Ordine di demolizione di un immobile abusivo

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 30 luglio 2019, n. 5383.

La massima estrapolata:

L’ordine di demolizione di un immobile abusivo è atto dovuto dal contenuto vincolato, e quindi come tale non richiede l’avviso di inizio del procedimento.

Sentenza 30 luglio 2019, n. 5383

Data udienza 23 luglio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 108 del 2013, proposto dal signor:
Co. Fa., rappresentato e difeso dagli avvocati Ar. Mo. e Pa. Bi., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Mo. in Roma, via (…);
contro
il Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del TAR Toscana, sezione III, 26 aprile 2012 n. 835, che ha respinto il ricorso n. 104/2006 R.G. proposto per l’annullamento dell’ordinanza 14 ottobre 2005 n. 65, notificata il giorno 4 novembre 2005, con la quale il Dirigente dell’Ufficio tecnico, urbanistica e gestione del territorio del Comune di (omissis) ha ingiunto a Co. Fa. quale proprietario e responsabile dell’abuso la demolizione in quanto abusive di opere realizzate in località (omissis) e consistenti: a) nell’ampliamento di un preesistente fabbricato abitativo con due camere da letto delle dimensioni totali di mq 22,10; b) nella realizzazione di una tettoia in muratura con sottostante banco in muratura con lavabo e forno a legna, delle dimensioni totali di mq 10,12; c) nella realizzazione di muratura in pietrame dello sviluppo di ml 22, con altezza variabile da 0,50 m a 2,20 m, e di ogni ulteriore atto presupposto o collegato;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 23 luglio 2019 il Cons. Francesco Gambato Spisani e udito per la parte ricorrente appellante l’avvocato Bi. Ma. per delega degli avvocati Mo. e Bi.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il 4 ottobre 2005, i Carabinieri della stazione di Porto Santo Stefano, impegnati in una serie di controlli volti a contrastare l’abusivismo edilizio nella zona di Monte Argentario, notoriamente sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, compivano un sopralluogo presso la proprietà del ricorrente appellante, che si trova in località (omissis), e lì rilevavano alcune opere ritenute abusive, ovvero l’ampliamento di una preesistente abitazione con due camere da letto, delle dimensioni totali di mq 22,10, una tettoia in muratura con sottostante banco in muratura, con lavabo e forno a legna, delle dimensioni totali di mq 10,12 e una muratura in pietrame dello sviluppo di ml 22, con altezza variabile da 0,50 m a 2,20 m.
Ritenendo che effettivamente tali opere fossero abusive perché realizzate senza il permesso di costruire ritenuto necessario, il Comune ha quindi emanato l’ordinanza di demolizione di cui meglio in epigrafe (doc. 1 ricorrente in I grado, ordinanza con verbale allegato).
Con la sentenza meglio indicata sempre in epigrafe, il TAR ha respinto il ricorso presentato dal proprietario contro tale provvedimento, ritenendo in motivazione che si trattasse effettivamente di opere che tale permesso avrebbero richiesto.
Il ricorrente ha proposto impugnazione contro questa sentenza, con appello che contiene i seguenti tre motivi, di riproposizione di quelli dedotti in I grado e di critica alla sentenza impugnata per non averli accolti:
– con il primo di essi, deduce violazione degli artt. 7 e 21 octies della l. 7 agosto 1990 n. 241, sostenendo che l’avviso di inizio del procedimento sarebbe stato dovuto, se non altro per consentirgli di dimostrare la legittimità delle opere;
– con il secondo motivo, deduce omessa valutazione dei documenti da lui prodotti (doc. ti 2 e 3 in I grado ricorrente appellante), da cui risulterebbe che almeno il rifacimento del muro sarebbe stato regolarmente richiesto ed autorizzato;
– con il terzo motivo, deduce infine, propriamente, violazione degli artt. 6 e 10 del T.U, 6 giugno 2001 n. 380, sostenendo che le opere in questione non necessiterebbero di permesso di costruire perché riconducibili la prima ad una ristrutturazione e la seconda ad una costruzione pertinenziale.
Il Comune non si è costituito.
All’udienza del 23 luglio 2019, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito precisate.
2. Il primo motivo di esso, centrato sulla mancanza dell’avviso di inizio del procedimento, è infondato in base a quanto affermato, per tutte, da C.d.S. Adunanza Plenaria 17 ottobre 2017 n. 9, per cui l’ordine di demolizione di un immobile abusivo è atto dovuto dal contenuto vincolato, e quindi come tale non richiede l’avviso di inizio del procedimento.
3. Il secondo motivo di appello, secondo il quale almeno una delle opere, ovvero il muro di pietrame, sarebbe stata autorizzata dall’amministrazione, è infondato in fatto. Va premesso per chiarezza che un muro di pietrame di una certa consistenza, come quello per cui è causa, lungo 22 metri, è un’opera che determina un’apprezzabile trasformazione del territorio, perché serve a contenere il terreno e crea quindi un dislivello artificiale; richiede di conseguenza il permesso di costruire: per tutte, C.d.S. sez. VI 9 luglio 2018 n. 4169 e sez. V 8 aprile 2014 n. 1651. Ciò posto, le opere abusive per cui è causa, si trovano come da verbale dei C.C. in località “(omissis)”, mentre la documentazione prodotta dal ricorrente appellante si riferisce ad un muro in località “(omissis)”. In mancanza di elementi in tal senso, che il ricorrente appellante aveva l’onere di fornire, non è possibile affermare che si tratti della medesima opera, tenuto conto anche della qualità di imprenditore edile del ricorrente appellante stesso (v. verbale C.C. citato nel doc. 1 in I grado), che potrebbe legittimamente averlo portato a realizzare opere in punti diversi del Comune interessato.
4. Da ultimo, è infondato e va respinto il terzo ed ultimo motivo, per cui nessuna delle opere per cui è causa, a dire del ricorrente appellante, rientrerebbe fra quelle per cui è previsto il rilascio del permesso di costruire, trattandosi in un caso di ristrutturazione, nell’altro di pertinenza. Per il muro in pietrame vale quanto già si è detto; all’evidenza poi l’aggiunta di due nuove stanze ad un abitazione preesistente integra non una ristrutturazione, ma una nuova opera, che aumenta il carico urbanistico per la semplice ragione che consente di dare alloggio a un numero maggiore di persone. Infine, per costante giurisprudenza, una struttura che è suscettibile di autonoma utilizzazione come la tettoia con accessori di cui si è detto, in sintesi una cucina all’aperto per svagarsi nei giorni di bel tempo, non può essere considerata pertinenza in senso edilizio, perché idonea ad un utilizzo autonomo, e richiede quindi il permesso di costruire: per tutte, C.d.S. sez. VI 6 febbraio 2019 n. 904.
5. Nulla per spese, perché l’amministrazione intimata appellata non si è costituita.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionaleSezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 108/2013), lo respinge.
Nulla per spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 luglio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere, Estensore
Raffaello Sestini – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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