L’omessa indicazione alle parti di una questione di fatto

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|3 settembre 2021| n. 23883.

L’omessa indicazione alle parti di una questione di fatto, oppure mista di fatto e di diritto, rilevata d’ufficio, sulla quale si fondi la decisione, priva le parti del potere di allegazione e di prova sulla questione decisiva e, pertanto, comporta la nullità della sentenza (c.d. “della terza via” o “a sorpresa”) per violazione del diritto di difesa tutte le volte in cui la parte che se ne dolga prospetti, in concreto, le ragioni che avrebbe potuto fare valere qualora il contraddittorio sulla predetta questione fosse stato tempestivamente attivato (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la decisione gravata con la quale la corte del merito aveva dichiarato la sopravvenuta carenza di legittimazione attiva processuale del ricorrente in relazione ad una domanda risarcitoria per occupazione illegittima degli immobili per effetto del pignoramento immobiliare eseguito in corso di causa dall’istituto di credito quale creditore ipotecario che aveva erogato il finanziamento utilizzato per il pagamento del prezzo della compravendita: in particolare, la questione era stata rilevata d’ufficio dalla corte territoriale con la sentenza, senza previa segnalazione alle parti per sollecitare il contraddittorio; il ricorrente, specifica il giudice di legittimità, ha evidenziato che, qualora fosse stato sollecitato il contraddittorio sulla carenza della sua legittimazione rispetto alla domanda risarcitoria, avrebbe potuto mutare la domanda proposta in qualità di proprietario, facendo in tal modo valere la sua qualità di custode ex lege del suddetto immobile oggetto di pignoramento; inoltre, il ricorrente medesimo ha rappresentato il pregiudizio che assume aver subito per la mancata attivazione del contraddittorio e, pertanto, il rilievo officioso operato dalla corte d’appello circa la sopravvenuta mancanza di legittimazione ha effettivamente privato il ricorrente della possibilità di difendersi e contraddire sul punto, quantomeno nel senso sopraindicato circa la possibilità di precisare la domanda nella veste di custode una volta dimostrata la sussistenza di siffatta qualità). Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, sentenza 12 settembre 2019, n. 22778; Cassazione, sezione civile II, ordinanza 5 dicembre 2017, n. 29098; Cassazione, sezione civile V, sentenza 23 maggio 2014, n. 11453; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 30 settembre 2009, n. 20935).

Ordinanza|3 settembre 2021| n. 23883. L’omessa indicazione alle parti di una questione di fatto

Data udienza 24 marzo 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Procedimento civile – Sentenza – Definizione su questione mista, di fatto e di diritto, rilevata d’ufficio – Omessa sottoposizione della stessa al contraddittorio delle parti – Nullità della sentenza – Sussistenza – Condizioni. (Cost, articoli 24 e 111; Cpc, articoli 101 e 183)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 9600-2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
nonche’ contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) SPA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 410/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 19/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/03/2021 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

Omessa indicazione alle parti di una questione di fatto

FATTI DI CAUSA

1. La societa’ semplice (OMISSIS) conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Genova (OMISSIS) e (OMISSIS), per accertare la nullita’, per violazione del divieto di patto commissorio ex articolo 1344 e 2744 c.c., del rogito notaio (OMISSIS) del 20 novembre 1996, di vendita ai convenuti dell’immobile sito in (OMISSIS) al prezzo di Lire 1.050.000.000, con contestuale separata scrittura di promessa irrevocabile di rivendita a favore di (OMISSIS) (socia della societa’), di durata annuale fino al 20.11.1997, al prezzo di Lire 1.371.630.000, e concessione dell’immobile in comodato di pari durata in favore della (OMISSIS) e dei familiari.
1.1 Si costituivano i convenuti (OMISSIS) e (OMISSIS) contestando in fatto e in diritto gli assunti avversari e deducendo l’inadempimento della societa’ attrice e di (OMISSIS) all’obbligazione assunta di rilasciare gli immobili entro il 20.11.97 e l’inefficacia della proposta irrevocabile effettuata dagli esponenti, non accettata nel termine stabilito con richiesta di chiamare in giudizio i singoli soci della societa’ attrice (contraenti nel rogito Notaio (OMISSIS)) e (OMISSIS) (beneficiario del contratto di comodato, indebito occupante e quindi solidalmente responsabile unitamente alla moglie – (OMISSIS) – e ai figli del danno per illegittima occupazione).
1.2 Si costituivano i terzi chiamati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ( (OMISSIS) rimaneva contumace) chiedendo in via riconvenzionale la declaratoria della nullita’ della vendita dell’immobile di cui sopra ex articolo 1344 c.c. e 2744 c.c. o ex articolo 1343 c.c. in relazione alla L. 7 marzo 1996, articoli 1-2-4 (cd antiusura) o, in subordine, la rescissione per lesione ex articolo 1448 cc. con conseguente nullita’ dei patti di opzione e comodato, nonche’ della pattuizione relativa agli interessi ex articolo 1815 c.c., comma 2, della dichiarazione di quietanza, dell’iscrizione ipotecaria eseguita dal (OMISSIS) a garanzia del mutuo ipotecario erogato in data 20.11.96 in favore di (OMISSIS) per consentire il pagamento del prezzo della compravendita a rogito notaio (OMISSIS).
1.3 Interveniva in giudizio il (OMISSIS) chiedendo il rigetto delle domande attrice e, in subordine, la declaratoria di inefficacia o inopponibilita’ della sentenza e il conseguente diritto di far valere il vincolo ipotecario.
2. Il Tribunale rigettava le domande presentate dalla Societa’ Semplice (OMISSIS), nonche’ da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) S.p.a. e in accoglimento delle domande riconvenzionali formulate dai convenuti (OMISSIS) e (OMISSIS) condannava la Societa’ Semplice (OMISSIS) in persona del legale rappresentante pro tempore, nonche’ personalmente (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) a rilasciare senza dilazione, gli immobili come specificati nel dispositivo liberi da persone e cose, condannava infine gli stessi a risarcire ai convenuti, in ragione della meta’ per ciascuno, il danno per l’occupazione illegittima degli immobili liquidati in Euro 413.165 complessivi.
3. La societa’ semplice (OMISSIS) nonche’ (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) proponevano appello avverso la suindicata sentenza.
3.1 Si costituivano anche l’appellata (OMISSIS), la (OMISSIS) S.p.A. in qualita’ di procuratrice del (OMISSIS) ed il terzo chiamato (OMISSIS), il quale proponeva a sua volta appello incidentale.
3.2 Si costituivano in appello anche (OMISSIS) e (OMISSIS) i quali proponevano anche appello incidentale, chiedendo il risarcimento dei danni maturati successivamente alla sentenza di primo grado e il risarcimento del danno ex articolo 96 c.p.c. e, in subordine, condizionatamente all’accoglimento dell’appello, la condanna alla restituzione del prezzo.
3.3 Si costituiva anche (OMISSIS), contumace in primo grado, che a sua volta proponeva appello incidentale eccependo la nullita’ della notifica eseguita all’estero, essendo egli residente a Londra e proponendo motivi di merito.
3.4 Si costituiva il (OMISSIS), chiedendo il rigetto dell’appello.
4. La Corte d’Appello premetteva in fatto che all’udienza di precisazione delle conclusioni, gli appellanti principali avevano chiesto la declaratoria di cessazione della materia del contendere, producendo documentazione attestante le seguenti circostanze, verificatesi in pendenza di giudizio: Pignoramento dell’immobile su iniziativa del (OMISSIS); cessione di credito da parte del (OMISSIS) a (OMISSIS) s.p.a.; cessione, in data 27.4.2007, da parte di (OMISSIS) s.p.a. a (OMISSIS) e (OMISSIS) dei crediti nei confronti del (OMISSIS); transazione in data 23.6.2007 tra la (OMISSIS), la (OMISSIS), la (OMISSIS), e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), prevedente risoluzione consensuale della vendita per cui e’ causa e dichiarazione di cessazione della materia del contendere in relazione a varie procedure esecutive e dell’appello stesso.
La Corte d’Appello, cio’ premesso in fatto, dichiarava cessata la materia del contendere tra la societa’ (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Il giudice del gravame dichiarava, inoltre, la sopravvenuta carenza di legittimazione attiva processuale in capo a (OMISSIS) in relazione alle domande di riconsegna degli immobili e di risarcimento dei danni da illecita occupazione maturati successivamente alla sentenza di primo grado e respingeva nel resto l’appello principale e gli appelli incidentali; confermava le statuizioni della sentenza di primo grado sulle spese processuali in favore di (OMISSIS) e del (OMISSIS) S.p.A.
Per quel che ancora rileva, quanto alla posizione di (OMISSIS), la Corte d’Appello evidenziava che, non essendo intervenuta transazione e non avendo egli aderito alla richiesta di cessazione della materia del contendere, il suo appello doveva essere esaminato.
Dalla documentazione agli atti, tuttavia, risultava che la quota dell’immobile acquistata dal (OMISSIS) era stata assegnata in sede esecutiva alla (OMISSIS) e al (OMISSIS), divenuti cessionari dei crediti del creditore procedente.

 

Omessa indicazione alle parti di una questione di fatto

Dal provvedimento in questione si desumeva con certezza la sopravvenuta sottoposizione dell’immobile oggetto di giudizio a procedura esecutiva e – sia pure non nel senso della qualificazione giuridica intesa dagli appellanti – cio’ incideva sulle condizioni delle azioni di restituzione e di risarcimento del danno, riproposte dall’appellante incidentale (OMISSIS). Infatti, come ritenuto da Cass. 267/2011, tra i frutti e le rendite dell’immobile pignorato rientravano non solo i canoni di locazione, ma anche il risarcimento del danno dovuto dal conduttore per la ritardata riconsegna dell’immobile ex articolo 2912 c.c., sicche’ la legittimazione a chiedere la riconsegna e il risarcimento del danno per la indebita occupazione spettava al custode (cfr. Cass. 13587/2011, 16375/2009, 924/2013). Tale principio era applicabile per identita’ di ratio anche all’ipotesi di mancata riconsegna in seguito della cessazione del contratto di comodato e, dunque, ricorreva un’ipotesi di sopravvenuta carenza di legitimatio ad causam come definita da Cass. S.U. n. 1912 del 2012.
5. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di quattro motivi.
6. Le parti intimate, cui il ricorso e’ stato regolarmente notificato, non hanno resistito con controricorso.
7. Il ricorrente con memoria depositata in prossimita’ dell’udienza ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.

 

Omessa indicazione alle parti di una questione di fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: Nullita’ della sentenza per violazione degli articoli 101 e 183 c.p.c. nonche’ dell’articolo 111 Cost.
Il ricorrente ha proposto domanda riconvenzionale di condanna dell’attrice societa’ (OMISSIS) e dei terzi chiamati (OMISSIS) e (OMISSIS) a risarcire il danno cagionato a seguito del mancato rilascio degli immobili compravenduti nel termine pattuito del 20/12/1997. La domanda e’ stata accolta dal Tribunale di Genova con condanna al risarcimento per mancato rilascio fino al primo dicembre 2005, data della sentenza. Il (OMISSIS), con l’appello incidentale, ha chiesto l’ulteriore risarcimento per l’occupazione illegittima degli immobili dopo la pronuncia della sentenza di primo grado. La Corte di Appello ha dichiarato la sopravvenuta carenza di legittimazione attiva processuale dell’esponente in relazione a tale domanda (ed a quella di rilascio degli immobili accolta in prime cure) per effetto del pignoramento degli immobili eseguito in corso di causa dal (OMISSIS) (creditore ipotecario che aveva erogato il finanziamento utilizzato per il pagamento del prezzo della compravendita).
Tale questione non e’ stata sollevata dalla difesa degli appellanti bensi’ rilevata d’ufficio dalla Corte territoriale con la sentenza, senza previa segnalazione alle parti per sollecitare il contraddittorio.
La sentenza impugnata, pertanto, costituirebbe una decisione della c.d. “terza via” in violazione del principio del contraddittorio garantito dall’articolo 101 c.p.c. e articolo 111 Cost. e del principio del giusto processo consacrato dal medesimo articolo 111 Cost.
Il divieto della cosiddetta sentenza a sorpresa sarebbe operante anche nei processi pendenti in data anteriore all’entrata in vigore della riforma del 2009, come evidenziato anche dalla giurisprudenza di legittimita’.
Il ricorrente evidenzia che nel giudizio di merito, se fosse stato reso possibile il contraddittorio sulla sopravvenuta carenza di legittimazione, avrebbe potuto svolgere le difese che espone nei successivi motivi di ricorso.

 

Omessa indicazione alle parti di una questione di fatto

1.1 Il primo motivo e’ fondato e il suo accoglimento determina l’assorbimento dei restanti tre.
Secondo l’indirizzo consolidato di questa Corte: L’omessa indicazione alle parti di una questione di fatto, oppure mista di fatto e di diritto, rilevata d’ufficio, sulla quale si fondi la decisione, priva le parti del potere di allegazione e di prova sulla questione decisiva e, pertanto, comporta la nullita’ della sentenza (cd. “della terza via” o “a sorpresa”) per violazione del diritto di difesa tutte le volte in cui la parte che se ne dolga prospetti, in concreto, le ragioni che avrebbe potuto fare valere qualora il contraddittorio sulla predetta questione fosse stato tempestivamente attivato (ex plurimis Cass. 12/09/2019, n. 22778; Cass. 19/07/2018, n. 19251; Cass. 5/12/2017, n. 29098; Cass. 23/05/2014, n. 11453; Cass., sez. un., 30/09/2009, n. 20935).
Nella specie, il ricorrente ha evidenziato che, qualora fosse stato sollecitato il contraddittorio sulla carenza della sua legittimazione rispetto alla domanda di risarcimento del danno per l’omesso o tardivo rilascio dell’immobile, avrebbe potuto mutare la domanda proposta in qualita’ di proprietario, facendo valere la sua qualita’ di custode ex lege del suddetto immobile oggetto di pignoramento.
Risulta evidente, pertanto che la Corte d’Appello non si e’ attenuta al principio sopra richiamato in tema di sentenza cosiddetta della “terza via” che avrebbe dovuto applicare. Peraltro, il ricorrente ha rappresentato il pregiudizio che assume aver subito per la mancata attivazione del contraddittorio e, pertanto, il rilievo di ufficio da parte della Corte d’Appello circa la sopravvenuta mancanza di legittimazione ha effettivamente privato il ricorrente della possibilita’ di difendersi e contraddire sul punto, quantomeno nel senso sopraindicato circa la possibilita’ di precisare la domanda nella veste di custode una volta dimostrata la sussistenza di tale qualita’ (Sez. 3, Sent. n. 11308 del 2020). A tal proposito, deve farsi riferimento alla giurisprudenza di legittimita’ secondo cui: “Dopo il pignoramento di un immobile che era stato gia’ dato in locazione, il locatore – proprietario perde la legittimazione sostanziale sia a richiedere al conduttore il pagamento dei canoni sia ad accettarli, spettando tale legittimazione in via esclusiva al custode, fino al decreto di trasferimento del bene, per effetto del quale la proprieta’ del bene e dei frutti si trasferisce all’aggiudicatario. Pertanto qualora il locatore venga nominato custode dell’immobile pignorato, mutando il titolo del possesso del bene, puo’ richiedere il pagamento dei canoni solo nell’esercizio del potere di amministrazione e gestione del bene.

 

Omessa indicazione alle parti di una questione di fatto

A tal fine, intrapresa dal locatore, dopo il pignoramento, azione per il pagamento dei canoni, per economia dei giudizi e in forza del principio di conservazione degli atti processuali, gli e’ consentito dichiarare in sede di appello, modificando la veste assunta, di agire in qualita’ di custode, ufficio comunicato al conduttore all’atto della notifica del pignoramento contenente la relativa nomina. Per l’esercizio di tale potere processuale non e’ necessaria l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione, trattandosi di esplicazione di compiti di ordinaria amministrazione nella gestione dell’immobile pignorato, ai cui frutti si estende il pignoramento” (Sez. 3, Sent. n. 19323 del 2005).
2. Il secondo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: nullita’ della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 81 c.p.c. violazione o falsa applicazione dell’articolo 2912 c.c..
In base alla giurisprudenza di legittimita’ risulterebbe che il sopravvenuto pignoramento degli immobili non privi il proprietario dei beni della legittimazione a chiedere il rilascio ed il risarcimento dei danni derivanti dal perdurare dell’illegittima occupazione degli stessi, ma semplicemente aggiunga la concorrente legittimazione del custode accanto a quella (perdurante) del proprietario. Ne conseguirebbe, secondo il ricorrente, l’illegittimita’ della sentenza impugnata che, discostandosi dai principi indicati dalla Corte di Cassazione, ha negato tale legittimazione.
3. Il terzo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: nullita’ della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli articoli 81 e 559 c.p.c.
La Corte territoriale, negando il permanere della legittimazione attiva del ricorrente all’azione di rilascio e di risarcimento danni per l’occupazione degli immobili oggetto di causa, avrebbe violato l’articolo 559 c.p.c. secondo cui, per effetto del pignoramento, il debitore e’ costituito ex lege quale custode dell’immobile pignorato. Pertanto, anche a voler ritenere (in contrasto con l’orientamento della giurisprudenza) la legittimazione esclusiva del custode, il pignoramento dei beni di cui si discute non avrebbe privato il (OMISSIS) della legittimazione ad causam ma semplicemente determinato un mutamento del titolo di legittimazione.
4. Il quarto motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: Violazione dell’articolo 96 c.p.c., comma 2.
Nel giudizio di primo grado l’esponente aveva proposto domanda di condanna della attrice (OMISSIS) s.s. e dei suoi soci al risarcimento dei danni per responsabilita’ aggravata ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., comma 2.
Tale domanda, respinta dal Tribunale per ritenuto difetto di mala fede o colpa grave dell’attrice, e’ stata riproposta alla Corte di Appello con comparsa di costituzione risposta ed appello incidentale.
Nella parte illustrativa di detta comparsa il ricorrente aveva precisato i profili della colpa dell’attrice sia per la pretestuosita’ e infondatezza delle domande sia per aver falsamente rappresentato la genesi dell’operazione, invocando via via versioni di fatto sempre diverse (sostenendo dapprima che le condizioni dell’accordo erano state imposte dalla sua creditrice (OMISSIS); poi che erano state prospettate dai convenuti (OMISSIS) e (OMISSIS) ed infine dal (OMISSIS)) tutte clamorosamente smentite dalla prova testimoniale.

 

Omessa indicazione alle parti di una questione di fatto

La Corte di Appello avrebbe fatto erroneamente applicazione del comma 1 dell’articolo 96 c.p.c. anziche’ del comma 2 invocato dal ricorrente con riferimento alla trascrizione della domanda giudiziale di cui il Tribunale aveva ordinato la cancellazione. In questi casi la norma non richiederebbe (a differenza del comma 1) la presenza di mala fede o colpa grave, essendo sufficiente l’aver agito “senza la normale prudenza” ossia anche con semplice colpa lieve:
5. Il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso sono assorbiti dall’accoglimento del primo, avendo carattere pregiudiziale la risoluzione della questione della sussistenza o meno della legittimazione processuale del ricorrente.
6. In conclusione la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Genova in diversa composizione che decidera’ anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Genova in diversa composizione che decidera’ anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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