Ordinanza di inammissibilità dell’appello

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|7 giugno 2021| n. 15786.

Ordinanza di inammissibilità dell’appello .

L’inosservanza da parte del giudice di appello della specifica previsione contenuta nell’articolo 348-ter, primo comma, primo periodo, cod. proc. civ., di dichiarare, dopo avere sentito le parti, inammissibile l’appello, che non ha ragionevole probabilità di essere accolto, prima di procedere alla sua trattazione ex articolo 350 cod. proc. civ., costituisce un vizio proprio dell’ordinanza di inammissibilità resa in applicazione dell’articolo 348-bis, primo comma, cod. proc. civ.: tale violazione della legge processuale è deducibile per cassazione ai sensi dell’articolo 111, settimo comma, Cost. senza che sia anche necessario valutare se dalla stessa sia derivato un concreto ed effettivo pregiudizio al diritto di difesa delle parti, avendo il giudice di appello, dopo l’inizio della trattazione, perduto il potere di definire anticipatamente il merito della lite mediante l’ordinanza predetta. (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile L, sentenza 1° giugno 2020, n. 10409; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 20 luglio 2018, n. 19333; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 4 settembre 2017, n. 20758; Cassazione, sezione civile III, sentenza 19 luglio 2016, n. 14696; Cassazione, sezione civile III, sentenza 15 giugno 2016, n. 12293; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 2 febbraio 2016, n. 1914).

Ordinanza|7 giugno 2021| n. 15786. Ordinanza di inammissibilità dell’appello

Data udienza 16 marzo 2021

Integrale
Tag/parola chiave: Appello – Impugnazioni – Violazione dell’art. 348 – ter, primo comma – Ordinanza di inammissibilità dell’appello – Ricorso – Accoglimento – Esclusione – Ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 111, settimo comma, Cost.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere

Dott. VANNUCCI Marco – rel. Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 20957/2016 proposto da:
(OMISSIS), cod. fisc. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, per procura speciale estesa in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, cod. fisc. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), per procura speciale estesa in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), cod. fisc. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), per procura speciale autenticata il 26.9.2016 per Notaio (OMISSIS) dello Stato del (OMISSIS), con Apostille n. (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, cod. fisc. (OMISSIS) elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), per procura speciale estesa in calce al controricorso;
– controricorrente al ricorso incidentale –
contro
(OMISSIS), cod. fisc. (OMISSIS); (OMISSIS), cod. fisc. (OMISSIS); (OMISSIS), cod. fisc. (OMISSIS);
– intimati –
avverso l’ordinanza della Corte di appelilo di Firenze del 16 giugno 2016 nonche’ la sentenza del Tribunale di Siena – Sezione distaccata di Poggibonsi del 16 ottobre 2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 marzo 2021 dal consigliere Marco Vannucci.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza emessa il 16 ottobre 2013 a definizione delle cause, riunite, rispettivamente proposte da (OMISSIS) e da (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) s.p.a. (di seguito indicata come ” (OMISSIS)”), di (OMISSIS) e di (OMISSIS), con gli interventi di (OMISSIS), il Tribunale di Siena – Sezione distaccata di Poggibonsi rigetto’ le domande rispettivamente proposte da ciascun attore e dall’intervenuto.
2. Con ordinanza emessa il 16 giugno 2016, in dichiarata applicazione degli articoli 348 bis e 348 ter c.p.c., la Corte di appello di Firenze, previa revoca dell’ordinanza da lei emessa il 1 marzo 2016: dichiaro’ inammissibile l’appello proposto da (OMISSIS) per la riforma della sentenza di primo grado sul rilievo che tale impugnazione non aveva una ragionevole probabilita’ di essere accolta per i motivi nell’atto specificamente indicati; dichiaro’ inefficaci, ex articolo 334 c.p.c., comma 2, gli appelli incidentali tardivi rispettivamente proposti da (OMISSIS) e da (OMISSIS) per la riforma della stessa sentenza; regolo’ fra le parti costituite le spese del giudizio di appello.
3. Per la cassazione di tale ordinanza (ex articolo 111 Cost., comma 7) nonche’ della sopra citata sentenza di primo grado (OMISSIS) propose, con unico atto, ricorsi contenenti: tre motivi di censura all’ordinanza; due motivi di impugnazione della sentenza di primo grado.
4. (OMISSIS) notifico’ controricorso contenente anche ricorsi incidentali (tardivi) tanto contro l’ordinanza definitiva del giudizio di appello (un motivo di impugnazione) che contro la sentenza di primo grado (cinque motivi).
5. (OMISSIS) resistette con distinti controricorsi tanto alle impugnazioni di (OMISSIS) che a quelle incidentali di (OMISSIS).
6. Sia (OMISSIS) che (OMISSIS) hanno depositato memorie.
7. Gli intimati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
A) L’ammissibilita’ del ricorso straordinario per la cassazione dell’ordinanza emessa in applicazione dell’articolo 348 bis, comma 1, c.p.c. (articolo 111 Cost., comma 7).
1. (OMISSIS) eccepisce preliminarmente l’inammissibilita’ tanto del ricorso straordinario (articolo 111 Cost., comma 7) per la cassazione dell’ordinanza sopra citata che di quello ordinario (proposto in applicazione dell’articolo 348 ter c.p.c., comma 3) contro la sentenza di primo grado per violazione da parte del ricorrente dell’obbligo di esporre sommariamente i fatti di causa (imposto, a pena di inammissibilita’ del ricorso, dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3)), contenendo le prime 46 pagine dell’atto una pedissequa trascrizione integrale: delle conclusioni rassegnate dal ricorrente nella citazione introduttiva del processo di primo grado, nella memoria depositata ai sensi dell’articolo 183 c.p.c., comma 6, e all’udienza di precisazione delle conclusioni, senza peraltro dar conto dei fatti di causa, del contenuto delle difese delle altre parti e dello svolgimento del processo di primo grado (pagg. 2-7 del ricorso); della sentenza emessa il 6 settembre 2013 dal Tribunale di Siena (pagg. 7-15 del ricorso); dei motivi dell’appello dal ricorrente proposto contro tale sentenza di primo grado (pagg. 15-38 del ricorso); dell’ordinanza emessa il 16 giugno 2016 dalla Corte di appello di Firenze (pagg. 39-46 del ricorso).
A fondamento di tale eccezione la ricorrente richiama la consolidata giurisprudenza di legittimita’ secondo cui il ricorso per cassazione redatto con una tecnica del tipo di quella impiegata dal ricorrente e’ inammissibile per violazione del precetto recato dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3).
2. Prima della pronuncia su tale eccezione e’ opportuno ribadire che l’ordinanza di inammissibilita’ dell’appello per motivi di merito (non sussistenza di ragionevole probabilita’ del suo accoglimento) resa ex articoli 348 bis e 348 ter c.p.c., e’ astrattamente ricorribile per cassazione, ai sensi dell’articolo 111 Cost., comma 7, “limitatamente ai vizi suoi propri costituenti violazioni della legge processuale (quali, per mero esempio, l’inosservanza delle specifiche previsioni di cui all’articolo 348 bis c.p.c., comma 2, e articolo 348 ter c.p.c., commi 1, primo periodo e 2, primo periodo), purche’ compatibili con la logica e la struttura del giudizio ad essa sotteso” (cosi’ Cass. S. U., 2 febbraio 2016, n. 1914).
3. Premessa dunque l’astratta ammissibilita’ del ricorso straordinario contro l’ordinanza impugnata, e’ da evidenziare che la giurisprudenza di legittimita’ (a sezioni unite) e’ costante nell’affermare che in linea di massima nel ricorso per cassazione, una tecnica espositiva dei fatti di causa realizzata mediante la pedissequa riproduzione degli atti processuali non soddisfa il requisito di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3), essendo “onere del ricorrente operare una sintesi funzionale alla piena comprensione e valutazione delle censure mosse alla sentenza impugnata in base alla sola lettura del ricorso”; con la conseguenza che la “pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali e’ dunque, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale s’e’ articolata; per altro verso, e’ inidonea a tener il luogo della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non serve affatto che sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in relazione ai motivi di ricorso” (cosi’, in motivazione, Cass. S.U., 11 aprile 2012, n. 5698).
L’onere di cui si discute, come detto funzionale alla piena comprensione e valutazione da parte della Corte delle censure mosse all’atto giudiziale impugnato in base alla sola lettura del ricorso, puo’ tuttavia dirsi adempiuto soltanto quando dalla riproduzione totale o parziale della sentenza impugnata si evinca una chiara esposizione dei fatti rilevanti alla comprensione dei motivi di ricorso (in questo senso, cfr. Cass., 11 marzo 2011, n. 5836, espressamente valorizzata, in motivazione, da Cass., S.U., n. 5698 del 2012, cit.).
“Per converso, il ricorso non puo’ dirsi inammissibile quand’anche difetti una parte formalmente dedicata all’esposizione sommaria del fatto, se l’esposizione dei motivi sia di per se’ autosufficiente e consenta di cogliere gli aspetti funzionalmente utili della vicenda sottostante al ricorso stesso” (cosi’, in motivazione, Cass., S.U., n. 5698 del 2012, cit.; nello stesso senso, dopo tale pronuncia, cfr.: Cass. 8 luglio 2014, n. 15478; Cass., 28 giugno 2018, n. 17036, secondo cui per soddisfare il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa prescritto, a pena di inammissibilita’ del ricorso per cassazione, dal n. 3) dell’articolo 366 c.p.c., “non e’ necessario che tale esposizione costituisca parte a se’ stante del ricorso ma e’ sufficiente che essa risulti in maniera chiara dal contesto dell’atto, attraverso lo svolgimento dei motivi”).
In tale ordine di concetti, se e’ vero che le pagine dalla 2 alla 48 del ricorso hanno i contenuti illustrati dalla banca controricorrente, e’ altrettanto vero che, per quanto qui specificamente interessa, per cogliere con precisione le censure caratterizzanti il ricorso straordinario (attinenti, rispettivamente a dedotta violazione da parte della Corte di appello di Firenze; a) delle disposizioni di cui agli articoli 348 bis e 348 ter c.p.c.; b) delle disposizioni di cui agli articoli 333, 334 e 348 ter c.p.c.; c) delle disposizioni di cui agli articoli 112 e 348 bis c.p.c.) questa Corte ha, preliminarmente, solo necessita’ di sapere che: le domande del ricorrente furono rigettate dalla sentenza di primo grado sopra indicata; per la riforma di tale sentenza (OMISSIS) propose appello; nel giudizio di appello avanti la Corte di appello di Firenze si costituirono (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); gli ultimi due proposero appello incidentale contro la stessa sentenza; il giudizio di appello venne definito con l’ordinanza impugnata.
Tali fatti risultano dalla parte del ricorso precedente l’illustrazione dei motivi.
In secondo luogo:
a) il primo motivo del ricorso straordinario, nell’evidenziare, con chiarezza, e in maniera autosufficiente, i passaggi processuali anteriori all’emissione dell’ordinanza impugnata (costituenti altrettanti fatti), rende comprensibile con immediatezza la censura, di natura solo processuale, dal ricorrente mossa a tale provvedimento a contenuto decisorio;
b) del pari chiaro e’ il secondo motivo, sempre di natura processuale, relativo alla predicata non ammissibilita’ di pronuncia sugli appelli incidentali tardivi con l’ordinanza di cui agli articoli 348 bis e 348 ter c.p.c.;
c) infine, il terzo motivo, del pari di natura processuale, denuncia in primo luogo, ancora una volta con chiarezza, tanto la violazione degli articoli 112 e 348 ter c.p.c., che la sostanziale apparenza della motivazione caratterizzante l’ordinanza impugnata nella parte in cui ha espresso prognosi di infondatezza dei motivi di appello dell’odierno ricorrente.
In altre parole, per ritenere adempiuto da parte del ricorrente l’onere imposto dalla disposizione del codice di rito in argomento, non e’ necessario che l’esposizione dei fatti sia anteposta all’illustrazione dei motivi se da questi, nonche’ dal contenuto del provvedimento giudiziale impugnato, si desumano con chiarezza i fatti medesimi, rilevanti ai fini della decisione in sede di legittimita’ e cio’ e’ dato riscontrare nel caso di specie.
L’eccezione volta a far accertare la violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3), e’ dunque infondata in riferimento al ricorso straordinario.
B) Il ricorso straordinario contro l’ordinanza decisoria emessa dalla Corte di appello.
4. Con il primo motivo il ricorrente deduce che la decisione sull’appello recata dall’ordinanza in questione venne assunta in violazione degli articoli 348 bis e 348 ter c.p.c., in quanto il provvedimento venne emesso dopo che era gia’ iniziata la trattazione dell’appello, dal momento che: con ordinanza emessa il 1 marzo 2016 la Corte di appello, dopo avere escluso la possibilita’ (sollecitata da (OMISSIS)) di definire il giudizio in applicazione dell’articolo 348-bis c.p.c., ammise prova per testimoni richiesta da (OMISSIS) e fisso’, per l’assunzione della prova, l’udienza del 24 maggio 2016; il 14 marzo 2016 (OMISSIS) deposito’ istanza di revoca di tale ordinanza; con ordinanza del 19 aprile 2016 la Corte di appello assegno’ alle altre parti del processo termine per il deposito di brevi note di replica a tale istanza; con ordinanza del 5 giugno 2016 il giudice di appello decise di sospendere l’attivita’ istruttoria e fisso’ l’udienza del 9 giugno 2016 per la decisione sul merito delle istanze di (OMISSIS); nel corso di tale udienza il Presidente invito’ le parti a discutere solo sulle istanze istruttorie e la Corte riservo’ la decisione; la riserva venne sciolta con l’ordinanza in questa sede impugnata; l’ordinanza e’ illegittima in quanto, pronunciata dopo l’inizio della trattazione della causa, ha determinato la regressione del processo alla fase della prima udienza di trattazione, in violazione del precetto contenuto nell’articolo 348 ter c.p.c., comma 1, e del diritto di difesa di esso ricorrente che “avrebbe dovuto poter usufruire di tutte le garanzie connesse alla pronuncia di una sentenza (come, ad esempio, la possibilita’ di articolare le memorie ex articolo 190 c.p.c.)”.
5. Il ricorso e il controricorso di (OMISSIS) contengono la specifica descrizione degli accadimenti processuali caratterizzanti il giudizio di appello fino all’emissione dell’ordinanza impugnata e a tali atti di parte sono allegate copie fotostatiche degli atti del giudizio di appello rispettivamente menzionati in tali scritti.
Vi e’ coincidenza (salva la precisazione di seguito fatta) fra indicazioni delle parti e contenuti delle copie degli atti, si’ che non e’ necessario acquisire dalla cancelleria della Corte di appello di Firenze copia autentica dei verbali di causa, degli atti di parte depositati dopo la prima udienza e delle ordinanze emesse dal giudice di appello prima di quella impugnata.
Questa e’ la sequenza degli accadimenti processuali in questa sede rilevanti desumibili dal contenuto delle copie degli atti del processo di appello ritualmente depositati dalle parti:
a) alla prima udienza, svoltasi il 2 ottobre 2014, si costitui’ l’appellato (OMISSIS) mediante deposito di atto contenente appello incidentale tardivo e la Corte di appello di Firenze assegno’ a tale parte termine per notificare l’atto anche ad (OMISSIS) e (OMISSIS), contumaci nel giudizio di primo grado;
b) all’udienza del 14 gennaio 2016 (cui si pervenne a seguito di rinvio disposto all’esito di udienza tenutasi il 9 luglio 2015) presenziarono le parti costituite ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) che discussero delle rispettive istanze e difese e la Corte di appello di Firenze, dopo aver verificato la validita’ delle citazioni notificate alle parti contumaci, riservo’ la propria decisione “sulle istanze formulate dalle parti sia ex articolo 348 bis c.p.c., sia alle istanze istruttorie”;
c) con ordinanza depositata il 1 marzo 2016 la Corte di appello: escluse (disattendendo specifica istanza di (OMISSIS)) la possibilita’ di definire il giudizio in applicazione dell’articolo 348 bis c.p.c., in presenza di piu’ atti di impugnazione della medesima sentenza “i quali, almeno in parte, sono privi del presupposto della non ragionevole probabilita’ di accoglimento”; rigetto’ le istanze istruttorie rispettivamente proposte da (OMISSIS) e da (OMISSIS); ammise, in parte, prova per testimoni richiesta da (OMISSIS); fisso’, per l’assunzione di tale prova, l’udienza del 24 maggio 2016;
d) il 14 marzo 2016 (OMISSIS) propose per via telematica istanza sollecitatoria della revoca delle decisioni assunte con l’ordinanza da ultimo indicata: indicando le ragioni a suo avviso non ostative alla definizione del giudizio di appello con ordinanza ex articolo 348 bis c.p.c.; sollecitando pertanto la Corte di appello a tale definizione del giudizio; in subordine, chiedendo la revoca della decisione di ammissione della prova per le ragioni nell’istanza indicate;
e) con ordinanza emessa il 19 aprile 2016 la Corte di appello: assegno’ alle altre parti termine fino al 29 aprile 2016 per il deposito “di brevi note di replica telematica” alle teste’ citate istanze di (OMISSIS);
f) dopo che le altre parti costituite ebbero depositato le, sollecitate, note di replica ( (OMISSIS), in particolare, deposito’ le proprie il 29 aprile 2016), la Corte di appello, con ordinanza emessa il 6 maggio 2016: sospese, allo stato, l’esecuzione delle attivita’ istruttorie previste per l’udienza del 24 maggio 2016;
fisso’ l’udienza del 9 giugno 2016 per la discussione sul merito delle istanze avanzate da (OMISSIS), nonche’ delle altre istanze di modificazione dell’ordinanza del 1 marzo 2016 rispettivamente avanzate dalle altre parti con dette note;
g) all’udienza del 9 giugno 2016 le parti costituite insistettero “nelle rispettive difese” e la Corte di appello riservo’ la propria decisione (nella copia del verbale di tale udienza non vi e’ alcun riscontro della veridicita’ dell’affermazione, quanto meno imprudente, che si legge a pag. 48 del ricorso, secondo cui nel corso dello svolgimento della discussione in udienza il presidente del collegio avrebbe invitato le parti “a discutere solo ed esclusivamente sulle istanze istruttorie essendo la questione attinente l’ammissibilita’ dell’appello gia’ decisa”);
h) la riserva venne sciolta con l’emissione dell’ordinanza in questa sede impugnata.
6. Il motivo e’ fondato alla luce dei descritti fatti processuali.
L’articolo 348 ter c.p.c., comma 1, primo periodo, prevede espressamente che l’ordinanza di inammissibilita’ dell’appello che non abbia una ragionevole probabilita’ di essere accolto (prevista dal precedente articolo 348 bis, comma 1) possa dal giudice di appello essere emessa “all’udienza di cui all’articolo 350, prima di procedere alla trattazione, sentite le parti”.
La sopra richiamata sentenza n. 1914 resa a sezioni unite il 2 febbraio 2016 evidenzia espressamente, sia pure a titolo esemplificativo, che la violazione della disposizione di legge processuale teste citata e’ uno dei vizi dell’ordinanza prevista dall’articolo 348 bis c.p.c., comma 1, che possono essere fatti valere con il ricorso straordinario contemplato dall’articolo 111 Cost., comma 7, sul rilievo secondo cui il non consentire il controllo in sede di legittimita’ del rispetto di tale disposizione di legge processuale (nonche’ delle altre, sempre a titolo esemplificativo menzionate dalla stessa sentenza) determinerebbe l’insindacabilita’ della “decisione che “nega” alla parte il giudizio d’appello, ossia l’impugnazione idonea a provocare un riesame della causa nel merito non limitato al controllo di vizi specifici ma inteso ad introdurre un secondo grado in cui il giudizio puo’ essere interamente rinnovato non in funzione dell’esame della sentenza di primo grado ma come nuovo esame della controversia, sia pure nei limiti del proposto appello”.
La preoccupazione, di carattere istituzionale, relativa alla non impugnabilita’ dell’ordinanza in questione per vizi processuali propri e’ dalla citata sentenza delle sezioni unite espressa nei seguenti termini: “lasciare che, senza alcun potenziale controllo, il giudice d’appello resti arbitro di decidere se la parte possa o meno fruire del giudizio di secondo grado potrebbe in prospettiva determinare (anche se allo stato i primi dati sull’applicazione dell’istituto non sembrano avallare questa ipotesi, risultando al contrario uno scarso utilizzo del medesimo) una sorta di incontrollabile soppressione “di fatto” del giudizio d’appello, finendo in pratica per privare le parti di tale impugnazione anche oltre le ipotesi e i limiti previsti dal legislatore e per scaricare sulla Corte di cassazione questioni che (alla stregua della disciplina vigente, non contemplante una generalizzata ricorribilita’ “per saltum”) potrebbero e dovrebbero essere “filtrate” attraverso il giudizio d’appello, mentre la previsione della impugnabilita’ dell’ordinanza ex articolo 348 ter c.p.c., ne faciliterebbe un utilizzo “fisiologico”, evitando possibili arbitrii ed ingiustificate disparita’ di trattamento”.
La giurisprudenza di legittimita’ formatasi successivamente a tale arresto evidenzia un estremo rigore formale (che’ nel processo il rispetto della forma e’ sostanza, soprattutto quando si emette decisione che, come quella in discorso, determina, eccezionalmente, l’obliterazione del giudizio di appello sulla base di un mero giudizio prognostico di segno negativo sulla fondatezza dell’impugnazione) nella valutazione dei presupposti, per quanto qui interessa specificamente indicati dall’articolo 348 ter c.p.c., comma 1, primo periodo, abilitanti il giudice di appello alla pronuncia di cui si discute.
Cosi’:
a) Cass. 15 giugno 2016, n. 12293 ebbe modo di affermare essere conforme alla legge processuale la pronuncia di ordinanza in udienza antecedente a quella di cui all’articolo 350 c.p.c., ovvero fissata in applicazione del successivo articolo 351, comma 3, per la discussione di provvedimento di inibitoria, “visto l’effetto semplificatorio/acceleratorio di una tale anticipazione della dichiarazione di inammissibilita’ dell’appello che non comporta peraltro alcuna lesione del diritto di difesa dell’appellante”; premurandosi pero’ subito dopo di precisare che, “al contrario, non sarebbe legittima una regressione procedurale, dopo l’espletamento della fase preliminare dell’udienza ex articolo 350, per dichiarare mediante ordinanza ex articolo 348 bis l’inammissibilita’ di merito dell’appello, dovendosi invece, in tal caso, dichiarare, se sussistente, l’inammissibilita’ dell’appello con sentenza, previa valutazione piena, e quindi non piu’ prognostica, dell’impugnazione”;
b) in sintonia con la precisazione da ultimo riportata, Cass. 19 luglio 2016, n. 14696 affermo’ che “la facolta’ per il giudice d’appello di rendere l’ordinanza ex articolo 348 bis c.p.c. deve essere esercitata all’udienza di cui all’articolo 350 c.p.c. prima di procedere alla trattazione, sicche’ tale facolta’ e’ preclusa ove siano stati svolti gli adempimenti di cui al comma 2 del medesimo articolo 350, quali l’aver dato atto della presenza delle parti, della costituzione della parte appellata e dell’avvenuto scambio della relativa comparsa, con rinvio “per la trattazione” ad un’udienza successiva, e il conseguente vizio dell’ordinanza puo’ essere fatto valere con ricorso per cassazione, trattandosi di violazione della legge processuale”;
c) sviluppando ulteriormente tale ordine di concetti, Cass. 4 settembre 2017, n. 20758 casso’ con rinvio l’ordinanza della corte territoriale che, dopo aver disposto un rinvio puro e semplice della prima udienza, aveva dichiarato inammissibile l’appello senza procedere a sentire specificamente le parti sull’applicabilita’ dell’articolo 348 bis c.p.c.; affermando che “l’inosservanza della specifica previsione, di cui all’articolo 348 ter c.p.c., comma 1, di sentire le parti prima di procedere alla trattazione ex articolo 350 c.p.c., e di dichiarare inammissibile l’appello, costituisce un vizio proprio dell’ordinanza di inammissibilita’ resa a norma dell’articolo 348 bis c.p.c., e, pertanto, integra una violazione della legge processuale deducibile per cassazione ai sensi dell’articolo 111 Cost., comma 7, escludendo anche la necessita’ di valutare se da tale violazione sia derivato un concreto ed effettivo pregiudizio al diritto di difesa delle parti”;
d) tale duplice principio venne poi ribadito da Cass. 20 luglio 2018, n. 19333 che casso’ con rinvio l’ordinanza della corte territoriale che aveva dichiarato inammissibile l’appello dopo essere pervenuta alla fase della trattazione della causa, avendo le parti dibattuto sull’ammissibilita’ delle richieste istruttorie e sulla sospensione della provvisoria esecutivita’ della sentenza impugnata; rilevando che “l’inosservanza della specifica previsione, di cui all’articolo 348 ter c.p.c., comma 1, secondo cui l’inammissibilita’ dell’appello va dichiarata, sentite le parti, prima di procedere alla trattazione ex articolo 350 c.p.c., costituisce un vizio proprio dell’ordinanza resa a norma dell’articolo 348 bis c.p.c., e, pertanto, integra una violazione della legge processuale deducibile per cassazione ai sensi dell’articolo 111 Cost., comma 7, escludendo anche la necessita’ di valutare se da tale violazione sia derivato un concreto ed effettivo pregiudizio al diritto di difesa delle parti”;
e) infine, Cass. 1 giugno 2020, n. 10409: ha affermato il principio secondo cui l’ordinanza in discorso che sia stata emessa dopo che il giudice di appello abbia proceduto alla trattazione della causa, “risultando viziata per violazione della legge processuale, e’ affetta da nullita’”; ha precisato che tale principio “si applica anche nel rito del lavoro – nel quale la pronuncia dell’ordinanza in questione deve collocarsi prima di ogni altra attivita’, immediatamente dopo la verifica della regolare costituzione delle parti nel giudizio di appello – giacche’, da un lato, l’articolo 436 bis c.p.c., nell’estendere all’udienza di discussione la disciplina degli articoli 348 bis e ter c.p.c., non contiene alcuna proposizione che faccia riferimento ad una misura di compatibilita’ di detta disciplina con i tratti peculiari del rito speciale e, dall’altro, l’udienza di discussione, pur nella sua formale unicita’, puo’ scindersi in frazioni o segmenti successivi ordinatamente volti a configurare momenti distinti, ciascuno connotato da una specifica funzione processuale, con l’effetto di definire il luogo del compimento, da parte del giudice, di singole attivita’”.
Tale univoco indirizzo interpretativo, evidenziante la sussistenza di preclusione processuale alla pronuncia di inammissibilita’ dell’appello per la probabile infondatezza del merito di tale impugnazione, costituita dal superamento della verifica della costituzione delle parti alla prima udienza di trattazione dell’appello, e’ da confermare; anche perche’ la banca controricorrente non ha prospettato argomenti – diversi da quello della non sussistenza di concreto pregiudizio per il ricorrente (che ebbe la possibilita’ di difendersi anche sull’istanza di revoca sopra indicata) nel caso in cui si sia verificata la violazione dell’articolo 348 ter c.p.c., comma 1, primo periodo, – di consistenza tale da indurre un orientamento interpretativo di segno diverso.
Nel caso di specie, invero, l’ordinanza impugnata venne emessa dopo l’esaurimento della prima udienza trattazione, avendo la Corte di appello, avvenuta la discussione sull’istanza di definizione accelerata del giudizio di appello e sulle istanze istruttorie, emesso pronuncia su tali istanze; con la conseguenza che la revoca di tale decisione e l’emissione dell’ordinanza di segno decisorio, dalla legge consentita solo fino all’inizio della trattazione della causa, determino’ una, non consentita, regressione del processo alla fase preliminare alla sua trattazione.
E’ certamente vero che il provvedimento di segno decisorio venne assunto dopo avere instaurato il contraddittorio con le altre parti costituite sulle istanze, dalla banca presentate, di revoca dell’ordinanza del 1 marzo 2016 (nella parte in cui venne esclusa la sussistenza dei presupposti per la pronuncia decisoria del merito) e di emissione di ordinanza ex articolo 348 bis, del codice di rito; ma e’ altrettanto vero che tale ulteriore attivita’ (doverosa quanto all’altra istanza di (OMISSIS) di revoca della decisione di ammettere prova per testimoni contenuta nella stessa ordinanza del 1 marzo 2016) era affatto inconducente, avendo la Corte di appello di Firenze perduto, dopo l’inizio della trattazione, il potere di decidere con ordinanza il merito degli appelli (principale e incidentali) proposti contro la sopra citata sentenza di primo grado.
In buona sostanza:
a) dopo la proposizione dell’appello, tanto l’appellante che le altre parti hanno diritto a che il giudizio sia definito (salvo il verificarsi degli eventi, accidentali, previsti dalla legge processuale), eventualmente dopo istruttoria (articolo 356 c.p.c.), con sentenza ricorribile per cassazione;
b) eccezionalmente, l’articolo 348 bis c.p.c., comma 1, assegna al giudice di appello il potere (in tesi, anche esercitabile d’ufficio) di negare il giudizio di appello e di definire il processo con ordinanza di inammissibilita’ dell’impugnazione quando questa non ha una ragionevole probabilita’ di essere accolta, salvo che non sussistano le cause di inapplicabilita’ di tale disposizione previste dal comma 2, dello stesso articolo (nel caso di declaratoria di inammissibilita’ dell’impugnazione per motivi di rito, l’ordinanza al riguardo eventualmente emessa ha natura di sentenza contro cui la legge ammette il ricorso ordinario per cassazione: in questo senso, vedi, in motivazione, Cass. S.U., 2 febbraio 2016, n. 1914, cit.);
c) il successivo articolo 348 ter, comma 1, prima parte, prevede espressamente che tale eccezionale potere possa essere esercitato (con la conseguenza di determinare, l’altrettanto eccezionale, ricorribilita’ per cassazione del provvedimento di primo grado: articolo 348 ter c.p.c., commi 3 e 4), dopo avere sentito le parti sul punto (sia a seguito di istanza di parte diversa dall’appellato principale, sia, a maggior ragione, nel caso di rilievo officioso della sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge per l’esercizio di tale potere), immediatamente dopo la verifica della regolare costituzione delle parti e prima di procedere alla trattazione;
d) una volta iniziata la trattazione, dunque, il giudice di appello perde, per volonta’ della legge, il potere di negare alle parti il giudizio di appello e di decidere il merito dell’impugnazione con il provvedimento di cui si discute.
Puo’ dunque affermarsi il seguente principio di diritto:
“L’inosservanza da parte del giudice di appello della specifica previsione contenuta nell’articolo 348 ter c.p.c., comma 1, primo periodo, di dichiarare, dopo avere sentito le parti, inammissibile l’appello, che non ha ragionevole probabilita’ di essere accolto, prima di procedere alla sua trattazione ex articolo 350 c.p.c., costituisce un vizio proprio dell’ordinanza di inammissibilita’ resa in applicazione dell’articolo 348 bis c.p.c., comma 1: tale violazione della legge processuale e’ deducibile per cassazione ai sensi dell’articolo 111 Cost., comma 7; senza che sia anche necessario valutare se dalla stessa sia derivato un concreto ed effettivo pregiudizio al diritto di difesa delle parti, avendo il giudice di appello, dopo l’inizio della trattazione, perduto il potere di definire anticipatamente il merito della lite mediante l’ordinanza predetta”.
L’ordinanza impugnata e’ dunque nulla perche’ emessa dopo l’inizio della trattazione della lite in grado di appello (nel caso concreto, dopo l’emissione di ordinanza decisoria sulle istanze istruttorie rispettivamente proposte dagli appellanti, principale e incidentali).
C) Conclusioni.
7. In ragione dell’accoglimento del primo motivo del ricorso straordinario l’ordinanza deve essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Firenze che, in diversa composizione: dovra’ procedere alla trattazione degli appelli (principale e incidentali) proposti contro la sentenza emessa il 16 ottobre 2013 dal Tribunale di Siena – Sezione distaccata di Poggibonsi, essendo preclusa, per il principio sopra indicato, la definizione della causa con ordinanza ex articoli 648 bis e 648 ter c.p.c.; dovra’ pronunciare sulle spese del giudizio di cassazione.
L’accoglimento di tale motivo determina l’assorbimento: degli altri motivi del ricorso straordinario e del ricorso ordinario contro la sentenza di primo grado; dei ricorsi incidentali (straordinario e ordinario).

P.Q.M.

La Corte: accoglie il primo motivo del ricorso straordinario e, assorbiti gli altri motivi e quelli del ricorso incidentale, cassa l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, cui rimette la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

 

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