione, il -OMISSIS-fa presente che è intervenuta in data 13 maggio 2021 la proposta vincolante del Collegio dei probiviri dell’A.N.M. di proscioglimento, perché il fatto non costituisce illecito disciplinare. Deduce ancora come, nella comparazione con la -OMISSIS- avrebbe comunque dovuto prevalere, aggiungendo come sia illegittima la valutazione dei procedimenti disciplinari intrapresi nei suoi confronti, certamente non costituenti circostanze sopravvenute.

 

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6. – Si sono costituiti in giudizio il CSM ed il Ministero della giustizia, nonché la dott.ssa -OMISSIS- il -OMISSIS–OMISSIS-e la dott.ssa -OMISSIS- eccependo l’infondatezza (quanto meno parziale, a seconda delle posizioni delle singole parti) del ricorso; il -OMISSIS-ha invece aderito al ricorso chiedendone l’accoglimento. La -OMISSIS-ha altresì dedotto di avere esperito ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio avverso la delibera consiliare impugnata dal -OMISSIS-nel presente giudizio, proponendo l’ordinaria azione di annullamento di cui all’art. 29 Cod. proc. amm.; chiede in questa sede la conversione della domanda di ottemperanza proposta dal -OMISSIS-in azione di annullamento ai sensi dell’art. 32, comma 2, Cod. proc. amm., previa declaratoria di incompetenza funzionale del giudice adito in favore del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio.
7. – Nella camera di consiglio del 24 giugno 2021 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
8. – Il ricorso per l’ottemperanza è infondato.
Giova premettere che la concentrazione nel giudizio di ottemperanza di tutte le questioni che sorgono dopo il giudicato, in relazione alla sua esecuzione, non si spinge sino al punto di affermare che qualsivoglia provvedimento adottato dopo un giudicato, ed in conseguenza dello stesso, debba essere portato davanti al giudice dell’ottemperanza, atteso che il ricorrente può rivolgersi a quest’ultimo, oltre che in caso di inerzia totale o parziale (e dunque per conseguire l’attuazione della sentenza: art. 112, comma 2, Cod. proc. amm.), anche in presenza di atti violativi od elusivi del giudicato (in tale caso chiedendone l’accertamento della nullità, ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. b, Cod. proc. amm.); laddove invece l’atto nuovo successivo al giudicato non sia elusivo o violativo ma autonomamente lesivo, in quanto copre spazi lasciati in bianco dal giudicato, deve essere azionato il rimedio del ricorso ordinario (in termini, tra le tante, Cons. Stato, IV, 2 febbraio 2016, n. 388; V, 23 maggio 2011, n. 3078). Ciò non vale ovviamente ad escludere la polisemicità intrinseca al giudizio di ottemperanza, quanto piuttosto ad enuclearne i limiti sistemici; entro tali limiti, secondo l’insegnamento di Cons. Stato, Ad. plen., 15 gennaio 2013, n. 2, va riconosciuto come effettivamente nell’ambito dell’azione di ottemperanza si raccolgono diverse azioni, talune meramente esecutive, altre di chiara natura cognitoria, il cui comune denominatore è rappresentato dall’esistenza, quale presupposto, di una sentenza passata in giudicato, e la cui comune giustificazione è rappresentata dal dare concretezza al diritto alla tutela giurisdizionale, garantito dall’art. 24 Cost.
Seppure dunque il giudice dell’ottemperanza deve considerarsi come il giudice naturale della conformazione dell’attività amministrativa successiva al giudicato, tale regola sconta il limite che ha riguardo ad atti emanati in violazione od elusione del giudicato, ravvisabile prevalentemente in presenza di un giudicato da cui deriva un obbligo puntuale, sì che il contenuto dell’atto risulta nei suoi tratti essenziali integralmente desumibile dalla sentenza (Cons. Stato, VI, 3 maggio 2011, n. 2602; IV, 13 gennaio 2010, n. 70).
In generale, dunque, quando l’amministrazione rinnova l’esercizio delle sue funzioni dopo un giudicato di annullamento, l’interessato che si duole delle nuove conclusioni raggiunte dall’amministrazione può proporre un unico giudizio davanti al giudice dell’ottemperanza lamentando la violazione od elusione del giudicato, ovvero la presenza di nuovi vizi di legittimità nella rinnovata determinazione. Il giudice dell’ottemperanza è quindi chiamato, in primo luogo, a qualificare le domande prospettate, distinguendo quelle attinenti propriamente all’ottemperanza da quelle che invece hanno a chc fare con il prosieguo dell’azione amministrativa, traendone le necessarie conseguenze quanto al rito ed ai poteri decisori. Nel caso in cui il giudice dell’ottemperanza ritenga che il nuovo provvedimento costituisce violazione od elusione del giudicato, ne dichiara la nullità, con la conseguente improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della seconda domanda (quella cioè volta a sollecitare un giudizio sulla illegittimità dell’atto gravato). Viceversa, in caso di reiezione della domanda di nullità, il giudice dispone la conversione dell’azione per la riassunzione del giudizio innanzi al giudice competente per la cognizione, ai sensi dell’art. 32, comma 2, Cod. proc. amm. (in termini Cons. Stato, VI, 1 aprile 2016, n. 1294).
8.1. – Nel caso di specie, caratterizzato dal fatto che il giudicato ha accertato vizi di difetto di istruttoria e di motivazione, tralatiziamente definiti formali, si è già, quasi per definizione, al di fuori dell’ambito dell’obbligo puntuale.

 

P.A. ed esercizio delle sue funzioni dopo un giudicato di annullamento

Inoltre la lettura della delibera del -OMISSIS-esclude ogni carattere elusivo del giudicato, i cui limiti oggettivi sono stati bene enucleati dal CSM ai fini della riedizione dell’attività valutativa, limitata ai candidati dottori -OMISSIS- -OMISSIS-e -OMISSIS-
Ha ritenuto però il CSM che il sopraggiunto dato informativo rappresentato dallo scambio di messaggi telefonici tra alcuni candidati partecipanti alla procedura oggetto di controversia ed il -OMISSIS- potendo influire sul giudizio espresso dalla V Commissione, costituisca “un elemento nuovo e sopravvenuto, idoneo a legittimare l’annullamento d’ufficio della presente procedura di conferimento di incarico direttivo ai sensi degli artt. 21-octies e 21-nonies della L. n. 241/90”.
Ha dunque provveduto tenendo conto dell’accertamento contenuto nel giudicato ai fini della comparazione tra i candidati -OMISSIS-e -OMISSIS–OMISSIS- per poi procedere alla rinnovazione dei profili dei candidati le cui posizioni non hanno costituito oggetto del giudicato, compresa la -OMISSIS- pervenendo all’esito a nominare quest’ultima.
Ne discende l’infondatezza del ricorso per l’ottemperanza, difettando il presupposto dell’atto elusivo del giudicato.
9. – Dovrebbe conseguentemente essere disposta la conversione del rito per la disamina della domanda di annullamento della delibera del CSM, che, in sede di esecuzione del giudicato, è andata oltre i limiti dell’accertamento nello stesso contenuto per la rilevanza della sopravvenienza di fatto, che è stata, a ragione od a torto, ritenuta idonea a limitarne l’efficacia ripristinatoria e conformativa (nella contrapposizione tra naturale dinamicità dell’azione amministrativa nel tempo ed effettività della tutela, secondo le linee tracciate da Cons. Stato, Ad. plen., 9 giugno 2016, n. 11).
La conversione del rito da ottemperanza a cognizione ordinaria, ai sensi dell’art. 32, comma 2, Cod. proc. amm., non può essere disposta dinanzi a questo stesso Consiglio di Stato, in quanto presuppone che il giudice adito sia competente su entrambe. Ha già posto in evidenza la Sezione (cfr. Cons. Stato, V, 5 ottobre 2017, n. 4654) che la conversione ex art. 32 Cod. proc. amm. consiste nella cancellazione del ricorso per ottemperanza dal ruolo degli affari in camera di consiglio e nella contestuale fissazione dell’udienza pubblica per il giudizio di merito della domanda di impugnazione, nel rispetto delle forme previste dall’art. 87 Cod. proc. amm.
Per la domanda di annullamento la competenza è del Tribunale amministrativo regionale del Lazio ai sensi dell’art. 13 Cod. proc. amm.
9.1. – Qualificato dunque il ricorso come azione di annullamento ordinario, in applicazione analogica delle norme sul rilievo dell’incompetenza contenute nell’art. 15 Cod. proc. amm., sulla base dell’eadem ratio consistente nel fatto che questo Consiglio di Stato è stato adito in unico grado ai fini dell’azione di ottemperanza svolta in via principale, la conversione dell’azione (non condivisa dal ricorrente sotto il profilo della prospettazione giuridica, ed in particolare dell’inesistenza dei presupposti, ma sulla quale non ha manifestato una opposizione) deve tradursi nella dichiarazione di incompetenza, e nell’indicazione del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di -OMISSIS- come giudice competente sulla stessa ai sensi dell’art. 15, comma 4, e nel richiamo al termine fissato per la riassunzione della causa davanti a quest’ultimo giudice.
10. – La complessità della controversia integra le ragioni che per legge giustificano la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, respinge in parte il ricorso e per il resto dichiara la propria incompetenza sullo stesso, nei termini di cui in motivazione, indicando per questa parte come giudice competente il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di -OMISSIS- presso il quale l’azione di impugnazione potrà essere riassunta nelle forme e nel termine previsti dall’art. 15, comma 4, Cod. proc. amm.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità delle parti private.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2021, tenuta con le modalità di cui al combinato disposto dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 e dell’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, con l’intervento dei magistrati:
Stefano Fantini – Presidente FF, Estensore
Alberto Urso – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere
Elena Quadri – Consigliere
Giorgio Manca – Consigliere

 

P.A. ed esercizio delle sue funzioni dopo un giudicato di annullamento

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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