Omissione dell’adozione del provvedimento finale

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 19 settembre 2019, n. 6241.

La massima estrapolata:

L’omissione dell’adozione del provvedimento finale assume il valore di silenzio-inadempimento (o rifiuto) solo nel caso in cui sussiste un obbligo giuridico di provvedere, cioè di adottare un provvedimento amministrativo esplicito, volto ad incidere, positivamente o negativamente, su una posizione giuridica differenziata, attivando un apposito procedimento amministrativo.

Sentenza 19 settembre 2019, n. 6241

Data udienza 11 luglio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6352 del 2016, proposto dal signor Gi. Fr., rappresentato e difeso dall’avvocato Au. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Pa. De. in Roma, via (…);
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato En. Ma., con domicilio ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Seconda n. 4519/2016, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2019 il Cons. Alessandro Verrico e uditi per le parti gli avvocati Au. Ca. e An. Ma., su delega dichiarata dell’avvocato En. Ma.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso R.G. 10647/2015 dinanzi al T.a.r. per il Lazio, il signor Gi. Fr. impugnava il silenzio inadempimento di Roma Capitale in ordine all’atto di diffida, presentato dallo stesso in data 19-24 giugno 2014, a provvedere alla riqualificazione del terreno di sua proprietà, con attribuzione della destinazione a “villini signorili” già in passato attribuita alla zona, o altrimenti della destinazione (omissis) – uffici privati.
2. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. II-ter, con la sentenza n. 4519 pubblicata il 18 aprile 2016, ha respinto il ricorso e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio nella misura di euro 1.000,00. Il Tribunale, in particolare:
a) ha ritenuto di non dover esaminare l’eccezione preliminare di tardività, in considerazione dell’infondatezza del ricorso nel merito;
b) ha premesso, in generale, che il vuoto di disciplina derivante dalla decadenza del vincolo preordinato all’esproprio impone all’Amministrazione di provvedere sull’istanza di riqualificazione, atteso che il P.R.G. deve – a rigore – qualificare e disciplinare l’intero territorio comunale;
c) ha, tuttavia, considerato, con riferimento al caso di specie, che la destinazione a verde pubblico/servizi pubblici di livello locale – data dal P.R.G. del 2008 all’area – presenta natura conformativa e non espropriativa: riguarda infatti una generalità di beni (zona assoggettata a verde pubblico e a servizi pubblici locali) e di soggetti (collettività beneficiaria – pluralità indifferenziata di soggetti – del vincolo a verde e a servizi pubblici), con una funzione di salvaguardia dell’ambiente, del paesaggio e della salute pubblica;
d) ha quindi concluso sostenendo che, non essendo il vincolo soggetto a decadenza, non sussiste in capo all’Amministrazione comunale l’obbligo di provvedere sull’istanza.
3. Con il ricorso in appello all’esame l’originario ricorrente ha chiesto l’annullamento della citata sentenza, sostenendo in particolare:
a) di aver impugnato la delibera di approvazione del P.R.G. 2008 proponendo ricorso dinanzi al T.a.r. per il Lazio (R.G. n. 5835/2008);
b) che il vincolo imposto al terreno è decaduto, per decorso del termine quinquennale di cui all’art. 2, l. 19 novembre 1968, n. 1187 e che, per tale ragione, i proprietari hanno diritto a che Roma Capitale attribuisca una nuova destinazione d’uso al terreno, atteso che detto vincolo presenta natura espropriativa in quanto:
– non è finalizzato alla zonizzazione ma è imposto su una porzione circoscritta del territorio (lotto di proprietà Fr. e un adiacente frustolo di terreno di altro proprietario);
– la conferma di tali considerazioni è rinvenibile sia nella consulenza tecnica d’ufficio del giudizio dinanzi alla Corte d’appello di Roma R.G. n. 908/2009, avente ad oggetto la domanda alla condanna di Roma Capitale al pagamento dell’indennizzo per la reiterazione del vincolo espropriativo, sia nella motivazione della sentenza n. 913/2014 del Tribunale di Roma, nel giudizio R.G. n. 82750/2007 avente ad oggetto il risarcimento dei danni derivanti dalle precedenti destinazioni urbanistiche, e nella consulenza tecnica d’ufficio in tale occasione esperita, che nella sentenza n. 2995/2015 di questo Consiglio di Stato.
3.1. Si è costituita in giudizio, per resistere, Roma Capitale, la quale, con memoria, in via preliminare, ha chiesto dichiararsi l’improcedibilità del ricorso, attesa la litispendenza con il menzionato giudizio R.G. n. 5835/2008 (di impugnazione del P.R.G. del 2008) ovvero, in subordine, di disporre la sospensione del presente giudizio in attesa della definizione del primo giudizio. In via parimenti preliminare, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse. Nel merito, Roma Capitale si è opposta all’appello e ne ha chiesto il rigetto.
4. La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla camera di consiglio dell’11 luglio 2019.
5. Si può prescindere dall’esame delle eccezioni preliminari avanzate da parte appellata, attesa l’infondatezza nel merito dell’appello.
5.1. Il Collegio, per un migliore risoluzione della controversia, deve premettere in punto di fatto che, sulla base della ricostruzione fornita dall’appellante, il summenzionato atto di diffida del 19-24 giugno 2014 è stato preceduto dalla seguenti vicende:
i) il sig. Fe. Fr., proprietario dei terreni ubicati in Roma, censiti nel N.C.T. al foglio n. (omissis) con le particelle n. (omissis), sez. (omissis), per complessivi mq 5.749 (in virtù di atto a rogito Gi. Bu., notaio in (omissis), del 24 marzo 1962 rep. 9078) e a quella data ricompresi in area a destinazione urbanistica di tipo a “villini signorili”, in data 6 febbraio 1963, prot. n. 6465, presentava al Comune di Roma un progetto finalizzato alla realizzazione di due villini signorili per una superficie coperta di mq 457,32 ciascuno, per una volumetria utile residenziale di mc 14.200 e mc 2.300 di servizi;
ii) con ordinanza n. 5156 del 3 ottobre 1964 il Sindaco di Roma sospendeva ogni determinazione in merito a tale progetto, in quanto in contrasto con le previsioni del nuovo P.R.G. della città di Roma, adottato dal Consiglio comunale con deliberazione n. 614 del 18 dicembre 1962 e successiva deliberazione n. 519 del 6 febbraio 1963, nel quale l’area in oggetto era stata inserita nella zona (omissis) (servizi pubblici di quartiere);
iii) in seguito, con il d.P.R. del 16 dicembre 1965 il P.R.G. veniva definitivamente approvato ed i terreni venivano quindi inseriti nella sottozona (omissis), con destinazione a servizio pubblico a livello cittadino;
iv) tale ultima destinazione veniva successivamente più volte confermata con le seguenti varianti al P.R.G.: delibera n. 2777 del 17 ottobre 1967, delibera n. 2632 dell’8 agosto 1974, delibera n. 3354 del 28 luglio 1978, delibera n. 1733 del 26 giugno 1984 e delibera n. 448 del 19 dicembre 1991;
v) in seguito, con l’accordo di programma del 28 aprile 1997 sottoscritto con la Regione Lazio e ratificato con la delibera consiliare n. 89 del 19 maggio 1997, il Comune di Roma approvava la variante specifica al P.R.G. relativa al servizio pubblico di quartiere -sottozona (omissis), nella quale veniva inserita l’area di proprietà Fr.;
vi) con nota dell’8 ottobre 1998 la società A.M.A. comunicava al signor Fr. Gi., erede di Fr. Fe. e comproprietario dei terreni in esame, l’affissione all’Albo Pretorio degli atti relativi all’inizio della procedura finalizzata alla realizzazione di un centro di servizi, comportante l’esproprio dei terreni di proprietà, a cui faceva seguito la determinazione dell’indennità provvisoria d’esproprio; nonostante l’intervenuta accettazione da parte dell’odierno appellante e del coerede Fr. An., la Corte di Appello di Roma, decidendo sull’opposizione alla stima presentata dalla società AM., con la sentenza n. 2578/05 del 6 giugno 2005, annullava detta stima;
vii) con la delibera della Giunta regionale del Lazio n. 596 del 17 maggio 2002 veniva quindi approvata la delibera del Consiglio comunale di Roma n. 448 del 19 novembre 1991, che aveva ratificato la delibera della G.M. n. 3622 del 4 giugno 1990, con conseguente riconferma della destinazione (omissis);
viii) infine, con la delibera n. 18 del 12 febbraio 2008, pubblicata sul B.U.R.L. in data 14 marzo 2008 veniva definitivamente approvato dal Consiglio comunale il nuovo P.R.G. del Comune di Roma, che assegnava al terreno in esame la destinazione ad uso verde pubblico e servizi pubblici di livello locale di cui all’art. 85 delle NTA.
5.3. Ciò considerato in punto di fatto, il Collegio:
a) è ben consapevole che dalla costante giurisprudenza (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 21 agosto 2013, n. 4200; sez. IV, 28 gennaio 2002, n. 456) è riconosciuta al privato, nel caso di annullamento o decadenza del vincolo preordinato all’esproprio e di successiva inerzia del Comune di fronte all’obbligo di attribuire una destinazione definitiva all’area medesima (ritipizzazione o riqualificazione dell’area), la possibilità di attivare la tutela in forma specifica velocizzata ex artt. 117 ss. c.p.a. (già art. 21 bis l. Tar), salvo comunque il risarcimento del danno derivato in ragione della diffida a provvedere rimasta inottemperata;
b) rileva, a tal fine, che presupposto per l’individuazione di un obbligo di provvedere da parte dell’Amministrazione comunale sulla diffida dell’appellante è la verifica della natura espropriativa del vincolo in esame e della conseguenziale intervenuta decadenza dello stesso, per decorso del termine quinquennale di cui all’art. 2, l. 19 novembre 1968, n. 1187;
c) ciò considerato, ritiene che un esame approfondito di tale questione debba essere compiutamente effettuato nella sede propria del giudizio di cui al R.G. n. 5835/2008 dinanzi al T.a.r. per il Lazio, avente ad oggetto l’impugnazione della citata delibera di approvazione del P.R.G. del 2008, tuttora pendente (da quanto emerge dagli atti del presente giudizio);
d) ciò nonostante, devono essere condivise le coordinate giurisprudenziali già richiamate dal primo giudice al fine di disconoscere la natura espropriativa del vincolo in questione, alla stregua delle quali:
d.1) la caratteristica del vincolo conformativo è che con esso si provvede “ad una zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui i beni ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche”; il vincolo espropriativo è invece “un vincolo particolare, incidente su beni determinati, in funzione della localizzazione di un’opera pubblica” (Cass. civ., sez. I, 18 giugno 2018, n. 16084; Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2017, n. 4748; id., 16 giugno 2015, n. 2995).
d.2) la destinazione a verde pubblico, data dal piano regolatore ad aree di proprietà privata, non comporta l’imposizione sulle stesse di un vincolo espropriativo, ma solo di un vincolo conformativo, che è funzionale all’interesse pubblico generale conseguente alla zonizzazione, effettuata dallo strumento urbanistico, che definisce i caratteri generali dell’edificabilità in ciascuna delle zone in cui è suddiviso il territorio comunale (cfr., sul tema, Cons. Stato, sez. IV, 17 maggio 2019, n. 3190, id., 24 maggio 2018, n. 3116; id., 9 dicembre 2015, n. 5582; id., 6 ottobre 2014 n. 4976; id., 22 giugno 2011, n. 3797).
5.4. In conclusione, in ragione di quanto esposto, non si ritengono sussistenti nel caso di specie i presupposti per poter esercitare il potere di azione avverso il silenzio inadempimento, non essendo per l’appunto ravvisabile tale forma di silenzio nella condotta tenuta dalla Amministrazione comunale rispetto all’atto di diffida, presentato dall’appellante in data 19-24 giugno 2014.
5.4.1. Del resto, è costante la giurisprudenza nell’affermare che l’omissione dell’adozione del provvedimento finale assume il valore di silenzio-inadempimento (o rifiuto) solo nel caso in cui sussiste un obbligo giuridico di provvedere, cioè di adottare un provvedimento amministrativo esplicito, volto ad incidere, positivamente o negativamente, su una posizione giuridica differenziata, attivando un apposito procedimento amministrativo (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 dicembre 2017, n. 6096; id., 17 gennaio 2014, n. 233).
Invero, con il ricorso avverso il silenzio sono tutelabili unicamente le pretese che rientrino nell’ambito della giurisdizione amministrativa e siano “giustiziabili” (nel senso che sia ravvisabile un dovere della p.a. di provvedere nei confronti dell’istante).
Il rito speciale oggi disciplinato dagli artt. 117 e ss. del c.p.a. non ha infatti lo scopo di tutelare la posizione del privato di fronte a qualsiasi tipo di inerzia comportamentale della p.a., bensì specificamente quello “di apprestare una garanzia avverso il mancato esercizio di potestà pubbliche discrezionali, dal quale non può prescindersi al fine di valutare la compatibilità con l’interesse pubblico di quello sostanziale dedotto dall’interessato” (Cons. Stato, sez. VI, 23 gennaio 2019, n. 577).
6. L’appello, in definitiva, va respinto in quanto infondato e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.
7. Le spese del presente grado di giudizio devono essere integralmente compensate tra le parti, attesa la peculiarità della vicenda.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello R.G. n. 6352/2016, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2019, con l’intervento dei magistrati:
Oberdan Forlenza – Presidente FF
Luca Lamberti – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere, Estensore
Nicola D’Angelo – Consigliere
Luca Monteferrante – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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