Non è sindacabile in sede giurisdizionale la delibera del Consiglio dei Ministri

Consiglio di Stato, Sentenza|8 febbraio 2021| n. 1156.

Non è sindacabile in sede giurisdizionale, se non per la sussistenza di profili di irragionevolezza, illogicità o contraddittorietà, la delibera del Consiglio dei Ministri, chiamato a decidere ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lettera c-bis, della Legge n. 400 del 1988, al fine di risolvere il contrasto insorto fra le Amministrazioni competenti in sede di procedura di Valutazione dell’Impatto Ambientale (Via), laddove abbia espresso definitivo diniego alla compatibilità ambientale della realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica a ciclo organico alimentato da fluidi geotermici, anche quando la decisione del Consiglio dei Ministri, specie allorché le rispettive posizioni delle Amministrazioni siano in contrasto fra loro, abbia ritenuto prevalenti gli interessi pubblici motivatamente valorizzati da una di esse, mutuando per relationem le ragioni del parere negativo della Soprintendenza e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo (Mibact). La decisione con la quale il Consiglio dei Ministri si sostituisce alle Amministrazioni coinvolte nell’esercizio del potere in contestazione, infatti, configura un atto di alta amministrazione il quale, seppure si ritenga auspicabile la risoluzione del contrasto mediante il raggiungimento di un’intesa, è finalizzato a conseguire un’attuale soluzione del relativo contrasto attraverso una valutazione unitaria e sintetica dei molteplici interessi coinvolti, concludendo comunque il procedimento e formulando una scelta definitiva, nel rispetto dei fondamentali principi di economicità e di efficacia dell’azione amministrativa.

Sentenza|8 febbraio 2021| n. 1156

Data udienza 22 dicembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Impianto geotermico – Area paesaggisticamente vincolata – Valutazione di impatto ambientale (VIA) – Decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni – Deferimento della competenza al Consiglio dei Ministri – Impatto negativo con il patrimonio archeologico dell’impianto – Non compatibilità con il paesaggio naturale agrario – Previsioni del PTPR

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1399 del 2020, proposto dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
contro
la società It. Lk. Ge. It. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Vi. As., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
dei Comuni di (omissis), in persona dei rispettivi Sindaci pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Mi. Ro. Lu. Li. e Mi. Gr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
della Provincia di Viterbo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Al. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
sul ricorso numero di registro generale 5860 del 2020, proposto dai Comuni di (omissis), in persona dei rispettivi Sindaci pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Mi. Ro. Lu. Li. e Mi. Gr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
la società It. & Lk. Ge. It. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Vi. As., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dello Sviluppo Economico, del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, dell’Autorità di Bacino del Fiume Te., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
della Regione Umbria, della Regione Lazio, della Provincia di Terni, della Provincia di Viterbo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 5926 del 2020, proposto dalla Provincia di Viterbo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Al. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
la società It. & Lk. Ge. It. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Vi. As., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dello Sviluppo Economico, del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, dell’Autorità di Bacino del Fiume Te., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
della Regione Umbria, della Regione Lazio, della Provincia di Terni, della Provincia di Viterbo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 6337 del 2020, proposto dalla Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Rosa Ma. Pr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
la società It. & Lk. Ge. It. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Vi. As., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dello Sviluppo Economico, del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
dell’Autorità di Bacino del Fiume Te., della Regione Umbria, della Regione Lazio, della Provincia di Terni, della Provincia di Viterbo, dei Comuni di (omissis), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;
per la riforma
quanto a tutti i ricorsi
della sentenza del T.a.r. per il Lazio, Sezione III, n. 13589 del 27 novembre 2019, resa tra le parti, concernente la valutazione negativa di impatto ambientale.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate e della società It. & Lk. Ge. It. s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 dicembre 2020, svoltasi da remoto ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, il Cons. Luca Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Vi. As., Mi. Ro. Lu. Li., Mi. Gr., Al. Sa. e l’avvocato dello Stato Gu., che partecipano da remoto alla discussione orale ai sensi della medesima disposizione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La vicenda oggetto del contendere può essere sintetizzata come segue.
1.1. La società odierna appellata, dopo aver ottenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) il propedeutico permesso di ricerca, ha presentato al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), nel corso del 2015, l’istanza di valutazione di impatto ambientale (VIA) in relazione al progetto di un impianto geotermico da ubicarsi in un’area paesaggisticamente vincolata, sita all’interno del Comune di Acquapendente.
1.2. L’impianto, strutturato su una centrale di produzione elettrica a ciclo organico capace di generare energia e calore senza produrre emissioni in atmosfera, viene descritto come “impianto pilota” alimentato da fluidi geotermici che, all’esito del processo produttivo, sono destinati ad essere nuovamente iniettati nelle formazioni geologiche di provenienza.
1.3. A seguito dell’opposizione manifestata dalla locale Soprintendenza e recepita dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MIBACT), il MAATM ha sollecitato la Presidenza del Consiglio dei Ministri (PCM) ad attivare la procedura di cui all’art. 5, comma 2, lett. c-bis, della legge n. 400 del 1988.
1.4. All’esito di tale procedura, il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 22 dicembre 2017, ha espresso un giudizio negativo di compatibilità ambientale.
1.5. Il MAATM, quindi, ha recepito tale delibera con il decreto 24 gennaio 2018.
2. La società ha impugnato avanti il T.a.r. per il Lazio:
– il decreto negativo di VIA del 24 gennaio 2018;
– la delibera del Consiglio dei Ministri del 22 dicembre 2017;
– i pareri negativi del MIBACT del 31 luglio 2017 e della locale Soprintendenza del 27 giugno 2017.
2.1. Con la sentenza indicata in epigrafe, il T.a.r. ha accolto il ricorso, rilevando un difetto di istruttoria e motivazione.
2.2. Il T.a.r., in particolare, ha osservato che:
– la PCM non avrebbe, in tesi, neppure tentato di raggiungere un’intesa fra le Amministrazioni dissenzienti, scopo cui sarebbe primariamente preordinato il meccanismo di rimessione dell’affare al Consiglio dei Ministri previsto dall’art. 5, comma 2, lett. c-bis, l. n. 400 del 1988, ma, al contrario, si sarebbe semplicemente allineata “al parere negativo espresso dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, senza alcuna motivazione specifica idonea ad illustrare il fondamento delle valutazioni tecnico-giuridiche assunte dal Consiglio per raggiungere la decisione non favorevole al rilascio dell’autorizzazione”;
– oltretutto, risulterebbe per tabulas il “basso impatto ambientale della centrale, che non produce emissioni in atmosfera” e che sarebbe altresì poco visibile, stanti le apposite opere di mitigazione previste nello studio di impatto ambientale redatto dalla società;
– inoltre, i previ pareri negativi della Soprintendenza e del Ministero sarebbero genericamente motivati.
3. Le Amministrazioni coinvolte nella vicenda hanno interposto appello.
3.1. In particolare, le Amministrazioni centrali, nel proprio appello, hanno sostenuto che:
– sarebbe erroneo il richiamo, da parte del T.a.r., all’art. 14-quinquies, commi 4 e 6, l. n. 241 del 1990, in tesi applicabile ai soli procedimenti avviati dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 127 del 2016;
– contrariamente alle affermazioni del T.a.r., la PCM avrebbe acquisito tutta la necessaria documentazione ed avrebbe curato una riunione di coordinamento fra le Amministrazioni ministeriali interessate, al fine di valutare la possibilità di pervenire ad una soluzione condivisa;
– i pareri del MIBACT e della locale Soprintendenza sarebbero congruamente motivati;
– il progetto contrasterebbe con le previsioni del vigente Piano Territoriale Paesistico Regionale della Regione Lazio.
3.2. Le Amministrazioni territoriali (ossia la Regione Lazio, la Provincia di Viterbo ed i Comuni di (omissis)), nei rispettivi ricorsi, hanno osservato che:
– l’area interessata dal progetto sarebbe stata dichiarata di notevole interesse pubblico con decreto ministeriale del 12 maggio 2011, che avrebbe superato il vaglio giurisdizionale (si fa riferimento alla sentenza di questa Sezione del Consiglio di Stato n. 914 del 7 marzo 2016);
– il terreno ove dovrebbe essere ubicato l’impianto per cui è causa, lungi dal configurare una cava, sarebbe di contro costituito da un lago “generato dalle falde affioranti portate alla luce dai lavori di scavo, oggi definitivamente stabilizzatosi e frequentato da una ricca varietà di specie animali e vegetali che danno vita ad un habitat naturale legato, da un vero e proprio corridoio ecologico, ai siti Natura 2000 limitrofi”;
– l’impianto avrebbe un notevole impatto paesistico e sarebbe altresì in contrasto con il PTPR;
– di converso, il favor normativo per gli impianti geotermici non potrebbe condurre all’obliterazione delle ragioni di tutela paesaggistica, valore di diretta rilevanza costituzionale (art. 9 Cost.);
– questo Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1799 del 2016, avrebbe raggiunto, in una fattispecie in tesi analoga alla presente, conclusioni diametralmente opposte circa l’ambito dei doveri istruttori della PCM (e, a valle, di quelli motivazionali del Consiglio dei Ministri) allorché il parere contrario alla realizzazione di un’opera sia espresso non da una Regione o da una Provincia autonoma, bensì da un’Amministrazione statale, e ciò tanto più allorché il Consiglio dei Ministri ritenga di aderire a detto parere negativo;
– l’atto in questione, espressione di una funzione di alta amministrazione, sarebbe sindacabile dal Giudice amministrativo entro limiti molto contenuti.
3.3. La società ricorrente in prime cure, costituitasi in resistenza in tutti i giudizi, ha osservato che:
– la Provincia ed i Comuni non si sarebbero costituiti in prime cure, con conseguente inammissibilità della documentazione in questa sede prodotta;
– “il T.a.r., lungi dall’applicare il citato art. 14 quinquies [della l. n. 241 del 1990], ha richiamato tale norma in via interpretativa per dimostrare che i procedimenti di superamento del dissenso “qualificato” tra PP.AA. preposte alla tutela di interessi “sensibili” sono incentrati nella ricerca dell’intesa, anche nel caso in cui il conflitto insorga tra amministrazioni dello Stato”;
– gli impianti geotermici sarebbero oggetto di un particolare favor normativo;
– l’impianto non sarebbe in contrasto con il PTPR e, comunque, il relativo impatto visivo, ambientale e paesaggistico sarebbe alquanto contenuto, anche in considerazione dell’effettivo stato dei luoghi;
– l’impianto, oltretutto, sarebbe conforme alla destinazione urbanistica impressa all’area dalla pianificazione comunale;
– la rimessione al Consiglio dei Ministri mirerebbe in primo luogo proprio alla composizione del conflitto fra le Amministrazioni, che, nella specie, sarebbe funditus mancata;
– il parere negativo della Soprintendenza (cui si sarebbe uniformato il successivo parare del MIBACT) sarebbe non proporzionato e, comunque, privo del necessario carattere costruttivo.
3.4. In vista della trattazione dei ricorsi, le parti hanno ribadito, con memorie scritte, le proprie prospettazioni defensionali.
3.5. La Provincia ed i Comuni, in particolare, hanno sostenuto che la documentazione prodotta in questa sede sarebbe ammissibile ai sensi dell’art. 104 c.p.a., sia perché costituita da mere consulenze tecniche di parte (che non rientrerebbero nella nozione di “documenti” menzionata dalla disposizione in commento), sia, comunque, perché indispensabile ai fini della decisione della controversia.
3.6. I ricorsi sono stati introitati in decisione alla pubblica udienza del giorno 22 dicembre 2020, svoltasi da remoto ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020.
4. Il Collegio procede preliminarmente alla riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 96 c.p.a.
5. Il Collegio prescinde, ai fini del decidere, dai depositi documentali operati in questo grado dai Comuni e dalla Provincia di Viterbo: è, dunque, superfluo procedere allo scrutinio della relativa eccezione di inammissibilità formulata dalla società appellata.
6. Prendendo le mosse dalle questioni di carattere procedimentale, il Collegio osserva che la procedura disciplinata dall’art. 5, comma 2, lett. c-bis, l. n. 400 del 1988 (l’unica rilevante nel caso di specie) è primariamente volta a risolvere il contrasto insorto fra Amministrazioni.
6.1. La risoluzione di un tale contrasto mediante il raggiungimento di un’intesa, esito certo possibile (anzi, auspicabile) della procedura, non ne assurge, quindi, a principale fine normativo: la ratio del deferimento dell’affare al Consiglio dei Ministri, infatti, non è quella di addivenire ad ogni costo ad una futura, eventuale e, in ipotesi, defatigante intesa fra le Amministrazioni coinvolte, bensì quella di conseguire un’attuale soluzione del relativo contrasto, concludendo comunque il procedimento.
6.2. Del resto, siffatto scopo è reso evidente, in un’ottica esegetica di carattere logico-sistematico, dal fatto stesso che il Consiglio dei Ministri si sostituisce alle Amministrazioni coinvolte nell’esercizio del potere in contestazione: orbene, la disposizione – qualora avesse mirato semplicemente a favorire un’intesa – si sarebbe limitata ad individuare in capo al Consiglio dei Ministri funzioni di mero coordinamento ovvero di moral suasion, senza tuttavia incidere sull’ordinario regime delle competenze.
6.3. Anche il dato testuale milita a sostegno di una tale conclusione.
6.4. La disposizione, infatti, stabilisce che la Presidenza del Consiglio dei Ministri possa deferire al Consiglio dei Ministri “la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni”: ciò che è deferito, dunque, non è il mero esame, né il semplice coordinamento, ma la decisione tout court.
6.5. Siffatta decisione deve essere presa dal Consiglio dei Ministri nell’ottica di una “complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti”: l’accentramento decisionale nell’organo collegiale di vertice dell’Esecutivo mira, dunque, a consentire una valutazione unitaria e sintetica dei molteplici interessi coinvolti, affinché, nel formulare una scelta definitiva, si possa altresì conseguire la massima “armonizzazione” possibile delle contrastanti esigenze rappresentate dalle Amministrazioni coinvolte.
6.6. Peraltro, nel particolare caso di specie, consta (cfr. l’impugnata deliberazione del Consiglio dei Ministri) che la Presidenza del Consiglio si sia attivata per convocare una preliminare riunione fra le Amministrazioni coinvolte, nell’ambito della quale, tuttavia, sono state ribadite le rispettive ed inconciliabili posizioni già in precedenza manifestate: un’ulteriore protrazione del procedimento, dunque, sarebbe stata ultronea e contraria ai fondamentali principi di economicità e di efficacia dell’azione amministrativa.
6.7. Il Collegio rileva poi, in termini generali, che:
– la decisione del Consiglio dei Ministri configura un atto di alta amministrazione (nel significato originariamente riconducibile all’art. 1, n. 1, del regio decreto 14 novembre 1901, n. 466), come tale sindacabile in sede giurisdizionale solo ab externo per la sussistenza di profili di irragionevolezza, illogicità o contraddittorietà;
– la decisione del Consiglio dei Ministri, specie allorché le rispettive posizioni delle Amministrazioni siano in contrasto fra loro, può ritenere prevalenti gli interessi pubblici motivatamente valorizzati da una di esse, mutuandone per relationem le ragioni (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 5 maggio 2016, n. 1799).
6.8. Anche in base a tali considerazioni, dunque, non si apprezzano vizi nell’operato del Consiglio dei Ministri (e, dunque, del decreto ministeriale che ne ha recepito la decisione).
7. Dal punto di vista sostanziale, il Collegio rileva che il parere negativo della Soprintendenza, integralmente recepito dal MIBACT, evidenziava quanto segue:
– l’assoggettamento dell’area a vincolo paesaggistico;
– la tradizionale vocazione agricola della stessa (“uno degli ultimi esempi regionali di realtà agricola, in equilibrio con l’ambiente, che si è mantenuta integra”), i cui tratti caratteristici (“l’armonica integrazione fra la natura e le opere realizzate dall’uomo”) sarebbero ancora pienamente percepibili;
– la valenza archeologica dell’area, “interessata da un’articolata situazione di presenze che si scaglionano cronologicamente, sia pure con modalità di occupazione diverse legate a differenti periodi, in un arco cronologico amplissimo, dalla Preistoria al pieno Medioevo e oltre”;
– il fatto che l’impianto (“peraltro di grandi dimensioni: metri 100 x 38 x 10”) “provocherebbe un impatto negativo con il patrimonio archeologico e andrebbe a compromettere irrimediabilmente, nella sua qualità di bellezza panoramica, il paesaggio e l’ambiente riconosciuti di notevole interesse pubblico”, sia perché, nonostante gli accorgimenti previsti dalla società, sarebbe “visibile, per il particolare andamento del terreno che non consente mitigazioni, dalle strade provinciali, comunali e vicinali che attraversano l’area”, sia perché “tutte le soluzioni di tracciato (aereo o interrato) proposte per la realizzazione dell’elettrodotto che dovrebbe collegare l’impianto alla cabina primaria… tagliano zone di elevata sensibilità paesaggistica ed archeologica”.
7.1. Orbene, tali osservazioni, unitariamente considerate, non disvelano un vizio della funzione: l’esposta posizione contraria all’intervento, infatti, si è basata su plurimi e convergenti elementi di fatto, la cui complessiva e motivata considerazione da parte dell’Amministrazione competente in tema di tutela dei valori paesistici, investita in materia di ampia discrezionalità valutativa, non lascia emergere un difetto istruttorio, né, tanto meno, motivazionale.
7.2. Neppure risulta fondata la doglianza circa l’assenza di indicazioni che consentano comunque la realizzazione dell’opus: allorquando, infatti, l’edificazione in sé sia ritenuta contraria alle ragioni di preservazione del sito, l’Autorità preposta alla tutela del vincolo non è tenuta ad ulteriori specificazioni.
7.3. Di converso, il favor ordinamentale per la geotermia non oblitera le esigenze di tutela ambientale e paesaggistica, corollario diretto dei principi costituzionali fissati dagli articoli 9, 32 e 117 Cost.: difettano, invero, disposizioni che, in subiecta materia, consentano la deroga alle ordinarie forme di tutela dei valori in discorso, il cui primario rilievo costituzionale esclude, sotto altro aspetto, che si possa pervenire a tale risultato in via interpretativa.
8. D’altra parte, il PTPR osta alla realizzazione di un impianto quale quello di causa.
8.1. Nella versione vigente ratione temporis, invero, il PTPR stabiliva:
– la non compatibilità con il paesaggio naturale agrario (“costituito dalle porzioni di territorio che conservano i caratteri tradizionali propri del paesaggio agrario, e sono caratterizzati anche dalla presenza di componenti naturali di elevato valore paesistico”) della realizzazione di “impianti per la produzione di energia areali con grande impatto territoriale (centrali idro – termoelettriche, impianti di termovalorizzazione, impianti fotovoltaici)”;
– la compatibilità con tale paesaggio della realizzazione di “impianti di produzione energia rinnovabile di tipo areale o verticale con minimo impatto”, purché “di pertinenza di edifici esistenti se con essi integrati o parzialmente integrati nel rispetto delle tipologie edilizie”.
8.2. Orbene, l’impianto “areale” per cui è causa, privo di natura pertinenziale e palesemente non connotato da un impatto “minimo”, non foss’altro che per le dimensioni (a quanto consta metri 100 x 38 x 10, cui si aggiungono le annesse tubazioni), non è compatibile con le previsioni pianificatorie.
8.3. Né, per converso, vi sono elementi per ritenere, come fa l’appellata, che:
– l’elencazione di cui al primo alinea (“centrali idro – termoelettriche, impianti di termovalorizzazione, impianti fotovoltaici”) sia tassativa e non, come invece più ragionevole in un’ottica logico-sistematica, meramente esemplificativa;
– la previsione di cui al secondo alinea (secondo cui sono ammissibili “impianti di produzione energia rinnovabile di tipo areale o verticale con minimo impatto”) si riferisca esclusivamente ad impianti fotovoltaici od eolici e non, come invece più ragionevole in un’ottica logico-sistematica, a tutte le tipologie di impianti alimentati con fonti rinnovabili.
8.4. Evidenti ragioni di completezza normativa, intrinseche agli strumenti pianificatori, inducono infatti a ritenere che il PTPR mirasse a disciplinare qualunque tipologia di impianto alimentato con fonti rinnovabili.
8.5. Oltretutto, la particolare attenzione regionale alla tutela dell’ambiente e del paesaggio risulta corroborata dalla versione del PTPR modificata in epoca successiva ai fatti di causa, che ha reso ancora più stringenti le possibilità di edificazione nelle aree de quibus.
8.6. Del resto, tali profili risultano adeguatamente evidenziati nella delibera del Consiglio dei Ministri, che pertanto, anche sotto tale profilo, non presenta carenze motivazionali.
8.7. Sotto altro profilo, la contrarietà del progetto con le previsioni del PTPR rende irrilevante l’astratta conformità dell’impianto alla destinazione urbanistica dell’area, posto che il PTPR, per i beni paesaggistici, è uno strumento sovraordinato alla pianificazione urbanistica comunale (art. 61 della versione del Piano vigente ratione temporis, poi confluita senza alcuna modifica nell’attuale art. 62, in coerenza con le previsioni del d.lgs. n. 42 del 2004).
9. Quanto, infine, alle questioni archeologiche, può osservarsi che:
– la nota prot. n. 11681 del 7 novembre 2015, in tesi non elaborata nell’ambito della conferenza di servizi né acquisita ai relativi atti, è stata comunque conosciuta dall’appellata, che ha potuto articolare in proposito le proprie difese nel corso del presente giudizio;
– a prescindere da tale considerazione, comunque, il parere della Soprintendenza (recepito dal MIBACT e, quindi, dalla conforme deliberazione del Consiglio dei Ministri) mirava a valorizzare non specifiche e puntiformi emergenze, bensì il diffuso e complessivo rilievo storico-archeologico dell’area in questione, che, secondo il motivato avviso dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, il cui merito è sottratto al sindacato giurisdizionale, esprime nel suo insieme un’importante testimonianza del passato remoto della Penisola.
10. Per le esposte ragioni, pertanto, i ricorsi riuniti vanno accolti: in riforma dell’impugnata sentenza, dunque, il ricorso di primo grado va rigettato.
11. Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare le spese del doppio grado di giudizio, anche in considerazione del fatto che la società appellata mirava alla realizzazione di un impianto ascrivibile ad una tipologia produttiva positivamente traguardata dall’ordinamento, in quanto connotata da sostenibilità ambientale.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti, li accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, rigetta il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso nelle camere di consiglio dei giorni 22 dicembre 2020 e 29 dicembre 2020, svoltesi da remoto in video-conferenza ex art. 25 d.l. n. 137 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Luca Lamberti – Consigliere, Estensore
Daniela Di Carlo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *