Reato di esercizio abusivo della professione

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 20 aprile 2020, n. 12539.

Massima estrapolata:

Non integra il reato di esercizio abusivo della professione di cui all’art. 348 cod. pen., non essendo richiesto il conseguimento di una specifica abilitazione professionale ovvero l’iscrizione in appositi albi od elenchi, lo svolgimento dell’attività di massaggiatore a scopo non terapeutico, finalizzata esclusivamente al benessere personale o al miglioramento estetico, come i trattamenti antietà, anticellulite o antistress.(Fattispecie relativa alla offerta di massaggi in spiaggia ai bagnanti).

Sentenza 20 aprile 2020, n. 12539

Data udienza 12 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Abusivo esercizio della professione medica – Omessa esibizione del passaporto e del permesso di soggiorno – Condotta riconducibile ad una attività con finalità di mero benessere ovvero a fini esclusivamente estetici che non necessitano di una abilitazione professionale – Sussistenza dell’esimente “giustificato motivo” previsto dall’art. 6 co. 3 d.lgs. n. 286/98 – Annullamento senza rinvio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente

Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere

Dott. BASSI A. – rel. Consigliere

Dott. COSTANTINI Antonio – Consigliere

Dott. SILVESTRI Pietro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore generale presso la Corte d’appello di Messina;
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 15/05/2019 della Corte d’appello di Messina;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Bassi Alessandra;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Finocchi Ghersi Renato, che ha concluso chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d’appello di Messina ha confermato la sentenza del 28 febbraio 2018, con la quale il Tribunale di Messina ha condannato (OMISSIS) alla pena di mesi due di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale della pena, per il delitto di cui all’articolo 348 c.p. sub capo A) (per avere abusivamente esercitato la professione medica in assenza della richiesta speciale abilitazione dello Stato, offrendo alla clientela la somministrazione di massaggi e contestualmente di sostanze connotate da proprieta’ terapeutiche analgesiche ed antinfiammatorie) e per il reato contravvenzionale di cui al Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286, articolo 6, comma 3, sub capo B) (per non aver ottemperato, senza giustificato motivo, all’ordine di esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione e del permesso di soggiorno o di altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato).
1.1. Quanto al capo A), la Corte d’appello ha rilevato come debba ritenersi provato lo svolgimento da parte della (OMISSIS) di un’attivita’ riconducibile alla professione medica atteso che l’imputata veniva osservata passeggiare su di una spiaggia indossando uno zaino sul quale erano appesi dei fogli volti a pubblicizzare vari tipi di massaggi, con la specificazione della loro utilita’ a curare alcune patologie e, quindi, avvicinarsi ai bagnanti per offrire loro dei massaggi e che i Carabinieri dei N. A.S. hanno accertato che, nello zaino, la donna custodiva bottiglie contenenti canfora, cioe’ una sostanza avente proprieta’ curative.
1.2. Con riferimento al capo B), il Collegio di merito ha evidenziato che i Carabinieri non erano in grado di procedere immediatamente all’identificazione della prevenuta perche’ la stessa aveva dimenticato i documenti a casa, circostanza non integrante un giustificato motivo avendo tutti gli stranieri l’obbligo di portare con se’ il documento identificativo.
2. Nel ricorso proposto, il Sostituto Procuratore Generale della Repubblica della Corte d’appello di Messina chiede l’annullamento del provvedimento per i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Con il primo ed il terzo motivo, il ricorrente eccepisce l’inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche in relazione all’articolo 348 c.p. nonche’ la mancanza, la contraddittorieta’ e/o la manifesta illogicita’ della motivazione quanto alla ritenuta integrazione del reato di esercizio abusivo della professione medica. A sostegno della deduzione, il Procuratore generale evidenzia come non possa ritenersi provato che la (OMISSIS) praticasse massaggi a scopo curativo, atteso che, da una parte, non e’ possibile scambiare per medico o paramedico colei la quale offra dei massaggi sulla spiaggia; dall’altra parte, la finalita’ terapeutica dei massaggi non puo’ desumersi dall’uso della canfora, la’ dove le generiche qualita’ “terapeutiche” di un prodotto non ne rendono di per se’ professionale l’impiego.
2.2. Con il secondo motivo, il P.G. deduce l’inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche in relazione al Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286, articolo 6, comma 3, per avere la Corte siciliana erroneamente ritenuto integrato il reato contravvenzionale, dal momento che l’imputata non si rifiutava di esibire i documenti, ma si limitava, a causa di un giustificato motivo – cioe’ per il fatto averli dimenticati a casa – ad ottemperare in ritardo all’ordine di esibizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato in relazione ad entrambi i motivi di ricorso.
2. Occorre premettere che il delitto di esercizio abusivo di una professione previsto dall’articolo 348 c.p. e’ volto a tutelare il buon andamento della pubblica amministrazione affinche’ sia garantito che l’esercizio di determinate attivita’ professionali avvenga da parte di chi sia munito della necessaria competenza tecnica, verificata mediante il rilascio di una speciale attestazione di idoneita’ da parte dello Stato o l’iscrizione in un albo professionale.
Si tratta di un delitto di pericolo presunto in quanto esso e’ integrato a prescindere dal fatto che il soggetto non qualificato o non iscritto sia o meno munito della perizia necessaria per eseguire una determinata prestazione.
Affinche’ il delitto de quo possa ritenersi integrato e’ pero’ necessario che il soggetto agente abbia posto in essere una condotta che rientri nell’ambito delle professioni “protette”, id est il cui esercizio sia disciplinato dallo Stato e subordinato al conseguimento di una specifica abilitazione professionale ovvero all’iscrizione in appositi albi o elenchi.
2.1. Orbene, giudica il Collegio che, nella specie, non sussistano i presupposti per affermare che (OMISSIS) esercitasse un’attivita’ effettivamente riconducibile ad una professione per la quale e’ richiesta una speciale abilitazione dello Stato e, dunque, per ritenere integrato il reato di cui all’articolo 348 c.p..
L’imputata e’ accusata di avere abusivamente praticato l’attivita’ di massaggiatrice “professionale”.
Non puo’ nondimeno non notarsi come sotto la denominazione “massaggio” ricadano plurime tipologie di manipolazione, sia le operazioni che sono rivolte ad una specifica finalita’ terapeutica (in quanto tese a dare sollievo a patologie vere e proprie, quali distorsioni o lombosciatalgie, ernie o semplici protrusioni, dolori articolari, slittamenti delle vertebre, ecc.) e che presuppongono uno specifico titolo di studio e la relativa abilitazione professionale (cioe’ la qualifica professionale di massofisioterapista della riabilitazione), sia le operazioni che invece hanno una mera finalita’ di benessere o distensivi ovvero a fini meramente estetici (quali quelli antieta’, anticellulite, antistress, ecc.), in relazione ai quali non e’ invece necessario il conseguimento di alcun titolo rilasciato da parte dello Stato.
Ne discende che l’esercizio abusivo della professione medica o paramedica puo’ configurarsi soltanto con riguardo alla pratica dei massaggi che abbiano una specifica finalita’ curativa, cioe’ di quelli che, stante la diretta incidenza sulla salute delle persone, postulano specifiche e riscontrate competenze mediche, terapuetiche o fisioterapiche.
Diversamente, detto delitto non e’ ravvisabile in caso di manipolazioni che non abbiano una finalita’ propriamente terapeutica e non postulino pertanto una tecnica particolare, essendo volti a dispensare benessere, inteso in senso lato, anziche’ a curare una patologia o a lenirne gli effetti.
2.2. Fatte tali premesse, ritiene il Collegio che – avuto riguardo alla ricostruzione storico-fattuale della vicenda e, precisamente, alle modalita’ al luogo di esecuzione delle operazioni – non sia revocabile in dubbio l’estraneita’ delle manipolazioni praticate dall’imputata dalla categoria dei massaggi terapeutici in senso proprio.
Non puo’ ritenersi atto a conferire alla condotta della (OMISSIS) la “qualita’” di esercizio di una professione subordinata al conseguimento di una speciale abilitazione il riferimento alle proprieta’ terapeutiche contenuto nel cartello appeso sullo zaino che ella teneva sulle spalle. Detto riferimento assolveva chiaramente ad una finalita’ solo promozionale della propria attivita’ e non vale di per se’ a mutare la natura oggettiva delle prestazioni manuali da ella erogande.
Ne’ pare revocabile in dubbio che, per le modalita’ ed il contesto nel quale le manipolazioni venivano praticate (su di un asciugamano o un lettino su di una spiaggia pubblica affollata di turisti), da parte di un soggetto che non faceva alcun riferimento a competenze particolari ne’ ad una specifica abilitazione professionale, le persone che vi si sottoponevano potessero realmente trarre da tali circostanze il convincimento che si trattasse di massaggi praticati in modo professionale, da persona munita di una specifica qualifica sanitaria e muniti di una reale valenza terapeutica.
2.3. La natura terapeutica dei massaggi praticati dalla (OMISSIS) non puo’ neanche desumersi dalla circostanza che ella utilizzasse per le manipolazioni canfora o olio di lino, trattandosi di prodotti di libero acquisto senza necessita’ di alcuna prescrizione da parte di un medico.
D’altra parte, le qualita’ asseritamente “terapeutiche” di un prodotto non ne rendono professionale l’impiego, cosi’ come non puo’ ritenersi tale da integrare l’esercizio abusivo della professione medica la somministrazione da parte di un ristoratore di pasti cucinati con uno qualunque dei plurimi alimenti notoriamente aventi qualita’ lato sensu “terapeutiche” o favorevoli per la salute.
2.4. Conclusivamente, giudica la Corte che, tenuto conto delle modalita’ di espletamento e del contesto storico e ambientale della condotta, (OMISSIS) non esercitasse in concreto alcuna attivita’ per la quale era richiesta una specifica abilitazione professionale, di tal che si e’ al di fuori del perimetro dell’articolo 348 c.p..
3. Ad analoga conclusione deve pervenirsi quanto alla contestazione sub capo B), nella quale e’ ascritto all’imputata il reato di cui al Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286, articolo 6, comma 3, per non aver ottemperato, senza giustificato motivo, all’ordine di esibizione di un documento d’identita’ e del permesso di soggiorno.
3.1. Secondo la ricostruzione compiuta dai Giudici di merito, (OMISSIS) controllata sulla spiaggia nel mentre stava tenendo la condotta sub A) e richiesta di esibire il proprio documento d’identita’ ed il permesso di soggiorno, non era in grado di fornire i documenti asserendo di averli dimenticati a casa, veniva pertanto condotta nella Caserma dei Carabinieri ove venivano portati (evidentemente da altri) ed esibiti i documenti richiesti, cioe’ un valido documento di riconoscimento ed il regolare permesso di soggiorno.
3.2. Giudica invero il Collegio che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte siciliana, l’imputata non esibiva immediatamente i documenti richiesti sulla base di un “giustificato motivo” – espressamente previsto quale esimente dal Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286, articolo 6, comma 3, -, la’ dove asseriva, a giustificazione dell’omessa presentazione, di averli dimenticati a casa, con cio’ fornendo una ragione dell’inottemperanza plausibile e suscettibile di verifica da parte degli operanti, risultata per di piu’ veritiera e prontamente superata dall’esibizione del passaporto e del permesso di soggiorno in Caserma.
3.3. Ma quand’anche si ritenesse che la prospettazione della dimenticanza a casa dei documenti non sia suscettibile di integrare il “giustificato motivo” previsto dal Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286, articolo 6, comma 3, non puo’ trascurarsi di considerare come l’imputata producesse comunque i documenti de quibus presso la Caserma dei Carabinieri ove era stata condotta per gli accertamenti in ordine alla sua identita’, pertanto nell’ambito di un contesto accertativo unitario o comunque in un lasso di tempo accettabilmente breve, senza soluzione di continuita’ e dunque nell’immediatezza del primo controllo sulla spiaggia, il che in definitiva – impedisce di ritenere integrata l'”inottemperanza” sanzionata dalla fattispecie contravvenzionale (in questo senso si veda, in una fattispecie assimilabile, Sez. 1, n. 12511 del 11/03/2010, Rv. 246536; Sez. 1, n. 47512 del 29/11/2007, P.M. in proc. Zhang, Rv. 238374).
Deve invero essere considerato che – come precisato dal piu’ ampio consesso di questa Corte (nella sentenza n. 16453 del 24/02/2011 – Rv. 249546) l’interesse protetto dalla norma di cui al citato articolo 6, comma 3, “e’ quello di procedere immediatamente alla verifica della regolarita’ della presenza dello straniero in territorio nazionale, per poter il piu’ rapidamente possibile mettere in opera il meccanismo processualpenale e amministrativo volto all’espulsione dal territorio nazionale dello straniero in posizione irregolare.
L’identificazione e l’accertamento di regolare presenza degli stranieri legalmente soggiornanti costituiscono, infatti, attivita’ prodromiche e funzionali a innescare il procedimento di espulsione di quelli in posizione irregolare. Invero, la mancata esibizione di documenti attestanti la regolarita’ del soggiorno, di per se’, costituisce un indizio del reato di cui all’articolo 10-bis, con tutto cio’ che consegue in termini di accertamenti di polizia giudiziaria, a cominciare dai poteri d’identificazione di cui all’articolo 349 c.p.p.”.
Detto interesse non puo’, pertanto, ritenersi offeso allorche’ l’identificazione circa la regolare presenza dello straniero sul territorio nazionale sia comunque possibile, quand’anche con un ragionevole ritardo dovuto ad un riscontrato motivo, come appunto nella specie.
4. In definitiva, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio in relazione ad entrambi i capi d’imputazione perche’ i reati ivi contestati non sussistono.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il fatto non sussiste.
Si da’ atto che il presente provvedimento redatto dalla Consigliera Dr. Bassi Alessandra, viene sottoscritto dal solo Presidente del Collegio per impedimento dell’estensore ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, articolo 1, comma 1, lettera a).

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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