Nozione di infortunio in itinere

Corte di Cassazione, sezione lavoro civile, Ordinanza 8 settembre 2020, n. 18659.

La massima estrapolata:

Rientra nella nozione di infortunio in itinere, ed è in quanto tale indennizzabile, l’incidente mortale occorso al lavoratore nel tragitto da casa al luogo di lavoro al termine di un permesso per motivi familiari. La fruizione del permesso di lavoro per motivi personali non è, di per sé, circostanza idonea a interrompere il nesso eziologico con l’attività lavorativa. Ne deriva che l’infortunio ricade nella copertura assicurativa da parte dell’Inail, il quale non è legittimato a invocare l’esistenza di un “rischio elettivo” idoneo ad escludere la prestazione.

Ordinanza 8 settembre 2020, n. 18659

Data udienza 6 febbraio 2020

Tag/parola chiave: Lavoro – Infortunio in itinere – Permesso di lavoro per motivi personali – Incidente mortale occorso al lavoratore nel tragitto da casa al luogo di lavoro – Nesso eziologico con l’attività lavorativa – Indennizzo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente

Dott. GHINOY Paola – Consigliere

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 24162/2014 proposto da:
(OMISSIS), in proprio, quale erede di (OMISSIS), e quale legale rappresentante dei figli minori (OMISSIS), e (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), e (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso la sede legale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 517/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 29/07/2013, R.G.N. 967/2010.

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 13.11.2013, la Corte d’appello di Venezia, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di (OMISSIS), in proprio e n.q. di legale rappresentante delle figlie minori (OMISSIS) e (OMISSIS), volta ad ottenere le prestazioni per i superstiti quale vedova e, unitamente alle figlie, erede di (OMISSIS), deceduto a causa di un sinistro stradale mentre, al termine di un permesso ottenuto per motivi personali, tornava da casa sul luogo di lavoro;
che avverso tale pronuncia (OMISSIS), in proprio e nella spiegata qualita’, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura, poi ulteriormente illustrati con memoria;
che l’INAIL ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del Testo Unico n. 1124 del 1965, articolo 2, comma 3, come modificato dal Decreto Legislativo n. 38 del 2000, articolo 12, per avere la Corte di merito ritenuto che la fruizione di un permesso per motivi personali escludesse il nesso di causalita’ tra l’infortunio e l’attivita’ lavorativa, ancorche’ nel caso di specie il permesso fosse stato richiesto e ottenuto per esigenze familiari;
che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, per non avere la Corte territoriale considerato che, nel caso di specie, l’infortunio si era verificato nel tragitto necessario per ritornare sul luogo di lavoro;
che i motivi possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione dell’intima connessione delle censure svolte;
che, al riguardo, va ricordato che il Testo Unico n. 1124 del 1965, articolo 2, comma 3, nel testo applicabile ratione temporis risultante dalla modifica apportata dal Decreto Legislativo n. 38 del 2000, articolo 12, prevede, per quanto qui rileva, che “salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l’assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro”, precisando che “l’interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti” e che “l’assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purche’ necessitato”, mentre “restano (…) esclusi gli infortuni direttamente cagionati dall’abuso di alcolici e di psicofarmaci o dall’uso non terapeutico di stupefacenti ed allucinogeni”, nonche’ quelli avvenuti nell’ipotesi che il conducente sia “sprovvisto della prescritta abilitazione di guida”;
che, interpretando l’anzidetta disposizione, questa Corte ha avuto modo di chiarire che essa amplia la tutela assicurativa a qualsiasi infortunio verificatosi lungo il percorso da casa al luogo di lavoro, escludendo qualsiasi rilevanza all’entita’ del rischio o alla tipologia della specifica attivita’ lavorativa cui l’infortunato sia addetto e tutelando piuttosto il rischio generico (connesso al compimento del c.d. percorso normale tra abitazione e luogo di lavoro) cui soggiace qualsiasi persona che lavori, restando per conseguenza confinato il c.d. rischio elettivo a tutto cio’ che sia dovuto piuttosto ad una scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella legata al c.d. percorso normale, ponendo cosi’ in essere una condotta interruttiva di ogni nesso tra lavoro-rischio ed evento (cosi’ Cass. n. 7313 del 2016, in motivazione);
che, alla stregua dell’anzidetta interpretazione, puo’ concludersi nel senso che la sussistenza di un rapporto finalistico tra il c.d. percorso normale e l’attivita’ lavorativa e’ sufficiente a garantire la tutela antinfortunistica;
che, cio’ posto, non puo’ condividersi l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui la fruizione di un permesso di lavoro per motivi personali interromperebbe ex se il nesso rispetto all’attivita’ lavorativa, con conseguente non indennizzabilita’ dell’evento infortunistico verificatosi nel percorso normale per rientrare al lavoro, atteso che il permesso costituisce una fattispecie di sospensione dell’attivita’ lavorativa nell’interesse del lavoratore che ontologicamente non e’ differente dalle pause o dai riposi, differenziandosi da questi ultimi soltanto per il suo carattere occasionale ed eventuale a fronte del connotato di periodicita’ e prevedibilita’ che e’ tipico degli altri, e non potendo logicamente sostenersi che il lavoratore che si allontani dall’azienda e/o vi faccia ritorno in relazione alla necessita’ di fruire del riposo giornaliero non sia tutelato “durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro”, giusta la lettera del Testo Unico n. 1124 del 1965, cit., articolo 2, comma 3;
che contrari argomenti non possono desumersi da Cass. n. 2642 del 2012, cit. nella sentenza impugnata, atteso che, in tale fattispecie, questa Corte si e’ limitata a ritenere immune dal vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5 (nel testo precedente alla novella di cui al Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, conv. con L. n. 134 del 2012) l’accertamento condotto nella sentenza cola’ impugnata circa l’elettivita’ del rischio assunto dal lavoratore infortunato, senza tuttavia enunciare alcun principio di diritto di portata precettiva differente da quello successivamente ribadito da Cass. n. 7313 del 2016, cit., secondo cui, a seguito della modifica del Testo Unico n. 1124 del 1965, articolo 2, comma 3, la nozione di rischio elettivo rilevante al fine di escludere l’indennizzabilita’ dell’infortunio in itinere va circoscritta al caso in cui il lavoratore, in base a ragioni o ad impulsi personali, abbia compiuto una scelta arbitraria che abbia creato e comportato la necessita’ di affrontare una situazione diversa da quella inerente al c.d. percorso normale tra casa e lavoro; che, non essendosi la Corte territoriale attenuta ai suesposti principi di diritto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, che provvedera’ anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, che provvedera’ anche sulle spese del giudizio di cassazione.

 

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