Opere abusive e carenza di titolo edilizio

Consiglio di Stato, Sentenza|28 luglio 2021| n. 5600.

Opere abusive e carenza di titolo edilizio.

L’applicazione dell’art. 19, commi 3 e 6-bis, l. n. 241 del 1990, che prevede che il Comune possa inibire l’esecuzione dei lavori entro il termine perentorio di trenta giorni e successivamente, mediante un atto che rispetti i presupposti per l’esercizio dei poteri di annullamento d’ufficio ai sensi dell’art. 21-nonies della stessa legge, entro il termine perentorio di diciotto mesi (termine ridotto a dodici mesi dal d.l. 31 maggio 2021, n. 77), è limitata soltanto quando l’oggetto della segnalazione sia una opera che necessita di un permesso di costruire e che, pertanto, esuli in modo evidente dal perimetro applicativo degli interventi ammissibili con la scia; ne consegue che nelle altre ipotesi l’esercizio tardivo dei poteri predetti comporta l’inefficacia del provvedimento adottato, come nel caso di specie in cui oggetto della contestazione è stato il mero ampliamento di una cisterna, con finalità di manutenzione e di risanamento, in esecuzione di una denuncia di inizio attività.

Sentenza|28 luglio 2021| n. 5600. Opere abusive e carenza di titolo edilizio

Data udienza 17 giugno 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Opere abusive – Carenza di titolo edilizio – Zona paesaggisticamente vincolata – Ordine di ripristino della situazione pregressa – Art. 22, D.Lgs. n. 380/2001 – Interventi di manutenzione e di risanamento conservativo – Certificazione di inizio attività

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7244 del 2019, proposto da Ro. Ca., rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. La., Si. Co., Fr. La., con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
contro
Comune di (omissis), non costituito in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 1597 del 2020, proposto da F.lli Ca. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato La. Cl., con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
contro
Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
per la riforma
quanto al ricorso n. 7244 del 2019:
della sentenza in forma semplificata 20 giugno 2019, n. 1100 del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno, Sezione seconda.
quanto al ricorso n. 1597 del 2020:
della sentenza in forma semplificata 20 giugno 2019, n. 1099 del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno, Sezione seconda.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 giugno 2021 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati Fr. La. e La. Cl. in collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa 13 marzo 2020, n. 6305.

Opere abusive e carenza di titolo edilizio

FATTO e DIRITTO

1.- Il Comune di (omissis), con ordinanza 11 febbraio 2019, n. 2298, ha contestato al sig. Ca. Ro., proprietario di un immobile, e alla società F.lli Ca., conduttrice dello stesso immobile per lo svolgimento di attività di commercio al dettaglio di ceramica, la realizzazione delle seguenti opere considerate abusive: a) “ampliamento del piano terra”; b) “ampliamento del piano interessato”; c) “apposizione di una unità di condizionamento apposta sulla facciata principale del fabbricato”. Ritenuto che tali interventi fossero stati realizzati senza titolo edilizio in zona paesaggisticamente vincolata, il Comune ha ordinato il ripristino della situazione pregressa.
2.- Le parti sopra indicate, con autonomi ricorsi, hanno impugnato tale ordinanza innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Salerno, ritenendo, in particolare, che, per la tipologia di interventi effettuati, non fosse necessario il permesso di costruire.
3.- Il Tribunale amministrativo, con sentenze 20 giugno 2019, n. 1099 e n. 1100, ha accolto il ricorso con riferimento agli interventi di cui alle lettere a) e c) mentre lo ha rigettato con riferimento alle opere di cui alla lettera b). In particolare, si è affermato che, in attuazione del principio di vicinanza della prova, l’onere di dimostrare l’epoca di realizzazione delle opere incombe in capo alla parte privata. Inoltre, “il locale deposito contestato non figura rappresentato nella planimetria catastale datata 28 giugno 1940 né indicato nell’atto notarile di compravendita del 6 dicembre 1988”. Si è aggiunto che “seppure, poi, il manufatto in parola fosse preesistito a guisa di “cisterna” interrata per la raccolta dell’acqua piovana, accessoria al locale sovrastante, è ben evidente che la sua attuale conformazione a magazzino-deposito, servito da montacarichi e da scala di collegamento al locale sovrastante, nonché addirittura dotato di wc, possa essere il risultato di un’attività di trasformazione edilizia tanto incisiva da non potere essere catalogata in termini di restauro e risanamento conservativo”.
4.- Le parti con appelli separati hanno impugnato le predette sentenze.
5.- Il Comune, regolarmente intimato, non si è costituito in giudizio.
6.- La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 17 giugno 2021.
7.- In via preliminare deve essere disposta, per connessione oggettiva, la riunione degli appelli proposti.
8.- Gli appelli sono fondati.
9.- Con un motivo, comune ad entrambi i ricorsi, gli appellanti hanno dedotto l’erroneità della sentenza e l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione nella parte in cui non hanno rilevato che il volume interrato costituisca una cisterna in relazione alla quale è stato effettuato un mero ampliamento, con finalità di manutenzione e di risanamento, in esecuzione di una denuncia di inizio attività del 18 novembre 1999, prot. n. 12796.
Il motivo è fondato.
L’art. 22 del decreto legislativo n. 380 del 2001 prevede quali siano gli interventi suscettibili di essere effettuati mediante una segnalazione certificata di inizio attività (scia), tra i quali rientrano, avendo riguardo alla normativa esistente all’epoca dei fatti, anche gli interventi di manutenzione e di risanamento conservativo.
L’art. 19, commi 3 e 6-bis, della legge n. 241 del 1990, prevede che il Comune possa inibire l’esecuzione dei lavori entro il termine perentorio di trenta giorni e successivamente, mediante un atto che rispetti i presupposti per l’esercizio dei poteri di annullamento d’ufficio ai sensi dell’art. 21-nonies della stessa legge n. 241, entro il termine perentorio di diciotto mesi (tale termine è stato ridotto a dodici mesi dal decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77). L’esercizio tardivo dei poteri in esame comporta l’inefficacia del provvedimento adottato.
La norma in esame non può trovare applicazione soltanto quando l’oggetto della segnalazione (all’epoca, denuncia di inizio attività ) sia una opera che necessita di un permesso di costruire e che, pertanto, esuli in modo evidente dal perimetro applicativo degli interventi ammissibili con la scia.
Nella fattispecie in esame, il Comune non ha, però, contestato la realizzazione della locale interrato e, dunque, della cisterna ma esclusivamente il suo ampliamento, il quale è stato oggetto della suddetta denuncia di inizio attività n. 12796 del 1999, corredata da idonei elaborati grafici. Non sarebbe stato, pertanto, necessario dimostrare il momento temporale di realizzazione dell’opera nella sua interezza. Del resto, lo stesso Comune, all’esito di un sopralluogo del 2003, aveva fatto presente che il locale sottostante il negozio era già preesistente.
In relazione all’ampliamento, il Comune, se avesse voluto rilevarne la non conformità alle prescrizioni edilizie, avrebbe dovuto farlo non ventidue anni dopo la presentazione della denuncia di inizio attività ma nel rispetto del tempi di contestazione previsti dall’art. 19 della legge n. 241 del 1990.
La motivazione contenuta nella sentenza di primo grado relativa alla trasformazione non consentita della destinazione del bene non è corretta perché essa, non essendo contenuta nel provvedimento impugnato, sfugge, come messo anche in rilievo dalla difesa della società appellante, al potere valutativo del giudice.
Per quanto attività alla questione afferente alla tutela degli interessi paesaggistici, come ancora una volta evidenziato in modo puntuale dalla difesa degli appellanti, la reale consistenza degli interventi contestati non si pone in contrasto con la normativa del settore. Gli artt. 17 e 27 del Put della Penisola Sorrentina e della Costa d’Amalfi ammettono, per gli edifici realizzati entro il 1955, la possibilità del risanamento conservativo, con cambio di destinazione d’uso nell’ambito della categoria prevalente.
10.- La fondatezza del motivo sopra riportato comporta, anche per la parte oggetto di impugnazione in questa sede, l’annullamento dell’ordinanza 11 febbraio 2019, n. 2298 di demolizione adottata dal Comune di (omissis).
L’accoglimento del motivo riportato implica la non necessità di esaminare gli altri motivi contenuti negli atti di appello, in quanto dal loro esame gli appellanti non potrebbero trarre maggiore utilità .
11.- La particolare natura della controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando, previa riunione degli appelli proposti con i ricorsi indicati in epigrafe, li accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla l’ordinanza 11 febbraio 2019, n. 2298 adottata dal Comune di (omissis).
Le spese del doppio grado di giudizio sono compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2021 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Vincenzo Lopilato – Consigliere, Estensore
Alessandro Maggio – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere
Francesco De Luca – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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