Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 9 aprile 2019, n. 9793.

La massima estrapolata:

In tema di notificazione ex art. 143 c.p.c., l’ufficiale giudiziario, ove non abbia rinvenuto il destinatario nel luogo di residenza risultante dal certificato anagrafico, è tenuto a svolgere ogni ulteriore ricerca ed indagine dandone conto nella relata, dovendo ritenersi, in difetto, la nullità della notificazione.

Ordinanza 9 aprile 2019, n. 9793

Data udienza 29 maggio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 6880/2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, (OMISSIS), in persona del Dott. (OMISSIS) in qualita’ di procuratore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 573/2016 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI TARANTO, depositata il 15/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/05/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI.

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 573/16 del 15 dicembre 2016 della Corte di Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, che nell’accogliere il gravame esperito dalla societa’ (OMISSIS) S.p.a. (d’ora in poi, ” (OMISSIS)”) contro la sentenza n. 1172/13 del 30 maggio 2013 del Tribunale di Taranto – ha dichiarato inammissibile l’opposizione presentata dall’odierno ricorrente, a norma dell’articolo 650 c.p.c., avverso decreto ingiuntivo n. 1146/07, emesso in favore di (OMISSIS) dal Tribunale di Taranto.
2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierno ricorrente che la societa’ (OMISSIS) – munitasi del suddetto provvedimento monitorio, per ingiungere ad esso (OMISSIS) il pagamento della somma capitale di Euro 1.670.000,00, a titolo di rivalsa di quanto dalla stessa societa’ pagato a terzi, in forza di apposita “polizza fideiussoria cauzione tra privati” gli notificava, presso la sede della societa’ di cui era amministratore delegato, in data 15 dicembre 2008, atto di precetto, con cui gli intimava il pagamento del complessivo importo di Euro 1.727.050,64.
Deduce, altresi’, il ricorrente di aver appreso solo in tale occasione dell’emissione, a suo carico, del suddetto decreto, notificatogli ex articolo 143 c.p.c., circa due anni prima, all’esito di un iniziale infruttuoso tentativo compiuto (il 14 novembre 2007) presso la sua residenza in (OMISSIS).
Proposta, avverso il provvedimento monitorio, opposizione tardiva ex articolo 650 c.p.c., deducendo la nullita’ della notifica per difetto dei presupposti legittimanti il ricorso alle modalita’ di cui all’articolo 143 c.p.c. (e nel merito, per quanto qui di interesse, l’infondatezza della pretesa creditoria di (OMISSIS), basata su una fideiussione della quale l’odierno ricorrente disconosceva la sottoscrizione, non senza, peraltro, previamente eccepire la prescrizione del diritto azionato), al giudizio cosi’ incardinatosi veniva riunito anche quello proposto dal (OMISSIS) a norma dell’articolo 615 c.p.c..
Dichiarata nulla, dall’adito giudicante, la notifica ex articolo 143 c.p.c., e dunque ammissibile l’opposizione tardiva avverso il decreto ingiuntivo, ritenuta nel merito fondata, contro tale decisione proponeva appello la (OMISSIS), vedendosi accogliere il gravame.
3. Per la cassazione della sentenza della Corte tarantina ha proposto ricorso il (OMISSIS), sulla base di due motivi.
3.1. Con il primo motivo – proposto ai sensi, dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – si deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 139, 143 e 360 c.p.c., nonche’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che ha formato oggetto di discussione tra le parti.
Si censura la sentenza impugnata laddove essa – sul presupposto che, nel caso di specie, all’esito della prima infruttuosa notificazione presso l’abitazione del (OMISSIS) (essendo stato “in loco” rinvenuto “un intero stabile non abitato con affisso cartello vendesi”) non fosse possibile ricorrere alle forme di cui all’articolo 140 c.p.c., applicabili solo in caso di allontanamento precario, da quel luogo, del destinatario dell’atto – ha ritenuto che la notificazione andasse eseguita a mani del destinatario, ex articolo 138 c.p.c., non potendo trovare applicazione l’ipotesi di cui al comma 2 del successivo articolo 139. Difatti, secondo il giudice di appello, come sottolineato dall’odierno ricorrente, non poteva “essere preteso che il richiedente la notifica e l’ufficiale giudiziario si appostassero nei pressi della sede dell’azienda, rappresentata da una s.r.l. di cui il (OMISSIS) era amministratore delegato”, giacche’ il ricorso a siffatta procedura notificatoria – “eseguita in assenza” dell’interessato “mediante consegna all’addetto all’ufficio o all’azienda” – si sarebbe potuta ritenere “valida ed efficace solo in relazione ad una notifica effettuata al detto (OMISSIS) in tale qualita’”. Di qui, dunque, la necessita’ sempre secondo la Corte tarantina – dell’applicazione dell’articolo 143 c.p.c..
Orbene, l’odierno ricorrente censura tale affermazione, che reputerebbe possibile il ricorso alla consegna dell’atto da notificare a persona “addetta all’ufficio o all’azienda” soltanto se l’atto stesso attenga ad attivita’ lavorativa o professionale svolta “in loco” dal destinatario dell’atto, innanzitutto perche’ in contrasto con il tenore letterale dell’articolo 139 c.p.c., comma 2, che non introduce affatto una simile limitazione.
Lo confermerebbe, del resto, la giurisprudenza di legittimita’, concorde – secondo il ricorrente – nel ritenere che per “ufficio” del destinatario di un atto debba intendersi “il luogo in cui egli svolge abitualmente la sua attivita’ lavorativa, senza alcuna possibile distinzione tra l’ufficio da lui creato, organizzato e diretto per la trattazione degli affari propri, e quello in cui presti servizio o eserciti la sua attivita’ lavorativa alle dipendenze di altri,” rilevando unicamente, in entrambi casi, che la relazione del soggetto con quel luogo sia caratterizzata “da una sufficiente stabilita’”, senza, pero’, che essa debba comportare “necessariamente una sua abituale continua presenza fisica”, essendo, invece, “sufficiente una continuita’ di rapporti di tale portata che valga a giustificare una presunzione di reperibilita’ e, quindi, di conoscibilita’ dell’atto recapitato in tale luogo” (e’ citata Cass. Sez. 1, sent. 8 giugno 1995, n. 6487).
D’altra parte, ancora piu’ di recente, e’ stato affermato – si legge sempre nel ricorso – che l’articolo 139 c.p.c., “non dispone un ordine tassativo da seguire in tali ricerche, potendosi scegliere di eseguire la notifica presso la casa di abitazione o presso la sede dell’impresa o presso l’ufficio, purche’ si tratti, comunque, di luogo posto nel comune in cui il destinatario ha la sua residenza” (e’ citata Cass. Sez. 2, sent. 16 febbraio 2016, n. 2968), stabilendosi anche che e’ “nulla la notificazione effettuata con le modalita’ previste dell’articolo 143 c.p.c., quando sia noto il luogo di lavoro del destinatario” (Cass. Sez. 3, sent. 1 maggio 2011, n. 10217).
Su tali basi, dunque, si ritiene che la sentenza vada cassata, perche’ il giudice del rinvio accerti – diversamente dal giudice di appello, che ha invece omesso di esaminare tale fatto decisivo – se tra il luogo in cui ha sede la societa’ di cui il (OMISSIS) era l’amministratore delegato e il (OMISSIS) medesimo sussisteva quella “stabile relazione” idonea a consentire la consegna dell’atto a persona addetta all’ufficio o all’azienda, condizione necessaria e sufficiente per il legittimo ricorso a tale modalita’ di notificazione.
3.2. Con il secondo motivo – proposto ai sensi, dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – si deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 143 c.p.c..
Si reputa, in ogni caso, viziata la sentenza impugnata per avere ritenuto valida ed efficace la notifica ex articolo 143 c.p.c., senza che l’ufficiale giudiziario abbia dato atto delle ricerche svolte per il reperimento della residenza effettiva del destinatario, adempimento richiesto a pena di nullita’ della notificazione (e’ citata Cass. Sez. Lav., sent. 9 febbraio 2009, n. 3037).
Si censura, infatti, l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui la prima relata di notificazione – che si limitava ad attestare, osserva il ricorrente, che all’indirizzo di via (OMISSIS), indicato come luogo di abitazione del (OMISSIS), vi era “un intero stabile non abitato con affisso cartello vendesi” – potesse “ritenersi parte integrante della seconda” (ancor piu’ laconica, limitandosi ad attestare l’effettuazione della notificazione “mediante deposito di una copia nella casa comunale di (OMISSIS)”), sicche’ dalla loro lettura congiunta potrebbe ricavarsi l’effettuazione delle ricerche volte ad individuare la residenza effettiva del (OMISSIS).
Assume il ricorrente come nessuna delle due relate dia conto delle indagini effettuate, non essendo, d’altra parte, neppure ipotizzabile che la prova dell’irreperibilita’ del destinatario possa essere ricavata “aliunde” e non dalla relata.
4. Ha resisto con controricorso (OMISSIS), per chiedere che
l’avversaria impugnazione sia dichiarata inammissibile o infondata.
Il primo di tali esiti viene motivato sul rilievo che, in sede di giudizio di merito, le difese del (OMISSIS) sono state tutte articolate “sulla sola dicotomia articoli 143 – 140 c.p.c.”, sicche’ la questione relativa all’applicazione dell’articolo 139 c.p.c., comma 2, presenterebbe, inammissibilmente, carattere di novita’, oltre ad essere preclusa da giudicato.
Inoltre, si assume che la questione relativa alla necessita’ della notificazione presso il “luogo di lavoro” del destinatario dell’atto viene sollevata “su di un piano astratto e teorico”, giacche’ il tema non e’ secondo la controricorrente – se l’atto “potesse” essere ivi notificato, bensi’ se lo “dovesse”. In altri termini, il (OMISSIS) era onerato dal provare – cio’ che non ha fatto – che la sede della societa’, di cui egli era stato in passato rappresentante legale, fosse il suo “abituale” luogo di lavoro e se “in loco” vi fosse effettivamente “persona addetta all’ufficio”.
Infine, le censure non coglierebbero l’effettiva “ratio decidendi”, ovvero che la Corte tarantina ha comunque espresso il convincimento circa la “aleatorieta’” di quel luogo a fungere da centro di interessi per l’odierno ricorrente, sulla base di una valutazione di merito non sindacabile in questa sede, cio’ che degrada al rango di una pleonastica digressione – al piu’ emendabile ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., u.c., – l’affermazione relativa al fatto che la notifica a persona addetta all’ufficio o all’azienda concerne i casi in cui la notificazione attenga ad atti relativi ad attivita’ ivi svolta.
5. Hanno presentato memoria entrambe le parti per ribadire le proprie argomentazioni e replicare a quelle avversarie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. Il ricorso va accolto, limitatamente al secondo motivo.
6.1. Il primo motivo di ricorso non e’ fondato.
6.1.1. Nell’esaminare lo stesso occorre muovere dal rilievo che la sentenza impugnata attesta essere stata inizialmente tentata la notifica, ex articolo 139 c.p.c., comma 1, presso quello che dallo stesso contratto di fideiussione, intercorso tra le parti e fonte del credito oggetto del provvedimento monitorio da notificarsi – risultava essere il luogo ove risiedeva il (OMISSIS), via (OMISSIS), sicche’ in assenza di reperimento del destinatario, o di persona di famiglia o addetta alla casa, la stessa, all’esito delle ricerche anagrafiche (che confermavano in via (OMISSIS) il luogo di residenza del destinatario dell’atto), veniva effettuata ex articolo 143 c.p.c..
La pretesa, dunque, che la seconda notifica fosse compiuta – ai sensi dell’articolo 139 c.p.c., comma 2, – presso la sede della societa’, della quale il (OMISSIS) era stato, in passato amministratore, quale luogo in cui esso aveva (avuto) il proprio “ufficio” non ha fondamento, visto che il citato articolo 139, “nei prescrivere che la notifica si esegue nel luogo di residenza del destinatario e nel precisare che questi va ricercato nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio, non dispone un ordine tassativo da seguire in tali ricerche, potendosi scegliere di eseguirla presso la casa di abitazione o la sede dell’impresa o l’ufficio, purche’ si tratti, comunque, di luogo posto nel comune in cui il destinatario ha la sua residenza” (Cass. Sez. 6-2, ord. 16 ottobre 2017, n. 25489, Rv. 646821-01; Cass. Sez. 3, ord. 10 febbraio 2010, n. 2266, Rv. 611300-01)”.
Tanto basta, dunque a ritenere non fondato il motivo, a prescindere dell’errata affermazione della Corte territoriale, secondo cui la notifica al (OMISSIS) presso la sede della societa’ di cui era stato amministratore sarebbe stata ammissibile solo se effettuata allo stesso in tale qualita’.
6.2. Il secondo motivo e’, invece, fondato.
6.2.1. Va, infatti, dato seguito al principio gia’ enunciato da questa Corte secondo cui, in tema di notificazione ex articolo 143 c.p.c., “l’ufficiale giudiziario, ove non abbia rinvenuto il destinatario nel luogo di residenza risultante dal certificato anagrafico, e’ tenuto a svolgere ogni ulteriore ricerca ed indagine dandone conto nella relata, dovendo ritenersi, in difetto, la nullita’ della notificazione” (cosi’, da ultimo, Cass. Sez. 6-3, ord. 3 aprile 2017, n. 8638, Rv. 643689-01).
Alla stregua di tale principio, infatti, non idonee appaiono le indicazioni apposte dall’ufficiale giudiziario, nel presente caso, all’esito del primo (inutile) tentativo di notificazione presso l’abitazione del (OMISSIS), visto che dalla stessa risultava unicamente il rinvenimento, “in loco”, di “un intero stabile non abitato con affisso cartello vendesi”, ma non l’espletamento di ulteriori indagini o ricerche, che – come di recente chiarito da questa Corte – potrebbero sostanzarsi nell’aver “raccolto informazioni negative, circa la reperibilita’ in quel luogo del destinatario dell’atto, dai residenti interpellati” (Cass. Sez. 1, ord. 31 luglio 2017, n. 19012, Rv. 645083-02; Cass. Sez. 3, ord. 5 luglio 2018, n. 17596, non massimata), o, almeno, nell’attestare impossibilita’ di procedere in tal senso, secondo quanto ipotizza la controricorrente, sulla scorta di quel passaggio della sentenza impugnata – ma non delle risultanze della relata – che da’ atto dell’assenza, in prossimita’ dello stabile di via (OMISSIS), di esercizi commerciali, ovvero della presenza, ma solo a distanza, di altri “villini isolati”.
7. La sentenza va, dunque, cassata, rinviando alla Corte di Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, in diversa composizione, per la decisione nel merito.
Spese al giudice del rinvio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso e accoglie il secondo, cassando, per l’effetto, la sentenza impugnata in relazione e rinviando alla Corte di Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, in diversa composizione, per la decisione nel merito e per la liquidazione delle spese anche del presente giudizio.

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