Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|10 gennaio 2023| n. 357.
Opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di prestazioni professionali
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di prestazioni professionali, ogni contestazione, anche generica, in ordine all’espletamento e alla consistenza dell’attività è idonea e sufficiente ad investire il giudice del potere-dovere di verificare anche il “quantum debeatur”, costituendo la parcella una semplice dichiarazione unilaterale del professionista, sul quale perciò rimangono i relativi oneri probatori del credito azionato ex art. 2697 c.c.
Ordinanza|10 gennaio 2023| n. 357. Opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di prestazioni professionali
Data udienza 1 dicembre 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Ordinanza della Corte di Cassazione – Ricorso ex art. 111 Cost. – Insussistenza dei presupposti di impugnabilità – Inammissibilità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Presidente
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 13079-2022 proposto da:
(OMISSIS), difensore di se’ stesso elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso l’ordinanza n. 13200/2022 della CORTE SUPREMA di CASSAZIONE, pubblicata il 27/4/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/12/2022 dal Presidente Lorenzo Orilia.
Opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di prestazioni professionali
RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
(OMISSIS) propone ricorso per cassazione ex articolo 111 Cost. avverso l’ordinanza di questa Corte n. 13200/2022 resa pubblica il 27.4.2022.
Il condominio Centro degli Affari ha resistito con controricorso.
E’ stata avanzata proposta di inammissibilita’ del ricorso.
In prossimita’ dell’adunanzaPe parti hanno depositato memorie.
Il provvedimento qui impugnato ha cosi’ statuito:
“L’avvocato (OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza 31 marzo 2021 resa dalla Corte d’appello di Bologna.
L’intimato (OMISSIS), Savignano sul Rubicone, ha notificato controricorso.
La Corte d’appello di Bologna ha respinto il gravame avanzato dall’avvocato (OMISSIS) contro la sentenza n. 214/2010 del Tribunale di Cesena, la quale aveva accolto l’opposizione al decreto ingiuntivo intimato dal professionista al Condominio Centro degli Affari per il pagamento di compensi professionali richiesti nell’importo di E 4.657,14, come da parcella allegata, rideterminando la somma dovuta in E 3.689,14 oltre interessi. I giudici di appello hanno affermato che il Condominio Centro degli Affari non avesse mai espresso una effettiva accettazione dei compensi pretesi dall’avvocato (OMISSIS), ritenendo peraltro sufficiente la contestazione, pur generica, mossa dall’opponente, e condividendo la valutazione di congruita’ delle somme operata dal Tribunale in ordine alle prestazioni professionali svolte.
Il primo motivo di ricorso dell’avvocato (OMISSIS) denuncia l’omesso esame del fatto che il Condominio Centro degli Affari avesse, piuttosto, dedotto nelle sue difese di aver “regolarmente saldato” il proprio debito verso il professionista.
Il secondo motivo censura parimenti l’omesso esame del fax 22 aprile 2005, recante una promessa di pagamento.
Il terzo motivo deduce la violazione o falsa applicazione degli articoli 112, 115, 89 e 96 c.p.c., nonche’ dell’articolo 2043 c.c. per il dolo o la colpa grave del Condominio e le affermazioni calunniose contenute nelle difese dello stesso.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380-bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
Opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di prestazioni professionali
Le parti hanno presentato memorie.
I primi due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili ai sensi dell’articolo 360 bis c.p.c., n. 1 e dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6.
La sentenza della Corte di Bologna si e’ uniformata all’orientamento giurisprudenziale, secondo cui, nel giudizio di cognizione avente ad oggetto il pagamento di prestazioni professionali di un avvocato, ogni contestazione in ordine all’espletamento ed alla consistenza dell’attivita’ che si assuma svolta, e’ idonea e sufficiente ad investire il giudice del potere-dovere di verificare il quantum debeatur, costituendo la parcella una semplice dichiarazione unilaterale del professionista, sul quale percio’ rimangono i relativi oneri probatori del credito azionato ex articolo 2697 c.c. (Cass. Sez. 2, 11/01/2016, n. 230; Cass. Sez. 2, 30/07/2004, n. 14556; Cass. Sez. 2, 25/06/2003, n. 10150).
L’onere di contestare in modo specifico la richiesta di compenso del professionista sorge, quindi, ove questa muova da un conteggio preciso e dettagliato, e non un importo complessivo e globale, spettando in ogni caso tale accertamento di fatto al giudice del merito (arg. anche da Cass. Sez. 2, 01/12/2021, n. 37788).
Come ribadito anche da Cass. Sez. Unite 8/7/2021, n. 19427, ai fini della liquidazione dei compensi degli avvocati, la parcella delle spese e prestazioni, sottoscritta e corredata del parere della competente associazione professionale, pur mantenendo, dopo l’abrogazione del sistema delle tariffe professionali disposta dal Decreto Legge n. 1 del 2012, conv. dalla L. n. 27 del 2012, l’efficacia vincolante attribuitale dall’articolo 636 c.p.c. nel procedimento per ingiunzione, perde questa efficacia nel giudizio di opposizione ex articolo 645 c.p.c., nel quale il giudice e’ libero di discostarsene, salvo l’obbligo di fornire congrua motivazione, spettando in ogni caso al professionista, nella sua qualita’ di attore, fornire gli elementi dimostrativi della pretesa, per consentire al giudice la verifica delle singole prestazioni svolte e la loro corrispondenza con le voci e gli importi indicati nella parcella.
D’altro canto, e’ vero che, seppur non operi nel presente giudizio, ratione temporis, la modifica dell’articolo 115 c.p.c., comma 1, (nel senso che i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita devono essere posti dal giudice a fondamento della sua decisione), introdotta dalla L. n. 69 del 2009, l’onere di specifica contestazione era gia’ presente nell’articolo 167 c.p.c. per i giudizi instaurati dopo l’entrata in vigore della L. n. 353 del 1990. Tuttavia, perche’ un fatto possa dirsi non contestato dal convenuto, e percio’ non richiedente una specifica dimostrazione, occorre o che lo stesso fatto sia da quello esplicitamente ammesso, o che il convenuto abbia improntato la sua difesa su circostanze o argomentazioni incompatibili col disconoscimento di quel fatto. La non contestazione scaturisce, pertanto, dalla non negazione del fatto costitutivo della domanda, di talche’ essa non puo’ comunque ravvisarsi ove, a fronte di una pretesa creditoria fondata sullo svolgimento di una complessa prestazione giudiziale di avvocato, il cliente abbia comunque definito incongruo il compenso richiesto rispetto all’attivita’ svolta (cfr. Cass. Sez. 3, 24/11/2010, n. 23816; Cass. Sez. 3, 19/08/2009, n. 18399; Cass. Sez. 3, 25/05/2007, n. 12231; Cass. Sez. L, 03/05/2007, n. 10182; Cass. Sez. 3, 14/03/2006, n. 5488).
La censura in ordine alla valenza della allegazione difensiva del Condominio Centro degli Affari, secondo la quale lo stesso aveva “regolarmente saldato” il proprio debito verso l’avvocato, non tiene conto del contenuto essenziale della decisione, la quale ha comunque condannato l’opponente a decreto ingiuntivo al pagamento dei compensi professionali, rideterminando pero’ la somma dovuta in E 3.689,14 oltre interessi rispetto a quella maggiore intimata, sulla base del necessario apprezzamento di congruita’ degli onorari indicati in parcella, operato in funzione dei parametri previsti dalla tariffa professionale.
Del pari, la censura sull’assunta promessa unilaterale di pagamento non adempie all’onere di specificita’ quanto alla prova, che sarebbe essa si decisiva, del debito di maggiore importo gravante sul Condominio rispetto alla somma determinata giudizialmente di Euro 3.689,14 oltre interessi.
Opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di prestazioni professionali
Il terzo motivo di ricorso e’ del pari inammissibile, in quanto la responsabilita’ aggravata ex articolo 96 c.p.c. integra una particolare forma di responsabilita’ processuale a carico della parte soccombente che abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, sicche’ non puo’ farsi luogo all’applicazione della norma quando, come avvenuto nella specie, non sussista il requisito della totale soccombenza per essersi, piuttosto, verificata una soccombenza reciproca, a seguito della revoca del decreto ingiuntivo opposto e della condanna al pagamento di un minore importo (Cass. Sez. 2, 14/04/2016, n. 7409). Inoltre, e’ inammissibile la domanda di risarcimento dei danni ex articolo 89 c.p.c., comma 2, rivolta in cassazione con riguardo alle espressioni sconvenienti od offensive contenute negli scritti delle fasi processuali anteriori, essendo ogni statuizione al riguardo riservata al potere discrezionale del giudice di merito dinanzi al quale si svolge il giudizio in cui tali espressioni siano state usate, nonche’ insindacabile in sede di legittimita’, sia pure per denunciare l’omesso esame dell’istanza (Cass. Sez. 3, 17/03/2009, n. 6439; Cass. Sez. 3, 09/07/2009, n. 16121; Cass. Sez. 3, 20/10/2009, n. 22186; Cass. Sez. 1, 07/12/2020 n. 27935).
Il ricorso va percio’ dichiarato inammissibile, e, in ragione della soccombenza, il ricorrente va condannato a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 articolo 13, comma 1-quater, -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
Per questi motivi la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in favore in complessivi E 1.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto.
Cosi’ deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, 8.04.2022″.
L’odierno ricorrente, facendo esplicito riferimento all’articolo 111 Cost., ricorre per la cassazione della riportata ordinanza sulla base di due motivi.
Con il primo lamenta ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio per avere la Corte di Cassazione “erroneamente, se non pretestuosamente, al solo fine di dichiararne l’inammissibilita’, dichiarato inammissibile la domanda affermando, contrariamente a quanto affermato dalle SSUU con sentenza 14699/2010 senza motivare sul dissenso, che “la parcella e’ una semplice dichiarazione unilaterale del professionista sul quale percio’ rimangono i relativi oneri probatori del credito azionato ex articolo 2697 cc”. Oneri assolti ma non considerati…inoltre, ha superficialmente e opportunamente ignorato che il D.I. era stato chiesto in forza di dettagliata nota opinata dal C.O.A. per cui, in mancanza di specifiche contestazioni del cliente, non poteva essere disconosciuto dal giudice (SSUU 14669/2010; cass. 12461/2011). Rimprovera dunque alla Corte di avere volutamente ignorato la documentazione prodotta e di avere omesso di considerare che la controparte in sede di conclusioni aveva introdotto un tema di indagine completamente nuovo. Altrettanto pretestuosamente, la Corte avrebbe affermato che la controparte avrebbe definito incongruo il compenso richiesto, mentre mai controparte aveva contestato il quantum, avendo affermato di avere gia’ pagato.
Quanto all’omesso risarcimento del danno ex articoli 89 e 96 osserva che le frasi ingiuriose restano tali sempre per chiunque anche se non togato”.
Il secondo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto articoli 112, 115, 89, 96 c.p.c. e articolo 2043 c.c. rimproverandosi alla Corte di Cassazione di avere pronunciato oltre i limiti della domanda e di avere considerato eccezioni mai proposte. Ancora, erroneamente avrebbe posto a fondamento della decisione prove non proposte e inoltre non avrebbe tenuto conto delle espressioni offensive di controparte.
Il ricorrente ha domandato quindi a questa Corte di “accogliere i motivi di dissenso alle decisioni della Corte di Cassazione con ordinanza n. 13200/22” e di “cassare la stessa con o senza rinvio,
confermare il D.I. opposto con vittoria di spese dei gradi oltre accessori di legge”. Ha chiesto altresi’ la condanna della controparte ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., commi 1 e 3.
Il ricorso e’ inammissibile.
Opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di prestazioni professionali
Preliminarmente, va osservato che per giurisprudenza costante di questa Corte, nel giudizio civile di legittimita’, con le memorie di cui all’articolo 378 c.p.c., destinate esclusivamente ad illustrare ed a chiarire i motivi della impugnazione, ovvero alla confutazione delle tesi avversarie, non possono essere dedotte nuove censure ne’ sollevate questioni nuove, che non siano rilevabili d’ufficio, e neppure puo’ essere specificato, integrato o ampliato il contenuto dei motivi originari di ricorso (v. Sez. 2 -, Sentenza n. 24007 del 12/10/2017 Rv. 645587; Sez. 1, Sentenza n. 28855 del 29/12/2005 Rv. 587153). Il principio, di ordine generale, vale logicamente anche per le memorie depositate ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., come nel caso in esame, essendo comune la finalita’.
Si rivelano pertanto sterili le considerazioni svolte per la prima volta in memoria e tese a dimostrare, attraverso il richiamo ai principi della effettivita’ della tutela giurisdizionale e dello sfavore per gli esiti abortivi del giudizio, ed attraverso una forzatura del contenuto del ricorso, che e’ stata in realta’ domandata la revocazione, rimedio che – come e’ noto – risponde a tutt’altre finalita’ e che non traspare minimamente dal ricorso di cui oggi si discute.
Infatti, il mezzo di impugnazione oggi attivato dal ricorrente, e dal medesimo espressamente qualificato “come ricorso ex articolo 111 Cost.”, non e’ assolutamente suscettibile di riqualificazione in termini di revocazione poiche’ i vizi che vengono lamentati non sono sussumibili in alcuna delle ipotesi di revocazione delle pronunce della Corte di Cassazione quali apprestate dal codice di rito.
Da un lato, infatti, e’ ictu oculi inapplicabile l’articolo 391-ter c.p.c., afferente alle ipotesi in cui, col provvedimento gravato, la Corte abbia deciso il ricorso nel merito ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., posto che la pronuncia qui impugnata, invece, ha dichiarato il ricorso inammissibile; dall’altro, parimenti inapplicabile e’ l’articolo 391-bis c.p.c. poiche’ in questa sede non e’ stato censurato alcun errore revocatorio (cfr. al riguardo articolo 395 c.p.c.). Nella specie si denuncia invece l’omesso esame di un fatto decisivo (che in realta’ mira a contestare anche in questo caso il giudizio della Corte), nonche’ la violazione di norme processuali e si sollecita espressamente la Corte di legittimita’ alla “cassazione” della propria precedente decisione, quale conseguenza di quelli che sono delineati quali vizi di cui all’articolo 360 c.p.c., il che e’ precluso della definitivita’ ed irrevocabilita’ che connota le decisioni del giudice di legittimita’ (al di fuori delle eccezionali ipotesi in cui e’ ammessa la revocazione). Ne’ tantomeno, il ricorso puo’ essere qualificato come un’opposizione di terzo ex articolo 404 c.p.c., poiche’, da un lato, l’attuale ricorrente e’ stato parte anche del giudizio che ha dato luogo all’ordinanza qui gravata e poiche’, dall’altro, tale mezzo di impugnazione e’ ammissibile contro i provvedimenti della Corte di Cassazione solo ove con questi venga deciso il merito ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., mentre la pronuncia qui impugnata – lo si ripete – ha dichiarato il ricorso inammissibile – (Cass. 11235/2016).
E’ evidente, quindi, che l’odierno ricorso si pone totalmente al di fuori dei casi in cui il legislatore eccezionalmente prevede l’impugnabilita’ delle decisioni della Corte di cassazione.
In definitiva, il carattere di impugnazione eccezionale della revocazione, prevista per i soli motivi tassativamente indicati nell’articolo 395 c.p.c., comporta l’inammissibilita’ di ogni impugnazione non compresa in detta elencazione (Cass. sent. n. 9865/2014).
Sulla scorta delle esposte considerazioni, in linea anche con un recente precedente di questa Corte riguardante un caso analogo (cfr. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 27838 del 2022), il ricorso va dichiarato inammissibile con inevitabile addebito di spese alla parte soccombente e logico superamento dell’esame dell’istanza ex articolo 96 c.p.c. pure avanzata dal (OMISSIS).
Poiche’ il ricorso e’ dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, il comma 1-quater – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali, pari al 15% sui compensi ed accessori di legge;
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
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