In caso di morte del soggetto che ha denunciato il possesso di un’arma

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 15 maggio 2020, n. 15199.

Massima estrapolata:

In caso di morte del soggetto che ha denunciato il possesso di un’arma alla competente autorità, grava sull’erede l’obbligo di ripetere tale denuncia, anche quando l’accettazione dell’eredità sia avvenuta con beneficio di inventario che ha il solo effetto di tenere separati, ai fini civilistici, il patrimonio del “de cuius” e quello dell’erede.

Sentenza 15 maggio 2020, n. 15199

Data udienza 21 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Armi – Detenzione illegale – Fucili – Successione testamentaria – Fucili appartenuti al de cuis – Accettazione con beneficio di inventario – Distinzione dei patrimoni ai soli effetti civili – Inapplicabilità all’ambito penale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZEI Antonella P. – Presidente

Dott. SIANI Vincenzo – Consigliere

Dott. BIANCHI Michele – Consigliere

Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere

Dott. CAIRO Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 27/09/2019 della CORTE APPELLO di FIRENZE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ANTONIO CAIRO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. GAETA PIETRO;
Il P.G. chiede l’annullamento con rinvio sul trattamento sanzionatorio, rigetto nel resto;
udito il difensore;
L’avvocato (OMISSIS) chiede l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Firenze, con la sentenza in epigrafe, confermava la decisione emessa dal Tribunale di Siena, il 26/7/2016, nei confronti di (OMISSIS) che era stata condannata, alla pena di mesi cinque giorni 15 di reclusione ed Euro 450 di multa, per la detenzione illegale di due fucili e di 85 cartucce a pallini; unificati i fatti ex articolo 81 cpv. c.p. e, concesse le circostanze attenuanti generiche, era stata inflitta la pena anzidetta con i doppi benefici, assolvendo l’imputata dal reato relativo alla detenzione di 6 cartucce a palla calibro 12.
I giudici di merito ritenevano (OMISSIS) colpevole dei reati anzidetti, poiche’ ella aveva la disponibilita’ della casa all’interno della quale erano custodite le armi, luogo ove viveva con il marito, (OMISSIS), prima del suo decesso. La Corte d’appello osservava che (OMISSIS) aveva omesso un atto doveroso per legge (la denuncia all’autorita’ di P.S. della disponibilita’ delle armi), atto diverso dall’inventario dei beni a fini ereditari. La conseguenza era che non si sarebbe potuto recuperare il fatto alla disciplina dell’errore. Se vi fosse stato errore questo sarebbe caduto sulla norma di legge e, trattandosi di un errore di diritto, non avrebbe avuto efficacia scusante.
2. Ricorre per cassazione (OMISSIS) e deduce, con il ministero del suo difensore di fiducia, i seguenti motivi.
2.1. Lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione. Afferma di aver accettato l’eredita’ con beneficio d’inventario e di aver appurato al momento della redazione dell’inventario anzidetto che vi erano tra i beni anche due fucili. L’accettazione con il beneficio anzidetto determinava che i due patrimoni – quello del de cuius e quello dell’erede – restassero separati.
2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione degli articoli 5, 47 e 43 c.p.; si imponeva, dunque, assoluzione per mancanza di dolo, indotta da errore di fatto che aveva determinato un errore sul fatto.
2.3. Con il terzo motivo lamenta il mancato rilievo della prescrizione in relazione al capo B) della rubrica. La contravvenzione contestata in data (OMISSIS) si era prescritta il (OMISSIS), anteriormente all’emissione della sentenza di merito che era del 27/9/2019.
2.4. Con il quarto motivo deduce la violazione del divieto di reformatio in peius di cui all’articolo 597 c.p.; viola il divieto anzidetto la decisione che pur dichiarando la prescrizione di un reato unificato per continuazione non diminuisce corrispondentemente la pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato limitatamente al terzo motivo sul mancato rilievo della prescrizione, oltre che alla quarta ragione di censura, con cui si e’ dedotta la violazione del principio di cui all’articolo 597 c.p.p., sul divieto di reformatio in peius.
Infondati sono, viceversa, gli altri motivi di doglianza.
1.1. Tale e’, innanzitutto, quello sviluppato sull’intervenuta accettazione dell’eredita’ con il beneficio di inventario, che manterrebbe separati i patrimoni dell’erede e del de cuius.
L’istituto, nel diritto civile, esclude la cd. confusione dei patrimoni, tra i titolari in successione, in funzione dei rispettivi assetti debitori.
Esso mantiene, in ragione del principio di separazione, una diversificazione persistente tra le due entita’ economiche. Si mira, cioe’, a garantire le rispettive categorie di creditori (dell’erede e del soggetto nei cui confronti si apre la successione). La finalita’ e’, infatti, quella di assicurare che i due patrimoni assolvano la rispettiva funzione di garanzia, ai sensi dell’articolo 2740 c.c., in maniera separata. Essa accettazione, tuttavia, e’ limitata, per quanto qui rileva, al solo ambito civilistico (articolo 490 c.c.); non trova, cioe’, applicazione in un campo diverso, come quello penale e, soprattutto, nella materia della disciplina e della legislazione sul controllo delle armi.
Non si modificano, dunque, ne’ risultano assorbiti gli obblighi che gravano sul soggetto-erede, che nel patrimonio del suo dante causa rinvenga armi. Costui e’ egualmente tenuto alle relative denunce e richieste di autorizzazione e comunicazione di detenzione da inoltrare alla competente Autorita’.
Non basta, allora, la sola accettazione con beneficio di inventario a sollevare l’erede dagli obblighi specifici e ulteriori che gli derivano dalle caratteristiche di quei beni, compresi nella successione, in ragione del rapporto materiale di disponibilita’ delle armi che, comunque, si genera.
In altri termini, l’accettazione anzidetta, non assimila il patrimonio indicato ad una res nullitatis, ma lo separa semplicemente ai fini della responsabilita’ debitoria di tipo civilistico, evitando l’effetto della confusione che potrebbe danneggiare, per effetto dell’unificazione, mortis causa, i creditori dell’erede o quelli del soggetto in capo al quale si apre la successione. Da cio’ discende che l’erede, pur accettante con beneficio d’inventario, ai fini penali, avendone la disponibilita’ materiale, non puo’ esimersi dagli obblighi di denuncia e di comunicazione verso le Autorita’ pubbliche, in relazione ad esse armi, comunque, pervenutegli in successione, oggetti che egli detiene, presso il suo domicilio o in altri luoghi nella disponibilita’.
Ne’ puo’ ritenersi che, con l’accettazione con beneficio d’inventario, il chiamato all’eredita’ non divenga erede.
Al contrario diviene tale, ma i suoi poteri sul patrimonio del defunto non sono quelli pieni che gli sarebbero derivati dall’accettazione pura e semplice. Con l’accettazione beneficiata, infatti, l’erede diviene l’amministratore del patrimonio del de cuius, patrimonio che amministra nel suo interesse e in quello dei creditori e dei legatari; proprio perche’ egli gestisce pur sempre cose proprie. L’articolo 491 c.c. ne prevede, infatti, la responsabilita’ per l’amministrazione per colpa grave.
1.2. Quanto al tema dell’errore e dell’esclusione dell’elemento psicologico del reato si sviluppano in ricorso argomenti che non valgono a disarticolare il ragionamento posto a fondamento della decisione.
In tema di errore di cui all’articolo 47 c.p., il dubbio su una circostanza di fatto che costituisce elemento essenziale della fattispecie criminosa non e’ di per se’ sufficiente ad escludere il dolo in quanto dubbio ed errore sono categorie diverse.
Mentre l’errore determina il convincimento circa l’esistenza di una situazione che non corrisponde alla realta’, chi agisce nel dubbio e’, al contrario, consapevole di potersi esporre a violare la legge, cosicche’ il compimento dell’azione comporta l’accettazione del rischio nella causazione dell’evento, concretizzando cosi’ una forma di responsabilita’ a titolo di dolo eventuale (Sez. 3, 37837 del 06/05/2014, M. e altri, Rv. 260257).
Ebbene, per la specifica vicenda processuale deve annotarsi che l’articolo 47 c.p. dispone che l’errore su norma extrapenale esclude la punibilita’ quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce reato (comma 3).
Deve essere considerato errore sulla legge penale, come tale inescusabile, sia quello che cade sulla struttura del reato, sia quello che incide su norme, nozioni e termini propri di altre branche del diritto, introdotte nella norma penale ad integrazione della fattispecie criminosa, dovendosi intendere per “legge diversa dalla legge penale”, ai sensi dell’articolo 47 c.p., quella destinata in origine a regolare rapporti giuridici di carattere non penale e non esplicitamente incorporata in una norma penale o da questa non richiamata, neppure implicitamente.
L’ignoranza dovuta a errore nell’interpretazione della norma penale non puo’ essere considerata inevitabile quando tale interpretazione sia tutt’altro che confusa e caotica, non sia oggetto di particolari difficolta’, e l’errore circa l’esistenza e la portata della disposizione incriminatrice possa essere evitato con la normale diligenza. (Applicazione in tema di inadempimento dell’obbligo di denuncia di un’arma comune da sparo) (Sez. 1,n. 3601 del 28/09/1992, rv. 192538).
La reiterazione della denuncia della disponibilita’ delle armi e’ sorretta da motivi di ordine pubblico che esigono che sia garantita all’Autorita’ la chiara conoscenza, oltre che del luogo di detenzione, della persona del detentore dell’arma. Costui, invero, deceduto il primo e originario denunciante, ben potrebbe essere persona priva dei requisiti psico-fisici che consentono la disponibilita’ di armi e munizioni.
Correttamente, pertanto, la Corte distrettuale ha ritenuto che colui che viene in possesso di armi o munizioni, pure per successione ereditaria, e’ tenuto agli obblighi della denuncia prevista dalla legge (anche quando tale obbligo sia stato assolto dal suo dante causa). Da cio’ consegue la responsabilita’ dell’erede in caso di omessa denuncia della disponibilita’ delle armi (cfr. in termini: Cass. Sez. l”, sent. n. 11595 del 23.10.1986, Squillacioti; Sez. 1″, sent. n. 1210 dell’11.2.1984, Colocucci; Sez. 1″, sent n. 11158 del 19.12.1981, Francesca).
Nella vicenda oggetto d’esame non v’e’ un errore su norma extrapenale che si riverbera sul fatto, provocando un errore sul fatto-reato.
La (OMISSIS) ha, infatti, agito accettando l’eredita’ con beneficio d’inventario e ha sostanzialmente apposto il beneficio anzidetto all’accettazione, al fine di produrre gli effetti tipici di essa accettazione e di tenere separati civilisticamente i due patrimoni. Cio’ con lo scopo di non rischiare di subire, all’evidenza, aggressioni patrimoniali, da parte dei creditori del de cuius e cosi’ dimostrando di essere a conoscenza piena della finalita’ dell’istituto e del perimetro della sua operativita’.
Lo scopo dell’accettazione non era, pertanto, quello di legittimare la detenzione dell’arma, aspetto che connota la struttura del fatto e rispetto al quale non si e’ prodotto alcun errore sul fatto che costituisce reato ai sensi dell’articolo 47 c.p., comma 3. Ne’ risulta che, nel caso di specie, possa parlarsi di un dubbio sulla applicabilita’ del beneficio di inventario.
Cio’ proprio per il tipo di accettazione posta in essere che imponeva formalita’ costitutive (atto pubblico) e adempimenti necessari, come l’inventario, aspetti che non avrebbero potuto indurre equivoco sul contenuto dell’atto, sulla sua finalita’ e sui suoi effetti.
L’azione posta in essere era caratterizzata, pertanto, da rappresentazione e volizione del fatto tipico e, pertanto, da dolo, essendosi l’imputata rappresentata e avendo voluto, nella sostanza, una condotta pienamente conforme alla detenzione dell’arma stessa senza aver richiesto e ottenuto autorizzazione dalla pubblica Autorita’. Nessun dubbio sussiste, pertanto, sulla tipicita’ e sulla relativa volizione.
Ne’ occorre per la sussistenza della colpevolezza la coscienza anche del cd. profilo di antigiuridicita’ della fattispecie o di antisocialita’ dell’azione.
La’ dove la ricorrente avesse ignorato l’obbligo di denuncia o non avesse conosciuto i doveri che gravano sul soggetto (anche iure ereditario) che entra nella disponibilita’ delle armi, si sarebbe comunque generato un errore su norma penale o su disposizione “strutturalmente” implicata da essa, che ne Connota la tipicita’, e che risulta ininfluente, ai sensi dell’articolo 5 c.p..
Persiste, dunque, l’aspetto doloso e ogni affermato errore o situazione di dubbio non risultano ricorrenti e, in diritto, non generano esclusione della punibilita’ (ai sensi dell’articolo 47 c.p.) non incidendo sul dolo nel senso anzidetto.
Si tratta, del resto, di un dolo generico, e cioe’ della coscienza e della volonta’ della condotta ovvero dell’avere l’arma a disposizione per un tempo apprezzabile, mentre a nulla rilevano i motivi dell’azione (v. Cass., Sez. 1, sent. n. 12911 del 19.12.2000, Bortoluzzi; Sez. 1, sent. n. 13662 del 28.10.1998, Borsellino).
Da quanto premesso discende che l’erede che entra nella disponibilita’ di armi (Sez. 1, Sentenza n. 15880 del 16/01/2007 Rv. 236207, Massime precedenti Conformi: N. 5292 del 1998 Rv. 210569 Massime precedenti Vedi: N. 13062 del 1987 Rv. 177296, N. 13662 del 1998 Rv. 212354, N. 18013 del 2004 Rv. 227978) e’ tenuto a rinnovare la denuncia di esse e che gravano su di lui gli stessi obblighi che gravavano sul suo dante causa. Cio’, per quanto detto,vale anche nel caso di accettazione dell’eredita’ con beneficio d’inventario.
1.3. E’ fondata, viceversa, la questione relativa alla mancata dichiarazione di prescrizione della contravvenzione ascritta.
Nonostante se ne faccia cenno in motivazione, infatti, non si e’ indicata la relativa statuizione di estinzione in dispositivo. La Corte territoriale, in ogni caso, nell’esaminare la questione e nel dichiarare la prescrizione ha, comunque, ritenuto di ridurre l’entita’ della pena inflitta in primo grado (mesi cinque giorni 15 di reclusione ed Euro 450 di multa), pena stimata adeguata e proporzionata ai fatti.
E’ pacifica l’estinzione della contravvenzione per prescrizione, essendo decorso alla data di emissione della decisione di secondo grado il termine massimo di anni cinque.
E’, poi, corretto il rilievo in ricorso secondo cui, escluso un fatto-reato, che era stato originariamente unificato per continuazione, va rideterminata la pena inflitta poiche’, in difetto, si realizza un indebito aumento della pena inizialmente inflitta, cio’ pur in difetto dell’impugnazione del Pubblico Ministero.
Ritenuta, dunque, l’estinzione per prescrizione della contravvenzione richiamata si sarebbe dovuta eliminare la pena relativa pari a giorni 5 di reclusione ed Euro 50 di multa, inflitta in aumento per il delitto in relazione al quale e’ stata fissata la pena base, con conseguente rideterminazione di essa sanzione, pari a mesi cinque giorni dieci di reclusione ed Euro 400 di multa.
Alla luce di quanto premesso la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al reato di cui al capo B), perche’ estinto per prescrizione e, per l’effetto, va ridetermina la pena per il reato di cui al capo A, nella misura teste’ indicata di mesi cinque giorni dieci di reclusione ed Euro quattrocento di multa. Nel resto il ricorso va rigettato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo B) perche’ estinto per prescrizione e, per l’effetto, ridetermina la pena per il reato di cui al capo A, in mesi cinque giorni dieci di reclusione ed Euro quattrocento di multa. Rigetta nel resto il ricorso.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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