Non può essere dichiarata l’inammissibilità dell’appello qualora sia stata proposta una querela di falso

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 26 giugno 2020, n. 12920.

La massima estrapolata:

Non può essere dichiarata l’inammissibilità dell’appello ai sensi degli artt. 348-bis e 348-ter c.p.c. qualora sia stata proposta una querela di falso, in via principale o incidentale, purché nel rispetto dei requisiti di validità di cui all’art. 221, secondo comma, c.p.c., poiché in tal caso è previsto l’intervento obbligatorio del P. M. e, pertanto, la causa rientra fra quelle di cui all’art. 70, primo comma, c.p.c., alle quali non si applica il c.d. “filtro in appello”, secondo quanto disposto dall’art. 348-bis c.p.c.

Ordinanza 26 giugno 2020, n. 12920

Data udienza 6 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Processo civile – Appello – Proposizione di querela di falso – Carenza dell’indicazione degli elementi e delle prove della falsità – Inammissibilità dell’appello ex articolo 348 – bis del codice di procedura civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9831/2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), domiciliata, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 2, presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 130 del Tribunale di Parma pubblicata il 22 gennaio 2016 e l’ordinanza della Corte d’appello di Bologna pubblicata il 10 febbraio 2017.
Udita la relazione svolta in camera di consiglio dal Consigliere Cosimo D’Arrigo;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Cardino Alberto, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO

(OMISSIS), aggiudicataria di un’unita’ abitativa acquistata nell’ambito di una procedura esecutiva pendente innanzi al Tribunale di Parma a carico di (OMISSIS), azionava nei confronti di quest’ultima il decreto di trasferimento per ottenere il rilascio dell’immobile.
L’esecutata proponeva opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’articolo 615 c.p.c., sostenendo l’inesistenza degli atti della procedura esecutiva, ivi incluso il decreto di trasferimento, a causa di un difetto di notifica. Chiedeva altresi’ che fosse pronunciata la sospensione del processo ai sensi dell’articolo 295 c.p.c., in relazione alla contestuale pendenza, sia del giudizio di opposizione all’esecuzione immobiliare, sia della querela di falso, proposta dalla stessa (OMISSIS), avverso le relazioni di notifica.
Il Tribunale di Parma rigettava l’opposizione all’esecuzione, ritenendo assorbita ogni altra eccezione e domanda, inclusa quella di sospensione ai sensi dell’articolo 295 c.p.c..
Avverso tale provvedimento (OMISSIS) proponeva appello, riproponendo l’istanza di sospensione.
La Corte d’Appello di Bologna pronunciava l’inammissibilita’ del gravame ai sensi degli articoli 348-bis e 348-ter c.p.c..
(OMISSIS) ha impugnato con ricorso straordinario ex articolo 111 Cost., comma 7, l’ordinanza della Corte d’appello e con ricorso per cassazione la sentenza del Tribunale di Parma.
(OMISSIS) ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO

1.1 Va esaminata anzitutto l’impugnazione rivolta contro l’ordinanza pronunciata ai sensi degli articoli 348-bis e 348-ter c.p.c..
1.2 Le Sezioni Unite hanno gia’ affrontato la questione dell’autonoma impugnabilita’ di siffatto provvedimento e dei relativi limiti, precisando che e’ consentita l’esperibilita’ del ricorso straordinario ex articolo 111 Cost., ma solo per vizi propri dell’ordinanza consistenti nella violazione di una norma processuale (Sez. U, Sentenza n. 1914 del 02/02/2016, Rv. 638368).
Sono gli stessi articoli 348-bis e 348-ter c.p.c. a prevedere una serie di regole la cui violazione puo’ essere denunciata a mezzo del ricorso straordinario. Anzitutto, l’ordinanza puo’ essere pronunciata solo all’udienza di cui all’articolo 350 c.p.c., prima di procedere alla trattazione e sentite le parti: la pronuncia dell’ordinanza oltre il suddetto termine ovvero senza aver sentito le parti da’ luogo ad un error in procedendo che non potrebbe essere fatto valere altrimenti. In secondo luogo, l’ordinanza non puo’ essere adottata nelle cause in cui e’ obbligatorio l’intervento del pubblico ministero ed in quelle che in primo grado si sono svolte secondo il rito sommario di cognizione; anche la violazione di tali regole deve essere fatta valere impugnando l’ordinanza mediante ricorso straordinario. Ancora, l’articolo 348-bis c.p.c. precisa che l’ordinanza in questione non puo’ essere pronunciata nei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l’inammissibilita’ o l’improcedibilita’ dell’appello; consegue che l’inammissibilita’ dell’appello per ragioni di carattere processuale dichiarata erroneamente adottata con ordinanza, e’ impugnabile con ricorso ordinario per cassazione, poiche’ il provvedimento ha comunque natura sostanziale di sentenza.
Agli errores in procedendo sopra indicati si deve poi aggiungere la violazione di ulteriori prescrizioni implicite, non espressamente risultanti dagli articoli 348-bis e 348-ter c.p.c., ma indirettamente ricavabili dal sistema. In particolare, la condizione sostanziale perche’ possa farsi luogo alla declaratoria d’inammissibilita’ dell’appello con ordinanza e’ che l’impugnazione non abbia una “ragionevole probabilita’ di essere accolta”. Le Sezioni Unite, con la citata sentenza, hanno quindi chiarito che – a prescindere dal grado di fondatezza dell’appello – non puo’ essere dichiarata inammissibile con ordinanza l’impugnazione fondata su ius superveniens o su fatti sopravvenuti. Cio’ in quanto il giudizio prognostico sfavorevole espresso dal giudice d’appello nell’ordinanza ex articolo 348-ter c.p.c. deve sostanziarsi nella conferma di una sentenza ritenuta “giusta” per essere l’appello prima facie destituito di fondamento. Cosi’ non potrebbe essere rispetto a norme o fatti che non siano stati considerati dal giudice di primo grado.
Inoltre, sono denunciabili tutti gli errores in procedendo riferibili ad ogni tipo di provvedimento giudiziario, ovviamente nei limiti della compatibilita’ logica e/o strutturale dei medesimi con il contenuto tipico della decisione espressa nell’ordinanza de qua. Le Sezioni Unite hanno inteso fare riferimento, in particolare, ai vizi di omessa pronuncia, ultrapetizione ed extrapetizione.
Con particolare riferimento al vizio di omessa pronuncia, e’ stato chiarito che esso va tenuto distinto dalla mancanza di motivazione: ad integrare gli estremi del primo vizio non basta la mancanza di una espressa statuizione del giudice su uno dei punti dedotti dalle parti, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, e dovendosi pertanto escludere che ricorra il suddetto vizio quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilita’ pure in assenza di una specifica argomentazione. Peraltro, poiche’ l’ordinanza ai sensi dell’articolo 348-ter c.p.c. non puo’ essere adottata se non per mancanza di ragionevole probabilita’ di accoglimento di tutti i motivi d’appello (e di tutti gli appelli proposti avverso la medesima sentenza), non risulta neppure configurabile un’omessa pronuncia riguardo a singoli motivi di appello, potendo eventualmente porsi soltanto un problema di motivazione della decisione complessivamente assunta. Problema che, com’e’ noto, e’ configurabile – ed e’ quindi deducibile anche con il ricorso straordinario – solo quando la motivazione dell’ordinanza scenda sotto il “minimo costituzionale”, non essendo piu’ previsto il vizio di omessa o insufficiente motivazione originariamente previsto dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Infine, costituiscono vizi propri dell’ordinanza (e non della sentenza di primo grado) gli eventuali errori commessi dal giudice d’appello in tema di spese processuali.
1.3 Cosi’ circoscritta l’ammissibilita’ del ricorso di legittimita’ avverso l’ordinanza pronunciata ai sensi degli articoli 348-bis e 348-ter c.p.c., occorre considerare che la ricorrente, con un unico e articolato motivo, censura l’ordinanza della Corte d’Appello sotto molteplici profili, riconducibili alla violazione di norme processuali. In particolare, la (OMISSIS) lamenta che:
a) la pronuncia dell’inammissibilita’ in appello sarebbe avvenuta senza previamente sentire le parti, come invece prescritto dall’articolo 348-bis c.p.c.;
b) l’ordinanza sarebbe stata pronunciata dopo che la trattazione della causa era gia’ iniziata;
c) il provvedimento non sarebbe adeguatamente motivato;
d) l’ordinanza sarebbe stata pronunciata in violazione del divieto, espresso dall’articolo 348-bis c.p.c., di fare uso del “filtro in appello” nelle cause che prevedono l’intervento del pubblico ministero;
e) la Corte d’appello avrebbe violato l’articolo 6 CEDU nella parte in cui stabilisce che “una volta riconosciuto da parte di un ordinamento un determinato grado di gravame questi non puo’ sottrarlo mediante una valutazione eccessivamente discrezionale”;
f) la Corte d’appello avrebbe violato l’articolo 295 c.p.c., omettendo di considerare il rapporto di pregiudizialita’ necessaria esistente tra l’accertamento della legittimita’ del processo di espropriazione immobiliare e il diritto del terzo assegnatario.
Il motivo e’ in parte inammissibile e in parte infondato e deve essere, nel suo complesso, rigettato.
1.4 Le censure sub a) e b) possono essere esaminate congiuntamente. In sintesi, la ricorrente sostiene che l’ordinanza della Corte d’appello sarebbe stata adottata senza l’instaurazione del contraddittorio sul rilievo dell’inammissibilita’ ex articolo 348-bis c.p.c. e dopo che era iniziata la trattazione della causa.
Le doglianze sono carenti di specificita’, in quanto la ricorrente non indica neppure la data dell’udienza in cui sarebbe stato trattato l’appello e, men che meno, l’attivita’ ivi svolta e in che modo avrebbe avuto inizio la trattazione.
Invero, la deduzione di errores in procedendo, in relazione ai quali la Cassazione e’ anche giudice del fatto (potendo accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito), non esclude che preliminare ad ogni altro esame sia quello concernente l’ammissibilita’ del motivo in relazione ai termini in cui e’ stato esposto, con la conseguenza che, solo quando ne sia stata positivamente accertata l’ammissibilita’,diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione, la Corte di cassazione puo’ e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali (Sez. 3, Ordinanza n. 6014 del 13/03/2018, Rv. 648411 01; Sez. 5, Sentenza n. 12664 del 20/07/2012, Rv. 623401 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 1221 del 23/01/2006, Rv. 586742 – 01). Infatti, il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – che trova la propria ragion d’essere nella necessita’ di consentire al giudice di legittimita’ di valutare la fondatezza del motivo senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte – vale anche in relazione ai motivi con i quali si denuncino errori procedurali commessi dal giudice di merito (Sez. 3, Sentenza n. 86 del 10/01/2012, Rv. 621100 – 01).
La (OMISSIS), come gia’ detto, non ha osservato la prescrizione di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e quindi il motivo, per questi profili, e’ inammissibile.
1.5 La censura sub c), relativa al difetto di motivazione dell’ordinanza impugnata, e’ manifestamente infondata.
Il vizio di motivazione non e’ piu’ previsto fra i motivi di ricorso per cassazione, a seguito della nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134. Pertanto, il sindacato di legittimita’ sulla motivazione e’ oggi ridotto al “minimo costituzionale”, nel senso che e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).
Nessuna di tali anomalie ricorre nel caso nel caso di specie.
Il provvedimento, infatti, e’ sufficientemente motivato in relazione alle doglianze svolte dalla (OMISSIS) e, segnatamente, rispetto alla questione principale, relativa alla domanda d’improcedibilita’ dell’esecuzione per rilascio avviata dalla (OMISSIS), cosi’ come sul capo delle spese processuali.
1.6 Nella querela di falso, sia principale che incidentale, e’ obbligatorio l’intervento del pubblico ministero (articolo 221 c.p.c., comma 3). In particolare, ai fini della validita’ del procedimento per querela di falso, non sono necessarie ne’ la presenza alle udienze, ne’ la formulazione delle conclusioni da parte del P.M., ma e’ necessario che questi, mediante l’invio degli atti, sia informato del giudizio e posto in condizione di sviluppare l’attivita’ ritenuta opportuna (Sez. 2, Sentenza n. 27402 del 29/10/2018, Rv. 650938 – 01).
L’ipotesi rientra quindi fra quelle di cui all’articolo 70 c.p.c., comma 1, n. 5. Pertanto, quando e’ stata presentata una querela di falso, non e’ possibile dichiarare inammissibile l’impugnazione ai sensi dell’articolo 348-bis c.p.c., che espressamente esclude dal proprio ambito di applicazione tutte le cause di cui all’articolo 70 c.p.c., comma 1.
Si deve, pero’, considerare che l’atto con il quale viene proposta querela di falso in corso di causa deve contenere, ai sensi dell’articolo 221 c.p.c., comma 2, a pena di nullita’ insanabile, l’indicazione degli elementi e delle prove della falsita’, salvo che tale falsita’ sia rilevabile ictu oculi dal documento impugnato e non occorrano particolari indagini per accertarla (Sez. 2, Sentenza n. 10874 del 07/05/2018, Rv. 648241 – 01). Il difetto di tali indicazioni, determinando la nullita’ della querela di falso, non determina neppure l’insorgenza dei presupposti che rendono necessaria la partecipazione al giudizio del P.M.. Di conseguenza, la proposizione di una querela di falso carente dell’indicazione degli elementi e delle prove della falsita’ non e’, di per se’, impeditiva della possibilita’ di definire l’appello con ordinanza di inammissibilita’ pronunciata ai sensi degli articoli 348-bis e 348-ter c.p.c..
Va dunque affermato il seguente principio di diritto:
“Non puo’ essere dichiarata l’inammissibilita’ dell’appello ai sensi degli articoli 348-bis e 348-ter c.p.c. qualora sia stata proposta una querela di falso, in via principale o incidentale, purche’ nel rispetto dei requisiti di validita’ di cui all’articolo 221 c.p.c., comma 2, poiche’ in tal caso e’ previsto l’intervento obbligatorio del P.M. e, pertanto, la causa rientra fra quelle di cui all’articolo 70 c.p.c., comma 1, alle quali non si applica il c. d. “filtro in appello”, secondo quanto disposto dall’articolo 348-bis c.p.c.”.
Facendo applicazione di tale principio, deve essere rilevata la carenza di specificita’ del motivo e la conseguente inammissibilita’ ex articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6. La (OMISSIS), infatti, avrebbe dovuto specificatamente indicare il contenuto e le modalita’ di proposizione della querela di falso, anche al fine di dimostrare che la stessa venne validamente proposta, indicando – a pena di nullita’ comminata dall’articolo 221 c.p.c., comma 2, gli elementi e le prove della falsita’. Solo a tali condizioni, infatti, sarebbe risultato obbligatorio l’intervento del P.M. e, di conseguenza, la causa sarebbe rientrata fra quelle che, per il combinato disposto dell’articolo 70 c.p.c., comma 1, n. 5 e articolo 348-bis c.p.c., comma 2, non possono essere dichiarate inammissibili in grado d’appello per mancanza di una ragionevole probabilita’ di accoglimento dell’impugnazione.
1.7 La pretesa violazione dell’articolo 6 CEDU (sub e) non sussiste e, in parte qua, il motivo e’ infondato.
La ricorrente sostiene che la Corte d’appello, discostandosi da un precedente di legittimita’ (Sez. 3, Sentenza n. 26930 del 19/12/2014, Rv. 633727 – 01), avrebbe compiuto una “valutazione eccessivamente discrezionale”, cosi’ privandola “arbitrariamente” di un grado di gravame riconosciuto dall’ordinamento processuale.
La (OMISSIS), tuttavia, omette di considerare che nel nostro ordinamento la garanzia del doppio grado di giurisdizione di merito non gode di copertura costituzionale (cfr. Corte Cost. n. 42/2014; Corte Cost. ord. n. 226/2016). Per tale ragione questa Corte ha escluso che il modello di definizione semplificata del grado di appello delineato dagli articoli 348 bis e 348-ter c.p.c. presenti profili di illegittimita’ costituzionale (Sez. 6 – 3, Sentenza n. 26097 del 11/12/2014, Rv. 633882 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 10723 del 15/05/2014, Rv. 630697 – 01).
Di conseguenza, la Corte d’appello che – pur discostandosi, in ipotesi, da un orientamento di legittimita’ – dichiari inammissibile il gravame per difetto di ragionevoli probabilita’ di accoglimento, non commette alcuna violazione procedurale che giustifichi l’autonoma impugnabilita’ della relativa ordinanza con ricorso straordinario ex articolo 111 Cost., comma 7. Infatti, cosi’ facendo, il giudice d’appello non priva – con una “valutazione eccessivamente discrezionale” l’appellante di uno strumento d’impugnazione garantitogli dall’ordinamento, poiche’ la garanzia costituzionale si ferma alla ricorribilita’ in cassazione per violazione di legge contro tutte le sentenze di merito.
1.8 Per quanto concerne il mancato accoglimento dell’istanza di sospensione del processo per pregiudizialita’ (sub f) e’ sufficiente osservare che trattasi di provvedimento ordinatorio, impugnabile con lo strumento del regolamento di competenza, ai sensi dell’articolo 42 c.p.c., solo nel caso in cui la sospensione sia disposta (ex plurimis: Sez. 2, Sentenza n. 15353 del 25/06/2010, Rv. 613940; Sez. L, Ordinanza n. 9540 del 23/04/2007, Rv. 596417; Sez. 3, Sentenza n. 5246 del 10/03/2006, Rv. 588257).
Peraltro, l’istanza e’ stata dichiarata espressamente assorbita per assenza di ragionevole probabilita’ d’accoglimento dell’appello. Quindi non e’ neppure vero che detta istanza non sia stata affatto tenuta in conto dalla corte di merito.
2.1 E’ ora possibile passare all’esame del ricorso per cassazione proposto – ai sensi dell’articolo 348-ter c.p.c., comma 3 e articolo 360 c.p.c. – avverso la sentenza di primo grado.
2.2 Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli articoli 474, 479, 480, 481, 555 e 562 c.p.c..
Nonostante la lunga serie di disposizioni del codice di rito che si assumono violate, in concreto dal corpo della censura emerge che la violazione di legge in concreto lamentata attiene alla garanzia del contraddittorio. In particolare, tale violazione si sarebbe verificata allorquando il Tribunale ha permesso lo svolgimento dell’esecuzione per rilascio sulla base del decreto di trasferimento, che la ricorrente assume essere nullo perche’ a sua volta emanato in spregio delle norme sull’istaurazione del contraddittorio nel giudizio di espropriazione forzata.
Il motivo e’ inammissibile.
Gia’ in prospettazione, infatti, l’asserito vizio non si sarebbe verificato nel corso dell’esecuzione per rilascio, ma nella procedura di espropriazione immobiliare nel cui ambito e’ stato emesso il decreto di trasferimento poi impiegato dalla (OMISSIS) come titolo esecutivo. Pertanto, eventuali doglianze relative all’eventuale vizio di notificazione degli atti dell’espropriazione forzata dovevano essere fatte valere opponendo, ai sensi dell’articolo 617 c.p.c., gli atti adottati in quella sede.
E’, percio’, inammissibile l’opposizione volta a recuperare, mediante l’opposizione all’esecuzione contro la procedura di rilascio, un’opposizione agli atti esecutivi che andava autonomamente proposta contro l’atto (il decreto di trasferimento) adottato in seno all’espropriazione immobiliare, nel termine perentorio di cui all’articolo 617 c.p.c. dalla conoscenza dell’atto comunque avuta (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 6487 del 17/03/2010, Rv. 611728 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13043 del 24/05/2018, Rv. 648881 – 01).
2.3 Con il secondo motivo si deduce la violazione degli articoli 474 e ss. e degli articoli 483 e ss. c.p.c..
Anche in questo caso, gli articoli di legge che si assumono violati, indicati nell’epigrafe del mezzo di gravame, non corrispondono con le norme della cui violazione effettivamente si discute nel corpo del motivo. La ricorrente, infatti, affronta il tema dell’affidamento incolpevole del terzo aggiudicatario e, quindi, dell’applicazione dell’articolo 2929 c.c..
Le censure sono inammissibili, in quanto non sono rivolte contro la procedura per rilascio di cui in questa sede si discute; piuttosto, esse riguardano l’espropriazione immobiliare in cui l’immobile della (OMISSIS) e’ stato aggiudicato alla (OMISSIS). Si tratta, quindi, di una questione estranea al presente giudizio.
2.4 Infine, il terzo motivo si rivolge contro il capo della sentenza impugnata che provvede sulle spese. La ricorrente lamenta che la rappresentata pendenza delle querele di falso e dell’opposizione all’esecuzione in cui si contesta la validita’ delle notificazioni del procedimento di espropriazione immobiliare avrebbero dovuto indurre il Tribunale a compensare almeno in parte le spese di lite.
La doglianza e’ infondata e deve essere rigettata.
La condanna della (OMISSIS) al pagamento delle spese dipende dalla soccombenza della stessa.
In tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e’ limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 24502 del 17/10/2017, Rv. 646335 – 01). Tale circostanza non si e’ verificata e quindi il motivo e’ infondato.
3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 1, le spese del giudizio di legittimita’ vanno poste a carico della ricorrente nella misura indicata nel dispositivo.
Noni Sussistono i presupposti per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, sicche’ non ha disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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