Non sussiste incompatibilita’ tra la recidiva ed il vizio parziale di mente

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 4 marzo 2019, n. 9387.

La massima estrapolata:

Non sussiste incompatibilita’ tra la recidiva ed il vizio parziale di mente, in quanto quest’ultimo non impedisce di rinvenire nella condotta dell’agente l’elemento soggettivo del dolo

Sentenza 4 marzo 2019, n. 9387

Data udienza 12 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BONI Monica – Presidente

Dott. SANTALUCIA Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. APRILE Stefano – Consigliere

Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere

Dott. CAIRO Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 28/06/2017 della CORTE APPELLO di CAGLIARI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. GIUSEPPE SANTALUCIA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. COCOMELLO ASSUNTA che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Cagliari, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale della stessa citta’, ha riconosciuto la diminuente del vizio parziale di mente a (OMISSIS), condannato per i delitti di illegale detenzione di una pistola clandestina, di ricettazione della stessa, di detenzione a fini di spaccio di grammi 36,900 di cocaina e per la contravvenzione della detenzione, senza denuncia all’Autorita’, di cartucce per fucile da caccia e per pistola.
Ha quindi confermato la pena di anni sei di reclusione e dodicimila Euro di multa, gia’ determinata in tale misura per effetto della equivalenza delle attenuanti generiche con la contestata recidiva specifica reiterata e infraquinquennale, ritenendo che anche la diminuente del vizio parziale di mente concorra al giudizio di equivalenza.
1.1. Nel corso del dibattimento, e in accoglimento di una richiesta difensiva, la Corte di appello ha disposto perizia psichiatrica sull’imputato, con la quale si e’ accertato che questi soffre, e soffriva al momento dei fatti, di un disturbo borderline con tratti di immaturita’ e antisociali con dipendenza e disturbo da uso di sostanze stupefacenti, malattia che comporta capacita’ di volere grandemente scemata, ancorche’ non totalmente esclusa.
Ha quindi riconosciuto l’attenuante del vizio parziale di mente, valutandola equivalente alla recidiva contestata insieme alle attenuanti generiche, e cio’ non solo in ragione del divieto legislativo di prevalenza sulla recidiva ex articolo 99 c.p., comma 4, ma anche per la gravita’ dei fatti e la personalita’ dell’imputato.
Ha poi confermato la sussistenza della recidiva, osservando che il nuovo reato e’ chiaro sintomo di un aggravamento delle, gia’ elevata capacita’ delinquere.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore di (OMISSIS), che ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione.
In ragione del disturbo psichiatrico e’ evidente che la recidiva non puo’ costituire un chiaro sintomo di una maggiore colpevolezza o pericolosita’ sociale, derivando unicamente dallo stato di tossicodipendenza in cui l’imputato versa e al quale, peraltro, ha deciso di porre fine con l’inizio di un programma collaborativi terapeutico.
Il disturbo e’ di tale intensita’ da assumere rilievo causale determinante nella commissione degli illeciti, sicche’ la Corte ha applicato in maniera erronea il
principio di bilanciamento mediante equivalenza dell’attenuante del vizio parziale di mente.
Solo la prevalenza della diminuente sulla recidiva consente di irrogare una pena adeguata alla concreta gravita’ del fatto, alla personalita’ e colpevolezza dell’autore, e soprattutto adeguata alla sua infermita’.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non merita considerazione per le ragioni di seguito esposte.
1.1. La Corte di appello ha ben spiegato, con adeguatezza logica e correttezza giuridica degli argomenti utilizzati, le ragioni per le quali, pur con il riconoscimento di un vizio parziale di mente, debba essere ribadito il giudizio di accentuata capacita’ a delinquere desumibile dalla contestata recidiva. Ha sul punto affermato che l’accertata piena capacita’ di intendere, pur a fronte di una scemata capacita’ di volere, haigfro consentito al ricorrente di rendersi conto della gravita’ delle sue condotte, del loro disvalore sociale e anche della necessita’ di non compierle (fl. 8-9); ha quindi concluso che la pervicacia nella commissione di fatti criminosi, anche non direttamente legati al consumo di sostanze stupefacenti, rivela una accresciuta pericolosita’ e, da ultimo, una aumentata capacita’ a delinquere, e quindi di pericolosita’ criminale.
1.2. Non puo’ poi ritenersi quel che il ricorso paventa, ossia una strutturale incompatibilita’ tra il giudizio di accentuata pericolosita’ e il riconoscimento del vizio parziale di mente. Come gia’ affermato da questa Corte, infatti, “non sussiste incompatibilita’ tra la recidiva ed il vizio parziale di mente, in quanto quest’ultimo non impedisce di rinvenire nella condotta dell’agente l’elemento soggettivo del dolo” – Sez. 6, n. 27086 del 19/04/2017, Banicevic, Rv. 270408 -.
Il vizio parziale di mente presuppone l’imputabilita’, e quindi giocoforza non preclude l’apprezzamento dell’elemento soggettivo nei fatti criminosi commessi, sia in termini di dolo, che di colpa. E’ stato piu’ volte affermato che “l’imputabilita’, quale capacita’ di intendere e di volere, e la colpevolezza, quale coscienza e volonta’ del fatto illecito, esprimono concetti diversi ed operano anche su piani diversi, sebbene la prima, quale componente naturalistica della responsabilita’, debba essere accertata con priorita’ rispetto alla seconda, con la conseguenza che il dolo generico e’ compatibile con il vizio parziale di mente” – Sez. 6, n. 4292 del 13/05/2014, dep. 2015, Corti, Rv. 262151, tra i molti precedenti -.
Proprio per la possibilita’ di apprezzamento in concreto del dolo si e’ pure ritenuta la manifesta infondatezza della “questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 99 c.p., comma 5, in riferimento all’articolo 3 Cost., per la parte in cui esclude che il giudice possa verificare la concreta applicabilita’ della recidiva nei confronti del seminfermo di mente, dal momento che la condizione di ridotta imputabilita’ non impedisce di ravvisare nella commissione del fatto l’elemento del dolo” – Sez. 2, n. 35006 del 09/06/2010, Pistola, Rv. 248613 -.
2. Il giudice di appello ha quindi ben operato, esercitando in conformita’ alle previsioni di legge il potere di apprezzamento discrezionale delle condizioni per l’applicazione della recidiva; ha poi confermato, nell’esplicazione di valutazioni di merito non sindacabili in sede di legittimita’ perche’ correttamente motivate, il giudizio di equivalenza tra le circostanze, pur riconoscendo la sussistenza del vizio parziale di mente non considerato dal giudice di primo grado.
Vale, infatti, quanto chiarito dalle Sezioni unite di questa Corte, e cioe’ che “il giudice di appello, dopo aver escluso una circostanza aggravante o riconosciuto un’ulteriore circostanza attenuante in accoglimento dei motivi proposti dall’imputato, puo’, senza incorrere nel divieto di reformatio in peius, confermare la pena applicata in primo grado, ribadendo il giudizio di equivalenza tra le circostanze, purche’ questo sia accompagnato da adeguata motivazione” -Sez. U, n. 33752 del 18/04/2013, Papola, Rv. 255660 -.
3. Il ricorso e’ pertanto inammissibile. Alla dichiarazione di inammissibilita’ consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, equa al caso, di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

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