Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 10 giugno 2020, n. 11095.

La massima estrapolata:

Ove la circolazione sia avvenuta senza che il trasportato abbia allacciato le cinture di sicurezza, si verifica un’ipotesi di cooperazione nel fatto colposo e, pertanto, deve ritenersi risarcibile, a carico del conducente del veicolo, anche il pregiudizio all’integrità fisica che il trasportato abbia subito in conseguenza dell’incidente, tenuto conto che il comportamento dello stesso, nell’ambito dell’indicata cooperazione, non può valere ad interrompere il nesso causale fra la condotta del conducente ed il danno, né ad integrare un valido consenso alla lesione ricevuta, vertendosi in materia di diritti indisponibili

Ordinanza 10 giugno 2020, n. 11095

Data udienza 18 novembre 2019

Tag – parola chiave: Risarcimento danni – Circolazione stradale – Soggetto trasportato senza allacciare la cintura di sicurezza – Sinistro – Riconoscimento del danno – Ragioni

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 9416-2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante procuratore speciale, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 2072/2017 del TRIBUNALE di FOGGIA, depositata il 22/09/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/11/2019 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza ex articolo 281 sexies c.p.c., del 22/9/2017 il Tribunale di Foggia ha respinto il gravame interposto dalla sig. (OMISSIS) in relazione alla pronunzia G. di P. Foggia n. 398 del 2012, di rigetto della domanda proposta Decreto Legislativo n. 209 del 2005, ex articolo 141, nei confronti della societa’ (OMISSIS) s.p.a. (assicuratrice della r.c.a. dell’autovettura Fiat Stilo tg. (OMISSIS) di proprieta’ della sig. (OMISSIS)) all’esito di sinistro stradale avvenuto il (OMISSIS) in (OMISSIS), allorquando verso le 17,30 la suindicata autovettura condotta dal sig. (OMISSIS), a bordo della quale viaggiava in qualita’ di trasportata, veniva tamponata dalla Renault Clio tg. (OMISSIS), condotta dalla proprietaria sig. (OMISSIS).
Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell’appello la (OMISSIS) propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi.
Resiste con controricorso la societa’ (OMISSIS) s.p.a..
L’altra intimata non ha svolto attivita’ difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione” degli articoli 1223, 1226, 1227, 2043, 2056, 2697 c.c., articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4, articoli 115, 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si duole che, ponendo a base della propria decisione la sola CTU ergonomica, il giudice dell’appello abbia ravvisato la sua esclusiva responsabilita’ relativamente alle lesioni subite per non avere allacciato le cinture di sicurezza, laddove poteva semmai configurarsi un mero concorso di colpa con il conducente dell’autovettura ove era trasportata, avendo il medesimo accettato che la circolazione avvenisse senza che lei allacciasse le cinture.
Con il 2 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” degli articoli 1223, 1226, 1227, 2043, 2056, 2697 c.c., articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4, articoli 115, 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si duole che il giudice dell’appello abbia considerato la CTU quale unica fonte di prova.
Lamenta non essersi considerato che “il trasportato che ha subito un danno in seguito a un sinistro stradale puo’ ottenere il risarcimento senza dover dimostrare la responsabilita’ dei conducenti coinvolti nell’incidente”; che il mancato allacciamento della cintura puo’ avere determinato in parte il danno, il cui risarcimento puo’ essere conseguentemente ridotto, ma non puo’ pregiudicare in toto il suo diritto al risarcimento del danno; che il conducente dell’autovettura su cui era trasportata “ha accettato la circolazione del mezzo in condizioni di mancata sicurezza”, laddove “prima di partire aveva il dovere di controllare le condizioni del viaggio, accertandosi che lo stesso avvenisse nel rispetto delle norme comuni della prudenza e sicurezza. Entrambi i soggetti hanno deciso di procedere senza che il trasportato avesse la cintura, concorrendo al verificarsi dell’evento lesivo, si dovra’ pertanto stabilire in che percentuale dovra’ attribuirsi in concorso l’evento lesivo”.
Con il 3 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” degli articoli 1223, 2043, 2054, 2056 c.c., articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si duole che il giudice dell’appello abbia accolto le conclusioni del CTU secondo cui “”considerato che la (OMISSIS) non indossava le cinture, e’ possibile che abbia urtato il capo contro il poggiatesta del sedile anteriore ma, considerata la minore forza d’urto, e’ ancora piu’ probabile che abbia subito la rottura degli occhiali si’ ma non la rottura della protesi dentaria, che avrebbe richiesto un urto piu’ violento di tutto il volto contro il poggiatesta””, lamentando che a tale stregua manchi “qualsiasi riferimento tecnico scientifico” e “nulla” venga “detto sulle altre lesioni documentate ed oggetto di causa (trauma del rachide cervicale)”.
I motivi sono fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati.
Come questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare, qualora la messa in circolazione dell’autoveicolo in condizioni di insicurezza (e tale e’ la circolazione senza che il trasportato abbia allacciato le cinture di sicurezza), sia ricollegabile all’azione o omissione, non solo del trasportato i ma anche del conducente (il quale prima di iniziare o proseguire la marcia deve controllare che essa avvenga in conformita’ delle normali norme di prudenza e sicurezza), fra costoro si e’ formato il consenso alla circolazione medesima con consapevole partecipazione di ciascuno alla condotta colposa dell’altro ed accettazione dei relativi rischi; pertanto si verifica un’ipotesi di cooperazione nel fatto colposo, cioe’ di cooperazione nell’azione produttiva dell’evento (diversa da quella in cui distinti fatti colposi convergano autonomamente nella produzione dell’evento).
In tale situazione, a parte l’eventuale responsabilita’ verso terzi ex articolo 2054 c.c., deve ritenersi risarcibile, a carico del conducente del suddetto veicolo e secondo la normativa generale degli articoli 2043, 2056, 1227 c.c., anche il pregiudizio all’integrita’ fisica che il trasportato abbia subito in conseguenza dell’incidente, tenuto conto che il comportamento dello stesso, nell’ambito dell’indicata cooperazione, non puo’ valere ad interrompere il nesso causale fra la condotta del conducente ed il danno, ne’ ad integrare un valido consenso alla lesione ricevuta, vertendosi in materia di diritti indisponibili (v. Cass., 14/3/2017, n. 6481; Cass., 13/05/2011, n. 10526; Cass., 11/3/2004. Cfr. altresi’, con riferimento a circolazione su scooter senza casco, Cass., 13/5/2011, n. 10526).
Orbene, il giudice dell’appello ha nell’impugnata sentenza invero disatteso il suindicato principio.
In particolare la’ dove, nell’avallare l’affermazione del giudice di prime cure secondo cui e’ “emerso dall’istruttoria espletata e alla luce delle risultanze della consulenza ergonomica… l’incidenza nella causazione dei danni di un comportamento negligente della trasportata (mancato utilizzo delle cinture di sicurezza)”, e nel sottolineare che “il consulente, dopo aver svolto i necessari accertamenti, ha evidenziato una incongruenza, con riferimento ai danni, tra il sinistro per come descritto ed emerso dalle testimonianze e quello accertato in sede di indagine peritale, ritenendo gia’ nella prima integrazione, dopo aver acquisito la perizia sul veicolo del perito della compagnia, alla luce dei danni materiali emersi, estremamente improbabile, pur se non impossibile, la rottura della protesi amovibile, considerata la capacita’ di assorbimento degli urti dei materiali di cui sono costituiti i sedili”, e’ pervenuto a ravvisare “l’esistenza di danni molto piu’ lievi rispetto a quelli ipotizzati sulla base delle dichiarazioni del teste escusso e ha ritenuto pertanto, alla luce della minore forza d’urto emersa rispetto a quella calcolata con la prima perizia” e a ritenere “inverosimile la rottura della protesi dentaria che avrebbe richiesto un urto piu’ violento di tutto il volto contro il poggiatesta”, senza affatto considerare che ove il conducente avesse ottemperato al proprio obbligo di far allacciare le cinture di sicurezza alla trasportata e non avesse accettato il rischio di una circolazione irregolare l’evento non sarebbe accaduto (quantomeno nelle modalita’ verificatesi).
Della medesima, in accoglimento p.q.r. del ricorso (con assorbimento di ogni altra questione e diverso profilo, nonche’ del 4 motivo (con il quale la ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione” degli articoli 61, 112, 115, 116, 194 c.p.c., articolo 2697 c.c., articoli 11, 24 Cost., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dolendosi della mancata considerazione delle altre emergenze processuali)), s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio al Tribunale di Foggia, che in diversa composizione procedera’ a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione.
Il giudice del rinvio provvedera’ anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie p.q.r. il ricorso. Cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Foggia, in diversa composizione.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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