Non vi è nullità della procura se l’atto sul quale è apposta

Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 29 settembre 2020, n. 5719.

La massima estrapolata:

Non vi è nullità della procura se l’atto sul quale è apposta, sebbene non ricompreso nell’elenco dell’art. 83 c.p.c., sia comunque idoneo a raggiungere lo scopo ed abbia raggiunto il suo effetto, manifestando inequivocabilmente la volontà della parte di conferire l’incarico difensivo e consentendo di riferire con certezza l’attività svolta dal difensore al titolare della posizione sostanziale controversa. Depongono in questo senso sia la non tassatività dell’elenco di cui al citato art. 83, c.p.c., sia l’idoneità dell’atto su cui è stata apposta la procura a raggiungere il suo scopo, principio quest’ultimo, del raggiungimento dello scopo, previsto in linea generale dall’art. 156, terzo comma, c.p.c. e pacificamente applicabile anche al processo amministrativo che fa divieto al giudice di pronunciare la nullità di un atto del processo, nel caso in cui tale atto abbia raggiunto lo scopo a cui è destinato.

Sentenza 29 settembre 2020, n. 5719

Data udienza 17 settembre 2020

Tag – parola chiave: Processo amministrativo – Procura alle liti – Validità – Apposizione sul provvedimento impugnato – Atto non ricompreso nell’elenco ex art. 83, comma 3, cpc – Validità della procura alle liti rilasciata sul provvedimento impugnato

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5589 del 2016, proposto dal sig.
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Da. Ma. e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Roma, via dei (…)
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, ex lege rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso gli Uffici della stessa, in Roma, via (…)
per la riforma
previa sospensione,
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo per il Lazio – Roma, Sezione Seconda Quater, -OMISSIS-, resa tra le parti, con cui è stato dichiarato inammissibile il ricorso R.G. -OMISSIS-, proposto dallo straniero avverso il provvedimento del Questore di Viterbo che ha disposto l’archiviazione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo, presentata dal ricorrente il 9 ottobre 2014.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Vista la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata, presentata in via incidentale dall’appellante;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Vista l’ordinanza della Sezione -OMISSIS-del 7 ottobre 2016, con cui è stata accolta la suindicata domanda di sospensione;
Vista la memoria difensiva del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 settembre 2020 il Cons. Pietro De Berardinis e uditi per le parti l’avv. Da. Ma. e l’Avvocato dello Stato Is. Pi.;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso in epigrafe il sig. -OMISSIS-, cittadino extracomunitario, propone appello nei confronti della sentenza breve del T.A.R. Lazio-Roma, Sez. II-quater, -OMISSIS-, chiedendone la riforma, previa tutela cautelare.
1.1. La sentenza appellata ha dichiarato inammissibile il ricorso promosso dallo straniero avverso il provvedimento del Questore di Viterbo che ha disposto l’archiviazione, per incompetenza territoriale, della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo, da lui presentata il 9 ottobre 2014.
1.2. In particolare il T.A.R. ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso in forza della circostanza per cui il cittadino extracomunitario ha rilasciato al difensore la procura alle liti non a margine del ricorso, né su apposito e distinto foglio ad esso congiunto, ma sul provvedimento questorile impugnato. Per di più la procura sarebbe conferita per il giudizio dinanzi a questo Consiglio di Stato e per il giudizio di ottemperanza, ma non anche per il giudizio di primo grado dinanzi al T.A.R..
1.3. La sentenza appellata richiama, in proposito, l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., Sez. III, 17 settembre 2013, n. 21154), secondo cui è non è valida una procura apposta su foglio separato non avente natura processuale. Infatti, pur non avendo l’elenco degli atti, in calce o a margine dei quali può essere apposta la procura a norma dell’art. 83 c.p.c., carattere tassativo, tuttavia si deve pur sempre trattare di atti che determinano l’ingresso della parte in giudizio, cioè di atti lato sensu processuali, poiché la natura processuale degli atti ne rivela l’inerenza allo specifico processo per il quale la procura stessa è rilasciata, con il corollario che la natura processuale dell’atto su cui la procura è apposta diviene componente essenziale di questa. Gli atti elencati dall’art. 83, terzo comma, c.p.c., sono sempre atti processuali, con la sola eccezione del precetto, il quale, tuttavia, – aggiunge la Cassazione – è atto preliminare o presupposto estrinseco dell’esecuzione, a cui è funzionalmente collegato, il che spiega il suo inserimento nell’elenco del citato art. 83.
1.4. Il T.A.R. ha condiviso l’insegnamento della Cassazione, la cui applicazione alla vicenda in esame comporta l’invalidità della procura, perché rilasciata – peraltro non per il giudizio di primo grado – su un atto, qual è il provvedimento impugnato, che non può essere qualificato sotto nessun profilo come atto processuale.
2. Nell’appello lo straniero contesta l’iter argomentativo e le conclusioni dei giudici di primo grado, deducendo con il primo motivo le censure di erronea applicazione ed interpretazione, ad opera della sentenza impugnata, degli artt. 3, 24, 111 e 113 Cost., degli artt. 24, 40 e 44 c.p.a., nonché dell’art. 83, terzo comma, c.p.c..
2.1. In particolare, l’appellante lamenta:
a) che il vizio della procura, non sollevato dalla controparte processuale, non avrebbe potuto essere rilevato d’ufficio, non comportando esso dubbi sull’autenticità della firma, ma solo l’impossibilità del difensore di autenticarla e, quindi, non dando luogo a una questione di nullità radicale del giudizio così introdotto;
b) che il T.A.R. avrebbe errato nel negare al provvedimento impugnato la natura di atto processuale, trattandosi di atto inerente alla proposizione del ricorso, che avrebbe potuto essere paragonato, in via quantomeno di analogia, all’atto di precetto elencato nell’art. 83, terzo comma, c.p.c., visto che con il diniego impugnato la P.A. non si è limitata a rifiutare il rinnovo del permesso di soggiorno, ma ha anche disposto il respingimento dello straniero dal territorio nazionale (immediatamente esecutivo ed eseguito);
c) che la procura non sarebbe stata rilasciata per il solo giudizio dinanzi al Consiglio di Stato, ma pure per quello dinanzi al T.A.R., poiché essa risulta apposta subito sotto la clausola del provvedimento impugnato che reca l’avviso della possibilità della sua impugnazione dinanzi al T.A.R. nel termine di sessanta giorni. Pertanto, la menzione, nella procura, del giudizio dinanzi al Consiglio di Stato e del giudizio di ottemperanza non avrebbe altro significato che quello di estendere il potere della procura a tali gradi e fasi del processo;
d) che la mancata autenticazione della firma sarebbe un’irregolarità non soggetta alla sanzione della nullità e della conseguente inammissibilità del ricorso, restando ferma in ogni caso la validità della firma del mandante – la cui autenticità non è contestata – anche a voler riconoscere una carenza di legittimazione del procuratore nell’autentica della suddetta firma.
2.2. A quest’ultimo riguardo l’appellante richiama la giurisprudenza espressasi sulla questione degli effetti della mancata autenticazione della firma apposta nel mandato alle liti, ritenendo tale ipotesi equiparabile alla fattispecie – qui sussistente – dell’autenticazione resa fuori dai casi (i.e.: dagli atti) previsti dalla legge, ed affermando che anche nel processo amministrativo – al pari di quello civile – sarebbe vigente la regola secondo cui la mancata autenticazione della firma non comporta di per sé la nullità della procura.
2.3. Con il secondo motivo di appello lo straniero ha dedotto, poi, le censure di violazione e mancata applicazione dell’art. 182 c.p.c., in combinato disposto con gli artt. 40 e 44 c.p.a., e violazione degli artt. 24, 111 e 113 Cost..
2.4. Il sig. -OMISSIS- lamenta in particolare la violazione dell’art. 182 c.p.c., nel testo modificato dalla l. n. 69/2009, in base al quale il giudice adito, anche ove avesse voluto ritenere sussistente, nel caso di specie, un vizio di nullità della procura, avrebbe comunque dovuto assegnare alla parte un termine per la rinnovazione della stessa, rectius: un termine per il rilascio di una procura nuova e regolare, tale da sanare i vizi della precedente.
2.5. Da ultimo, lo straniero chiede che il giudice di appello, superata la declaratoria di inammissibilità contenuta nella sentenza di appello, esamini i motivi di illegittimità del diniego impugnato formulati nel ricorso di primo grado, pervenendo all’accoglimento di questo.
3. Si è costituito nel giudizio di appello il Ministero dell’Interno ed ha depositato una memoria con cui si è difeso nel merito, eccependo la legittimità delle motivazioni che hanno supportato il diniego impugnato.
3.1. In particolare, secondo la difesa erariale l’archiviazione dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno dipenderebbe sia dall’incompletezza della documentazione allegata all’istanza, non sanata dallo straniero (che si era reso irreperibile, trovandosi in Senegal, e, pertanto, non ha risposto alla comunicazione ex art. 10-bis della l. n. 241/1990), sia comunque dalla mancanza in capo allo stesso del requisito reddituale.
3.2. L’appellante ha proposto istanza di sospensione della sentenza impugnata, accolta dalla Sezione con ordinanza -OMISSIS-del 7 ottobre 2016, in ragione: a) della complessità delle questioni da affrontare nel merito; b) dell’incongruità della motivazione del provvedimento di archiviazione della domanda di rinnovo basata sull’incompetenza, a fronte della lamentata irreperibilità dello straniero al domicilio indicato; c) del pregiudizio grave e irreparabile.
3.3. All’udienza pubblica del 17 settembre 2020, nella comparsa delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
4. L’appello è fondato e da accogliere.
4.1. Risultano innanzitutto fondate, nei termini di seguito riportati, le censure contenute nel primo motivo dell’appello, con cui si contesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado operata dal T.A.R. nella sentenza impugnata.
4.2. Vero è che per la giurisprudenza di legittimità la procura alle liti deve essere conferita su un atto in senso lato processuale, così da rivelare la sua inerenza allo specifico processo per il quale la procura stessa è stata rilasciata (cfr., ex plurimis, Cass. civ., Sez. II, 6 dicembre 2017, n. 29205; id., Sez. I, 2 agosto 2012, n. 13912; id., Sez. III, 29 agosto 2011, n. 17693). La medesima giurisprudenza, tuttavia, afferma che l’elenco degli atti indicati dall’art. 83, terzo comma, c.p.c. per l’apposizione della procura non è tassativo (cfr. Cass. civ., Sez. I, ord. 13 settembre 2017, n. 21216; id., Sez. II, 27 giugno 2003, n. 10251).
4.3. La giurisprudenza amministrativa, a sua volta, dopo aver ammesso la necessità del conferimento della procura su un atto lato sensu processuale, ha, tuttavia, sottolineato come non vi sia nullità della procura qualora l’atto sul quale è apposta, sebbene esuli dall’elenco dell’art. 83 c.p.c., sia comunque idoneo a raggiungere lo scopo ed abbia raggiunto il suo effetto, manifestando inequivocabilmente la volontà della parte di conferire l’incarico difensivo e consentendo di riferire con certezza l’attività svolta dal difensore al titolare della posizione sostanziale controversa (C.d.S., V, 7 dicembre 2010, n. 8622, che richiama Cass. civ., Sez. I, 15 aprile 2005, n. 7920).
5. Sulla base degli elementi appena indicati, si deve ritenere che nel caso di specie la procura alle liti, pur se apposta su un atto diverso da quelli elencati dall’art. 83, terzo comma, c.p.c., sia stata comunque validamente conferita. Depongono in questo senso sia quanto detto circa la non tassatività dell’elenco di cui al predetto art. 83, sia l’idoneità dell’atto su cui è stata apposta la procura a raggiungere il suo scopo. Si ricorda, sul punto, che il principio del raggiungimento dello scopo, previsto in linea generale dall’art. 156, terzo comma, c.p.c. e pacificamente applicabile anche al processo amministrativo (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. IV, 5 giugno 2013, n. 3101; Sez. V, 11 gennaio 2012, n. 83 e 25 novembre 2010, n. 8235), fa divieto al giudice di pronunciare la nullità di un atto del processo, nel caso in cui tale atto abbia raggiunto lo scopo a cui è destinato.
5.1. Orbene, nel caso in esame il provvedimento del Questore di Viterbo, di archiviazione dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno presentata dallo straniero, contiene nella parte finale la seguente dicitura, aggiunta a penna: “Il sottoscritto –OMISSIS- nomina ad esser rappresentato e difeso, l’avv. Dario Masini ed elegge domicilio presso il suo studio. Procura valida per impugnare CdS e giudizio di ottemperanza”. Seguono la data, la firma e l’autentica della firma da parte dell’avv. Dario Masini. Ad avviso del Collegio, nel caso di specie la modalità di conferimento della procura prescelta dallo straniero: a) rende inequivoca la sua volontà di conferire il mandato difensivo in relazione a un giudizio che non può essere altro che quello di impugnazione del citato provvedimento questorile; b) consente di riferire l’attività svolta dal difensore in tale giudizio al medesimo sig. -OMISSIS-, titolare della posizione sostanziale controversa.
5.2. Né si potrebbe obiettare che nella fattispecie per cui è causa la volontà della parte di conferire il mandato non sarebbe inequivoca, alla luce del fatto – sottolineato dai giudici di primo grado – che la procura rilasciata all’avv. Masini indichi espressamente solo il giudizio dinanzi al Consiglio di Stato e quello di ottemperanza. La procura risulta, infatti, apposta dal cittadino straniero in prossimità della clausola del provvedimento gravato che reca l’avviso della possibilità della sua impugnazione dinanzi al T.A.R. nel termine di sessanta giorni, cosicché è credibile l’assunto dell’appellante per cui la sola menzione del giudizio dinanzi al Consiglio di Stato e del giudizio di ottemperanza – e non anche del giudizio dinanzi al T.A.R. – avrebbe l’unico valore di estendere il mandato, oltre che al processo di primo grado, al processo di appello ed a quello di ottemperanza. In questo senso depongono, del resto, sia la formula “impugnare CdS”, che manifesta verosimilmente la volontà della parte di estendere la rappresentanza processuale al giudizio di impugnazione della sentenza di primo grado dinanzi, per l’appunto, al Consiglio di Stato, sia il richiamo al giudizio di ottemperanza, che sottende la volontà dello straniero di portare ad esecuzione la sentenza e, quindi, altrettanto verosimilmente, presuppone l’esito a sé favorevole del giudizio di primo grado.
6. Ritenuto, quindi, il ricorso dinanzi al T.A.R. ammissibile per quanto appena esposto, occorre ora addivenire all’esame del merito del ricorso, non versandosi in un’ipotesi di rimessione della causa al primo giudice ex art. 105, comma 1, c.p.a. (cfr. C.d.S., A.P., 30 luglio 2018, n. 10). Orbene, reputa il Collegio che nel merito il predetto ricorso sia fondato e da accogliere, in virtù della fondatezza delle censure di contenuto sostanziale con esso dedotte, il cui accoglimento, denotando un’illegittimità più radicale del provvedimento impugnato, rende superflua l’analisi di quelle di contenuto formale (cfr. C.d.S., A.P., 27 aprile 2015, n. 4, par. 9.3.4.2).
6.1. Al riguardo occorre premettere che la circostanza per cui dicitura, contenuta nell’atto di appello, in base alla quale le ragioni del ricorso di primo grado “qui di seguito vengono testualmente trascritte” non sia stata seguita in concreto dalla ridetta trascrizione, non osta alla disamina delle ragioni stesse. Da un lato, infatti, lo straniero, sempre nell’atto di appello, si è rifatto “a quanto esposto nel primo grado di giudizio”, invocando l’esame da parte di questo Consiglio di Stato delle succitate ragioni del ricorso dinanzi al T.A.R.; d’altro lato, come già visto, l’Amministrazione ha depositato nel giudizio di appello una memoria con cui si è difesa argomentando specificamente per l’infondatezza nel merito delle doglianze di controparte.
6.2. Ciò premesso, reputa il Collegio che, nel merito, sia fondato il quarto motivo del ricorso di primo grado, a mezzo del quale lo straniero ha censurato l’illegittima applicazione, ad opera della Questura, dell’art. 6, comma 8, del d.lgs. n. 286/1998, a tenor del quale “(….), gli stranieri che soggiornano nel territorio dello Stato devono comunicare al questore competente per territorio, entro i quindici giorni successivi, le eventuali variazioni del proprio domicilio abituale”. Nel caso di specie, infatti, non vi è alcuna prova che lo straniero (il quale sostiene di esser risultato irreperibile al domicilio dichiarato per essersi dovuto recare in Senegal ad assistere la moglie inferma) abbia trasferito altrove il proprio domicilio, come ritenuto dall’Amministrazione.
6.3. Le ulteriori motivazioni addotte dalla difesa erariale in sede di memoria, che richiamano da un lato l’incompletezza della documentazione allegata all’istanza di rinnovo, dall’altro il lungo periodo di tempo trascorso dalla presentazione dell’istanza, e infine la carenza del requisito reddituale, oltre a non essere convincenti in fatto e in diritto, costituiscono in ogni caso un’inammissibile integrazione postuma della motivazione del provvedimento (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. III, 28 luglio 2020, n. 4801 e 19 gennaio 2018, n. 357 Sez. II, 6 maggio 2020, n. 2860; Sez. VI, 19 ottobre 2018, n. 5984), atteso che detto provvedimento richiama esclusivamente, a fondamento della disposta archiviazione della pratica, l’irreperibilità del sig. -OMISSIS- al domicilio da lui dichiarato.
7. In conclusione, l’appello è fondato e da accogliere, dovendo la sentenza impugnata essere nel suo complesso riformata.
7.1. In particolare, in riforma della sentenza appellata il ricorso di primo grado deve essere dichiarato ammissibile, nonché fondato e da accogliere, attesa la fondatezza del quarto motivo ivi dedotto. Per conseguenza, deve essere annullato il provvedimento con esso impugnato, a mezzo del quale l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno è stata archiviata.
8. Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese tra le parti, attesa la complessità della questione di rito sopra esaminata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Terza (III^), così definitivamente pronunciando sul ricorso in appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, annulla il provvedimento impugnato in primo grado.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 17 settembre 2020, con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere
Ezio Fedullo – Consigliere
Pietro De Berardinis – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *